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Introduzione alla Meccanica Quantistica. 2

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Introduzione alla Meccanica Quantistica. 2

A. A. 2006/2007

1 Pacchetti d’onda liberi

Riprendiamo in esame l’equazione di Schr¨odinger per la particella libera, che pu`o scriversi nella forma:

2ψ + 2iµ∂ψ

∂t = 0, (1)

avendo posto:

µ = m

¯

h. (2)

Se confrontiamo la (1) con l’equazione d’onda parassiale (EO.2.10):

2xyf + 2ik∂f

∂z = 0, (3)

ci rendiamo conto che la struttura delle due equazioni `e la stessa, salvo per il fatto che, nel caso tridimensionale, il laplaciano nella (1) riguarda tutte e tre le coordinate spaziali, mentre nella (3) agisce solo sulle variabili x e y. Se ci limitiamo a una particella che possa muoversi solo in un piano (x, y) possiamo trasformare le soluzioni trovate in ottica in funzioni d’onda della particella. Basta sostituire l’ondulanza k con il parametro µ e la variabile spaziale z con il tempo.

Possiamo allora stabilire la seguente corrispondenza. Supponiamo che ψ(x, y, 0) sia la funzione d’onda iniziale di una particella in un piano e pensiamola come se fosse una disturbanza nel piano z = 0. Sappiamo calcolare il campo propagato sul generico piano z = cost. usando la formula di propagazione di Fresnel che, come sappiamo, `e equivalente a usare l’equazione d’onda parassiale (a meno del fattore exp(ikz)). Cambiando k in µ e z in t, i campi propagati assumono il significato di funzioni d’onda, sul piano x, y, all’istante t. Perci`o lo studio della propagazione alla Fresnel `e equivalente a quello dell’evoluzione temporale di una funzione d’onda.

(2)

Vediamo le cose pi`u in dettaglio. A tale scopo ricordiamo la formula di propagazione alla Fresnel (EO.2.2.8) che, per la parte trasversale, pu`o scriversi:

f (x, y, z) = − i λz

Z

−∞

Z

−∞

f (ξ, η, 0) exp

(ik

2z[(x − ξ)2 + (y − η)2]

)

dξdη. (4) Sostituendo k con µ e z con t, otteniamo la legge di evoluzione temporale della funzione d’onda di una particella libera nel piano:

ψ(x, y, t) = − 2πt

Z

−∞

Z

−∞

ψ(ξ, η, 0) exp



2t[(x − ξ)2 + (y − η)2]



dξdη. (5) La funzione che moltiplica la ψ sotto integrale (incluso il termine esterno) prende il nome, come in ottica, di propagatore.

In diversi casi, la ψ(x, y, 0) `e concentrata intorno all’origine (o ad un altro punto). Ci si riferisce a questi casi parlando di pacchetti d’onda.

Facciamo per un momento l’ipotesi che ψ(x, y, 0) sia reale. Ci`o implica che la sua trasformata di Fourier `e hermitiana (EO.SU.14). Come conseguenza, il modulo quadro di ˜ψ `e funzione pari (rispetto a entrambe le variabili) e quindi il valore atteso di p `e zero. Siccome poi, al variare di t, ˜ψ cambia solo per un fattore di fase (come si `e visto precedentemente), lo stesso risultato vale a qualunque istante. Grossolanamente parlando, la particella `e (mediamente) ferma.

Per rendere conto di una particella che abbia un valore atteso dell’impulso diverso da zero (e quindi di una particella in moto), occorre che | ˜ψ|2 sia centrata su un punto diverso dall’origine. Supponendo che l’impulso medio sia diretto lungo l’asse x e valga p0, occorre, per il teorema della modulazione (EO.SU.15), che la ψ(x, y, 0) reale venga moltiplicata per il fattore di fase exp (ik0x), con k0 = p0/¯h.

Vogliamo determinare che cosa cambia nell’evoluzione temporale della ψ. Quando la ψ iniziale viene moltiplicata per il fattore di fase exp (ik0ξ), la parte dipendente da ξ dell’esponente che compare entro l’integrale (5) pu`o scriversi:

2t(x − ξ)2 + ik0ξ =

2t x2+ ξ2 − 2xξ + 2k0t µ ξ

!

= 2t

"

x2 + ξ2 − 2ξ x −k0t µ

!#

, (6)

e questa, completando il quadrato del binomio, pu`o ancora trasformarsi in:

2t

x − k0t µ − ξ

!2

x −k0t µ

!2

+ x2

=

2t x −k0t µ − ξ

!2

2t

k02t2

µ2 − 2k0t µ x

!

, (7) ovvero:

2t x − k0t µ − ξ

!2

+ ik0 x −k0t

!

. (8)

(3)

Quando questa espressione viene inserita nella (5) il secondo termine uscir`a dall’integrale, mentre il primo porter`a per l’integrale alla stessa espressione che si avrebbe se non ci fosse exp (ik0ξ), salvo per il fatto che la x va sostituita da x−k0t/µ. In altri termini, moltiplicare la ψ iniziale per exp (ik0ξ) porta a far traslare la ψ lungo l’asse x con velocit`a k0/µ (e a introdurre un fattore di fase exp[ik0x − ik20t/(2µ)]). Nell’analogia ottica prima discussa, la presenza del termine exp (ik0ξ) corrisponde ad avere un asse medio di propagazione giacente nel piano xz e che forma un angolo diverso da zero con l’asse z.

A prescindere dal valore atteso dell’impulso (nullo o diverso da zero), al passare del tempo, il pacchetto tende tipicamente ad allargarsi. Per convincersi di questo basta pensare all’analogo ottico: durante la propagazione, la sezione di un fascio generalmente si allarga. Si pu`o tentare di dare un’interpretazione intuitiva di questo allargamento osservando che, siccome c’`e un’indeterminazione su px e py, la particella si trova in uno stato di sovrapposizione di stati nei quali essa `e dotata di velocit`a differenti e, in un tempo fissato, compie spazi differenti. Perci`o, non sorprende che al passare del tempo l’incertezza sulla posizione aumenti.

Riprenderemo questo punto parlando dei pacchetti gaussiani, per vedere anche i limiti di questa interpretazione intuitiva.

1.1 Pacchetti gaussiani

Sfruttando la corrispondenza illustrata nel paragrafo precedente, possiamo studiare come evolve nel tempo la funzione d’onda nel caso di un pacchetto gaussiano. Useremo per questo le formule del fascio gaussiano. Ricordiamo che la parte trasversale `e espressa da (E.O. 2.12):

f (x, y, z) = A

z − iLexp ikr2 2(z − iL)

!

, (9)

dove A `e una costante, r2 = x2 + y2 e L `e la lunghezza di Rayleigh. Per trasformare questa in una funzione d’onda basta operare le sostituzioni dette. Ovviamente, al posto della lunghezza di Rayleigh dovremo mettere una costante T , avente le dimensioni di un tempo, che chiameremo tempo di Rayleigh. Dalla (9) deriviamo allora la funzione d’onda:

ψ(x, y, t) = A

t − iT exp iµr2 2(t − iT )

!

. (10)

Operando come nel caso del fascio gaussiano si pu`o dare alla (10) una forma del tipo:

ψ(x, y, t) = Bw0

wt

exp (−iϕt) exp

"

t

− 1 wt2

!

r2

#

, (11)

dove B `e una costante e:

wt= w0

s

1 + t2

T2; τt = t +T2

t ; tg ϕt = t

T. (12)

(4)

Inoltre il legame fra T e w0 `e analogo a quello fra L e w0 per il fascio gaussiano, vale a dire:

w0 =q2T /µ. (13)

La (11) non `e normalizzata. Imponendo che il suo modulo quadro valga uno si ottiene la forma:

ψ(x, y, t) =

q2/π wt

exp (−iϕt) exp

"

t

− 1 w2t

!

r2

#

. (14)

Fermiamoci un momento a discutere il significato della (14). Essa si riferisce allo stato di una particella la cui localizzazione iniziale `e descritta da una gaussiana reale di spot-size w0. Tale stato corrisponde al caso in cui i prodotti delle indeterminazioni di x e px, y e py hanno il valore minimo. Al passare del tempo, mentre la d.d.p. per l’impulso rimane invariata (si ricordi che questo `e sempre vero per la particella libera), la d.d.p. per la posizione diventa una gaussiana progressivamente sempre pi`u larga (per cui il prodotto delle indeterminazioni cresce). Si noti che quanto pi`u accurata `e la localizzazione iniziale (cio`e quanto pi`u piccolo `e w0), tanto pi`u rapidamente il pacchetto si sparpaglia (cio`e tanto pi`u piccolo `e il tempo di Rayleigh), come si vede dalla (13).

Fermiamoci di nuovo a discutere l’origine del progressivo allargamento del pacchetto al passare del tempo. All’istante iniziale la ψ `e una gaussiana reale centrata sull’origine.

Pertanto anche la ˜ψ `e una gaussiana reale centrata sull’origine (nel piano px, py). Questo equivale a dire che il valore atteso dell’impulso `e zero. Tuttavia esiste un’incertezza su px

e py. Perci`o la particella `e in uno stato di sovrapposizione di infiniti stati nei quali essa si muove in tutte le possibili direzioni e con tutte le possibili velocit`a (anche se pesate diver- samente). Questa incertezza sullo stato di moto della particella si traduce in un’incertezza sulla posizione che sar`a tanto maggiore quanto pi`u tempo passa. Va detto tuttavia che questo tipo d’interpretazione intuitiva non pu`o spiegare tutti gli aspetti del comporta- mento del pacchetto gaussiano. Per rendersene conto basta pensare al caso analogo a quello di un fascio gaussiano che parta da un piano precedente a quello di cintola (dove il raggio di curvatura `e negativo). Allora, per un certo intervallo di tempo, il pacchetto andr`a restringendosi (si noti che in questo caso il prodotto delle indeterminazioni all’is- tante t = 0 sar`a maggiore del minimo). Il punto `e che la descrizione di tipo probabilistico che abbiamo tentato, equivale a prendere in considerazione solo il modulo quadro di ψ, mentre per determinare l’evoluzione temporale del pacchetto dobbiamo conoscere la ψ in ampiezza e fase.

Il caso esaminato si riferisce ad una particella con impulso atteso nullo. Per descrivere una particella dotata di velocit`a media non nulla, in base a quanto visto nel paragrafo precedente, dovremo introdurre un fattore di fase lineare in x (se la particella si muove lungo tale asse). Scriviamo la funzione d’onda iniziale come prodotto della (14) presa al tempo t = 0 e del fattore di fase:

ψ(x, y, 0) =

q2/π w0

exp − x2+ y2 w20

!

exp(ik0x). (15)

(5)

e, sfruttando ancora i risultati del paragrafo precedente, la ψ al tempo t sar`a:

ψ(x, y, t) =

q2/π wt

exp (−iϕt) exp

"

t

− 1 w2t

!

(x − k0t/µ)2+ y2

#

exp [ik0(x − k0t/(2µ))].

(16) I risultati ottenuti sfruttando l’analogia col TEM00 potrebbero estendersi ai fasci gaussiani di ordine superiore e a quelli astigmatici.

1.2 Pacchetti non diffrangenti

Ci chiediamo se l’allargamento dei pacchetti d’onde sia una caratteristica ineliminabile di qualunque funzione d’onda che risulti inizialmente concentrata intorno a un punto.

L’analogia con l’ottica, nella quale esistono i fasci a sezione invariante, o non diffrangenti, suggerisce che sia possibile trovare delle configurazioni di funzione d’onda che, al passare del tempo, cambiano solo per un fattore di fase (cos`ı come nel caso ottico la propagazione introduce solo il fattore exp(ikzz)).

Riferiamoci al caso bidimensionale, cio`e ad una particella libera di muoversi su un piano xy, e osserviamo che richiedere che la funzione d’onda cambi nel tempo solo per un fattore di fase `e equivalente a imporre che lo stato sia stazionario. Perci`o l’equazione a cui fare riferimento `e

2xyu + 2mE

¯

h2 u = 0. (17)

Posto

2mE

¯

h2 = k2, (18)

la (17) assume la forma di un’equazione di Helmholtz (bidimensionale). Pertanto qualunque sovrapposizione di soluzioni del tipo exp(ik · r) con k comunque orientato nel piano, ma avente modulo soddisfacente la (18), d`a luogo ad una struttura del tipo voluto. In base a quanto visto in ottica per i fasci a sezione invariante, possiamo dire che, lavorando in coordinate r, ϑ, una forma semplice, a simmetria circolare, per la funzione d’onda `e la seguente

u = u(r) = A J0(kr), (19)

dove J0 `e la funzione di Bessel di prima specie e ordine zero e A `e una costante. Si ricordi che una struttura del tipo (19) non `e normalizzabile.

Altrettanto valide sono le soluzioni del tipo

u = u(r, ϑ) = A Jn(kr)einϑ, (n = 1, 2, ...), (20) che coinvolgono funzioni di Bessel di ordine superiore e presentano un vortice nell’origine.

Si pu`o notare che tutte queste soluzioni corrispondono ad autostati del modulo del- l’impulso (¯hk), oltre che dell’energia. Si noti ancora che E, e quindi k, pu`o essere scelto

(6)

ad arbitrio. In altri termini, si ha un continuo di autostati. Osserviamo infine che per le soluzioni citate il valore atteso dell’impulso `e zero. Non sarebbe difficile estendere la trattazione a pacchetti dotati di un impulso atteso non nullo in modo analogo a quanto fatto nei precedenti paragrafi.

2 Buche di potenziale

Le buche di potenziale rappresentano regioni nelle quali una particella risente di una forza attrattiva. Esse sono quindi casi significativi ai quali applicare quanto sviluppato finora.

2.1 Buca squadrata infinitamente profonda

Uno dei sistemi pi`u semplici da studiare `e il seguente. Supponiamo che una particella che pu`o muoversi sull’asse x sia soggetta ad un potenziale U che vale zero fra 0 e L e che diventa infinitamente grande all’esterno di tale intervallo. Tale sistema prende il nome di buca di potenziale squadrata di profondit`a infinita.

Per prima cosa, vogliamo trovare gli autostati dell’energia. Per ogni valore finito dell’energia, la particella rimane confinata entro la buca. Inoltre la discontinuit`a di U agli estremi dell’intervallo implica che se la particella tocca le pareti della buca risente di una forza repulsiva infinitamente grande (si ricordi la relazione tra forza ed energia potenziale F = −dU/dx).

La particella pu`o stare solo entro la buca, per cui ci basta scrivere l’equazione di Schr¨odinger (per gli stati stazionari) nell’intervallo (0 ≤ x ≤ L), dove il potenziale `e nullo. Perci`o l’equazione diventa:

d2u

dx2 + k2u = 0, (0 ≤ x ≤ L), (21)

avendo posto:

k =

2mE

¯

h . (22)

Cerchiamo delle soluzioni della (21) che soddisfino le condizioni al contorno:

u(0) = u(L) = 0, (23)

che derivano dalla condizione di forza infinita ai bordi. La (21) coincide con l’equazione dell’oscillatore armonico e quindi ha soluzioni sinusoidali. Fra di esse, quelle che si annullano in 0 e in L sono:

un(x) = Ansin (knx), (24)

con:

kn= πn

L , (n = 1, 2, ...). (25)

(7)

I coefficienti An saranno poi determinati in base alla condizione di normalizzazione. Es- sendo fissati i kn, sono anche fissati gli autovalori dell’energia, che si ricavano tramite la (22):

En = ¯h2kn2

2m = n2π2¯h2

2mL2 , (n = 1, 2, ...). (26)

Determiniamo ora gli An imponendo la condizione:

Z L 0

u2n(x)dx = A2n

Z L 0

sin2

nπx L



dx = 1, (27)

Sviluppando l’integrale si trova che, quale che sia n, risulta:

An=

s2

L. (28)

Riassumendo, le parti spaziali delle autofunzioni dell’energia sono:

un(x) =

s2 Lsin

nπx L



, (n = 1, 2, ...). (29)

Ad ogni autofunzione `e associato un autovalore dell’energia dato dalla (26). L’espressione delle autofunzioni, completa della dipendenza dal tempo, `e allora:

ψn(x, t) = un(x)e−iωnt = un(x)e−iEnt/¯h =

s2 Lsin

nπx L



e−in

2π2h¯ 2mL2t

, (n = 1, 2, ...). (30) Interessiamoci ora del caso in cui la funzione d’onda iniziale della particella nella buca non coincida con nessuna delle autofunzioni dell’energia. Tale funzione, che si deve comunque annullare ai bordi, `e sviluppabile in una serie di autofunzioni (`e questo un caso particolare di sviluppo in serie di Fourier). Perci`o si avr`a:

ψ(x, 0) =

X n=1

cnun(x). (31)

Per calcolare i coefficienti cn ci serviamo della propriet`a di ortonormalit`a delle autofun-

zioni: Z

L 0

un(x)um(x)dx = δnm, (32)

dove δnm `e il simbolo di Kronecker (0 se n 6= m e 1 se n = m). La (32) `e facilmente controllabile inserendo in essa la forma esplicita delle autofunzioni. Moltiplicando la (31) membro a membro per una generica uk(x) e integrando fra 0 e L, otteniamo:

Z L 0

ψ(x, 0)uk(x)dx =

X n=1

cn

Z L 0

un(x)uk(x)dx = ck, (33)

(8)

avendo usato la propriet`a (32). La (31) esprime lo stato della particella come sovrappo- sizione di autostati dell’energia. I coefficienti cn sono le ampiezze di probabilit`a relative ai vari autostati. Ci`o significa che la probabilit`a che, misurando l’energia, si trovi l’n-esimo autovalore (e conseguentemente la funzione d’onda si riduca all’n-esima autofunzione) `e data da |cn|2. Per la propriet`a di chiusura dovr`a essere allora:

X n=1

|cn|2 = 1. (34)

In particolare, se tutti i coefficienti cnsono nulli, eccetto uno, diciamo l’h-esimo, si ritrova il caso in cui la particella `e in un autostato dell’energia (l’h-esimo).

Ci chiediamo ora come evolve nel tempo la ψ, a partire dalla distribuzione iniziale ψ(x, 0). La risposta `e semplice: basta associare ad ogni termine dello sviluppo in serie (31) il corrispondente fattore temporale (del tipo exp (−iωnt)). Si avr`a allora:

ψ(x, t) =

X n=1

cnun(x) exp −in2π2¯h 2mL2t

!

. (35)

E’ quanto dire che i coefficienti di Fourier cambiano nel tempo per un fattore di fase. Ci`o da un lato fa cambiare la forma di ψ al passare del tempo ma dall’altro non cambia le probabilit`a di trovare i vari autovalori all’atto della misura. Infatti i moduli quadri dei coefficienti non sono modificati dal fattore di fase. Si noti inoltre che la funzione d’onda riassume periodicamente la stessa conformazione perch´e tutti gli esponenziali temporali hanno esponenti multipli di uno fondamentale.

Aggiungiamo che per alcuni problemi pu`o essere pi`u conveniente scegliere gli estremi della buca come −L/2 e L/2, invece che come 0 e L. L’espressione delle autofunzioni corrispondente a questa scelta si ottiene dalla (29) traslando l’origine delle coordinate di L/2. In altri termini, si passa da x alla variabile x0 = x − L/2. Se, nella (29) si pone x = x0+ L/2 si ha:

un(x0) =

s2 L

"

sin nπx0 L

!

cos

 2



+ cos nπx0 L

!

sin

 2

#

, (n = 1, 2, ...). (36) Come si vede, se n `e dispari rimane solo la parte con cos (nπx0/L), mentre se n `e pari rimane solo quella con sin (nπx0/L). Perci`o, nel nuovo riferimento, le autofunzioni sono alternativamente pari e dispari. Il segno meno che pu`o comparire nella (36) non ha alcuna importanza perch´e un’autofunzione normalizzata rimane tale se la si moltiplica per una costante di modulo unitario.

Ponendoci nel riferimento centrato e indicando per semplicit`a con x, anzich´e x0, la variabile, facciamo la seguente osservazione che torner`a utile fra breve. Usando formule trigonometriche, `e facile vedere che le prime autofunzioni si possono scrivere (omettendo il fattore di normalizzazione)

n = 1) cos(βx), (37)

(9)

n = 2) cos(βx) [2 sin(βx)] , (38) n = 3) cos(βx)h1 − 4 sin2(βx)i, (39) n = 4) cos(βx)h4 sin(βx) − 8 sin3(βx)i, (40) n = 5) cos(βx)h1 − 12 sin2(βx) + 16 sin4(βx)i, (41) cio`e come prodotto di cos(βx) e di un opportuno polinomio in sin(βx). Questo risul- tato vale in generale. Per vederlo, si potrebbe procedere nel seguente modo. Scritta la u nell’equazione di Schr¨odinger come prodotto cos(βx)P (sin(βx)), si troverebbe che la funzione P soddisfa un’equazione differenziale che `e quella caratteristica dei polinomi di Chebischev di seconda specie. Tali polinomi, generalmente indicati con Vn, soddisfano la relazione di ricorrenza

Vn+1(η) = 2ηVn(η) − Vn−1(η), (42) che consente di ricavare i vari polinomi a partire dai primi due, che sono

V0(η) = 1; V1(η) = 2η. (43)

Si faccia attenzione alla diversa numerazione. L’autofunzione fondamentale, che abbiamo indicato con u1, corrisponde al polinomio d’ordine zero, ecc. In conclusione, le autofun- zioni e gli autovalori della buca rettangolare infinitamente profonda, disposta fra −L/2 e L/2, sono

un(x) =

s2

Lcos(βx)Un−1[sin(βx)] , En= h¯2β2

2m n2, (n = 1, 2, ...), (44) con β = π/L.

2.2 Buca a coseno quadro inverso

Partiamo da un potenziale della forma U (x) = U0tan2

πx L



, (|x| ≤ L/2), (45)

dove U0 e L sono costanti positive e dove, come indicato fra parentesi, ci limitiamo all’in- tervallo |x| ≤ L/2. Come `e evidente, si tratta di un potenziale che, partendo dal valore 0 per x = 0, diverge a +∞ quando x → ±L/2. Analogamente al caso della buca squadrata infinitamente profonda, le autofunzioni dell’energia dovranno soddisfare le condizioni al contorno

u



±L 2



= 0, (46)

(10)

quale che sia il valore di U0. Per capire il significato di U0, osserviamo che per x = ±L/4 la (45) fornisce

U (±L/4) = U0. (47)

Pertanto U0 d`a un’indicazione di quanto rapidamente il potenziale cresce entro la buca, nel senso che tanto pi`u piccolo `e U0 e tanto pi`u piatto `e il fondo della buca. Nel limite U0 → 0 si riottiene il caso della buca squadrata. La forma del potenziale `e illustrata in figura, dove sono mostrati i casi U0 = 1, 10, 100, 1000 (quello corrispondente a 1 essendo il pi`u piatto).

Come adesso vedremo, `e possibile trovare le autofunzioni dell’equazione di Schr¨odinger per gli stati stazionari in presenza del potenziale (45). Tale equazione, che ha la forma

d2u dx2 +2m

¯ h2



E − U0tan2

πx L



u = 0, (48)

pu`o scriversi in forma pi`u conveniente. In primo luogo, scriviamo tan2 come 1/ cos2−1.

Poi introduciamo la variabile adimensionale

ξ = βx, (49)

con

β = π

L (50)

La (48) diventa

β2d2u 2 +2m

¯

h2 E − U0

cos2ξ + U0

!

u = 0, (51)

e pu`o scriversi

d2u

2 +  − R cos2ξ

!

u = 0, (52)

(11)

avendo posto

 = 2m

¯

h2β2 (E + U0) , R = 2m

¯

h2β2U0. (53)

E’ la forma (52) che porta a parlare di potenziale a coseno quadro inverso. In base alla (49), l’intervallo base per ξ `e da −π/2 a π/2 e, agli estremi, le autofunzioni devono annullarsi.

Per trovare le autofunzioni, partendo da quella dello stato fondamentale, si tiene pre- sente che nel caso limite R → 0 l’autofunzione dello stato fondamentale `e cos ξ. Allora si prova a vedere se, nel caso generale R 6= 0, una funzione del tipo

u = cosγξ, (54)

pu`o essere soluzione per un opportuno valore di γ. Non `e difficile (calcolando la derivata seconda della (54) e inserendola nella (52)) che ci`o accade se

γ2− γ − R = 0, (55)

e

 = γ2. (56)

Delle due soluzioni della (55)

γ = 1 2

1 ±

1 + 4R, (57)

solo quella positiva `e accettabile in quanto quella negativa porterebbe ad autofunzioni che divergono, anzich´e annullarsi, agli estremi dell’intervallo. Si noti che, nel limite R → 0, γ si porta al valore 1. Dalle (56) e (53) risulta allora E = π2h¯2/(2mL2), in accordo con quanto trovato per la buca squadrata.

Ricordiamo ora che nel caso della buca squadrata le autofunzioni di ordine superiore erano esprimibili come prodotto di un coseno per un polinomio avente per argomento il seno. In analogia con tale caso, si cercano soluzioni del tipo

u = cγP (s), (58)

dove per brevit`a si `e posto c = cos(ξ) e s = sin(ξ) e dove P `e una funzione di sin ξ.

Si trova allora che P soddisfa un’equazione differenziale le cui soluzioni sono i cosiddetti polinomi di Gegenbauer Cn(γ)(s) (anche noti come polinomi ultrasferici). Questi ultimi possono essere generati per ricorrenza tramite la formula

(n + 1)Cn+1(γ) (s) = 2(n + γ)sCn(γ)(s) − (n + 2γ − 1)Cn−1(γ) (s), (59) a partire dai primi due, le cui espressioni sono

C0(γ)(s) = 1, (60)

(12)

C1(γ)(s) = 2γs. (61) Si trova inoltre che, per ogni n, l’autovalore associato a Cn(γ)(s) `e

n = (γ + n)2, (n = 0, 1, ...). (62) Va infine osservato che nel limite della buca squadrata, R → 0, in cui γ = 1, i polinomi di Gegenbauer si riducono a quelli di Chebishev di seconda specie, in accordo con quanto gi`a trovato.

Conservando il tipo di numerazione usato per la buca squadrata, concludiamo che esistono infinite autofunzioni la cui forma esplicita, non normalizzata, `e

un(ξ) = cosγ(ξ) Cn−1(γ) (sin ξ), (n = 1, 2, ...). (63) associate agli autovalori (derivati dalle (62) e (53) stando attenti alla numerazione)

En= ¯h2β2

2m (n + γ − 1)2, (n = 1, 2, ...). (64) in cui γ `e dato dalla soluzione positiva nella (57) e β = π/L.

2.3 Rotatore rigido circolare

Supponiamo di avere una particella di massa m vincolata a muoversi su un cerchio di raggio R, senza risentire di altre forze. Chiameremo questo sistema rotatore rigido circolare. Ci proponiamo di trovare gli autostati dell’energia. Il sistema presenta forti analogie con quello della particella nella buca di potenziale squadrata di profondit`a infinita (ed `e per questo che ne discutiamo in questa sezione). In entrambi i casi, la particella pu`o muoversi (con energia potenziale nulla) solo su una linea di lunghezza finita, che `e un segmento nel caso della buca e un cerchio nel caso del rotatore. Come vedremo per`o ci saranno delle differenze nelle condizioni da imporre al contorno.

Per prima cosa, chiediamoci com’`e fatta l’Hamiltoniana. Partiamo dall’espressione classica dell’energia di rotazione

E = 1

22, (65)

dove ω `e la velocit`a angolare della particella e I il momento d’inerzia rispetto all’asse di rotazione (I = mR2). Preso l’asse di rotazione come asse z, vale la relazione Lz = Iω, essendo Lz il momento assiale rispetto a z della quantit`a di moto. Perci`o la (65) si pu`o anche scrivere

E = L2z

2I. (66)

Poniamo allora

H =ˆ Lˆ2z

2I. (67)

(13)

Sappiamo che l’operatore associato a Lz `e

Lˆz= −i¯h

∂ϕ. (68)

L’equazione di Schr¨odinger per gli stati stazionari

H u = Eu.ˆ (69)

diventa allora, tenendo conto delle (67) e (68), d2u

2 = −2IE

¯

h2 u. (70)

dove si `e usato il simbolo di derivata ordinaria perch´e ϕ `e l’unica variabile. Le soluzioni sono esponenziali del tipo

u(ϕ) = A exp(ibϕ), (71)

dove A `e una costante di normalizzazione e b `e un reale tale che

b2 = 2IE/¯h2. (72)

La (72) pu`o, a prima vista, dare l’idea che i valori consentiti per E formino un continuo, visto che la (71) `e soluzione dell’equazione di Schr¨odinger (70) per qualunque scelta di b.

Si deve per`o tenere presente che non abbiamo ancora imposto le condizioni al contorno. A differenza della condizione usata per la buca infinita (annullamento della funzione d’onda ai bordi), qui dovremo imporre che la funzione d’onda sia periodica con periodo pari a 2π, perch´e altrimenti essa non sarebbe a un sol valore. Ne consegue che b deve essere un intero. Le soluzioni della (70) assumono allora la forma (normalizzata)

um(ϕ) = 1

2πeimϕ; (m = 0, ±1, ±2, . . .) (73) Gli autovalori associati, come si ricava dalla (72), sono

Em = m2¯h2

2I; (m = 0, ±1, ±2, . . .). (74)

Va notato che le soluzioni exp(imϕ) e exp(−imϕ) sono due autofunzioni degeneri cor- rispondenti allo stesso autovalore.

2.4 Buca di potenziale infinita rettangolare

Il problema della buca di profondit`a infinita pu`o risolversi in modo semplice anche per una particella che sia confinata in una buca bidimensionale di lati Lx e Ly. Per trovare le autofunzioni dell’energia si deve risolvere l’equazione di Schr¨odinger:

2u

∂x2 +2u

∂y2 + k2u = 0, (0 ≤ x ≤ Lx, 0 ≤ y ≤ Ly), (75)

(14)

dove

k =

2mE

¯

h , (76)

corredata dalle condizioni al contorno:

u(0, y) = u(Lx, y) = 0, (0 ≤ y ≤ Ly), (77) u(x, 0) = u(x, Ly) = 0, (0 ≤ x ≤ Lx). (78) Il metodo che si usa `e quello detto di separazione delle variabili. Si suppone che u abbia la forma del prodotto di una funzione della sola x per una della sola y:

u(x, y) = X(x)Y (y). (79)

Inserendo la (79) nella (75) e dividendo termine a termine per XY , si ottiene:

1 X

d2X dx2 + 1

Y d2Y

dy2 = −k2. (80)

Poich´e le due funzioni a primo membro dipendono da variabili indipendenti (x e y), la loro somma pu`o essere una costante solo se ciascuna di esse `e una costante. Si avranno perci`o le due equazioni:

1 X

d2X

dx2 = −kx2; 1 Y

d2Y

dy2 = −ky2, (81)

dove kx e ky sono due costanti tali che:

kx2+ ky2 = k2 (82)

Le soluzioni delle (82) sono sinusoidali. Imponendo le condizioni al contorno, troviamo che ciascuna di esse ha forma analoga a quanto visto nel caso unidimensionale:

Xn(x) = Axsin

πn Lx

x



, (n = 1, 2, ...), (83)

Yl(y) = Aysin πl Ly

y

!

, (l = 1, 2, ...). (84)

Tenendo conto di queste e della (82) le energie possibili sono:

Enl = ¯h2kxn2 + ¯h2k2yl

2m = ¯h2π2 2m

n2 L2x + l2

L2y

!

, (n, l = 1, 2, ...). (85) In generale sar`a Enl 6= Eln. Fa eccezione il caso Lx = Ly. In questo caso, indicando con L la lunghezza dei due lati, le due autofunzioni:

unl = 2 Lsin

nπx L



sin lπy L

!

, (86)

(15)

uln = 2

Lsin lπx L

!

sin

nπy L



, (87)

che sono diverse fra loro, hanno la stessa energia. Le due autofunzioni sono degeneri (in energia).

2.5 Buca squadrata di profondit` a finita

Trattiamo brevemente il problema della determinazione dei livelli energetici per una par- ticella che si trovi in una buca di potenziale di profondit`a finita. Per semplificare la trattazione conviene supporre che la buca si estenda da −L/2 a L/2. Assumiamo che l’energia potenziale sia 0 entro la buca e U0 fuori. Ci limitiamo a cercare le autofun- zioni dell’energia corrispondenti ai cosiddetti stati legati, cio`e a soluzioni con E < U0. L’equazione di Schr¨odinger dentro e fuori della buca va scritta

d2u

dx2 + 2mE

¯

h2 u = 0; (|x| < L/2), (88)

d2u

dx2 +2m(E − U0)

¯

h2 u = 0; (|x| > L/2). (89)

Dentro la buca le soluzioni sono di tipo sinusoidale, ma all’esterno, essendo E < U0, assumono la forma di onde evanescenti. Data la simmetria del problema, le soluzioni si divideranno in funzioni pari e funzioni dispari. Interessiamoci di quelle pari. Posto

k =

2mE

¯

h ; k0=

q

2m(U0− E)

¯

h , (90)

le autofunzioni sono del tipo

u(x) = A cos kx, (0 ≤ x < L/2); (91) u(x) = B exp(−k0x), (x > L/2); (92) avendo tenuto conto del fatto che, lavorando con funzioni pari, ci si pu`o limitare alle x non negative. Imponendo le condizioni di raccordo in x = L/2 per u e per la sua derivata prima, troviamo

A cos(kL/2) = B exp(−k0L/2), Ak sin(kL/2) = Bk0exp(−k0L/2). (93) Dividendo la seconda relazione per la prima abbiamo

tan(kL/2) = k0/k, (94)

e da qui, elevando al quadrato e sommando 1 membro a membro 1

cos2(kL/2) = k02

k2 + 1. (95)

(16)

In virt`u delle (90), la precedente relazione diventa

cos L

2mEh

! =

sE U0

. (96)

Si tratta ora di trovare le soluzioni di questa equazione trascendente, tenendo conto che, in base alla (94), i valori accettabili per kL/2 devono cadere negli intervalli in cui la tangente

`e positiva (da nπ a nπ + π/2, con n = 0, 1, 2, ...). Poniamo L

2mE

h = ξ, (97)

cosicch´e la (96) diventa

| cos ξ| = Kξ, con K = ¯h L

s 2 mU0

, (98)

Graficando i due membri della (98) in funzione di ξ si trova un certo numero di intersezioni fra la retta Kξ e gli archi del modulo del coseno corrispondenti agli intervalli in cui la tangente `e positiva.

A titolo d’esempio, nella figura che precede, sono tracciate le rette con K = 0.1, 0.2, 0.4.

I punti d’intersezione validi sono quelli che cadono in uno degli intervalli (0, 1.57), (3.14, 4.71), (6.28, 7.85), (9.42,10.99), ... La prima retta ha quattro punti d’intersezione validi, la seconda due, la terza uno. Corrispondentemente, nel caso K = 0.1 esistono quattro stati legati, ecc. Gli autovalori di E si ricavano dalla (97), una volta trovate le ξ dei punti d’intersezione validi. Si noti che, quale che sia l’inclinazione della retta, esiste almeno un punto d’intersezione valido (fra 0 e 1.57). Questo `e quanto dire che esiste almeno uno stato legato, con autofunzione pari.

In modo analogo si procede per le autofunzioni dispari. In questo caso per`o pu`o succedere che l’equazione trascendente che si stabilisce non ammetta alcuna soluzione.

(17)

Chiudiamo osservando che il problema ora visto `e analiticamente equivalente a quello relativo alla determinazione dei modi che si possono propagare in una guida planare simmetrica (EO.9.4).

2.6 Buca a coseno iperbolico quadro inverso

Discutiamo qui un esempio di buca finita risolubile analiticamente per la quale, diversa- mente dal caso della buca a pareti verticali finite, non intervengono equazioni trascendenti.

Vogliamo vedere gli elementi essenziali per la determinazione di autofunzioni e autovalori dell’energia.

La forma che si assume per il potenziale `e U (x) = − U0

cosh2(βx), (99)

con U0 positivo. E’ evidente che U0 determina la profondit`a della buca, mentre β ne determina la larghezza. Un esempio `e riportato in figura, in cui si `e posto β = 1 e U0 = 1, 2.

Scriviamo esplicitamente l’equazione di Schr¨odinger per gli stati stazionari d2u

dx2 +2m

¯ h2

"

E + U0

cosh2(βx)

#

u = 0. (100)

Conviene usare notazioni pi`u compatte. Per prima cosa introduciamo la variabile adi- mensionale ξ = βx. L’equazione di Schr¨odinger diventa

d2u

2 + 2mE

¯

h2β2 + 2mU0

¯ h2β2

1 cosh2ξ

!

u = 0, (101)

ovvero

d2u

2 +  + R cosh2ξ

!

u = 0, (102)

(18)

avendo posto

 = 2mE

¯

h2β2; R = 2mU0

¯

h2β2 . (103)

Le condizioni al contorno sono che la u si annulli per ξ → ±∞.

Vogliamo ora mostrare che la (102) pu`o riportarsi ad una forma gi`a vista. A tal fine introduciamo una variabile η legata alla ξ dalla relazione

ξ = iη, (104)

e osserviamo che valgono le relazioni cosh ξ = e+ e−iη

2 = cos η; sinh ξ = e− e−iη

2 = i sin η, (105)

la seconda delle quali ci servir`a tra breve. Cambiamo ora variabile nella (102) tenendo conto della prima delle (105) e del fatto che, in base alla (104), `e dξ = idη. Si ottiene allora l’equazione

d2u

2 +  + R cos2η

!

u = 0, (106)

che pu`o scriversi

d2u

2 + 0R cos2η

!

u = 0, (107)

avendo posto

0= −. (108)

La (107) coincide con la (52). Perci`o le soluzioni e gli autovalori sono (vedi le (63) e (62)) un(η) = cosγ(η) Cn−1(γ) (sin η); 0n= (γ + n − 1)2; (n = 1, 2, ...). (109) Torniamo ora alla variabile originale tenendo presenti le (104), (105) e (108). Si vede allora che autofunzioni e autovalori hanno la forma

un(ξ) = coshγ(ξ) Cn−1(γ) (−i sinh ξ); n = −(γ + n − 1)2; (n = 1, 2, ...). (110) Si deve per`o osservare che, all’opposto di quanto accade per la buca a coseno quadro inverso, γ deve essere negativo, altrimenti il termine coshγξ divergerebbe per ξ → ±∞.

Nella (57) va quindi presa la soluzione γ = 1

2

1 −

1 + 4R. (111)

C’`e un’ulteriore osservazione importante da fare. Anche con γ negativo, le soluzioni divergono all’infinito se l’ordine n − 1 del polinomio di Gegenbauer supera |γ|. Perci`o esiste solo un numero finito di autosoluzioni corrispondenti a stati legati, cio`e quelle per cui n − 1 < |γ|.

(19)

3 Gradino di potenziale

Consideriamo, in termini classici, il seguente problema. Una particella carica positiva- mente si muove sulle x < 0 di un opportuno riferimento, diretta verso l’origine. Fra x = 0 e x =  `e posto un doppio strato con le cariche negative a x = 0 e quelle positive a x = .

Quando la particella entra nel doppio strato (realizzato, ad es., con due griglie) risente di una forza repulsiva uniforme fra 0 e . La sua energia potenziale U cresce linearmente entro il doppio strato, e simultaneamente diminuisce la sua energia cinetica. Sia U = 0 sul semiasse negativo, e sia Ug l’energia potenziale all’uscita del gradino prodotto dal doppio strato. Due casi sono possibili. Se la particella ha energia meccanica E (che per x < 0 coincide con l’energia cinetica) superiore a Ug, essa oltrepassa il doppio strato e si muove su x >  con energia cinetica E − Ug. Se E < Ug, la particella viene riflessa entro il doppio strato e torna a muoversi sulle x < 0 con la velocit`a iniziale, ma con verso opposto. Siccome questo risultato `e indipendente dallo spessore dello strato, ci si pu`o dis- interessare di ci`o che accade entro il doppio strato e schematizzare il sistema ammettendo che il passaggio fra U = 0 e U = Ug sia di tipo discontinuo in corrispondenza dell’origine.

Consideriamo ora la trattazione quantistica del fenomeno. Cominciamo dal caso di una particella che abbia energia meccanica E maggiore di Ug. Cerchiamo delle soluzioni dell’equazione di Schr¨odinger per gli stati stazionari, separatamente per le x < 0 e per le x > 0, e raccordiamo le due soluzioni, in valore e derivata prima, nel punto x = 0.

L’equazione di Schr¨odinger assume la stessa forma, ma con parametri diversi, sui due semiassi:

d2u

dx2 +2mE

¯

h2 u = 0, (x < 0), (112)

d2u

dx2 + 2m(E − Ug)

¯

h2 u = 0, (x > 0). (113)

Ponendo per brevit`a:

k02 = 2mE

¯

h2 , k2 = 2m(E − Ug)

¯

h2 , (114)

le (112) e (113) si scrivono:

d2u

dx2 + k20u = 0, (x < 0), (115) d2u

dx2 + k2u = 0, (x > 0). (116) Entrambe le equazioni ammettono soluzioni tipo onda piana. Il problema `e formalmente identico a quello ottico in cui un’onda piana incide ortogonalmente sull’interfaccia (piana) fra due mezzi con indice di rifrazione diverso. Nel caso ottico, oltre all’onda trasmessa, c’`e un’onda riflessa. In base a questa analogia, supporremo che la soluzione della (115)

(20)

contenga un termine progressivo ed uno retrogrado, mentre per la (116) supporremo che la soluzione sia costituita dal solo termine progressivo. Pi`u esplicitamente, scriveremo:

u(x) = A1eik0x+ B1e−ik0x, (x < 0), (117) u(x) = A2eikx, (x > 0). (118) Il secondo termine a secondo membro della (117) rappresenta una particella che si muove nel verso negativo dell’asse x. Le (117), (118) e le loro derivate prime si devono raccordare in x = 0 e queste condizioni permettono di ricavare B1 e A2 in funzione di A1. Imponendo il raccordo detto otteniamo le equazioni:

A1+ B1 = A2, (119)

A1− B1 = γA2, (120)

avendo posto:

γ = k k0

. (121)

Risolvendo le (119), (120) otteniamo:

B1 = 1 − γ

1 + γA1; A2 = 2A1

1 + γ. (122)

Queste relazioni, tenendo presenti le (114) e (121) si scrivono:

B1 = 1 −q1 − Ug/E 1 +q1 − Ug/E

A1; A2 = 2A1

1 +q1 − Ug/E

. (123)

Ricordiamo che siamo nell’ipotesi E > Ug. Dalla prima delle (123) vediamo che risulta B1 6= 0. Esiste perci`o la possibilit`a che la particella venga riflessa dal gradino, nonostante il fatto che la sua energia sia superiore a quella del gradino stesso. Questo risultato `e assolutamente inspiegabile dal punto di vista classico.

Le soluzioni trovate non sono normalizzabili. Per dare un significato probabilistico alle ampiezze delle tre onde, pensiamo ad un flusso di particelle, per ognuna delle quali la funzione d’onda abbia la forma (117), (118). Si pu`o pensare che il numero di particelle che giungono sul gradino per unit`a di tempo sia proporzionale al prodotto della velocit`a v0

con cui si muovono sul semiasse negativo e del quadrato dell’ampiezza |A1|. Similmente i numeri di particelle riflesse e trasmesse saranno proporzionali a v0|B1|2 e v|A2|2, rispetti- vamente, essendo v la velocit`a sul semiasse positivo. D’altronde v0 e v sono proporzionali a k0 e k, rispettivamente, per cui il bilancio ora discusso `e descritto dall’equazione:

k0|A1|2 = k0|B1|2 + k|A2|2, (124)

(21)

o equivalentemente:

B1

A1

2

+ k k0

A2

A1

2

= 1. (125)

E’ facile controllare, usando le (121) e (122) che tale relazione `e verificata.

Consideriamo ora il caso E < Ug. In questo caso la previsione classica `e che la particella viene necessariamente riflessa. Vediamo il risultato quantistico. La seconda delle (114) implica che k diventa un immaginario. Posto:

k = ik0, k0 =

q2m(Ug− E)

¯

h , (126)

la (118) viene sostituita da:

u(x) = A2e−k0x, (x > 0). (127) Perci`o entro il gradino la funzione d’onda ha la forma di un’onda evanescente. Anche γ diventa immaginario. Poniamo:

γ = ib, b =

qUg− E

E . (128)

Dalla prima delle (122) otteniamo

|B1| = |1 − ib|

|1 + ib||A1| = |A1|, (129)

che pu`o interpretarsi dicendo che il numero di particelle riflesse `e uguale a quello delle particelle incidenti. Tuttavia, siccome A2`e diverso da zero (A2 = 2A1/(1+ib)), misurando la posizione della particella, potremmo trovarla a destra dell’origine, anche se solo in un piccolo intervallo (dell’ordine di 1/k0). Ci`o potrebbe sembrare in contraddizione col principio di conservazione dell’energia. Va per`o osservato che in una misura che localizzi la particella in prossimit`a dell’origine, sulle x > 0, viene alterato l’impulso e quindi l’energia della particella.

4 Barriera di potenziale e effetto tunnel

Consideriamo un problema analogo a quello del gradino di potenziale, ma supponiamo che la regione con energia potenziale non nulla si estenda solo su un intervallo finito, diciamo fra 0 e L, anzich´e su tutte le x > 0. Si parla allora di barriera di potenziale. Indicheremo con Ub l’altezza della barriera. Supponiamo che una particella, venendo dalle x < 0 incida sulla barriera con energia E > Ub. Secondo la fisica classica, la particella dovrebbe

(22)

sicuramente superare la barriera. Vediamo ora la trattazione quantistica. L’equazione di Schr¨odinger assume le forme:

d2u

dx2 + k20u = 0, (x < 0, o x > L), (130) d2u

dx2 + k2u = 0, (0 < x < L), (131) avendo posto

k20 = 2mE

¯

h2 , k2 = 2m(E − Ub)

¯

h2 . (132)

Cerchiamo delle soluzioni che per x < 0 e 0 < x < L contengano un’onda progressiva ed una retrograda e per x > L solo un’onda progressiva. La situazione `e analoga a quella in cui un’onda luminosa incida (ortogonalmente) su uno strato pian-parallelo di dielettrico posto in un dielettrico differente (EO.10.2), ad es., una lastra di vetro in aria.

Pi`u esplicitamente, cerchiamo soluzioni del tipo:

u(x) = A1eik0x+ B1e−ik0x, (x < 0), (133) u(x) = A2eikx+ B2e−ikx, (x < 0 < L), (134) u(x) = A3eik0(x−L), (x > L). (135) Si osservi che nell’ultima onda si `e spostata l’origine in x = L. Ci`o `e sempre lecito (eventuali termini di fase costanti venendo inclusi in A3). Le condizioni al contorno che imponiamo sono che le soluzioni relative ai vari tratti si raccordino in valore e derivata prima in x = 0 e x = L. Si hanno cos`ı le equazioni:

A1+ B1 = A2 + B2, (136)

A1− B1 = γ(A2− B2), (137)

A2eikL+ B2e−ikL = A3, (138) A2eikL− B2e−ikL= A3/γ, (139) avendo posto, come in precedenza:

γ = k k0

. (140)

Supponendo nota A1, si possono ricavare dalle (136)-(139) le quattro incognite B1, A2, B2, A3. Qui ci limitiamo a interessarci di A3. Dalle (136) e (137), sommate insieme, ricaviamo:

2A1 = (1 + γ)A2+ (1 − γ)B2, (141) mentre dalle (138) e (139), per somma e differenza, ricaviamo:

A2 = A3e−ikLγ + 1

, B2 = A3eikLγ − 1

. (142)

(23)

Inserendo la (142) nella (141) otteniamo:

2A1 = A3

h(1 + γ)2e−ikL− (1 − γ)2eikLi= A3

h4γ cos kL − 2i(1 + γ2) sin kLi. (143)

Da qui possiamo ricavare il rapporto |A3/A1|2, che prende il nome di coefficiente di trasmissione della barriera. Esso risulta:

A3

A1

2

= 2

21 − sin2kL+ (1 + γ2)2sin2kL = 1

1 + G sin2kL, (144) dove:

G = 1 − γ2

!2

. (145)

Al variare di L il coefficiente di trasmissione varia periodicamente fra 1 e 1/(1+G) secondo una curva (curva di Airy) identica a quella che in ottica descrive la trasmissivit`a di uno strato pian-parallelo (EO.10.3).

Passiamo al caso E < Ub. Il coefficiente di trasmissione pu`o essere derivato dalla (144) tenendo presente che (vedi la (132)) k diventa immaginario e che lo stesso accade per γ (eq. (140)). Scriviamo k e γ nella forma:

k = ik0= i

q2m(Ub − E)

¯

h , γ = ib = iqUb/E − 1, (146) Dalla (144) segue allora

A3

A1

2

= 1

1 + G0sinh2k0L, (147)

dove:

G0= 1 + b2 2b

!2

. (148)

Vediamo perci`o che la particella, pur avendo un’energia pi`u bassa dell’altezza della barri- era, pu`o superare quest’ultima. Quest’effetto, tipicamente quantistico, `e noto come effetto tunnel. Esso `e ovviamente tanto pi`u significativo, fissati E e Ub, quanto pi`u piccolo `e L.

L’andamento del coefficiente di trasmissione in funzione di L `e quello stesso che si ha per l’effetto tunnel ottico (EO.10.3). L’effetto tunnel `e alla base di diversi dispositivi elet- tronici (diodi tunnel) ed `e usato in maniera massiccia per stabilire contatti di tipo ohmico fra semiconduttori e conduttori metallici (vedi: S. M. Sze, Dispositivi a semiconduttore, Hoepli).

Vediamo ora il principio di funzionamento di un altro dispositivo, concettualmente semplice, anche se tecnologicamente molto raffinato, basato sull’effetto tunnel. Supponi- amo di avvicinare una punta metallica ad una lastra, pure metallica e di stabilire fra i

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