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CESI A5021616

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Academic year: 2021

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CESI

Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano Giacinto Motta SpA

Via R. Rubattino 54 20134 Milano - Italia Telefono +39 022125.1 Fax +39 0221255440 www.cesi.it

Capitale sociale 8 550 000 Euro interamente versato

Codice fiscale e numero iscrizione CCIAA 00793580150

Registro Imprese di Milano Sezione Ordinaria N. R.E.A. 429222 P.I. IT00793580150

Mod. RAPP

v. 01

Cliente

Ricerca di Sistema (secondo periodo)

Oggetto

Tecniche di gestione di portafoglio e stima dei costi di copertura dal rischio di prezzo su scenari relativi al mercato elettrico italiano

Ordine

L9400

Note

EXTRA / WP no 1 / milestone no 1.3

rapporto 1/1 della milestone

La parziale riproduzione di questo documento è permessa solo con l'autorizzazione scritta del CESI.

N. pagine

159

N. pagine fuori testo

0

Data

31/03/2005

Elaborato

B.U. RETE T&D – Energy Trading V. Canazza

Università di Milano Bicocca F. Bellini, S. Stefani, G. Zambruno

Verificato

B.U. RETE T&D A. Ardito

(2)

© Copyright 2005 by CESI. All rights reserved - Activity code 6787S

Indice

1 SOMMARIO... 5

2 INTRODUZIONE ... 7

3 STRUMENTI DERIVATI DI COMUNE UTILIZZO NEI MERCATI ELETTRICI ED ESEMPI PRATICI DI USO PER LA COPERTURA DEL RISCHIO DI PREZZO ... 10

3.1 I derivati elettrici ... 10

3.1.1 Futures e forward... 11

3.1.2 La copertura (o hedging) mediante futures... 14

3.1.3 Opzioni su spot e forward... 15

4 MODELLI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI PREZZO NEI MERCATI ELETTRICI: DAI PIÙ SEMPLICI ALLE PROPOSTE PIÙ RECENTI... 19

4.1 La costruzione degli scenari ... 20

4.2 La determinazione dell’obiettivo... 21

4.3 Le misure di rischio tradizionali... 22

4.4 Value at Risk ed Expected Shortfall ... 23

4.5 La funzione di utilità ... 25

5 OPTFOLIO: CRITICHE E SUGGERIMENTI METODOLOGICI... 28

5.1 Descrizione sintetica... 28

5.2 Applicabilità ... 30

5.3 La generazione degli scenari di prezzo ... 30

5.4 Caratteristiche dei contratti finanziari ... 31

5.5 Valutazione dei contratti e delle opzioni ... 33

5.6 Funzioni obiettivo dell’ottimizzazione... 38

6 STRATEGIE DI COPERTURA DAL RISCHIO DI PREZZO NELL’AMBITO DEL MERCATO ELETTRICO ITALIANO ... 40

6.1 PRIMA FASE: INTEGRAZIONE PROMED-OPTFOLIO... 40

6.1.1 PROMED ... 40

6.1.2 OPTFOLIO... 43

6.1.3 Integrazione PROMED-OPTFOLIO... 43

6.1.3.1 Individuazione dei fattori driver del prezzo e stima della relativa probabilità ... 45

6.1.3.2 Analisi della probabilità di occorrenza dei valori dei driver ... 48

(3)

© Copyright 2005 by CESI. All rights reserved - Activity code 6787S

6.1.3.4 Configurazione di scenari di mercato secondari derivati dallo scenario di riferimento

tenendo conto della probabilità di ciascun driver ... 78

6.1.3.5 Simulazione dello scenario di mercato di riferimento e degli scenari secondari attraverso l’esecuzione automatica di PROMED ... 79

6.1.3.6 Importazione degli scenari di prezzo generati da PROMED in OPTFOLIO ... 100

6.2 SECONDA FASE: GESTIONE DEL RISCHIO DI PREZZO... 113

6.2.1 Modellazione del portafoglio ... 114

6.2.1.1 Primo caso: trader... 114

6.2.1.2 Secondo caso: produttore ... 117

6.2.2 Analisi delle possibili strategie di copertura ... 120

6.2.3 Analisi dei risultati: Caso trader “puro” ... 122

6.2.4 Analisi dei risultati: Caso produttore... 133

7 CONCLUSIONI ... 147

8 BIBLIOGRAFIA ... 148

9 APPENDICE: MODELLI DI VALUTAZIONE DEL PREZZO DELL’ELETTRICITÀ ... 149

9.1 Processi diffusivi ... 149

9.1.1 Processi diffusivi con salti... 152

9.1.2 Un modello di salti per rappresentare i picchi... 152

9.1.3 Processi diffusivi con volatilità stocastica... 153

9.2 Processi di Ornstein-Uhlenbeck (mean reverting) ... 153

9.2.1 Utilizzo di una media variabile... 154

9.2.2 Introduzione dei salti ... 155

9.2.3 Intensità dei salti dipendente dal tempo ... 156

9.2.4 Salti da cambio di regime ... 156

9.3 Processi di Ornstein-Uhlenbeck non lineari ... 158

(4)

STORIA DELLE REVISIONI

Numero revisione

Data Protocollo Lista delle modifiche e/o dei paragrafi modificati

(5)

1 SOMMARIO

Il risk management costituisce uno strumento decisionale vitale per qualsiasi azienda che opera nel moderno contesto industriale e commerciale esposto alla competizione. Poiché ogni processo decisionale implica investimenti di capitale finalizzati ad ottenere adeguati livelli di profitto, una efficiente gestione del processo decisionale stesso permette di tutelarsi dai rischi intrinseci presenti nei problemi chiave della gestione aziendale, in modo da garantire l'ottima allocazione delle risorse.

In particolare, il processo di liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica implica l’emergere di nuove opportunità e di nuovi attori; tuttavia, le opportunità comportano dei rischi, in quanto le aziende si trovano ad affrontare nuove esposizioni connesse, per esempio, ai cambiamenti introdotti dal mercato sulla determinazione dei prezzi, alle nuove controparti ed all'assestamento del processo di commercializzazione. L'esposizione più critica è quella verso il rischio di prezzo (detto anche rischio di mercato), che rappresenta il potenziale incremento o perdita di valore del prodotto energetico. Il rischio di mercato insorge in quanto il prezzo spot dell'energia elettrica risente della variabilità e dell'incertezza da cui sono affetti tutti i fattori che concorrono a determinarne la domanda e l'offerta.

Per un'azienda che si affaccia al mercato nasce quindi la stringente esigenza di maturare l'abilità di affrontare efficacemente il rischio di mercato, determinando la decisione di utilizzo ottimo delle proprie risorse fisiche e di investimento ottimo delle proprie risorse finanziarie, nell'ambito di uno scenario di mercato verosimilmente previsto a medio-lungo termine in cui l'azienda si troverà a competere.

In tale contesto, risulta quindi fondamentale disporre di previsioni di prezzo, nonché di una quantificazione della loro affidabilità, sulla base delle quali, mediante opportuni strumenti di supporto, effettuare un’adeguata gestione di portafoglio.

Alla luce delle precedenti considerazioni:

• nel rapporto [1] stata affrontata un’analisi del rischio di prezzo nel contesto specifico del mercato dell’energia elettrica, con l’obiettivo di offrire una panoramica delle problematiche connesse alla misura ed alla gestione di questo tipo di rischio da parte dei diversi operatori di mercato.

• Nel rapporto [2] è stata proposta una metodologia di stima della probabilità di correttezza della previsione del prezzo spot dell’energia elettrica, a partire dalla probabilità di occorrenza dei valori dei principali fattori che lo influenzano. La metodologia messa a punto è stata sperimentata e verificata sullo scenario dell’attuale mercato elettrico italiano.

(6)

PSRI Research, che pur essendo nato per il mercato brasiliano si configura come un benchmark tra le

applicazioni di questo tipo.

La ricerca si è articolata essenzialmente nelle seguenti fasi:

1) Definizione degli strumenti derivati utilizzabili e ricognizione sui modelli di valutazione.

2) Analisi teorica del concetto di misura di rischio nel settore elettrico ed esame delle proposte presenti in letteratura.

3) Analisi critica delle metodologie di valutazione e di ottimizzazione implementate in OPTFOLIO, anche alla luce dei punti precedenti.

4) Uso integrato di OPTFOLIO con il simulatore deterministico del mercato elettrico PROMED realizzato da CESI.

(7)

2 INTRODUZIONE

Con l’avvento della liberalizzazione del mercato elettrico italiano e la corrispondente nascita della “borsa elettrica”, i diversi protagonisti (produttori, consumatori, traders, ma anche autorità di regolamentazione e gestore della rete) si sono trovati di fronte ai molteplici problemi connessi alla previsione dell’andamento dei prezzi dell’elettricità sui vari mercati e alla definizione di strategie ottime di copertura del rischio insito nella variabilità dei prezzi attraverso strumenti finanziari.

Nell’ambito di precedenti milestones del progetto di Ricerca di Sistema EXTRA [1], è stato affrontato ampiamente il tema della simulazione deterministica del mercato elettrico (in cui il sistema elettrico è rappresentato con un elevato grado di dettaglio) finalizzata alla previsione dei prezzi sulla base di alcuni

driver fondamentali (quali i prezzi dei combustibili, dati meteorologici impattanti sulla produzione

idroelettrica, il livello della domanda, le strategie di offerta dei produttori, le indisponibilità accidentali delle unità di produzione, ecc.); è stata anche analizzata dettagliatamente la sensibilità del prezzo unico nazionale (PUN, media dei prezzi zonali pesata sulla domanda zonale) medio annuo rispetto alle variazioni dei diversi driver e la sua distribuzione di probabilità, determinata sulla base delle distribuzioni di probabilità storiche dei singoli driver.

L’obiettivo del presente rapporto è utilizzare le informazioni di natura statistica sulla distribuzione probabilistica del prezzo dell’energia elettrica futuro ricavate attraverso la simulazione di mercato deterministica [2] [3], all’interno di un sistema di risk management fisico - finanziario che implementi un algoritmo di ottimizzazione dei profitti attraverso l’utilizzo di misure di rischio finanziarie; a tal fine è stato utilizzato un prodotto commerciale, OPTFOLIO, realizzato dalla società PSRI Research, che, pur essendo nato per il mercato brasiliano, si configura come un benchmark tra le applicazioni di questo tipo.

La ricerca si è articolata nelle seguenti fasi:

1) Definizione degli strumenti derivati utilizzabili e ricognizione sui modelli di valutazione (o

pricing).

2) Analisi teorica del concetto di misura di rischio nel settore elettrico ed esame delle proposte presenti in letteratura.

3) Analisi critica delle metodologie di valutazione e di ottimizzazione implementate in OPTFOLIO alla luce dei punti precedenti.

4) Uso integrato di OPTFOLIO con il simulatore deterministico del mercato elettrico PROMED realizzato da CESI.

5) Analisi dei risultati.

(8)

scandinavo); in Italia non esiste ancora al momento un mercato di strumenti derivati di questo tipo, anche se essi sono trattati come contratti OTC o sono inseriti implicitamente in contratti di comune impiego (contratti bilaterali e contracts for differences).

Per quanto riguarda la fase 2)), l’aspetto essenziale è la modellazione dell’avversione al rischio dell’agente (ovvero dell’operatore di mercato di cui si analizza l’esposizione al rischio ai fini dell’ottimizzazione del relativo portafoglio fisico-finanziario, ad esempio un produttore, un trader o un consumatore): l’approccio più corretto dal punto di vista teorico è l’assegnazione di una funzione di utilità che viene poi massimizzata numericamente; è anche possibile ricorrere a misure sintetiche di rischio quali il Value at Risk o l’Expected Shortfall, ma la loro popolarità nel settore elettrico sembra essere inferiore a quella che hanno nel caso finanziario. L’esplicitazione dell’intera funzione di utilità dell’agente può essere problematica, ma lo sviluppo di criteri sintetici in analogia a quanto fatto nella moderna teoria del portafoglio appare auspicabile.

Dopo aver definito il quadro teorico di riferimento (fasi 1) e 2)), si è passati, nel corso della fase 3)), ad una approfondita analisi delle caratteristiche di OPTFOLIO, il programma di ottimizzazione utilizzato. Si tratta sostanzialmente di un ottimizzatore che:

• assume come input:

o scenari discreti dei prezzi futuri dell’energia elettrica,

o caratteristiche degli impianti di produzione esistenti e/o di cui si valuta la costruzione, o caratteristiche dei contratti finanziari presenti sul mercato,

o funzione obiettivo da massimizzare;

• produce come output una strategia ottima di produzione di energia elettrica (nel caso in cui l’agente sia un produttore) e di posizionamento sui mercati finanziari.

L’analisi delle caratteristiche di OPTFOLIO ha evidenziato alcune criticità: oltre al già menzionato problema della scelta della funzione obiettivo da massimizzare, è rilevante e di notevole influenza sui risultati ottenuti la metodologia scelta per la valutazione degli strumenti derivati considerati. Più precisamente, è possibile operare secondo due modalità:

1) i prezzi degli strumenti derivati sono forniti esogenamente (approccio possibile se esiste un mercato liquido di questi strumenti, e che lascia aperti eventuali problemi di “coerenza” tra i prezzi dei derivati e i prezzi spot simulati che potrebbero dare luogo a opportunità di arbitraggio);

2) i prezzi degli strumenti derivati vengono calcolati endogenamente sulla base degli scenari dei prezzi spot futuri e di un opportuno modello di valutazione.

(9)

Successivamente, durante la fase 4)), è stata effettuata l’effettiva integrazione tra il simulatore deterministico del mercato elettrico, PROMED, ed OPTFOLIO: attraverso la simulazione deterministica del mercato elettrico sono stati generati degli scenari di prezzo per un anno futuro preso come riferimento (l’anno 2005), “randomizzando” i driver di prezzo con particolare riferimento a variazioni “estreme”.

Tali scenari di prezzo sono stati quindi utilizzati per la definizione delle strategie ottime di due agenti rappresentativi (un produttore e un trader) posti di fronte a diverse tipologie di strumenti derivati e con differenti funzioni di utilità. Più precisamente, si è analizzata la variazione delle posizioni ottime di copertura, aggiungendo progressivamente nuovi strumenti al portafoglio finanziario modellato per ciascun agente e confrontando sistematicamente il caso di neutralità verso il rischio (semplice massimizzazione del valore atteso dei profitti) con il caso di avversione al rischio (massimizzazione del valore atteso di una funzione di utilità concava dei profitti), calcolando le grandezze caratteristiche delle distribuzioni ottime dei profitti in entrambi i casi.

(10)

3 STRUMENTI DERIVATI DI COMUNE UTILIZZO NEI MERCATI

ELETTRICI ED ESEMPI PRATICI DI USO PER LA COPERTURA DEL

RISCHIO DI PREZZO

I mercati elettrici hanno come risultato un prezzo ottenuto sulla base della domanda e dell’offerta (a livello orario nella maggior parte dei mercati). Dal lato dell’offerta, l’impossibilità di immagazzinamento, unita a rare ma non impossibili condizioni meteorologiche estreme e a eventuali problemi di trasmissione e produzione, può generare prezzi estremamente volatili, dal momento che la domanda è tipicamente inelastica. Il prezzo dell’energia è dunque soggetto a fluttuazioni, esattamente come (e in termini di volatilità molto più che) nei mercati finanziari; si pone quindi il problema della previsione dei prezzi e di una copertura adeguata dal rischio di prezzo.

3.1 I derivati elettrici

Data l’alta volatilità dei prezzi spot dell’energia elettrica si rende necessaria l’esistenza di strumenti derivati (si veda anche [1]), adatti per le esigenze dei vari attori del mercato elettrico (produttori,

traders, grandi consumatori industriali, ecc.). La maggior parte dei derivati è trattata OTC (Over The Counter), quindi in mercati non regolamentati.

Sui mercati regolamentati (Powernext, NordPool, EEX, e altri) sono scambiate sostanzialmente tre tipologie di derivati:

• Forward/futures. Questi strumenti possono prevedere consegna fisica o in denaro (cash

settlement) e presentano payoffs vari. Powernext ha un contratto a consegna fisica con payoff di tipo asiatico (in cui cioè il sottostante è una media, settimanale o mensile, dei

prezzi spot realizzati); NordPool tratta un future standard senza consegna fisica; EEX è un misto dei due precedenti tipi.

• Calendar swaps. Si scambia una media dei prezzi spot (base load o peak load1) su base

trimestrale o annua con un valore fisso. Sostanzialmente sono forward con un payoff di tipo asiatico.

• Plain vanilla options. Sono trattate solo nel NordPool. Il sottostante è un forward.

I derivati OTC sono molto più numerosi ed è abbastanza difficile catalogarli. I più diffusi sono i seguenti:

• Spark spread options

(11)

• Block and hourly options • Virtual Power Plant • Virtual storage

Se ci limitiamo ai derivati più diffusi, futures e opzioni, dalla definizione di un processo stocastico che governa i prezzi spot, si giunge al processo che governa i prezzi futures (o forward, che vengono valutati nello stesso modo) mediante la nota relazione cash and carry che sarà illustrata più avanti. Analogamente, se le opzioni si potessero prezzare mediante la formula di Black and Scholes, sarebbe più facile (forse) la definizione di una strategia nel medio termine. In ogni caso l’uso di una formula chiusa per il prezzaggio (valutazione o pricing) darebbe indicazioni al mercato e ai traders sul prezzo “giusto” da assegnare ai derivati stessi. Alcuni dei derivati OTC, in particolare quelli basati su payoff asiatici, sono poco trattati perché non è chiaro come valutarli.

Le particolari caratteristiche strutturali dei mercati elettrici fanno sì che la modellistica che senza problemi si può applicare ai mercati finanziari e di materie prime (tra le quali il petrolio che tanta parte gioca nelle generazione di energia in Italia) vada rivista. Le ipotesi di base, valide o perlomeno accettabili sugli altri mercati, non sono adatte per l’elettricità: ad esempio, la lognormalità della distribuzione dei prezzi non si può applicare a causa della presenza degli spikes, gli stessi che creano i problemi anche nelle previsioni mediante serie storiche, ARCH, GARCH, ecc.

La difficoltà nella modellizzazione dei prezzi spot crea problemi nella modellizzazione dei prezzi dei derivati.

In Appendice (capitolo 9) è riportata una breve review dei processi proposti in letteratura per i prezzi

spot elettrici.

3.1.1 Futures e forward

Sui mercati finanziari e delle commodities futures e forward vengono valutati secondo la ben nota relazione di cash and carry:

f t

P

= s t

P

+ carrying costs (1) dove: • f t

P

= prezzo future al tempo t,

s

t

P

= prezzo spot al tempo t,

• carrying costs = costi sostenuti dall'investitore per il finanziamento dell'operazione dal tempo t fino alla scadenza T.

(12)

contratto a termine per la consegna futura di questa. Nel regime finanziario dell'interesse composto, dalla (1) segue la relazione che lega prezzo future e prezzo a pronti di uno stesso bene, nel caso in cui non vi sia incertezza né sulla forza di interesse, né sui carrying costs:

(r c)(T t) s t f t

P

e

P

=

− − (2) dove:

• c = rendita di convenienza netta2,

• r = forza di interesse a cui si commisurano gli impegni certi, prevalente nell’intervallo temporale [t,T].

Per gli strumenti finanziari per i quali la rendita di convenienza è nulla, si ha:

(T t) r s t f t

P

e

P

=

− (3)

É possibile dimostrare la (2) e la (3) mediante considerazioni di arbitraggio. Se infatti f

t

P

è maggiore di s r(T t) t

e

P

− si può trarre un profitto pari a s r(T t) t f

t

P

e

P

− a rischio nullo

vendendo il contratto future al prezzo f t

P

e comprando lo spot a s r(T t) t

e

P

(long arbitrage); viceversa,

se f

t

P

è minore di s r(T t) t

e

P

− , si può ottenere un profitto pari a ( ) f

t t T r s t

e

P

P

comprando il ( ) f t t T r s t

e

P

P

future e vendendo lo spot (short arbitrage). Questa strategia è comunemente utilizzata e

si chiama program trading.

Alla (1) si può pervenire anche tramite la ben nota legge del prezzo unico, la quale afferma che investimenti con gli stessi flussi di cassa e lo stesso grado di rischio devono avere ad ogni istante lo stesso valore. Infatti, l'acquisto di un future al tempo t implica:

• un esborso al tempo t di

M

f , il margine di garanzia, • un profitto al tempo T pari a f

t s

T

P

P

e la disponibilità di

M

f , fruttifero se non versato in contanti.

Tale operazione è replicabile mediante:

2 Se il contratto future è uno strumento finanziario che dà frutti intermedi (paniere di azioni, Tbonds) occorre

(13)

• l'acquisto al tempo t dello strumento sottostante, con un esborso di s t

P

;

• l'accensione di un debito regolato all'intensità di interesse r di durata (T-t), che richiede alla scadenza l'esborso di f

t

P

;

• l'impiego di Mf alle stesse condizioni offerte dalla Clearing House (forza di interesse r per buoni fruttiferi, r = 0 per versamenti in contanti).

I flussi di cassa sono presentati in Tabella 1. t T acquisto future

M

f ) (T t r f f t s T P M e P − + − operazione equivalente f t T r f t s T P e M P + − − − ( −) r(T t) f f t s T P M e P − + −

Tabella 1: Flussi di cassa di due operazioni equivalenti

Dal momento che i due flussi sono identici al tempo T per le due operazioni, ne consegue che deve valere lo stesso al tempo t, da cui si ottiene la (3).

La valutazione che si fa per futures e forward è la stessa. In realtà quella descritta si applica ai forward. I

futures differiscono dai forward essenzialmente per il meccanismo del marking to market. Si dimostra

comunque che un future si può valutare come un forward quando il tasso di valutazione rimane costante nel periodo di vita dello strumento a termine.

Nei mercati elettrici la relazione (3) di cash and carry tra spot e futures, basata come si è visto su considerazioni legate all’impossibilità di arbitraggio, non può essere usata: infatti lo strumento sottostante (l’energia venduta sul mercato al prezzo spot) dovrebbe poter essere acquistato al tempo t e tenuto fino alla scadenza del contratto. Ciò non è fisicamente possibile, in quanto l’energia acquistata e prodotta non può essere immagazzinata.

La scarsa liquidità del mercato future/forward complica ulteriormente il problema della valutazione del prezzo dei derivati. In mancanza di questa caratteristica, si potrebbe comunque ragionare in termini puramente finanziari: se il mercato dei future/forward fosse completo, sarebbe possibile riprodurre un qualsiasi derivato con un portafoglio equivalente, e quest’ultimo sarebbe valutabile sotto l’ipotesi di assenza di arbitraggio sul mercato future/forward se questo fosse sufficientemente liquido da potersi considerare efficiente. A tal proposito si dimostra che l’assenza di arbitraggio sostanzialmente equivale all’esistenza di una qualche misura di martingala equivalente anche se il mercato non è completo [4]. Un modo alternativo di modellizzare un contratto future (o forward) è quello di utilizzare la relazione

standard

( )

s T Q t f t

E

P

(14)

essere leggermente più basso del valore atteso del prezzo spot futuro. Anche su questo le opinioni sono differenti: in [5] si sostiene che il future è determinato dal suo valore atteso più un premio di rischio associato alla probabilità di uno spike (se l’esercizio del forward avviene al momento dello spike, chi ha acquistato il forward può guadagnare molto e chi lo vende perderci molto).

I contratti forward sono per la maggior parte OTC e in questa versione sono i derivati più trattati. Un discorso a parte va fatti sui contratti bilaterali. In Francia, Scandinavia e Stati Uniti, la maggior parte dei contratti bilaterali tra produttori e grossi consumatori è stipulata per quantità uniformi con a volte la possibilità di ottenere quantità ulteriori di elettricità (sono le cosiddette swing options). Si veda a proposito la Figura 1.

Figura 1: Swing options per contratti bilaterali

Il contratto bilaterale verrà ragionevolmente fissato ad un prezzo che incorpori le aspettative del prezzo

spot sul periodo del contratto, con in aggiunta un premio di rischio dovuto alla perdita di opportunità da

parte del produttore di poter utilizzare l’energia sul mercato spot. D’altra parte, il compratore è disposto a pagare un premio per avere energia disponibile senza doverla recuperare sul mercato con il rischio di doversi approvvigionare con prezzi molto alti. In questo senso si possono equiparare i forward ai contratti bilaterali.

3.1.2 La copertura (o hedging) mediante futures

Gli hedgers aprono una posizione finanziaria (attraverso la sottoscrizione di contratti future) uguale, ma di segno opposto, ad una posizione già esistente sul mercato a pronti, per tutelarsi da variazioni del prezzo del bene sottostante.

Mediante lo short hedging si compra energia elettrica sul mercato spot e si vende la stessa quantità di energia elettrica sul mercato future per proteggersi contro diminuzioni di prezzo; mediante long hedging si vende sul mercato spot e si compra la stessa quantità sul mercato future per proteggersi da rialzi del prezzo.

Queste strategie possono essere praticate anche senza possedere il bene sottostante, a solo scopo di

(15)

Il seguente esempio spiega l’uso dei futures per copertura.

Un produttore di elettricità tedesco intende vendere 30 MW della sua produzione in Settembre (su 24 ore, per 30 giorni) sul mercato spot EEX. La quantità di energia elettrica che intende vendere è 30 MW ∗ 24 h/giorno ∗ 30 giorni = 21600 MWh. Il produttore vorrebbe vendere ad un prezzo medio di 29 €/MWh. Siccome è atteso un periodo di instabilità del mercato spot, si decide per una operazione di copertura vendendo 30 contratti (1 contratto = 1 MW) di EEX Monthly future base load September a 29 €/MWh ciascuno. Il valore della posizione corrisponde al profitto dalla vendita che il produttore si aspetta (30 MW ∗ 24 h/giorno ∗ 30 giorni ∗ 29 €/MWh = 626400 €).

Come previsto, durante tutto il mese di Settembre il produttore vende 30 MW all’ora per 24 ore al giorno al prezzo di mercato (MCP o Market Clearing Price). Tuttavia durante il mese di Settembre il prezzo spot medio scende a 26.7 €/MWh, ben al di sotto dei 29 €/MWh desiderati. Il ricavo dalla vendita sul mercato spot ammonta quindi a 576720 € (30 MW ∗ 24 h/giorno ∗ 30 giorni ∗ 26.7 €/MWh) con una perdita di 49680 € (626400 € - 576720 €). Questa perdita è controbilanciata esattamente dai ricavi sul mercato future. Infatti alla scadenza del future, scelta in corrispondenza del termine dell’operazione del produttore sul mercato spot, il prezzo di aggiustamento con cui si chiude la transazione future (senza consegna fisica) è esattamente il prezzo spot 26.7 €/MWh (mean of Phelix base). L’operazione sul mercato future ha coperto il produttore dal rischio di prezzo. Il riepilogo delle operazioni effettuate per realizzare lo short hedging da parte del produttore in questione è rappresentato in Tabella 2.

Data Mercato spot Mercato future

1/9 Inizio operazione

Prezzo desiderato di vendita: 29 €/MWh Vendita contratti future a 29 €/MWh

30/09 Conclusione operazione

Prezzo spot a 26.7 €/MWh Acquisto contratti future a 26.7 €/MWh

Saldo -2.3 €/MWh +2.3 €/MWh

Tabella 2: Short hedging per un produttore

3.1.3 Opzioni su spot e forward

Le opzioni call assicurano contro la crescita imprevista dei prezzi spot ma, a differenza dei futures, non obbligano il sottoscrittore ad acquistare comunque energia che potrebbe non essere nemmeno necessaria. Anche le call options sono trattate molto OTC e sono proposte dalle società elettriche.

(16)

stagionalità, più una componente di salto di tipo Poisson. La logica sottostante si basa sui seguenti fatti osservati:

• il ritorno alla media (mean reversion) è estremo dopo il verificarsi di uno spike; • gli spikes scompaiono senza causare effetti permanenti e sono positivi;

• la probabilità che si verifichi un spike dopo che se ne è appena verificato uno è piccola; • le stagionalità sono sempre forti.

Per la stima dei modelli si ricorre alla discretizzazione, tecnica corroborata dal fatto che per molti mercati il prezzo che esce dalla contrattazione è orario (Italia, Spagna, Olanda, NordPool, mercati del Nord America). Il prezzo dell’opzione è ottenuto come la media sui cammini dell’albero dei payoffs scontati, pesati mediante le probabilità neutre al rischio. Come si vede dalla Figura 2, l’albero binomiale risente degli spikes solo per il limitato periodo in cui lo spike si manifesta e poi c’è il ritorno alla situazione precedente. Il prezzo dell’opzione tiene sì conto dello spike eventuale, ma in misura molto ridotta.

Questo tipo di approccio per la valutazione non è affatto condiviso in [6]; infatti, il verificarsi degli

spikes sembra avere in certi casi effetti non limitati nel breve periodo.

Un esempio estremo dell’effetto in questo senso è dato da ciò che è avvenuto nell’ECAR (East Center

Area Reliability Coordination Agreement, una regione che comprende stati del Midwest degli USA).

Un’ondata di caldo eccezionale, verificatasi nel Giugno 1998, causò la salita dei prezzi dai circa 25 $/MWh di alcune settimane prima a più di 2000 $/MWh. I venditori di calls, anche quelli molto

out-of-the-money con strike tipo k = 1000 $/MWh (ossia opzioni con uno strike molto superiore al prezzo spot corrente) subirono forti perdite. Nella primavera precedente, quelle opzioni venivano vendute a 50 cents per MWh, probabilmente perché il prezzo massimo che si era verificato fino a quel momento era

(17)

Figura 2: Albero binomiale con spikes

Un modo per risolvere questo problema è utilizzare opzioni su forward o futures quasi prossimi alla scadenza: essendo i prezzi a termine ottenuti come medie, il loro andamento è più smussato, pur riflettendo le aspettative del mercato.

Un’altra motivazione a sostegno dell’uso dei forward e futures come sottostanti è legata al concetto di rendita di convenienza. Dalle serie storiche dei prezzi, e in particolare dagli inusitati picchi che caratterizzano l’andamento dei prezzi elettrici, si può notare come il possessore di un impianto (o anche chi lo affitti) potrebbe far valere in modo notevole la propria rendita di convenienza, mentre il sottoscrittore di un future o forward non potrebbe invece farlo. Per definizione, quindi, futures e forward non includono la rendita di convenienza. In sostanza, la rendita di convenienza indica il valore dell’elettricità posseduta “prima” di produrla. Nel momento in cui viene prodotta, tuttavia, l’elettricità deve essere immediatamente ceduta e la rendita di convenienza diventa nulla. É quindi ragionevole che il sottostante sia un prezzo a termine.

(18)

pertanto, la scelta del sottostante non è affatto ovvia e va valutata anche in dipendenza del mercato in cui si opera.

Tra le opzioni più interessanti che potrebbero avere un mercato vi sono le opzioni asiatiche, il cui sottostante non è il prezzo tout court, bensì una media dei prezzi spot, generalmente della settimana precedente, oppure anche della settimana successiva. Opzioni asiatiche sono state quotate per un periodo sul NordPool, ma sono state poi sospese per scarsa liquidità (non è chiaro se per problemi di prezzaggio, specifiche contrattuali non interessanti o altro).

Le opzioni asiatiche sono molto utilizzate sui mercati energetici (oil e oil spreads) perché il sottostante, che è un indice, è spesso già di per sé una media aritmetica. La media di prezzi storici può aiutare a smussare l’effetto degli spikes nei prezzi, cosicché il sottostante dell’opzione diviene il costo medio dell’elettricità in un dato periodo. In [7] è riportata una simulazione effettuata sul mercato spagnolo circa l’uso di un’opzione asiatica a scopo di copertura. Si rileva la dipendenza della bontà della strategia (ossia di quanto si discosta dal prezzo fissato) dalla scelta dell’indice del mercato spot.

(19)

4 MODELLI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI PREZZO NEI MERCATI

ELETTRICI: DAI PIÙ SEMPLICI ALLE PROPOSTE PIÙ RECENTI

Si può certamente affermare che il rischio pervada la massima parte delle attività economiche, finanziarie e gestionali del nostro tempo. È noto assioma della teoria economica che il profitto può essere incrementato solo esponendosi a rischi più elevati. Pertanto, la corretta definizione, misurazione e gestione del rischio sono presupposti indispensabili per un’analisi precisa e puntuale di ogni attività. In linea generale, il rischio è la possibilità, riconosciuta a priori, che il risultato di una decisione si discosti, soprattutto in senso peggiorativo3, da un obiettivo prefissato, “atteso”. Questa definizione,

abbastanza ampia da essere universalmente condivisibile, necessita di alcune precisazioni nei termini che vi compaiono.

Precisamente, si possono distinguere quattro aspetti:

1) il disegno degli esperimenti che danno luogo ai risultati; 2) la determinazione dell’entità di riferimento;

3) la misurazione (quantificazione) degli scostamenti negativi;

4) la necessità di una misura “sintetica” e aggregatrice degli scostamenti.

Circa il punto 1)), poiché le situazioni economiche reali non consentono esperimenti ripetuti (cambiano infatti di volta in volta le condizioni iniziali e ambientali), occorrerà effettuare simulazioni in grado di fornire il risultato in base ai valori assunti da diversi fattori che sono ritenuti in grado di influenzare il risultato stesso. Allo scopo è stata sviluppata la tecnica di analisi per scenari, che sarà discussa in dettaglio nel paragrafo 4.1. L’operazione è superflua solo nei pochi casi in cui è possibile determinare a priori una distribuzione statistica di probabilità per il risultato (ad esempio l’esito del lancio di un dado non truccato sarà uno dei valori 1,...,6 con uguali probabilità, e ciò è un ovvio dato di fatto; invece il guadagno su un investimento azionario non ammette una incontrovertibile distribuzione di probabilità, essendo innumerevoli i fattori da cui esso dipende4).

L’analisi ora delineata consente di pervenire a una stima dei possibili risultati di una decisione. Si tratta ora di valutare di quanto essi si discostino dall’obiettivo prefissato. La determinazione di quest’ultimo costituisce una fase delicata del processo decisionale. Anzitutto non è detto che l’obiettivo si concretizzi

3 Alcuni Autori fanno ricadere in questa qualificazione la differenza tra misure di rischio e misure di dispersione. A

ben vedere, anche il superamento di un obiettivo può in taluni casi indurre una certa insoddisfazione (ad esempio per il fatto di dover rivedere la pianificazione effettuata preventivamente), comunque di entità minore del suo non raggiungimento.

4 Le ben note distribuzioni utilizzate dagli studiosi di Finanza sono in realtà condizionate dal verificarsi di ipotesi

(20)

in una sola quantità: il profitto è solitamente una di queste, ma altre potrebbero essere ad esempio il giro d’affari, la quota di mercato, ecc. Nel paragrafo 4.2 sarà commentato il significato della definizione dell’obiettivo e le sue implicazioni sulla misurazione degli scostamenti.

Finalmente, si tratterà di individuare un indicatore sintetico delle deviazioni dall’obiettivo, costruendo opportune ponderazioni o facendo riferimento diretto alla “tollerabilità” del rischio da controllare.

4.1 La costruzione degli scenari

L’analisi di scenari si pone l’obiettivo di ottenere tramite simulazioni ripetute una distribuzione di probabilità per la quantità in osservazione (profitto o variazione del patrimonio). Le tappe fondamentali della procedura, che esamineremo ora, sono le seguenti:

• definizione dei fattori di rischio e delle loro distribuzioni di probabilità; • attribuzione dei rischi alla quantità in esame;

• generazione degli scenari e valutazione dell’obiettivo.

Il primo passo consiste nel riconoscimento dei fattori di rischio in grado di influenzare il fenomeno. In alcuni casi la scelta appare scontata (un portafoglio di titoli obbligazionari sarà anzitutto esposto al rischio di alterazioni nella struttura per scadenza, ecc.), in altri è demandata all’intuito e all’esperienza dell’analista. Si concretizza in questo aspetto il cosiddetto “rischio di modello”, cioè la possibilità che alcuni fattori in grado di influenzare il fenomeno vengano nei fatti tralasciati o sottovalutati. Va rilevato peraltro che esiste pur sempre un certo livello di soggettività nella formulazione di qualsiasi modello e che, comunque, si dovrebbe valutare con un’analisi appropriata e iniziale se i costi (essenzialmente di calcolo) associati all’introduzione di ulteriori fattori di rischio siano o meno bilanciati da un effettivo miglioramento nella capacità analitica del modello.

Si passa quindi a stimare la distribuzione di probabilità di ciascun fattore di rischio. Solitamente ci si affida all’osservazione storica, rilevandone i valori assunti nel passato e le relative frequenze. Se i fattori sono (o si ipotizza che siano) indipendenti, l’operazione è facilitata perché le osservazioni possono essere effettuate sui singoli fattori senza rilevarne le correlazioni. Solitamente ci si concentra sulle determinazioni “standard” dei valori rilevanti dei fattori, da utilizzare nell’indagine successiva: essi sono la media, la media ± 1 sqm, ± 2 sqm, ± 3 sqm, dove sqm è lo scarto quadratico medio. Finalmente, questi valori si combinano tra loro in tutti i modi possibili: ciascuna di queste combinazioni si definisce “scenario”.

(21)

Se si conosce esattamente la relazione funzionale che lega il valore da osservare a quello dei fattori che lo determinano (ad esempio, è nota la relazione che fornisce il prezzo di un’obbligazione in dipendenza dei tassi della struttura per scadenza), allora si stabilisce una corrispondenza precisa e si ottiene subito, utilizzando tale formula, il valore che l’obiettivo assume in ogni specifico scenario. Se invece tale relazione non è nota, se ne può utilizzare una approssimazione lineare, individuando la “sensibilità” (come derivata prima della funzione incognita) del valore da analizzare rispetto a ciascuno dei fattori di rischio (ad esempio per valutare il valore di un’opzione rispetto al valore di un indice azionario, se ne usa correntemente il “delta”, o hedge ratio). Tali sensibilità vengono solitamente stimate anch’esse ricorrendo all’osservazione storica, nell’ipotesi che esse si mantengano costanti nel tempo. Al proposito, vi è da segnalare che tale approssimazione è più o meno precisa a seconda della complessità della funzione vera, ma comunque dipende anche dallo spettro di valori attribuiti ai fattori di rischio: di norma la precisione è poco accurata in relazione a eventi estremi5, e di ciò bisogna tener conto esplicitamente.

Finalmente, applicando successivamente i valori dei fattori di rischio propri di ogni scenario alle funzioni (vere o approssimate) del risk mapping, si ottengono i valori delle variabili da osservare, nonché le loro distribuzioni di frequenze.

4.2 La determinazione dell’obiettivo

Come si è visto, il rischio si manifesta allorché l’esito di una decisione risulta differente da quello che a priori si era stabilito. Questo valore di riferimento può essere di natura interna o esterna6.

Nel primo caso, esso viene determinato dagli stessi esiti (o dai risultati delle simulazioni): solitamente coincide con il valore medio, in senso statistico, della quantità di riferimento. Peraltro, la media non è l’unico indicatore statistico di posizione che si può considerare allo scopo: altrettanto bene si comportano la mediana e la moda (soprattutto nelle indagini basate su scenari, che hanno come output un insieme discreto di valori).

Nel secondo caso il valore di riferimento viene definito in modo indipendente dalle simulazioni, come un obiettivo con cui confrontarsi. Per investimenti finanziari, il caso più comune è il benchmark, ossia la

5 Peraltro sono proprio questi i valori più interessanti nel processo decisionale: allo scopo viene seguita una

metodologia particolare, chiamata stress testing, sulla quale non ci soffermiamo.

6 È opportuno precisare questa fondamentale distinzione, anche perché spesso nella terminologia corrente (mutuata

(22)

performance di uno o più indici di riferimento, a composizione strutturalmente simile a quella del portafoglio che si vuole costituire. In altre situazioni, il valore dell’obiettivo è determinato in via preliminare in base a considerazioni generali.

A parte quest’ultima situazione, si può notare che il valore dell’obiettivo non è noto all’inizio dell’analisi: infatti esso deriva da un’analisi di scenari che determina o il valore medio dei risultati (caso interno) o il valore di riferimento ottenuto anch’esso con scenari analoghi (caso esterno).

4.3 Le misure di rischio tradizionali

Si prendano in esame ora le misure di rischio più frequentemente utilizzate, basandoci sulle realizzazioni xi (i = 1,…, N) di un certo esperimento, ciascuna ottenuta con frequenza relativa (o probabilità) pi. Si

indichi con µ il loro valore medio.

Le misure di rischio tradizionalmente utilizzate erano in realtà quelle di dispersione attorno al valore medio:

[

]

= − = =

=

=

=

N i i i N i i i N i i i

x

p

x

s

p

x

p

1 2 2 1 2 1 2 2

(

µ

)

;

σ

(

µ

)

;

min(

0

,

µ

)

σ

Le prime due, ben note, rappresentano rispettivamente la varianza (σ2) e lo scarto quadratico medio o

deviazione standard (σ); esse pesano allo stesso modo scostamenti di segno positivo e negativo.

La terza, nota col nome di semivarianza (s2), considera solo deviazioni inferiori al valore medio. In tutti

e tre i casi le deviazioni sono ponderate più che proporzionalmente (per effetto dell’elevamento al quadrato) rispetto all’entità dello scostamento: per ottenere una ponderazione lineare è stato proposto di sostituire al quadrato il valore assoluto della differenza:

= − = N i i i x p DMA 1

µ

Di maggiore interesse sono le misure di scostamento da un parametro K prefissato e indipendente dalle realizzazioni degli esperimenti. Una ponderazione quadratica delle deviazioni non altera sostanzialmente il risultato, in quanto lo modifica per un addendo di facile determinazione; si ha infatti:

(

)

(

)

= − − = − N i i i r K K p 1 2 2 2

σ

µ

(23)

Tale misura di rischio in senso proprio ha il doppio vantaggio di essere applicabile indifferentemente a distribuzioni (o frequenze) simmetriche e non, e di tenere in esplicita considerazione l’obiettivo proposto dall’utente.

4.4 Value at Risk ed Expected Shortfall

Nella stessa categoria di misure di rischio, sebbene con formulazione differente, si situa il celebre Value

at Risk o più sinteticamente VaR, introdotto dapprima per valutare l’esposizione delle banche verso

attività con rischio di inadempienza contrattuale e poi diffuso nel più generale ambito del rischio finanziario. Per calcolare il VaR occorre specificare una soglia di “confidenza” α (che per consuetudine è fissata a 1% oppure a 5%); dato questo parametro, il VaR è semplicemente l’osservazione “peggiore” che si può presentare con una probabilità non superiore ad α. In formule:

[

]

{

<

α

}

=

x

i

X

x

i

VaR

sup

:

Pr

Esistono varie espressioni più significative; ad esempio, se si dispone di una distribuzione di probabilità continua Φ riferita al risultato aleatorio dell’esperimento, si ha subito:

( )

α

1 −

Φ

=

VaR

permettendo così di esprimere il VaR come α-quantile della funzione di ripartizione. Se invece le osservazioni provengono da una simulazione tramite scenari, è sufficiente ordinare tali osservazioni in senso crescente, e determinare come VaR quella di posto ν = αN.

Sebbene il VaR sia oggi una misura di rischio molto popolare, anche perché consente una immediata interpretazione, possono essere avanzate alcune critiche alla sua definizione. Tra queste, la più significativa è che, in talune circostanze, essa non soddisfa la proprietà di subadditività, cioè quella che afferma che la rischiosità totale relativa a un aggregato di situazioni aleatorie non può superare la somma dei rischi singolarmente considerati. Inoltre, per distribuzioni di probabilità discrete, è da segnalare l’andamento discontinuo (costante a tratti) del VaR rispetto alla soglia di confidenza.

Per illustrare i due fenomeni, consideriamo il seguente esempio7. Si considerino due obbligazioni A e B

fra loro identiche, soggette a rischio in quanto possono dare origine a una perdita valutata come segue:

(24)

perdita probabilità p. cumulata

-3 0.03 0.03

-1 0.02 0.05

0 0.95 1.00

Si supponga che queste due obbligazioni NON possano essere insolventi contemporaneamente; allora, le perdite del portafoglio contenente entrambe le obbligazioni (ciascuna per quota di ½) sono:

perdita probabilità p. cumulata

-1.5 0.06 0.06

-0.5 0.04 0.10

0 0.90 1.00

Calcolando l’esposizione al rischio a livello α = 5% delle singole obbligazioni e del portafoglio, risulta: VaR(A) = VaR(B) = 0, VaR(½A + ½B) = 3

La causa di questa discontinuità è attribuibile al fatto che nelle distribuzioni discrete il VaR incorpora integralmente il valore dell’osservazione che viene “assorbita” nello stesso VaR quando il livello di confidenza α interseca il valore del quale l’osservazione in oggetto è il quantile. Lo stesso fenomeno è in grado di impedire il soddisfacimento della subadditività.

Per ovviare a questa caratteristica del VaR è stata proposta un’altra misura di rischio, detta Expected

Shortfall, che a parole consiste nella media delle osservazioni non superiori al VaR stesso; la formula

sintetica che lo rappresenta è:

L’Expected Shortfall (ES) così definito rispetta sempre la subadditività. Inoltre è in grado, se osservato congiuntamente al VaR, di indicare cosa succede “oltre il VaR”, cioè la perdita media tra quelle estreme, che si manifestano con probabilità inferiore a α.

Purtroppo anche l’Expected Shortfall manifesta discontinuità su distribuzioni discrete; se ne può adattare la definizione rendendolo continuo addizionando all’ES una frazione opportuna del VaR stesso; si ottiene così la quantità nota come CVaR:

(25)

Il coefficiente λ, compreso tra 0 e 1, è determinato secondo una formula che tiene conto dell’ampiezza del salto della distribuzione di probabilità in corrispondenza del VaR, e appunto preserva la continuità rispetto ad α.

Uryasev [8] ha mostrato come tale indicatore di rischio possa essere utilizzato direttamente in modelli di ottimizzazione e di selezione di portafogli, sia come funzione obiettivo che come vincolo di esposizione.

4.5 La funzione di utilità

Un approccio alternativo alla misurazione del rischio tiene in considerazione la funzione di utilità del decisore. Il concetto di funzione di utilità di esiti monetari certi è stato introdotto da D. Bernoulli due secoli or sono: si tratta di una qualunque funzione che conservi l’ovvio ordinamento tra importi per cui la somma maggiore è preferita a quella minore, cioè in definitiva una qualsiasi funzione monotona crescente. Ad esempio la funzione:

in quanto monotona crescente rispetto all’argomento patrimonio w è adatta a rappresentare l’utilità di un individuo che ritiene che, ad esempio, a un patrimonio di 100 corrisponda una soddisfazione pari a 10 e a un patrimonio di 400 una soddisfazione pari al doppio, cioè 20. Per raddoppiare ulteriormente l’utilità e portarla al valore 40, il patrimonio deve raggiungere il valore 1600, quindi aumentare di quattro volte. Il problema (risolto questo solo 60 anni fa, da Von Neumann e Morgenstern), è di estendere questo concetto ad argomenti aleatori, cioè a patrimoni soggetti a rischio.

Soddisfacendo naturali assiomi di coerenza delle scelte, il modello dell’Utilità Attesa proposto da Von Neumann e Morgenstern esprime l’utilità U per un patrimonio aleatorio Z rappresentato da una lotteria con esiti z1 e z2 e probabilità ad essi associate p e (1-p) nel seguente modo:

La funzione di utilità Von Neumann-Morgenstern informa sul livello di utilità associata ai payoff.

z1 si realizza con probabilità p, ottenendo un’utilità pari a u(z1); z2 si realizza con probabilità (1-p), conseguendo un’utilità pari a u(z2). Il payoff atteso E(Z) non interviene nel calcolo dell’utilità attesa; si può invece affermare che questa è il valore atteso delle utilità valutate sui singoli payoff.

Si introduce ora un patrimonio K disponibile con certezza, che fornisce la stessa utilità di quella attesa secondo Von Neumann-Morgenstern: esso è definito implicitamente dalla relazione:

(26)

e si chiama “certo equivalente”. La misura di rischio associata a questo approccio è semplicemente:

cioè la differenza tra il valore atteso del patrimonio e il suo certo equivalente. Quanto più è alta tale differenza, tanto più marcatamente è percepita l’aleatorietà della situazione rischiosa. Osserviamo fin d’ora che questa misura è ampiamente soggettiva, nel senso che viene calcolata in base alla funzione di utilità specifica del decisore.

In Figura 3 è riportata una illustrazione grafica che mostra il posizionamento relativo degli esiti della situazione aleatoria, il suo valore medio e l’associato certo equivalente.

Figura 3: Rappresentazione grafica della funzione di utilità

Osservando il grafico, si nota che le rette verticali associate a z1 e z2 rappresentano i possibili risultati della lotteria (si ipotizza per semplicità che essi abbiano la stessa probabilità); la retta in posizione centrale rappresenta il payoff atteso della lotteria, E(z). A sinistra del payoff atteso, si trova la retta verticale in corrispondenza del certo equivalente K. Quest’ultimo è inferiore al valore atteso dei payoff (successivamente ne verrà spiegato il motivo). Infine, il segmento indicato con la freccia rappresenta il premio per il rischio; esso può essere interpretato come l’importo a cui il decisore è disposto a rinunciare in termini di valore medio per eliminare completamente il rischio della scelta ed ottenere con sicurezza il certo equivalente.

Analizzando le caratteristiche della funzione d’utilità, si può affermare che la sua derivata prima ha segno positivo, in quanto l’utilità è crescente rispetto al patrimonio. Questa relazione indica che l’individuo è non saziabile.

(27)

Le attitudini del decisore nei confronti del rischio si rispecchiano nella concavità della funzione di utilità. Infatti per un individuo che manifesta avversione al rischio il certo equivalente risulta minore del valore atteso del patrimonio, e per la disuguaglianza di Jensen ciò equivale alla concavità della funzione di utilità. Se tale funzione fosse lineare, si avrebbe invece indifferenza, o neutralità, al rischio, in quanto varrebbe K = E(Z), e ciò mostra che il decisore osserva solo il valore atteso senza riguardo all’aleatorietà.

Il grado di avversione al rischio è un concetto “locale”, nel senso che dipende in generale dalla consistenza del patrimonio a rischio. Indagini empiriche sulle scelte individuali hanno confermato l’assunto: si è notato infatti che per patrimoni esigui l’atteggiamento dell’individuo può essere addirittura di propensione al rischio, e tale atteggiamento muta progressivamente in avversione all’aumentare del patrimonio.

(28)

5

OPTFOLIO: CRITICHE E SUGGERIMENTI METODOLOGICI

Lo strumento principale utilizzato nel presente studio per la realizzazione di un sistema integrato di previsione dei prezzi / risk management è il programma OPTFOLIO [9], realizzato e distribuito dalla PSRI – Power System Research Inc.8, da noi considerato un “benchmark” vista la sua diffusione tra i software per l’ottimizzazione di un portafoglio fisico – finanziario.

Lo scopo di questo capitolo è analizzare, alla luce delle considerazioni effettuate nei precedenti capitoli 3 e 4 sugli strumenti derivati e sulle misure di rischio, le funzionalità basilari di OPTFOLIO, in preparazione agli esempi di uso integrato con PROMED [3] che verranno illustrati nel capitolo 6.

L’analisi sarà di carattere generale, senza entrare nel dettaglio della struttura software di OPTFOLIO, e pertanto valida anche per un generico sistema di ottimizzazione fisico – finanziaria.

5.1 Descrizione

sintetica

OPTFOLIO è un programma di ottimizzazione del portafoglio fisico – finanziario posseduto da una determinata società operante sul mercato elettrico.

OPTFOLIO ha come principali input:

• Scenari dei prezzi futuri dell’elettricità per ogni data futura considerata.

• Caratteristiche (sostanzialmente costi fissi e variabili, capacità, energia prodotta) delle centrali di generazione di energia elettrica esistenti possedute dalla società considerata (ovvero dall’agente che effettua l’ottimizzazione del proprio portafoglio fisico – finanziario).

• Caratteristiche (sostanzialmente costi fissi e variabili, capacità, energia prodotta e costo di investimento) delle “centrali candidate” che l’azienda considerata può decidere di costruire nell’orizzonte temporale considerato.

• Caratteristiche (sostanzialmente costi fissi e variabili, capacità, energia prodotta e costo di investimento) delle “centrali candidate” già esistenti di cui l’azienda può acquisire una partecipazione a costi specificati.

• Caratteristiche di un eventuale carico (“native load”) garantito a tariffe prefissate.

• Caratteristiche e prezzi dei contratti finanziari (forward, futures e opzioni) presenti sul mercato. Oltre a questi input fondamentali sono presenti numerosi affinamenti, alcuni di carattere generale, altri di validità specifica per il mercato brasiliano su cui non ci si soffermerà, che comunque non complicano sostanzialmente l’impostazione del problema e le procedure di ottimizzazione coinvolte.

(29)

Le variabili decisionali considerate in OPTFOLIO, essenzialmente, sono:

• La variabile binaria decisione di costruire una nuova centrale in un certo istante di tempo oppure no.

• La variabile continua che esprime l’acquisizione di una partecipazione in una centrale esistente. • Le quantità di contratti a termine e di contratti di opzioni acquistati per ogni scadenza e prezzo

di esercizio disponibile.

Sulla base di queste variabili decisionali, per ogni istante di tempo futuro considerato e per ogni scenario di prezzo, viene calcolata la domanda / l’offerta netta sul mercato spot, che viene valutata al prezzo del corrispondente scenario.

É importante chiarire che OPTFOLIO non effettua l’ottimizzazione della produzione complessiva della/delle centrale/i posseduta/e dalla società produttrice considerata, che, come già accennato, viene invece considerata una variabile di input del modello. L’idea è che la produzione totale sia assegnata e che venga ottimizzato il mix di vendita tra mercato spot e mercato forward in modo da realizzare una copertura ottimale del rischio di prezzo sulla base della funzione obiettivo specificata.

Un'altra limitazione di OPTFOLIO in relazione al mercato italiano è l’impossibilità di modellare appropriatamente il rischio dovuto alla differenza tra i prezzi zonali e il prezzo unico nazionale, o PUN, e gli strumenti finanziari recentemente introdotti in Italia finalizzati alla sua copertura [10]. É sì possibile considerare diverse “zone” con diversi scenari di prezzo, ma acquisti e vendite effettuati in ciascuna zona sono valorizzati al prezzo zonale, al contrario di quanto avviene nel mercato italiano [11]. Dopo aver valutato il saldo sul mercato spot ai prezzi previsti dagli scenari, OPTFOLIO calcola per ciascuna data futura un profitto netto che viene attualizzato e sommato ottenendo così la distribuzione dei valori attuali dei profitti netti al variare degli scenari; questa è la base per il calcolo di una delle seguenti quattro funzioni obiettivo:

1) Profitto netto medio 2) Utilità attesa dei profitti netti 3) Profitto netto nel caso peggiore

4) Profitto netto nel k-esimo caso peggiore (“at VaR level”)

In particolare, l’utilizzo della seconda funzione obiettivo (l’utilità attesa dei profitti netti) richiede la specificazione della funzione di utilità dell’azienda modellata come agente ottimizzatore del proprio portafoglio, che per semplicità computazionale è richiesta essere lineare a tratti; l’utilizzo della quarta funzione obiettivo presuppone invece la scelta di k, ovvero del “livello” del VaR.

(30)

La funzione obiettivo scelta viene massimizzata numericamente al variare delle variabili decisionali precedentemente considerate; il problema presenta una certa complessità computazionale ed elementi di non-linearità, anche qualora si consideri semplicemente la massimizzazione del profitto netto medio.

5.2 Applicabilità

Si tratta di uno strumento adatto a finalità diverse (decisione di investimento di medio – lungo periodo, ottimizzazione della copertura dal rischio di prezzo attraverso strumenti finanziari, …) rispetto alla più usuale problematica di ottimizzazione della produzione di breve periodo per fare fronte a un carico soggetto a incertezza; idealmente OPTFOLIO opera a valle di un sistema del genere: infatti, nel caso in questione, è stato integrato con PROMED, il simulatore del mercato elettrico del giorno prima realizzato da CESI (come verrà descritto in modo approfondito al paragrafo 6.1), utilizzando quest’ultimo per generare gli scenari di prezzo e di produzione delle singole unità di generazione.

Avendo chiarito questo punto, possiamo individuare quattro tipologie generali di utente di un sistema di ottimizzazione integrato del tipo proposto:

• Produttore: esso ha un parco di generazione fissato, la cui produzione a medio termine è già stata determinata (attraverso l’ottimizzazione dell’esercizio degli impianti di generazione su tale orizzonte temporale); il problema è la determinazione del mix ottimo di vendita dell’energia prodotta tra mercato spot e mercato degli strumenti derivati.

• Produttore – investitore: esso ha un parco di generazione fissato ed è posto di fronte alla decisione di investimento in una o più centrali “candidate”, la cui produzione target è già prefissata, e può vendere l’energia elettrica prodotta sia sul mercato spot che sul mercato a termine.

• Grossista - venditore: esso ha un carico a cui far fronte e si approvvigiona attraverso il mercato

spot o attraverso contratti forward e opzioni.

• Puro trader: non produce né ha un carico a cui fare fronte; prende posizioni finanziarie in contratti forward, futures e opzioni sulla base delle sue aspettative sui prezzi spot futuri e compensa la sua posizione finanziaria sul mercato spot.

5.3 La generazione degli scenari di prezzo

(31)

attraverso PROMED, uno strumento di simulazione del mercato elettrico del giorno prima su un orizzonte temporale annuale.

L’utilizzo di scenari, cioè di un insieme finito di possibili stati del mondo, è usuale nei programmi di ottimizzazione fisico – finanziaria e più in generale nelle implementazioni di problemi finanziari di risk

management di una certa complessità computazionale (si veda a tale proposito il paragrafo 4.1); la

motivazione principale è dovuta alla semplificazione del problema di ottimizzazione che si ottiene. Questa semplificazione comporta però alcuni problemi metodologici. Innanzitutto, gli scenari dovrebbero essere scelti in modo da riprodurre più fedelmente possibile la distribuzione di probabilità del prezzo dell’elettricità futuro, “vera” e continua; in altre parole, la distribuzione di probabilità di occorrenza del prezzo dell’energia, discreta e uniforme sugli scenari, dovrebbe approssimare bene la distribuzione “vera” e continua. Questo problema è stato affrontato modellizzando “realisticamente” le possibili variazioni dei driver del prezzo della elettricità (con particolare attenzione alle loro variazioni estreme) e utilizzando un grande numero di scenari.

Il secondo problema, più importante dal punto di vista metodologico, ma di più difficile soluzione, sta nella distinzione tra modellizzazione degli scenari rispetto alla distribuzione “vera”, piuttosto che rispetto alla distribuzione “neutrale al rischio”. Come noto dalla teoria finanziaria, il prezzo di uno strumento derivato coincide in assenza di opportunità di arbitraggio con il valore atteso del suo payoff (attualizzato) rispetto a una distribuzione di probabilità artificiale detta appunto “probabilità neutrale al rischio” (si veda a tal proposito il capitolo 3). Quindi, se si vogliono utilizzare gli scenari per prezzare i contratti e le opzioni, la distribuzione di probabilità da utilizzare dovrebbe essere quella “neutrale al rischio”, ma questa potrebbe essere diversa da quella “vera” usata per calcolare il profitto netto medio o l’utilità attesa dei profitti.

In assenza di un modello generalmente accettato per il passaggio dalla distribuzione “vera” a quella “neutrale” al rischio, OPTFOLIO adotta il punto di vista semplificato di considerare le due distribuzioni di probabilità identiche. Tale semplificazione è rilevante quando i prezzi dei contratti finanziari e delle opzioni sono calcolati dal modello in modo “compatibile” con gli scenari, piuttosto che inseriti esogenamente.

5.4 Caratteristiche

dei

contratti finanziari

Sostanzialmente in OPTFOLIO vengono considerati due soli tipi di contratti: • contratti forward di acquisto o vendita;

• contratti di opzione di acquisto o vendita.

(32)

vista finanziario a contratti forward; è possibile richiedere in questo caso che siano coperti dalla propria produzione (vincolo “backed by installed capacity”) oppure no (in quest’ultimo caso si procede al saldo sul mercato spot ai prezzi previsti dagli scenari).

Le tipologie considerate quindi sono in tutto le sei posizioni standard: • forward lungo, • forward corto, • call lunga, • call corta, • put lunga, • put corta.

In un modulo aggiuntivo di OPTFOLIO denominato OPTCON, puramente simulativo e non di ottimizzazione, sono rappresentabili anche contratti più complessi (che hanno payoff comunque scomponibili in combinazioni di opzioni elementari), oppure legati al carico. L’aumento della tipologia dei contratti considerati non sembra presentare difficoltà metodologiche particolari.

É da rilevare che comunque tutti i contratti considerati hanno come unico sottostante il prezzo dell’elettricità; più precisamente, pur prevedendo OPTFOLIO la possibilità di avere “zone” distinte, non esistono contratti il cui sottostante è la differenza tra i prezzi di diverse zone. Come già precedentemente evidenziato al paragrafo 5.1, tale lacuna è particolarmente rilevante in relazione al mercato italiano, dove una parte non trascurabile del rischio di prezzo è legata alla differenza tra il PUN e i prezzi zonali. Inoltre, l’introduzione di contratti a copertura di questa differenza potrebbe rendere utile l’inserimento di questa tipologia tra gli strumenti di copertura disponibili.

Per quanto riguarda la valutazione dei prezzi dei contratti e delle opzioni presenti sul mercato, in OPTFOLIO è possibile operare con due modalità fondamentalmente diverse:

1) i prezzi possono essere assegnati esogenamente, cioè inseriti come input in OPTFOLIO (è il caso in cui esista effettivamente un mercato liquido dello strumento derivato da prezzare); 2) i prezzi possono essere calcolati da OPTFOLIO sulla base di un modello di valutazione

coerente con gli scenari dei prezzi spot futuri (è il caso in cui non esista un mercato di riferimento per gli strumenti finanziari considerati).

Il vantaggio del secondo approccio è di garantire la coerenza con gli scenari dei prezzi spot futuri inseriti. É evidente infatti che i prezzi dei contratti e delle opzioni non possono essere del tutto indipendenti dai prezzi spot, altrimenti ci potrebbero essere opportunità di arbitraggio che inficerebbero il processo di ottimizzazione.

(33)

vendere forward e comprare spot (se il prezzo forward fosse maggiore di 60 €/MWh) oppure comprare

forward e vendere spot (se il prezzo forward fosse minore di 40 €/MWh).

Con tale strategia, detta appunto “opportunità di arbitraggio”, si potrebbe realizzare un profitto illimitato. Questo implica che, se la funzione obiettivo da massimizzare è il profitto netto medio oppure la sua utilità attesa, il problema è mal posto in quanto la funzione obiettivo non è limitata superiormente. In pratica, il problema è mitigato dal fatto che i contratti sono disponibili per un quantitativo massimo di energia prefissato; tuttavia, è chiaro che porre un problema di ottimizzazione in presenza di opportunità di arbitraggio non è molto significativo dal punto di vista teorico.

Con il secondo approccio tale problema non si pone, a prezzo tuttavia della scelta di un particolare modello di valutazione.

L’ideale sarebbe una terza opzione che consenta di introdurre esogenamente i prezzi ma verifichi l’assenza di opportunità di arbitraggio, sfruttando i risultati noti della teoria finanziaria.

5.5 Valutazione dei contratti e delle opzioni

La metodologia proposta in OPTFOLIO per la valutazione dei contratti e delle opzioni è molto semplice; si tratta, come già detto al paragrafo precedente, di assumere che gli scenari siano rappresentativi della distribuzione del prezzo futuro rispetto alla probabilità neutrale al rischio. Sotto questa ipotesi, il prezzo degli strumenti finanziari coincide con il valore atteso del loro payoff, attualizzato al tasso (deterministico) prefissato e inserito esogenamente.

Nel caso dei contratti forward, come noto, il prezzo forward coincide con il valore atteso del prezzo spot rispetto alla distribuzione neutrale al rischio; con questa metodologia di valutazione, l’acquisto di un contratto forward con conseguente vendita spot o la vendita forward con conseguente acquisto spot è una semplice scommessa a media nulla.

Nella realtà, tuttavia, esiste una differenza tra valore atteso del prezzo spot futuro e prezzo forward che, nel caso finanziario, è oggetto di estese ricerche teoriche ed empiriche.

Nel caso dei mercati elettrici si è portati a ritenere che il prezzo forward tenda a essere leggermente più basso in media, rispetto al prezzo spot futuro: tale differenza può essere interpretata alla luce del premio al rischio. Qualitativamente è possibile ragionare nel seguente modo: chi compra forward a un prezzo prefissato è avverso al rischio e sarebbe eventualmente disposto a comprare a un prezzo leggermente più alto del valore atteso del prezzo spot purché il prezzo sia certo; lo stesso argomento si applica a chi vende forward: egli è disposto a vendere a un prezzo leggermente inferiore del valor medio del prezzo

spot purché non soggetto a incertezza.

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