• Non ci sono risultati.

RIVISTA DI AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "RIVISTA DI AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLO"

Copied!
63
0
0

Testo completo

(1)

RIVISTA DI AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLO

A S S O C I A Z I O N E S E R V I Z I F I N A N Z I A R I E N T I L O C A L I

(2)

SOMMARIO

L'affidamento del servizio di tesoreria

e il suo rinnovo ...55

di EUGENIO PISCINO

Le linee guida dell'ANAC sugli affidamenti

nel “terzo settore” ...47

di SANTO FABIANO

Brevi riflessioni in merito all'erogazione di contributi e benefici in favore di cittadini in forma singola e associata e applicazione

delle norme sulla trasparenza e corruzione ...32

di ENRICA DANIELA LO PICCOLO

Bilancio armonizzato

contributi a rendicontazione...27

di AUGUSTO PAIS

Il DUP - Approfondimenti sulla Sezione strategica ...1

di ANTONIO SORCI

La Corte dei Conti sulle modalità di recupero delle risorse erogate in maniera non aderente alle disposizioni legislative e alla contrattazione

collettiva nazionale ...7

di BIAGIO GIORDANO

"La decurtazione al Fondo 2015: I chiarimenti della circolare n. 20/2015

della Ragioneria Generale dello Stato"...11

di LILIANA CIRILLO

Le misure anticorruzione nelle società

partecipate dagli enti locali. ...16

di ALBERTO BARBIERO

(3)

Gentili colleghi,

così come indicato nel numero del mese di novembre, mi pregio di comunicarvi che un'altra fase dello sviluppo dell'Associazione è terminata. Abbiamo, infatti, raccolto le adesioni al Comitato Scientifico della nostra rivista “Management locale - rivista di amministrazione, finanza, controllo”.

Non senza emozione possiamo costatare che la fiducia che persone di grande prestigio hanno voluto dare all'Associazione è grande. Questo fatto deve spingere noi tutti a moltiplicare il nostro impegno professionale e la nostra dedizione alle attività dell'ASFEL.

Personalmente, considero questo traguardo soltanto un inizio. Non solo perché il lavoro amministrativo di registrazione della rivista è ancora in corso, ma soprattutto perché la partecipazione di queste persone impegna tutti noi a fornire un contributo costruttivo allo sviluppo delle attività.

La registrazione comporterà certamente anche una presenza pubblica della rivista che non sarà rivolta soltanto agli Associati. Questo deve stimolare tutti noi a un miglioramento dei contributi alla rivista, a un coinvolgimento attivo di tutti i bravi professionisti che possono dare spessore all'Associazione, a un approfondimento della nostra conoscenza e a un innalzamento della reputazione della professione che svolgiamo. Asfel è nata per questo. E grazie al lavoro di tutti voi sono certo che potrà aspirare a uno status ancora superiore e a un coinvolgimento di una più amplia platea di Associati.

E' stato acquisito il codice Issn (International Standard Serial Number) che è il numero internazionale che identifica i periodici, come quotidiani o riviste, a stampa o elettronici, e permette di standardizzare le classificazioni, ad esempio nelle biblioteche.

Con queste brevi parole ringrazio tutti quelli che hanno contribuito attivamente al raggiungimento di questi traguardi, in particolar modo Tiziano Tessaro e Antonio Sorci. Ad maiora.

Eugenio Piscino

Antonini Luca, Avvocato, Professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l'Università di Padova - Presidente della Copaff

Barbiero Alberto, Consulente amministrativo-gestionale in materia di appalti e di società partecipate.

Bellesia Mauro, Dirigente Enti Locali, Docente di corsi

Buscema Angelo, Presidente di coordinamento delle Sezioni riunite di controllo Cascone Gennaro, Dirigente enti locali, Docente di corsi

Caterini Enrico, Professore ordinario di Diritto Privato preso l'Università della Calabria

D'Aristotile Ebron, Professore a contratto di Economia delle aziende ed amministrazioni pubbliche Università G D'Annunzio Chieti Pescara

Fabiano Santo, Docente universitario e formatore

Fissi Silvia, Assegnista di ricerca e docente a contratto di Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Firenze

Giordano Biagio, Mef - Ragioneria Generale dello Stato - Dirigente Ispettorato Generale di Finanza- Servizi ispettivi di finanza pubblica-Settore IV

Gori Elena, Ricercatore di Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Firenze Graffeo Maurizio, Presidente della Sezione Regionale di controllo della Corte Conti - Sicilia Jorio Ettore, Professore di Diritto Sanitario presso l'Università della Calabria

Miele Tommaso, Magistrato della Corte dei conti - Presidente dell'Associazione Magistrati della Corte dei conti

Occhiena Massimo, Professore associato di diritto amministrativo presso l'Università Bocconi Piperata Giuseppe, Professore associato di diritto amministrativo presso l'Università Iuav di Venezia Piscino Eugenio, Dirigente enti locali, esperto di finanza e fiscalità locale

Pizziconi Giampiero, Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto Sorci Antonio, Assistant professor di Economia Aziendale presso l'Università Kore di Enna Tessaro Tiziano, Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto

Comitato scientifico

(4)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA

Premessa 1

Trascorsa la fase di prima implementazione della riforma dell'armonizzazione contabile con l'approvazione del rendiconto 2014, il riaccertamento straordinario dei residui al 01 gennaio 2015 e le prime scritture contabili effettuate sulla base del nuovo principio della competenza finanziaria potenziata, è il momento di prepararsi ai passi successivi, quello dell'adozione dello schema del bilancio di previsione e del piano dei conti armonizzato e quello dell'applicazione al processo di programmazione delle tempistiche e dei documenti previsiti dal principio contabile applicato alla programmazione e dal TUEL post D. Lgs. 126/2014. Tali adempimenti sono, infatti, obbligatori per l'esericizio 2016 per gli enti non sperimentatori, ed è opportuno comprenderne le logiche di fondo e le novità con un certo anticipo.

Si sarà, infatti, già notato come molte delle novità della riforma dell'armonizzazione siano finalizzate ad un rafforzamento del ruolo della programmazione. Si considerino soltanto l'introduzione del principio di competenza finanziaria “potenziata”, che obbliga a imputare a ogni esercizio solo le obbligazioni attive e passive che vengono a scadenza, fermo restando l'obbligo di rilevare tali obbligazioni nel momento in cui sorgono. L'effetto più evidente di questa applicazione è che il bilancio di previsione mostra per un periodo triennale quante risorse saranno effettivamente disponibili in entrata e quante effettivamente esigibili in spesa e ne consente un reale coordinamento. Ma anche l'obbligo delle previsioni di cassa, che permette di programmare in maniera consapevole i pagamenti, l'orizzonte temporale del bilancio di previsione, la differenza netta tra bilancio politico e gestionale, che permette di concentrasi sui contenuti della programmazione.

Oltre alle novità dei prospetti e ei criteri di contabilizzazione, la riforma ha dato impulso al processo di programmazione, principalmente attraverso tre tipi di meccanismi. Il primo riguarda la riduzione del numero dei documenti, al fine di dare maggiore sistematicità e coerenza al complesso delle decisioni che accompagnano, sostengono e spiegano strategicamente i valori finanziari dei documenti contabili. Il secondo meccanismo è costituito dall'integrazione di tutti gli ambiti di programmazione (strategica, operativa ed esecutiva) tramite i documenti di programmazione DUP e PEG. L'ultimo meccanismo fa riferimento al rilevante anticipo dei tempi della programmazione: approvazione del DUP al 31 luglio, assestamento e salvaguardia degli equilibri alla stessa data e una nota di aggiornamento al DUP al 15 novembre, che consente di discutere sul merito dei programmi piusttosto che sugli stanziamenti di bilancio, come si faceva precedentemente, con il risultato che si tralasciavano in secondo piano le finalità per cui l'amministrazione operava e l'impatto della sua attività sulla vita economica e sociale dei cittadini e sul territorio di riferimento.

Il DUP - Approfondimenti sulla Sezione strategica

1

di Antonio Sorci

(5)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA 2

Il documento unico di programmazione (DUP)

Il Documento unico di programmazione (DUP) rappresenta la principale innovazione nel panorama degli strumenti di programmazione. È lo strumento che permette l'attività di guida strategica ed operativa degli enti locali e consente di fronteggiare in modo permanente, sistemico e unitario le discontinuità ambientali e organizzative. Costituisce il presupposto necessario di tutti gli altri documenti di programmazione.

Leggendo il contenuto del principio contabile della progranmazione, per la parte relativa al DUP, ritornano in mente i vecchi strumenti della programmazione degli enti locali. Infatti, gli obiettivi che si perseguono con il DUP sono, innanzitutto, quello di definire la programmazione strategica dell'ente sull'orrizzonte temporale del mandato. Tale parte, che solo in minima parte ricalca il contenuto del piano generale di sviluppo, è contenuta nella sezione strategica del DUP. Nella sezione operativa del DUP è contenuta la programmazione operativa, rappresenta dai programmi, che si articola su un orizzonte temporale triennale, pari cioè al bilancio di previsione. Sempre nella sezione operativa del DUP, ma nella seconda parte, vengono inseriti una pluralità di documenti di programmazione settoriale con orizzonte temporale triennale, che erano già previsti dalla normativa. Se visto solo dal punto di vista formale, il DUP non sembra avere apportato significative innovazioni rispetto alla disciplina precedente.

Quello che prima era contenuto in tre documenti adesso è contenuto in un unico documento. Chi si limita a questa visisone non può apprezzare questo strumento di programmazione. La vera innovazione del DUP non consiste nel documento in sè, quanto nel contenuto del processo di programmazione stabilito dal principio contabile e dal processo di programmazione stesso che implica rispetto al passato maggiori esigenze di omogeneità e coerenza. Ad esempio, la sezione strategica, che contiene la programmazione strategica si articola sul mandato e deve essere coerente con i vincoli di finanza pubblica e la situazione economico-finanziaria dell'ente e del gruppo pubblico locale. Infine, il principio della programmazione non fornisce uno schema di riferimento specifico per il DUP, ma solo delle indicazioni generali sulla base delle quali lo stesso deve essere strutturato. Tali novità fanno del DUP uno strumento flessibile

nel contenuto, ma rigido nei principi, favorendo, se correttamente implementato uno sviluppo della capacità di programmazione dell'ente.

Contenuto della sezione strategica (SeS)

La prima tappa del processo di programmazione strategica è costituita dalla definizione degli indirizzi strategici. Tali indirizzi strategici sono frutto di una riflessione dell'amministrazione dell'ente e dei suoi organi di vertice, che prendono in considerazione una serie di fattori che sono rappresentati nela figura 1. Innanziutto, si deve tenere conto delle linee programmatiche di mandato, di cui all'art. 46 comma 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in quanto espressione del programma politico della maggioranza e delle considerazioni espresse dai singoli gruppi consiliari. Questa base di partenza deve essere integrata con i vincoli e le opportunità rappresentati dalle linee di indirizzo della programmazione regionale, dal concorso al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall'Unione Europea, e dal quadro giuridico di riferimento.

Figura 1 - Elementi da considerare per la formulazione degli indirizzi strategici

Gli indirizzi strategici, quindi, rapprsentanto:

• le principali scelte che caratterizzano il programma dell'amministrazione da realizzare nel corso del mandato amministrativo e che possono avere un impatto di medio e lungo periodo;

(6)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA 3

• le politiche di mandato che l'ente vuole sviluppare nel raggiungimento delle proprie finalità istituzionali e nel governo delle proprie funzioni fondamentali;

• gli indirizzi generali di programmazione riferiti al periodo di mandato.

La seconda tappa del processo di programmazione strategica è rappresenta dalla definizione degli obiettivi strategici, per ogni missione di bilancio, entro il primo anno del mandato amministrativo. Il principio suggerisce un articolato percorso di analisi attraverso il quale l'Ente può arrivare a definire gli obiettivi strategici. Ciò che rileva è evitare due rischi, che potrebbero ben manifestarsi anche congiuntamente:

1) definire obiettivi la cui realizzazione si rivela praticamente impossibile date le effettive condizioni, attuali e prospettiche, esterne e interne all'ente;

2) definire obiettivi incoerenti rispetto agli indirizzi strategici definiti.

Pertanto, per giungere alla definizione degli obiettivi strategici, il principio suggerisce un'analisi, attuale e prospettica, tanto delle condizioni esterne che di quelle interne, e la coerenza con gli indirizzi strategici definiti, come rappresentato nella figura 2.

Figura 2 - Elementi necessari per la definizione degli obiettivi strategici

degli obiettivi strategici non implica immediatamente la quantificazione degli effetti economico-finanziari delle attività necessarie per conseguire gli obiettivi strategici. Questi effetti sono quantificati nella sezione operativa del DUP.

La verifica delle condizione esterne, può riguardare numerosi aspetti. Il principio contabile della programmazione richiede che siano presenti almeno gli elementi rappresentati da:

1. gli obiettivi individuati dal Governo per il periodo considerato anche alla luce degli indirizzi e delle scelte contenute nei documenti di programmazione comunitari e nazionali;

2. la valutazione corrente e prospettica della situazione socio-economica del territorio di riferimento e della domanda di servizi pubblici locali anche in considerazione dei risultati e delle prospettive future di sviluppo socio-economico;

3. i parametri economici essenziali utilizzati per identificare, a legislazione vigente, l'evoluzione dei flussi finanziari ed economici dell'Ente e dei propri enti strumentali, segnalando le differenze rispetto ai parametri considerati nella Decisione di Economia e Finanza (DEF).

Più dettagliata l'analisi delle condizioni interne rispetto alle quali l'Ente dovrebbe più agevolmente reperire e mettere a sistema le informazioni necessarie. Al riguardo, è indicato l'approfondimento dei seguenti profili:

1. Organizzazione e modalità di gestione dei servizi pubblici locali, tenuto conto dei fabbisogni e dei costi standard;

2. Indirizzi relativi alle risorse e agli impieghi e la sostenibilità economico- finanziaria attuale e prospettica;

3. Disponibilità e gestione delle risorse umane;

4. Coerenza con i vincoli di finanza pubblica.

Con riferimento al primo punto si deve tenere in debito conto anche di tutti quei servizi che vengono gestiti attraverso organismi ed enti strumentali.

Gli indirizzi generali delle modalità di organizzazione e gestione dei servizi devono tenere conto della loro situazione economica e finanziaria, degli obiettivi di servizio e gestionali che devono perseguire e delle procedure di controllo di competenza dell'ente. La mancanza di uno di questi elementi rende fragile la programmazione, incerti i risultati attesi e probabili gli Per ogni obiettivo strategico deve essere individuato il contributo dell'ente

al suo conseguimento, come pure quello del gruppo amministrazione pubblica. Gli obiettivi strategici sono sottoposti ad una verifica annuale.

Possono essere modificati dando adeguata motivazione. La definizione obiettivi strategici

(7)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA 4 effetti negativi della loro gestione sugli equilibri economico finanziari

degli enti.

Il secondo punto richiede l'approfondimento di almeno i seguenti aspetti:

a. gli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche con indicazione del fabbisogno in termini di spesa di investimento e dei riflessi per quanto riguarda la spesa corrente per ciascuno degli anni dell'arco temporale di riferimento della sezione strategica;

b. i programmi ed i progetti di investimento in corso di esecuzione e non ancora conclusi;

c. i tributi e le tariffe dei servizi pubblici;

d. la spesa corrente con specifico riferimento alla gestione delle funzioni fondamentali, anche con riferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi di servizio;

e. l'analisi delle necessità finanziarie e strutturali per l'espletamento dei programmi ricompresi nelle varie missioni;

f. la gestione del patrimonio;

g. il reperimento e l'impiego di risorse straordinarie e in conto capitale;

h. l'indebitamento con analisi della relativa sostenibilità e andamento tendenziale nel periodo di mandato;

i. gli equilibri della situazione corrente e generali del bilancio ed i relativi equilibri in termini di cassa.

Ognuno degli aspetti elencati deve essere oggetto da parte dell'ente di specifici indirizzi generali con riferimento al periodo del mandato.

Il terzo punto si riferisce alla struttura organizzativa dell'ente in tutte le sue articolazioni e alla sua evoluzione nel tempo anche in termini di spesa.

Il quarto punto deve essere analizzato con riferimento sia al presente che al futuro e deve essere riferito a tutti i vincoli di finanza pubblica, non sono quelli relativi al patto di stabilità interno, ma anche ad altri vincoli disposti da leggi o da programmi di spending review.

Il controllo strategico e la rendicontazione dei risulati

Il processo di programmazione strategica non può essere svolto una volta sola per tutto il mandato. Tale processo va costantemente monitorato in modo tale da valutare la permanenza e la bontà delle assunzioni sulle

quali erano state prese le decisioni in merito agli indirizzi generali strategici e gli obiettivi strategici. La verifica dello stato di attuazione è l'unico meccanismo operativo che consente di valutare, ogni anno, se, a seguito di variazioni rispetto a quanto previsto nell'anno precedente, sia necessario procedere a una riformulazione degli obiettivi strategici e/o degli indirizzi.

In tale circostanza, è indispensabile fornire adeguata motivazione delle modifiche apportate. In sede di verifca dello stato di attuazione è necessario porre attenzione non solo ad eventuali cambiamenti delle condizioni esterne ed interne all'ente, ma anche prestare una particolare attenzione al reperimento e impiego delle risorse finanziarie e alla sostenibilità economico finanziaria.

Per quanto riguarda l'attività di rendicontazione dei risulati, ovvero il controllo del conseguimento degli obiettivi strategici, questa non può limitarsi a un'attività da svolgersi all'interno dell'ente. Data la significatività che le informazioni contenute nel DUP e, in particolare nella sezione strategica, hanno per tutti i portatori di interesse esterni all'ente, il principio richiede particolari forme di rendicontazione.

La prima richiesta del principio è che nella sezione strategica siano indicati gli strumenti attraverso i quali l'ente intende rendicontare il proprio operato nel corso del mandato in maniera sistematica e trasparente, per informare i cittadini del livello di realizzazione dei programmi, di raggiungimento degli obiettivi e delle collegate aree di responsabilità politica o amministrativa.

Il secondo obbligo è rappresentato dalla redazione della relazione di fine mandato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 149 del 6 settembre 2011, quale dichiarazione certificata delle iniziative intraprese, dell'attività amministrativa e normativa e dei risultati riferibili alla programmazione strategica e operativa dell'ente e di bilancio durante il mandato.

Avendo fornito indicazioni dettagliate sui contenuti della sezione strategica e non avendo il DUP uno schema obbligatorio, si vogliono in questa sede sintetizzare i principali argomenti trattati, suggerendo una possibile struttura del documento. La tavola 1, infatti, presenta uno schema di riferimento per definire la struttura e il contenuto della sezione strategica del DUP, basato sulle informazioni richieste dal principio contabile della programmazione.

(8)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA 5 Tavola 1 - La struttura e il contenuto della Sezione Strategica2

Paragrafo Sottoparagrafo Contenuto

1. Quadro di riferimento Linee programmatiche di mandato

Quadro normativo di riferimento

Linee di indirizzo della programmazione regionale

Concorso al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall'Unione Europea

2. Indirizzi strategici Definizione degli indirizzi strategici per il mandato

3. Contesto 3.1 Condizioni esterne 3.1.1 Gli obiettivi individuati dal Governo per il periodo considerato anche alla luce degli indirizzi e delle scelte contenute nei documenti di programmazione comunitari e nazionali

3.1.2 La valutazione corrente e prospettica della situazione socio-economica del territorio di riferimento e della domanda di servizi pubblici locali anche in considerazione dei risultati e delle prospettive future di sviluppo socio-economico;

3.1.3 Parametri economici essenziali utilizzati per identificare, a legislazione vigente, l'evoluzione dei flussi finanziari ed economici dell'Ente e dei propri enti strumentali, segnalando le differenze rispetto ai parametri considerati nella Decisione di Economia e Finanza (DEF).

3.2 Condizioni interne 3.2.1.Organizzazione e modalità di gestione dei servizi pubblici locali tenuto conto dei fabbisogni e dei costi standard. Saranno definiti gli indirizzi generali sul ruolo degli organismi ed enti strumentali e società controllate e partecipate con riferimento anche alla loro situazione economica e finanziaria, agli obiettivi di servizio e gestionali che devono perseguire e alle procedure di controllo di competenza dell'ente;

3.2.2. Indirizzi generali di natura strategica relativi alle risorse e agli impieghi e sostenibilità economico finanziaria attuale e prospettica. A tal fine, devono essere oggetto di specifico approfondimento almeno i seguenti aspetti, relativamente ai quali saranno definiti appositi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato:

3.2.3 Disponibilità e gestione delle risorse umane con riferimento alla struttura organizzativa dell'ente in tutte le sue articolazioni e alla sua evoluzione nel tempo anche in termini di spesa.

3.2.4 Coerenza e compatibilità presente e futura con le disposizioni del patto di stabilità interno e con i vincoli di finanza pubblica.

4. Obiettivi strategici Definizione degli obiettivi stategici per ogni missione in cui è articolato il bilancio

5. Modalità di rendicontazione ai cittadini Indicazione degli strumenti di rendicontazione che saranno adottati nel corso del mandato per informare i cittadini del livello di realizzazione dei programmi, di raggiungimento degli obiettivi, e delle collegate area di responsabilità politica o amministrativa.

(9)

IL DUP - APPROFONDIMENTI SULLA SEZIONE STRATEGICA 6

1. La nostra trattazione sulla restante parte del DUP sarà presentata nei prossimi numeri di questa rivista.

2. La tabella costituisce un riadattamento con alcune integrazioni di quella tratta da L. Bisio, M. Bertocchi, G. Latella, Il sistema di programmazione per gli enti locali, in Diritto e Pratica Amministrativa, Edizione Luglio 2014, n. 7/8 pag. 49.

(10)

LA CORTE DEI CONTI SULLE MODALITÀ DI RECUPERO DELLE RISORSE EROGATE 7

La Corte dei Conti sulle modalità di recupero delle risorse erogate in maniera non aderente alle disposizioni legislative e alla contrattazione collettiva nazionale

di Biagio Giordano

La Corte dei Conti comincia a prendere posizione nei riguardi delle modalità di applicazione dell'art. 4, comma 3, del d.l. n. 16/2014, il c.d.

salva-Roma ter.

Un autorevole contributo è stato adottato con la delibera della Sezione regionale di controllo della Lombardia n. 224/2015/PRSP del 25.6.2015, con la quale i magistrati contabili si sono espressi sul questionario riguardante il rendiconto dell'esercizio finanziario 2013 predisposto del Collegio dei revisori dei conti del Comune di Milano.

L'oggetto del considerazioni della Corte dei Conti è rappresentato innanzitutto dal comma 3 dell'art. 4 del d.l. n. 16/2014, il quale, come è noto, si riferisce - fermo restando l'obbligo di recupero in caso di complessiva costituzione del fondo in misura eccedente a quanto previsto dal C.C.N.L.

o dalla legge - alle fattispecie della destinazione delle risorse in maniera non aderente al dettato contrattuale o legislativo (indennità non previste dal C.C.N.L.; erogate in misura eccedente ai limiti posti da quest'ultimo;

attribuite in assenza del rispetto delle procedure tese a garantire la verifica degli obiettivi per l'erogazione della retribuzione di risultato, etc.).

I primi due comma della disposizione normativa in esame non hanno formato oggetto di esplicito pronunciamento da parte dei giudici contabili.

Ciò era conseguenza dell'approvazione di apposita deliberazione della Giunta Comunale con la quale è stato attestato il rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio posti, tanto dalla legge quanto dalla contrattazione nazionale, alla costituzione dei fondi per le politiche di sviluppo del personale.

Si rammenta che il primo comma dell'art. 4 dispone che le Regioni e gli Enti locali che non hanno rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione integrativa sono obbligati a recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie a questa destinate (rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale) le somme indebitamente erogate, con graduale riassorbimento delle stesse, mediante quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli.

(11)

LA CORTE DEI CONTI SULLE MODALITÀ DI RECUPERO DELLE RISORSE EROGATE 8 Quanto al secondo comma della disposizione in esame, esso introduce

una disciplina di maggior favore per le Regioni e gli Enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno, permettendo di compensare le somme da recuperare anche attraverso l'utilizzo dei risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa (indicate al secondo e terzo periodo del comma 1), nonché di quelli discendenti dall'attuazione dei piani di razionalizzazione delle spese previsti dall'art. 16, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011, convertito con legge n. 111 del 2011.

Il Collegio dei Revisori risulta avere apposto parere favorevole alla deliberazione della Giunta Comunale innanzi citata. Sul tema della quantificazione del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane la Corte dei Conti non ha pertanto ritenuto necessario esprimersi, dal momento che la quantificazione stessa è avvenuta in maniera corretta, conforme alle disposizioni legislative e di C.C.N.L.

Un discorso diverso, come si notava innanzi, è da applicare alle modalità di destinazione delle risorse. In altri termini, a prescindere dalla correttezza della quantificazione del fondo per lo sviluppo delle risorse umane, viene qui in rilievo il titolo di legittimazione dell'erogazione delle risorse, quale che ne sia stato il percorso di determinazione dell'ammontare.

Nel caso di specie, con la medesima deliberazione della Giunta l'amministrazione comunale è stata riscontrata l'erogazione di indennità in maniera parzialmente non conforme a quanto previsto dalla legge o da clausole dei CC.CC.NN.LL.di comparto: per il periodo antecedente l'anno 2012, per un ammontare non quantificato; per un importo complessivo superiore agli undici milioni di euro, per gli anni 2013 e 2014.

La mancata quantificazione delle risorse illegittimamente erogate nel periodo fino al 31.12.2012 era motivata con l'inapplicabilità della sanzione della nullità delle clausole costituenti il titolo dei pagamenti effettuati (in linea generale disposta dall'art. 40, comma 3-quinques, del d.lgs. n. 165 del 2001), con conseguente effetto sanante a beneficio dei soggetti percettori.

Per le somme illegittimamente erogate negli anni successivi, la deliberazione della Giunta Comunale ne proponeva il recupero mediante compensazione con le risorse derivanti dal piano di razionalizzazione delle spese adottato

ex art. 16 del d.l. n. 98 del 2011; ovvero, fino a concorrenza delle somme erogate in maniera non appropriata, con precedenti economie discendenti da risorse del fondo per la contrattazione integrativa non impiegate.

Quanto alle indennità erogate fino alla data del 31 dicembre 2012 in difformità dalla legge e dal contratto collettivo nazionale, in aderenza alla disciplina di favore introdotta dal legislatore nel 2014, la Sezione regionale di controllo della Lombardia ha espresso l'avviso della correttezza della decisione di non procedere al recupero di tali somme a carico dei dipendenti.

Come è noto, l'applicabilità della sanatoria presuppone il rispetto, da parte dell'Ente locale, di una serie di condizioni: anzitutto, gli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi per la contrattazione decentrata non devono avere comportato il riconoscimento giudiziale della responsabilità erariale;

inoltre, le Regioni e gli Enti locali interessati devono avere rispettato il patto di stabilità interno e la vigente disciplina in materia di spese ed assunzioni di personale.

Per quanto riguarda gli anni 2013 e 2014, annualità alle quali la sanatoria di cui sopra non è suscettibile di applicazione, “le clausole che hanno fondato l'erogazione di emolumenti accessori ai dipendenti negli anni 2013 e 2014 (o successivi), se in contrasto con la legge o il CCNL, sono colpite da nullità (art. 40, comma 3-quinquies, d.lgs. n. 165/2001) e, come tali, qualificano come indebito il pagamento effettuato a favore del dipendente, nei cui confronti deve essere operato il relativo recupero”.

In tale contesto, la magistratura contabile si è espressa positivamente nei riguardi delle azioni di recupero prospettate dall'amministrazione comunale:

esse, difatti, “utilizzano risorse, di competenza dei medesimi esercizi 2013 e 2014, destinabili, nella maggior parte, sempre a titolo di salario accessorio, a favore dei medesimi dipendenti (invece di essere distribuite, vanno a compensare le erogazioni effettuate in modo non conforme a legge o CCNL)”.

Il percorso di recupero delle somme erogate dal Comune di Milano in maniera non conforme a disposizioni legislative o clausole contrattuali, così come è delineato nella deliberazione che si è sommariamente analizzata, pare rappresentare un esempio da manuale, un caso di studio per raccordare

(12)

LA CORTE DEI CONTI SULLE MODALITÀ DI RECUPERO DELLE RISORSE EROGATE 9 l'esigenza del rispetto del dettato normativo rappresentato dall'art. 4 del

d.l. n. 16/2014, e per questa via del risanamento delle pubbliche finanze, con l'altra esigenza, speculare alla prima, che il rispetto della disposizione legislativa non vada a gravare sul trattamento economico dei dipendenti comunali.

Resta non affrontata la questione della responsabilità dell'erogazione delle indennità “illegittime”, vuoi perché non contemplate nel C.C.N.L. del personale del comparto, vuoi perché erogate con modalità con lo stesso non coerenti. Di tale argomento la Corte dei Conti non si è potuta occupare nella pronuncia qui esaminata, in quanto è la stessa disposizione normativa al vaglio dei giudici contabili che prescinde tout court dall'esame di profili di responsabilità. Quello che rileva è unicamente il dato fattuale della costituzione del fondo delle risorse decentrate e dell'erogazione dei relativi compensi incentivanti e indennità in maniera non appropriata.

Eppure, si sarebbe potuta prevedere una qualche forma di responsabilità a carico di coloro che hanno contribuito alla determinazione del fondo delle risorse decentrate e/o alla previsione delle modalità di erogazione di compensi ed indennità, sotto forma p.e. di decurtazione della retribuzione di risultato percepita nelle annualità interessate, ovvero di riversamento di quota delle risorse illegittimamente confluite nel fondo o illegittimamente erogate.

Si diceva come la fattispecie della quale si è occupata la Sezione regionale di controllo della Lombardia della Corte dei Conti paia rappresentare il terreno ideale per l'applicazione delle prescrizioni di cui all'art. 4 del d.l.

n. 16/2014: fondi per lo sviluppo delle risorse umane quantificati in maniera di anno in anno corretta; presa d'atto dell'erogazione di somme in maniera difforme negli anni 2013 e 2014 (quelli relativi agli anni 2012 e precedenti essendo coperti da sanatoria, per avere il Comune di Milano rispettato tutte le condizioni a tal fine necessarie); recupero di tali somme mediante piano di razionalizzazione delle spese, ex art. 16 del d.l. n. 98/2011 e, in ultima istanza, con l'utilizzazione di economie non impiegate - propriamente, ad avviso di chi scrive, si dovrebbe trattare di economie vere e proprie, piuttosto che di somme che, quantunque non erogate, siano state formalmente impegnate.

Anche con riferimento ai piani di razionalizzazione della spesa, vale la pena di porre in evidenza come, per le finalità che rilevano in questa sede, l'ambito di operatività di tali piani, che risultano nella fattispecie in esame essere stati muniti di certificazione del Collegio dei revisori dei conti, deve essere interpretato in maniera restrittiva, in rigorosa aderenza a quanto prescritto all'art. 16, comma 4 e 5, del d.l. n. 98/2011, senza potersi prestare ad interpretazioni estensive, come p.e. la possibilità di detrarre le somme dagli importi relativi alle assunzioni contenute nella programmazione triennale del fabbisogno di personale1.

La deliberazione in esame in questa sede pare aderire all'indirizzo adottato dalla Corte di Appello di Firenze - sezione Lavoro, nella pronuncia della quale chi scrive si è occupato nel numero di maggio del corrente anno della rivista dell'ASFEL. Nella sentenza n. 440 del 25.11.2014, infatti, i giudici fiorentini avevano espressamente considerato la disposizione di cui all'art.

4, comma 3, del d.l. n. 16/2014 alla stregua di una vera e propria sanatoria - peraltro temperata dell'obbligo di recupero previsto ai comma 1 e 2 dello stesso articolo - prevista in relazione agli atti di contrattazione decentrata in senso lato, adottati entro un determinato termine, e che non siano stati oggetto di riconoscimento giudiziale di responsabilità erariale, da parte di quegli Enti locali che abbiano rispettato una serie di parametri di virtuosità.

È stato pertanto escluso, nello schema elaborato tanto dai magistrati contabili che dai giudici fiorentini, l'obbligo di recupero, in capo all'Ente locale, delle somme indebitamente erogate a carico dei dipendenti comunali che le abbiano percepite: tanto, anche in conformità con la Circolare della Presidenza del Consiglio 12.8.2014, citata nella stessa deliberazione n.

224/2015, ai termini della quale “è in ogni caso esclusa, nell'applicazione dei primi tre comma dell'art. 4 in commento, la possibilità di procedere alla ripetizione dell'indebito direttamente sui dipendenti”.

In senso difforme si erano espressi i giudici del Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 7332 del 21.1.2015.

Se la soluzione prospettata in questa sede appare condivisibile in relazione alla normativa vigente, è altrettanto lecito domandarsi quale posizione avrebbero assunto i giudici contabili in caso di introduzione di variabili

(13)

LA CORTE DEI CONTI SULLE MODALITÀ DI RECUPERO DELLE RISORSE EROGATE 10 allo schema proposto. Quale posizione sarebbe stata adottata se, per

esempio, i vincoli finanziari alla contrattazione integrativa non fossero stati rispettati da parte dell'Ente locale, e si fosse reso necessario recuperare le risorse per la contrattazione integrativa costituite in eccesso con i risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa, nonché con i risparmi discendenti dall'attuazione dei piani di razionalizzazione delle spese previsti all'art. 16, comma 4 e 5, del d.l. n. 98/2011, ossia precisamente con le somme che sono destinate, nella deliberazione n.

224/2015, a bilanciare le risorse erogate in maniera non aderente al dettato contrattuale o legislativo?

Alle viste sono ulteriori pronunce delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, che valgano a chiarire i numerosi dubbi nella materia.

1. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 176/PAR/2014 del 9.10.2014."

(14)

"LA DECURTAZIONE AL FONDO 2015: I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 20/2015 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO"

11

"La decurtazione al Fondo 2015: I chiarimenti della circolare n. 20/2015 della Ragioneria Generale dello Stato"

di Liliana Cirillo

Come è ormai noto a tutti gli operatori del settore, l'art. 9 comma 2 bis del D.L. 78/2010, con la legge di stabilità 2014, ovvero la L. n. 147/2013 (art. 1 comma 456) è stato innovato, in ordine alla determinazione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa.

In disparte la proroga del blocco ai fondi e delle decurtazioni " sino al 31 dicembre 2014", è stato inoltre introdotto, nella parte finale del testo, il seguente periodo "A decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo".

Come era già stato evidenziato sulle pagine di questa rivista (Management Locale n. 2, febbraio 2015, pagg. 31e32), l'unico elemento sicuro per gli interpreti, derivante da questa disposizione, era il consolidamento permanente del taglio dei fondi per le risorse decentrate operato negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014, sulla base delle disposizioni di cui al citato articolo 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010.

Ma sulle modalità per realizzare il “consolidamento” sul fondo 2015, si è assistito ad un contrasto di non poco rilievo, tra le sezioni Regionali di Controllo della Corte dei Conti e l'interpretazione non solo dottrinale, ma anche della stessa Ragioneria Generale dello Stato.

Tanto che il Ministero delle Finanze ha ritenuto opportuno emanare una specifica circolare, la n. 20 MEF - RGS - (recante il protocollo n. 39875 del 08/05/2015, ma diffusa soltanto il 23 luglio u.s) avente ad oggetto "Istruzioni applicative circa la decurtazione permanente da applicare, a partire dal 2015, ai fondi della contrattazione integrativa, in misura corrispondente ai risparmi realizzati ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, del decreto legge

31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio, 2010, n. 122 come modificato dall'articolo 1, comma 456 della legge n.

147/2013".

Le prime interpretazioni.

Circa le modalità per apportare le decurtazioni alle risorse destinate al salario accessorio per l'anno 2015, inizialmente si erano ipotizzate almeno tre possibili interpretazioni:

a) l'importo di cui deve decurtarsi il fondo è pari alla somma delle

(15)

"LA DECURTAZIONE AL FONDO 2015: I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 20/2015 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO"

12 decurtazioni effettuate negli anni 2011-2014, decurtazione che

assumerebbe il carattere della definitività dal 2015”;

b) l'importo di cui deve decurtarsi il fondo è pari a quella effettuata nel solo 2014, decurtazione che assumerebbe, questa, carattere di definitività dal 2015;

c) nel 2015 si applica comunque quanto è scritto nella prima parte della norma, ossia il rispetto del tetto 2010 e riduzione proporzionale riferita al 2015, che assumerebbero, questa volta, carattere di definitività.

La dottrina di settore (si veda ad es. Gianluca Bertagna, “il fondo 2015”, pubblicato sull'omonimo sito il 14.12.2014) aveva ritenuto corretto

“fondere” le interpretazioni qui indicate ai punti a) e b), per cui si sarebbe consolidata la decurtazione effettuata nel 2014, “visto anche il modello di calcolo suggerito dall'Aran e Rgs”.

Era intervenuta di seguito, la Corte dei Conti sez. regionale di controllo della Puglia, con la deliberazione n. 53 del 22 gennaio 2015. La sezione, interpellata proprio sulla corretta interpretazione dell'art. 9, comma 2-bis ultimo periodo, del D.L. n. 78/2010, aveva preliminarmente ricordato quanto già sancito dalla sez. Autonomie nella deliberazione n. 26/2014, ovvero che l'articolo in esame “è da considerare di stretta interpretazione e non sono consentite limitazioni del suo nucleo precettivo in contrasto con il valore semantico dell'espressione normativa utilizzata”. Pertanto, si affermava, che la finalità del contenimento complessivo della crescita delle componenti del trattamento accessorio, non era venuta meno con la modifica introdotta dalla legge di stabilità 2014. Ciò che cambiava era soltanto il criterio con cui tale obiettivo doveva essere realizzato.

Per i magistrati pugliesi, quindi, gli importi decurtati, per il periodo 2011- 2014, sia per evitare lo sforamento del tetto del 2010 che per garantire la diminuzione proporzionale alle cessazioni dal servizio, costituivano il parametro sulla cui base effettuare la riduzione delle risorse destinate alla contrattazione decentrata, a decorrere dal 2015.

Le decurtazioni effettuate nel periodo 2011-2014 sarebbero così diventate permanenti e non più recuperabili, in quanto gli effetti dei tagli operati, nel periodo considerato, avrebbero dovuto essere mantenuti, anche in

sede di determinazione dei fondi per i periodi successivi.

Se invece la volontà del legislatore fosse semplicemente stata quella di applicare, anche dopo il 2014, il criterio di contenimento dettato per il periodo 2011-2014, sarebbe stato sufficiente prorogare l'efficacia della prima parte della disposizione.

La Magistratura Contabile e il contrasto con la Ragioneria Generale dello Stato.

La Corte dei Conti pugliese ha mantenuto ferma questa interpretazione, anche con successivi pareri.

Nella deliberazione n. 64 del 19 febbraio 2015 è stata, invero, chiamata a pronunciarsi sulle modalità di quantificazione, per il periodo 2011-2014, della riduzione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Avallando l'interpretazione della magistratura contabile prevalente (e difforme dall'orientamento della Ragioneria Generale dello Stato), ha ritenuto possibile il ricalcolo delle decurtazioni, per il periodo anteriore al 2015, secondo il metodo della effettiva presenza in organico del personale cessato (differente, rispetto al metodo del valore medio del personale in servizio nell'anno, confrontato con quello medio del 2010).

Nel citato parere la Corte, però, ha, nelle premesse di merito, fatto un espresso richiamo alla propria deliberazione n.53/2015/PAR, puntualizzando, ancora una volta che, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, la disciplina dell'art. 9 comma 2 bis L. 122/2010, ultimo periodo, finalizzata al contenimento della spesa per il personale, ha natura cogente ed inderogabile ed è una disposizione di stretta interpretazione.

Confermando, per il periodo a partire dall'1 gennaio 2015, che "gli importi decurtati per il periodo 2011-2014, sia per evitare lo sforamento del tetto del 2010 che per garantire la diminuzione proporzionale alle cessazioni dal servizio, costituiscono il parametro sulla cui base effettuare la riduzione delle risorse destinate alla contrattazione decentrata a decorrere dal 2015".

Decurtazioni che diventano permanenti e non possono essere più recuperate.

La Ragioneria Generale dello Stato, di contro, con la circolare n. 8 del 2

(16)

"LA DECURTAZIONE AL FONDO 2015: I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 20/2015 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO"

13 febbraio 2015, avente ad oggetto:" Enti ed organismi pubblici - bilancio

di previsione per l'esercizio 2015." ha dato indicazioni esattamente opposte, nella scheda tematica G3, inerente la contrattazione integrativa.

Dopo aver ricordato che a partire da gennaio 2015 non operano più i limiti previsti dal primo periodo dell'art. 9 comma 2 bis in esame, ha chiarito che le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.

165/2001 devono essere decurtate permanentemente.

La Ragioneria, però, specifica che la decurtazione deve essere "di un importo pari alle riduzioni operate con riferimento all'anno 2014, per effetto di quanto previsto dal primo periodo del richiamato articolo 9 comma due bis (quindi sia l'applicazione del limite relativo all'anno 2010 che la riduzione in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio con riferimento al periodo 2011-2014)."

Il contrasto è evidente, e la stessa Corte dei Conti sezione di controllo per la Puglia ne fa richiamo in una sua successiva pronuncia.

Interpellata nuovamente sull'argomento, infatti, con la deliberazione n.

97 del 18 marzo 2015, non solo conferma le proprie precedenti pronunce, ma sembra non lasciare più spazio a dubbi, fornendo addirittura esempi pratici.

I giudici richiamano e confermano ancora una volta le proprie precedenti deliberazioni n. 53 e 64 del 2015 e la portata cogente e di stretta interpretazione della norma.

Espressamente sanciscono che il fondo delle risorse decentrate per il 2015 deve essere costituito con una decurtazione "pari alla somma di tutte le riduzioni operate sui suddetti fondi per gli anni dal 2011 al 2014".

A rafforzare l'orientamento, confutano anche le altre possibili letture che pure erano state fornite della norma (e richiamate all'inizio del presente articolo), laddove precisano che dall'1 gennaio 2015, non è consentito:

• procedere ad una decurtazione pari a quella operata nel solo esercizio 2014;

• apportare una riduzione pari alla media (anziché alla somma) delle riduzioni apportate sui fondi negli esercizi 2011/2014.

• ridurre il fondo 2015 solo in misura proporzionale alla riduzione nel 2015 del personale in servizio (il legislatore se così avesse inteso, avrebbe semplicemente prorogato ulteriormente il termine del 31 dicembre 2014).

La sezione pugliese individua, di seguito, nella citata deliberazione, richiesta dal Comune di Sant'Eramo in Colle che per il fondo dirigenti paventava addirittura un fondo negativo, la base di calcolo sulla quale operare la decurtazione in parola.

Questa viene individuata nel fondo costituito secondo le regole proprie della vigente normativa contrattuale e non nel fondo quantificato per l'esercizio 2014, in coerenza, si afferma, con "la formulazione letterale della norma".

E tanto, per evitare un sostanziale duplice taglio delle risorse, non espressamente previsto dal legislatore (in quanto, il fondo 2014 già risentiva delle riduzioni apportate nel precedente periodo 2011/2013); per escludere in radice la possibilità che si possa giungere ad un fondo pari a zero oppure negativo; in conformità alla volontà del legislatore di non perpetuare, dopo il 31 dicembre 2014, il limite del fondo per l'anno 2010 e l'obbligo di riduzione in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio e, infine, come già affermato in precedenza, in quanto apporta una decurtazione corrispondente “alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo”, come testualmente indicato dal legislatore, anziché alla riduzione operata nel solo precedente esercizio 2014.

Chiarito, pertanto, con espliciti esempi numerici, come sul fondo 2015 vada operata la decurtazione, sommando tutte le decurtazioni operate dal 2011 al 2014, la sezione regionale di controllo per la Puglia segnala la Circolare n. 8/2015 della Ragioneria Generale dello Stato, il cui orientamento

"apparentemente" difforme da quello della corte stessa, non viene ritenuto condivisibile, nella misura in cui sostiene che la decurtazione da operare è di importo pari alle sole riduzioni apportate al fondo 2014, anziché alla somma delle riduzioni apportate ai fondi per l'intero periodo 2011/2014.

Si ritiene, infatti, che se il legislatore avesse voluto fare riferimento alle riduzioni operate con riferimento al solo anno 2014 avrebbe fatto richiamo al "precedente esercizio" oppure "anno" e non al "precedente periodo".

(17)

"LA DECURTAZIONE AL FONDO 2015: I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 20/2015 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO"

14 In questo, a parere di chi scrive, dimenticando che, talvolta, al legislatore

può sfuggire, negli interventi che si "innestano", spesso anche in modo caotico, in norme preesistenti, la lettura sistematica della disposizione definitiva.

Anche un'altra sezione, sempre in funzione consultiva, si è recentemente pronunciata sulla questione, proprio alla luce dei contrasti sorti tra l'orientamento della magistratura contabile e quello della Ragioneria Generale dello Stato. La sezione di Controllo per l'Abruzzo è stata, infatti, interpellata dalla Regione Abruzzo sulla portata applicativa dell'art. 9 comma 2 bis ultimo periodo, proprio in riferimento alle pronunce della Corte dei Conti per la Puglia.

Nella deliberazione n. 179 del 19 giugno 2015, il collegio contabile abruzzese condivide l'orientamento dei colleghi della sezione regionale di controllo per la Puglia. Si precisa che se le quote RIA del personale cessato non erano state introdotte nel fondo, perchè ciò ne avrebbe determinato un aumento rispetto al tetto 2010, non potranno più essere recuperate.

Si sostiene, inoltre, che dal 2015 la norma detta una condizione di calcolo del fondo, migliorativa rispetto alla precedente, in quanto riprende vigore il calcolo del fondo secondo i parametri contrattuali, senza il blocco del tetto massimo 2010.

E su tale base andranno applicate le decurtazioni, il cui importo si cristallizzerà per gli anni futuri, incentrando la limitazione non più a tetto, ma alle decurtazioni che diventano, infatti, permanenti e non più recuperabili, con ciò garantendo quello che era l'obiettivo della norma, ovvero il contenimento delle spese di personale.

La Corte abruzzese, sulla scorta delle esemplificazioni numeriche fornite dalla regione interpellante, preliminarmente applica per il 2015 le decurtazioni pari alla somma di tutte le riduzioni operate sui fondi per gli anni 2011-2014, per la riconduzione del fondo al tetto massimo del 2010.

Quando, di seguito, individua le decurtazioni riferite alle cessazioni di personale nel quadriennio di riferimento, soltanto apparentemente si pone in contrasto con la circolare n. 8/2015, in quanto arriva a riconoscere

che le modalità di calcolo adottate non possono portare a considerare ripetutamente, in più anni, le medesime cessazioni (e su tale punto, confermando la lettura data dalla citata circolare).

Laddove, infatti, la riduzione, calcolata nel 2014 (come fa la Regione Abruzzo, nell'esempio riportato), viene effettuata con riferimento al rapporto tra personale del 2014 e quello del 2010, questa include anche quelle operate nei precedenti esercizi, in quanto già comprensiva delle cessazioni operate nel triennio precedente .

Si conclude, dunque, che assieme alla somma delle decurtazioni legate al superamento del tetto del 2010, sarà solamente la decurtazione del 2014, calcolata in tale modo a concorrere alla determinazione della decurtazione permanente dall'1 gennaio 2015.

La circolare n. 20 della Ragioneria Generale dello Stato.

Come già anticipato in premessa, il Ministero delle Finanze, stante il perdurare del contrasto interpretativo, ha ritenuto necessario intervenire con una circolare di istruzioni, in merito all'applicazione dell'art. 9 comma 2 bis L. 122/2010 ultimo periodo.

La circolare è datata 8 maggio 2015, ma soltanto nell'ultimo scorcio del mese di luglio è stata pubblicata e diffusa per gli operatori.

Il Ministero precisa, preliminarmente, che a partire dal 1° gennaio 2015:

• non opera più il limite soglia del 2010 sulle risorse costituenti i fondi;

• non dovrà procedersi alla decurtazione dell'ammontare delle risorse per il trattamento accessorio in relazione all'eventuale riduzione del personale in servizio;

• le risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale devono essere decurtate di un importo pari alle riduzioni operate, nell'anno 2014, per effetto del primo periodo dell'articolo 9, comma 2-bis (applicazione del limite relativo all'anno 2010 e riduzione in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio con riferimento alla diminuzione riscontrata nell'anno 2014 rispetto al 2010).

Questo, in quanto, si chiarisce, la ratio alla base delle modifiche apportate

(18)

"LA DECURTAZIONE AL FONDO 2015: I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 20/2015 DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO"

15 dalla legge di stabilità 2014, è quella di rendere strutturali i relativi risparmi

di spesa per redditi da lavoro dipendente che, altrimenti, sarebbero stati circoscritti (una tantum) al periodo 2011-2014.

La circolare, quindi, passa al merito delle indicazioni operative, per la corretta determinazione del taglio da operare, in maniera definitiva, a partire dall'anno 2015.

Distingue due ipotesi.

1) amministrazioni che hanno costituito il fondo per la contrattazione integrativa per l'anno 2014, includendo tutte le risorse previste dalla normativa di riferimento e sulla base delle indicazioni a suo tempo fornite con le circolari n. 12/2011, n. 25/2012, n. 15/2014.

In questi casi, l'importo della decurtazione da operare, a decorrere dall'anno 2015, coinciderà con le riduzioni effettuate per l'anno 2014, sia per effetto della riconduzione del fondo al limite soglia 2010, sia della decurtazione funzionale alla riduzione del personale in servizio.

2) qualora l'amministrazione non avesse incrementato le risorse fisse (es. RIA) al fine di non superare il valore dell'anno 2010, tali risorse non potranno più essere recuperate e devono considerarsi perse in via definitiva.

In tale ipotesi (amministrazione che ha escluso dal fondo 2014 la RIA cessati, per non superare il fondo 2010), la decurtazione operata nel 2014 non potrà essere presa a riferimento a decorrere dal 2015.

Poichè tale decurtazione non comprende le risorse extra limite 2010 (non valorizzate nel fondo 2014 e astrattamente conteggiabili nel fondo 2015), qualora adottata, infatti, determinerebbe - per tale differenza - una riduzione inferiore del fondo 2015, vanificando la finalità della norma (rendere strutturali i risparmi della spesa per redditi da lavoro dipendente conseguiti per effetto dell'art.9 comma 2-bis, del decreto-legge 78/2010).

Quindi, l'ammontare della decurtazione permanente da operare a decorrere dall'anno 2015

deve essere determinata al lordo delle somme non inserite nel 2014 e previste dalla normativa di riferimento per ciascun comparto.

Parimenti, le predette voci dovranno formare oggetto di alimentazione

del fondo 2015 (qualora previsto dalla citata normativa), in modo tale da rendere le due grandezze di riferimento (fondo 2015 e decurtazione permanente) del tutto confrontabili.

I chiarimenti, con esempi numerici concreti, hanno forse voluto confermare l'assetto interpretativo costruito negli anni dalla Ragioneria stessa e dall'Aran (che ha diffuso un kit in file excel, avallato dallo stesso dipartimento del MEF, proprio per la costituzione dei fondi per il salario accessorio).

Ma sicuramente consentono agli Enti Locali di poter finalmente procedere alla quantificazione del fondo per le risorse decentrate, operando le dovute riduzioni stabili, senza eccessiva penalizzazione e contestualmente, senza timore di incorrere in censure da parte dei Servizi Ispettivi.

Sarebbe, tuttavia auspicabile, a breve, anche un intervento nomofilattico della Sezione Autonomie della Corte dei Conti.

(19)

LE MISURE ANTICORRUZIONE NELLE SOCIETÀ PARTECIPATE DAGLI ENTI LOCALI.

16

Le misure anticorruzione nelle società partecipate dagli enti locali.

di Alberto Barbiero

1. L'applicazione delle misure anticorruzione nelle società partecipate e la correlazione con il modello organizzativo- gestionale previsto dal d.lgs. n. 231/2001.

La definizione di misure di contrasto ai fenomeni corruttivi nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche (e dagli enti locali in particolare) è stata configurata per anni come scelta operativa rimessa alle strategie aziendali per il rafforzamento delle garanzie nelle dinamiche gestionali.

A partire dal 2002, questa scelta si è intersecata con le soluzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 per i modelli organizzativo-gestionali (MOG), ma è risultata comunque da percorsi specifici sviluppati nei singoli contesti, senza risultare connessa a linee di contrasto nazionali ed a soluzioni omogenee.

La legge n. 190/2012 ha invece proposto un cambiamento radicale nelle linee di approccio alla gestione delle problematiche derivanti da fatti corruttivi, puntando alla prevenzione e modulando l'azione su uno spettro ampio di situazioni, anche non necessariamente con rilievo sotto il profilo delle norme penali.

La normativa, peraltro, focalizza l'attenzione non solo sulle pubbliche amministrazioni, ma anche sui “sistemi allargati” delle stesse, estendendo la logica di prevenzione agli organismi partecipati.

Dal quadro innovato deriva la necessaria combinazione con le disposizioni del d.lgs. n. 231/2001, essendo le stesse da intendersi come i parametri operativi per il modulo societario, indipendentemente dalla composizione pubblica, privata o mista dell'assetto sociale1.

2. La responsabilità delle società nel d.lgs. n. 231/2001.

Il complesso di disposizioni contenute nel d.lgs. n. 231/2001 definisce un sistema regolativo che disciplina le ricadute su una società degli illeciti (di natura penale) commessi da dipendenti della stessa con significativi poteri.

L'ente è infatti (art. 5) responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché

(20)

LE MISURE ANTICORRUZIONE NELLE SOCIETÀ PARTECIPATE DAGLI ENTI LOCALI.

17 impedire la commissione dei reati;

d) prevede obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;

e) introduce un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati anche sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia, mentre nelle società di piccole dimensioni i compiti attuativi delle misure possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.

Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza.

3. L'adozione del modello organizzativo-gestionale (MOG): obbligo sostanziale e rilevanza nelle dinamiche societarie.

3.1. L'obbligo “sostanziale” di adozione del MOG.

Il quadro normativo delineato dall'art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 non configura un obbligo normativo all'adozione del modello organizzativo-gestionale, delineando la scelta dello stesso (o degli strumenti alternativi) come mezzo di garanzia per la società2.

La giurisprudenza ha tuttavia definito nel tempo una posizione che delinea un obbligo “sostanziale” alla formalizzazione del MOG, in quanto il complesso di misure deve essere approntato per impedire che i vertici dell'azienda (individuati in base all'art. 5, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 231/2001) commettano determinati reati (Corte di Cassazione, sez. V pen., sent. n.

4677/2014 del 18 dicembre 2013).

La rilevanza della scelta organizzativa si determina poiché i giudici sono chiamati a valutare l'apparato normativo prodotto in ambito aziendale, per elaborare un'analisi (tradotta nel giudizio) che prescinde da qualsiasi apprezzamento di atteggiamenti psicologici (per altro, impossibile in riferimento alla volontà di un ente), e si sostanzia in una valutazione del modello concretamente adottato dall'azienda, in un'ottica di da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo

dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

La società non risponde se le persone indicate hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Proprio questo aspetto determina la necessaria definizione di soluzioni organizzative volte a garantire il controllo sulla rispondenza dei processi gestionali ad un'ampio ventaglio di norme comportanti sanzioni penali per comportamenti impropri o in espressa violazione.

In tale prospettiva lo stesso d.lgs. n. 231/2001 individua alcune soluzioni che determinano l'esimente per la società, stabilendo (art. 6) che s il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:

a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

La norma prevede anche la struttura del modello organizzativo-gestionale (MOG), delineando un assetto variabile in relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati.

Il modello assolve alle funzioni di garanzia previste dal d.lgs. n. 231/2001 se risponde alle seguenti esigenze:

a) individua le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;

b) prevede specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;

c) individua modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad

(21)

LE MISURE ANTICORRUZIONE NELLE SOCIETÀ PARTECIPATE DAGLI ENTI LOCALI.

18 che nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b).

La disposizione prefigura un'opportunità, ma, soprattutto, evidenzia la stretta relazione tra le dinamiche aziendali e la funzione di controllo sulle possibili devianze illecite.

Tale logica interazionale costituisce l'asse portante delle Linee-guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo elaborate da Confindustria per la prima volta nel 2002 ed aggiornate periodicamente, sino all'ultima revisione del marzo 2014.

Proprio in occasione di questa release delle linee sono stati recepiti sia i profili più specificamente connessi al diritto societario (con analisi particolare delle innovazioni inerenti l'OdV) sia quelli di correlazione con la normativa anticorruzione definita dalla legge n. 190/2012.

4. La rilevanza del MOG nei processi di qualificazione e di rating.

4.1. Il MOG nell'ambito del rating di legalità.

L'adozione del modello organizzativo-gestionale è sollecitata dalle disposizioni che hanno introdotto nell'ordinamento il c.d. “rating di legalità”, definite dall'art. 5-ter del d.l. n. 1/2012 conv. in l. n. 62/2012.

La disposizione delinea il particolare sistema di qualificazione meritoria al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, attribuendo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito di procedere alla elaborazione ed all'attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite da uno specifico regolamento (emanato dalla stessa AGCM).

Il rating attribuito è considerato in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario.

L'AGCM ha definito il regolamento attuativo con la delibera n. 24075 del 14 novembre 2012, successivamente integrandola (con l'ultima modifica approvata con la delibera n. 25207 del 4 dicembre 2014).

conformità/adeguatezza del modello rispetto agli scopi che esso si propone di raggiungere.

Peraltro la stessa giurisprudenza rileva come l'approntamento di un modello non sia sufficiente ad esimere una società da responsabilità amministrativa, essendo anche necessaria la istituzione di una funzione di vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza di modelli, attribuita a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Questo è quello che pretende l'art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 al punto b) del comma primo.

Ma perché iniziativa e, principalmente, controllo, siano effettivi e non meramente "cartolari", si deve presupporre la non subordinazione del controllante al controllato, tanto che il comma secondo del medesimo articolo prevede (sub d) obblighi di informazione nei confronti dell'organo di vigilanza, evidentemente per consentire l'esercizio "autonomo" del potere (di vigilanza, appunto), nonché (sub e) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (ovviamente per rendere "credibile" il potere di controllo).

Peraltro, il d.lgs. n. 231/2001 parte dal presupposto che un efficace modello organizzativo e gestionale può essere violato (e dunque il reato che si vuole scongiurare può essere commesso) solo se le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente (art. 5 comma primo lett. a) abbiano operato eludendo fraudolentemente il modello stesso. Dunque, secondo la giurisprudenza la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale (persona fisica) costituisce, per così dire, un indice rivelatore della validità del modello, nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le "misure di sicurezza".

3.2. La rilevanza del MOG nelle dinamiche societarie.

La rilevanza del MOG nell'organizzazione e nelle dinamiche aziendali si desume anche dall'evoluzione del quadro normativo in materia di società, a fronte in particolare delle recenti innovazioni introdotte dalla legge n.

183/20113.

L'art. 14 della legge di stabilità per il 2012 inserisce infatti dopo il comma 4 dell'art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 un nuovo comma (4-bis), il quale prevede

(22)

LE MISURE ANTICORRUZIONE NELLE SOCIETÀ PARTECIPATE DAGLI ENTI LOCALI.

19 La legge n. 190/2012 consente tuttavia alle amministrazioni pubbliche di definire autonomamente nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione (PTPC) misure specifiche di contrasto ai fenomeni corruttivi nel settore degli appalti (considerato area a rischio dal PNA)e in tal senso si rilevano sperimentazioni molto interessanti.

Una delle più significative è senza dubbio quella definita da Roma Capitale con la Direttiva di Giunta n. 1287 del 20 gennaio 2015, nella quale si prevede la costituzione di elenchi di qualificazione degli operatori economici, ai quali è richiesto di dichiarare l'eventuale adozione del MOG ex d.lgs. n. 231/2001, intendendolo come elemento premiante.

5. L'adozione delle misure di prevenzione della corruzione nelle società partecipate in base alla legge n. 190/2012 e al Piano Nazionale Anticorruzione.

La legge n. 190/2012 esplicita l'inclusione delle partecipate nel suo ambito soggettivo di applicazione nel comma 60 dell'art. 1, quando precisa i termini di attuazione delle misure e dei vari strumenti, riferendo chiaramente tale obbligo non solo alle pubbliche amministrazioni, ma anche ai soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.

Nella legge, tuttavia, non sono rinvenibili elementi compositivi degli obblighi di prevenzione della corruzione con le scelte definibili in base al d.lgs. n. 231/2001.

Punti di contatto esplicito tra i due quadri normativi non sono rilevabili nel d.lgs. n. 33/2013 (seppure l'art. 22 obblighi le amministrazioni a pubblicare gli organigrammi delle società partecipate), mentre il d.lgs. n.

39/2013 obbliga ad una necessaria analisi in funzione delle cause di inconferibilità connesse ai reati.

La costruzione si sistemi di prevenzione e di contrasto dei fenomeni corruttivi nell'ambito societario si connota tuttavia come necessaria su più versanti.

Nel settore degli appalti risulta necessaria, dovendo considerare l'obbligo minimo per le società in house di rispettare le regole del d.lgs. n. 163/2006, come previsto dall'art. 3-bis, comma 6 del d.l. n. 138/2011 conv. in l. n.

148/2011.

In questo quadro normativo, l'art. 3, comma 2, lett. c) individua tra i criteri di valutazione per l'assegnazione del rating l'adozione di una funzione o struttura organizzativa, anche in outsourcing, che espleti il controllo di conformità delle attività aziendali a disposizioni normative applicabili all'impresa o di un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. n. 231/2001.

La rilevanza del nuovo sistema si desume dalla riconduzione del rating di legalità nel quadro regolativo dell'accesso degli operatori economici alle gare d'appalto, grazie al Protocollo d'intesa tra AGCM e Anac stipulato il 12 dicembre 2014 ed attuato nel primo semestre del 2015 in una serie di importanti procedure.

4.2. La rilevanza del MOG nei processi di qualificazione delle imprese che si rapportano alle pubbliche amministrazioni.

L'importanza del modello organizzativo-gestionale previsto dal d.lgs. n.

231/2001 come strumento di garanzia in ordine al rispetto di un'ampia serie di regole comportamentali fondamentali da parte degli operatori economici è stata oggetto di un processo applicativo progressivo, inizialmente interpretato in chiave meramente legittimistica, tanto da determinare l'intervento del Tar Sicilia - Palermo, sez. III, con la sentenza n. 227 del 4 febbraio 2011.

Nella pronunzia è stata dichiarata illegittima una previsione della lex specialis della procedura che imponeva di produrre la documentazione comprovante l'adozione di un modello di gestione, organizzazione e controllo dell'impresa in conformità a quanto previsto dal d.lgs. n. 231/2001, poiché perché pretendeva il possesso di un requisito rientrante nella facoltà dei partecipanti e non rispondeva ad un preciso interesse dell'Amministrazione essendo finalizzata a liberare la società dalla responsabilità amministrativa conseguente alla commissione di reati da parte dei propri dipendenti/incaricati.

L'adozione del MOG come elemento soggettivo riconducibile allo screening effettuato dalle stazioni appaltanti per l'ammissione alle procedure di gara ha via via assunto rilievo, soprattutto con riferimento ad alcuni settori particolari (ad es. quello dei servizi di formazione), determinando una codificazione sostanziale da parte di alcuni legislatori regionali4.

Riferimenti

Documenti correlati

7.. Gli Obiettivi strategici e operativi. Il Documento Unico di Programmazione 2019 – 2021, approvato con deliberazione di Assemblea Capitolina n. 3.3 L’integrazione tra le

[r]

Approvazione schema di “Invito a presentare manifestazioni di interesse per un intervento di ricerca per la “Progettazione e sviluppo di tecnologie, infrastrutture e servizi

10-bis, che così recita: “Al solo fine di favorire l’avvio di attività imprenditoriale e con l’obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia

L 186/96 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 11.7.2019.. Gli Stati membri provvedono affinché la registrazione in uno Stato membro della succursale di una

Il Fornitore dichiara di aver preso piena conoscenza della documentazione predisposta ed inviata dal Punto Ordinante in allegato alla Richiesta di Offerta,

Il Presidente informa l'aula che sono pervenute quattro question time, la prima del Consigliere Calendino avente per oggetto "Inagibilità parziale Scuola Tomassetti", la

hanno proceduto alla verifica di cui all’art. del progetto esecutivo dell’intervento in oggetto. 21 del 21 giugno 2019 del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio