ira
DEL
G.
T.
IVIAMI ANI DELLA ROVERE»
SECONDA
EDIZIONENAPOLETANA
PIÙCORRETTA
CON UNA LETTERADELL’EGREGIO
FRANCESCO PUOTI.
NAPOLI
PRESSO
MAROTTA
EFORMOSO
Strada Toledon. 399sottoalbanco delloSpiritoSanto.
1835
Tullele sente
copie che nonsono segnale dal pre~
suggellosidichiarano contraffalle.
ALLA
GENTILE DONZELLA
N. N.FRANCESCO PCOTI.
]NfoN maraviglierete che a voi diriggaqne«
sta
mia
letteraintornoagl’ innisacri delJVIa-miani,
rammentandovi come
sempreioab- bia lodato ladilicatezza elacorrezione del vostrogusto. Alle anime che nonamano
va- gheggiare leForme.deI bello morale, essi tornerannofreddile forse stucchevoli.Com-
piangiamole ed impetriamo d\l cielo, che lorotolga il veloche le iq^olge,acciòcon- templino le purebellezze,.$1 che fu largoa noi il Fattoredel-tutto.Se corteseattenderete amieparole, an- drò svolgendo
man mano
tutti i pregi, di cheson doviziosi quegl’ inni magnifici.E
primamente dirò del subietto, che avviso essereilpiùacconcioallo scopodiogni arte bella, cioè d’immegliare ilcostume,dilet- tando suavemente il ctlore.Taceròcome
gli antichiciabbiati tramandato capolavori, insv
cui religione accese quelle nobili e calde iàntasie.
Rammenterò
solocome
ipiù subli-mi
versi di Esiodo, diOmero
,diPindaro,
di Eschilo, di Sofocle, di Euripide sian quelli incui discorronsilecose celesti.Della belTanimadiVirgiliodovea farsi signoreil cultode’
numi
; e veramente il!suo direè divino quando ragiona del cielo.E
se vo- lessirecare innanzi alcuni brani del Veno- sino, mostrereicome
ilciglio diCloe e le suaviforme di Glicera sienombra
efumo
a petto degli altissimi concetti intorno al Giovefulminatore e provvidente.Lo
stesso Lucrezio chiaramente mostracome
ilcuore contrasti alla sua mente,allorché innalzan-do
Iostile narra la maestà de’ celesti.Sembrerà forsecheio
vada
troppo perle lunghe,ma
voisarete indulgente ripensan- docome
sia utile fermare il subietto elo scopo«Della più bella frale arti belle » mentre permalvezzo ingegni solenni insoz- zarono questo divino linguaggio, talché le opere loro potrien dirsi dettate per le bi- schee pel trivio.
E
ritornando al proposito, poicchèrinacquero a luce splendidissimale arti, Timmenso
ingegno dell’Alighieri in- nalzavamonumento
duraturo, ed esempio diognimoraleecivil poesia nel poemacui misermano
e cielo e terra. Seguialo quel-1’anima gentile ed amorosa ‘del Petrarca,
mostrando
come amore
,principio d’ognico- sa, possa levare l’animo a virtù,quandosia4 V signoreggiato da da pensieri, cui religione da vita.IlTassocingea doppiacorona, nar- rando le opere dell’Onnipotente,e i trava- gli durati dai compagni del pio Goffredo.
II Milton, il
Camoens
, ilKlopstock,Lope
deVega
nuove immagini e sublimi, puris- simi sentimenti1, maravigliosi concetti offri- rono all’universale, e sono e sarannosem- pre cagione di purissimo e santo diletto a coloroche leggeranno queglialtissimi versi.Sorgeva il
Varano
, e le sue visioni rifleU teano tutta laluce dellesacre carte-,eglo.ria eterna ritraeva dalla nobiltà del subiet- to. Gl’ inni del Novalis ne chiariscono che la lingua del Klopstock maravigliosamente fosse acconcia adarvitaalle immagini nuo- veesublimi della sua cara e pellegrina fan- tasia,
Da
ultimoilManzonie ilMamiani
fan certa prova, che ilsubietto della severa poesia, correttrice e purgatrice del costu-me
,debba
essere lareligione.Cosadiròmai dellostilediquesto egre- gioscrittore? Vi rinverrete ogni speciedi bellezza. Sublime, tenero,dilicato ,
mae-
stoso,
sembra
che l’anima suafòsse modi- ficata dalle impressioni che toglie a dipi' gnere. Più chiaro testimonio ve ne faranno alcuni passiche riporto, acciò voi stessane giudichiate, e miconfortiate di vostro as- sentimento.Narrando
quai fiorifosser simbolodelle varie animedevote a Dio così siesprime :m
VI
...aitestimoni Della fè generosi e a que’che il
brando Nudar
per Cristo, l’odorato senoApron
le rose cheinvermiglia Aprile; Il campestre papaveroe lo schiettoUmile
isopoai cittadini ècaro Dellamuta
Tebaida, e al contemplale In gelid’alpe o tra i boschetti ombrosi Dei gioghi di Fenicia e di Sona.Ma
alle vergini pureoffertoè ilmondo
Giglio che invallediSaron biancheggia.Non
saprei dire qual più mi piaccia, se la convenienza arcana dique’suavi fioricon levirtùdi que’gloriosì,o la dolcezza inef- fabile de’versi. L’ultimopar cheoffra alla immaginativa lo schiudersigradatamentedi quel simbolodi castità;erisentitamenteri- traeil pregio di questa cara ediffieifvirtù.Discorrendo le occupazioni di gentile donzella nel medio evo:
e non prendea diletto
A
gircantando con le ninfe a schieraO d’un
gaio levrierle snelle piante Sciogliere alcorso,olungoun mobilrivo Intesser ghirlandette, ovolger balli0
simil ludo...Quanta innocenza, quanta verità!Tutto risponde alla età chediscorre.
A
dircome
romita si vivesse, pure a tutti nota fosse la bellezza di Geltrude, u- dite quai parolemuova
questo ingegnofe- licissimo.A
celarla a tutt’uomoombra
nonvalseDigitize Dgle
D’eremitiche
mura
, e il più secreto Recinto degli aitar, che troppo lungi Invia la grazia giovami suolume
,Se virtude Tè scorta, e spessoindarno
Le
vaste arene d’Ocean
profondoLa
conchiglia eritreacopron gelose.Quanta dilicatezza nelleimmagini!
Come
labellezza vie» vagamente figuratadal tre-
mulo
splendore di lucidissima perla!Come
la comparazione è ben condotta!
La
donna bella la rinvenghiamonella perla); la virtù che coprecome
scudo ilsuo cuore, è la conca che rinchiude la perlae la francheg- giadaidanni delleonde.La
profondità dellemura
claustralicome
vien risentitamentesi- gnificata dalla spessezza delleonde óeeani- che! Ditemi, ho ragione diamare
questo carissimo e sventurato giovane?Voi che rimpiagnetc nna
madre amoro- sissima^
cui tuttora suonano nell’orecchio lesue parole affettuose,ponetemente come
la
madre
diGeltrude parli alla verginepu- dica per pregarlaanonrinchiudersi nel chio- stro, e anon viver lungida
lei,che nella vaga riponea ogni sua speranzarA me sembra
rinvenire inquestaallocu- zione alcuna somiglianza con quellecheOme-
romette in boccadellesue dive.Quanta no- vitàsenza artifiziolComeingegnosamente ado- pera ognimaniera per piegareilfermo pro- ponimentodellafigliuola!
Quanta
tenerezza, quantapietà!Ti sforza a piangerseco, t 'in- voglia apregarelabellavergine perchécom-
piaccia allamadre
dolentissima.Vili
Leggetee rileggete, viscongiuro,laline di questo inno.
A
quale altezza è scorto iiMamiani
dallasua bollente fantasia, quaivoli porge alladiva, qualisperanzegli allarganoilcuore, quanta pietà nel desiderio!
Vegga
ilmondo
per te,che sapiente Chiaro intellettononcontrasta al cielo,£
che virtude e il ver sono una cosa.Nel secondo inno a S.Raffaele lo stile è
veramente sublime;puòdirsiavere aggiunto
all’altezza del subietto.
»
Te
d*un inno allegrarforte m’invoglio,O
divoRaffaele, e delsereno Di tua luce vestirlo, ancor che molto L’ingegnoa cotal volo arduo impauri Salve o superno. In reai trono assisoTe
inchinan l’altrecreature prime,Te
su lor gloriosoe noveratoTra
i sette spirti che nel eie!son grandiE
ministri maggiordi Paradiso;Però
quando alle elette alme radduci • L’immortal piede o agli stellantialberghi Degli Angelici cori, assurgon tutti Da’vaghi seggi e di bei fiori eterni T’offron diademi. Narrerò qual fostiProde
contro gli abissi ildìche a pugna Uscirle tetrearme
di Stige e mille Informi Bruirei?Tu
di MicheleCompagno
all’ire, il trionfai vessillo Spiegasti, che a terribile cometa Sfolgorava simile, e uua sanguignaLuce
pTovea suglielmid’oroDopo
essersilevatotant’altoarrestasiedice:*
* rf—n
IX èquesto Dell’arpa di lassù degno subietto Allaforte armonia
Con
tai parole chiaro ne mostratuttala immensitàdellasventuradegli angeliribelli, e (a gloria altissima delmessaggierodiDio.E
ad un tratto cangiando stile con suavità propone ciò cheha in mentedi cantare....
noidirem quanto Dolce ai mortaliilnome
tuo risuona,Poi che non rado alor scendi propizio
Come
tremulo raggio antelucano Di benigno pianeta*, e se nonmente
Devotogrido, al rustical banchettoD’Àbràam
t’assidesti insiemcoiduo
Aligeri consorti, entro isilenzi DiCambre
ealrezzochedaN’ombraascia Della quercia ospitaleNon
vigode l'animoal rezzoedall’om- bra di quella quercia patriarcale?Chiunque non ha cuore selvaggio dee pregiarelagen- tilezza di questiconcetti.Il combattere dell’Arcangelo coldragone meritamente dee dirsi omerico, tantan’è la forza e la verità
Il canto del Levita nerichiamaa
mente
la bellezza dei canticiebrei, e cisforza al piantosullasventuradichièorbatodell’aure del suolonatio;di chi
geme
impazientesotto giogo straniero, emira da lungi la carissi-ma
patriasua polluta c manomessa.Sevolessi narraretuttiipregi dellostile del
Mamiani
dovrei trascrivere ogni suo ver-X
so;
ma
voi che siete fioredelle cortesi,mi
concederete che possa intrattenervi ancora,e perdoneretela lunghezza del dire al de- siderio di offerirvi
, per esser giudicati, i
sentimenti che in
me
nacquero nel leggere quest’inni deliziosi.Le
comparazioni di cui valesi il poeta son tutte giuste,nuove,
ed alcune vera-mente
maravigliose..Scendendol’Arcangelo dal cielo:
Suonò come
ricurvo arcod’argento L’aere percossoDescrive la lancia di Raffaele: L’infrangihil asta Paria striscia di luce onde 1’azzurra Marina incontroal sol viva lampeggia.
Narra inqual
modo
febbreardalemem-
bra di bella donnae gentile-come
algrave spiro D’austro cocentesulle verdi foglieLa
reginade’ fior langue, e del seno Strugge il molle incarnato, sitibonda Invan difresche rugiadose stille.La
bella Pelagia partitasi dal tetto pa- terno discorrea le strade, ecome
tutti alla vista di tanta bellezza sarienostatiindiscre- ti, dice il poeta che la vergine fu coperta da sottiI
lampo
di luce,che. rese veneranda la sua persona, talché ognuno mirandola esclamava:....
pure è costei divina qosa.Poisoggiunge,uditeche pellegrinacom- parazione:
XI avviene
Così di un fiordi fortunatoclima -
Che
agli eterni devoto apre sull’areLa pompa
di suefoglie: alcun non osa Più che mirarlo, e sol vicin ne gode L’abbondevolfragranzaUn
angelovenuto in sognoallamadre
di Pelagia laconforta, e le dicecome
uscia perfetta dallemani
diDiol’animadiquella sua cara figliuola:...
fuor dellemani
Superne io 1’infantileanima
vidi Uscir vezzosacome
stella, e pura Quanto il caldo sospir di un Serafino.Ciascun pianeta lepiovea negli occhi Della sua lucee della suavirtude,
E
allegrarsi parean sullabell’arteChe
apparecchiavaa leispoglie sìvaghe, Perlequai,come
schiettaonda chelascia Scoprir 1’ascosa orientai conchiglia,Di sua divinità non picciolraggio Tralucer si vedria
Cosaditedi questadoppiacomparazione?
•La prima ne
rammenta
Ezecchiello, la se- conda la celeste gentilezza della Cantica.‘Come
pon fine all’innoaS.Pelagiaque- sto ingegno ardentissimoed amoroso?Salve o Pelagia; nella prima etade Agli amori inchinevole e aidiletti
"Vincevi entrambie t’occultavi in ciechi Aditi,
come
al rinverdir dell’anno Suole il timido augel, ch’entrole queteOre
notturne e alla più foltaombrìaXII
Lento disfoga
H
suo pensier doglioso.Salve, e noi dalsopor di neghittosi Secoli scuoti cc.
Tutto è bello, e spira
una
suavissima dolcezza di paradiso.Udite
come
siaaccettaaDiounabellezza chefosse infioratada pudore;ecome
Agnese di si rara bellezza dotata, benché vissuta in tempi di corrotti costumi, purissima si serbasse, equale comparazione aggiunga il
Mamiani
per fermare questosentimento conuna immagine
sensibile:. ,
... E
alnume
cosa Forse piùcara di beltà pudica,Deità cui ceda ogni paraggio, e santa Pudicizia, chèangelica rassembri?
Nè
più bella d’Agneseo più pudicaFu
verginmai,
nè perchèaltempo
visse Degl’iddìi menzogner povera e sola Macchiòla pargoletta alma innocente D’unnensier,d’unsospiro: inquestaforma Entroai gelidi stagni diCaistro Biancocignoveggiam
, se la vernale Pioggia gl’intorba, andar sospesoa volo Sovra il livido gorgo e batter lieto Al sold'incontro le lucenti piume.Che
nedite, è veramente nuovo e inge- gnoso?Non
so se vi reggerà la pazienza ina- scoltarmi,ma
ionon possorestarmi dalnar- raretante e sìvaghe immagini. Nel tripu- dio universaleAgnesesolingasivive,equan-7Cìooglf
XIII
do
muove
fuori di casa sua tutta sicopre didensovelo:Pur come
fiorecheda
vepri occulto Pressoil largo sentier, solospirandoAure
odoratesua presenza accusaE
allegra ilcor del viandante, taleLa
beltade.d’Agnese, invan tra bende Gfelatad’ogni tempo, i guardifereE
lementi riscaldaePalme
invola.Sì, son degno di perdono. Io conosco troppo il vostro gusto per non sperarviin- dulgenteallorché vi foperdere il
tempo
insimilguisa.
Ilpadre dell’amante diAgnese,
procon- sole orgoglioso,maravigliandodella bellezza dilei,le parla cortese, edin fine ledice:
nè giacer negletta Questa tua giovanilforma sidebbe Quasiuna
gemma
chein avelloèchiusa.Come
è acconcia questaimmagine
asi- gnificaredonna bella che s’involaad ogni sguardo,ad
ogni inchiesta.Cento altrepotreiaddurne;
ma
invero troppo lungo sarebbe, e voimegliodime
le saprete discernere e pregiare.
Deggioal
Mamiani
potervi mostrare la giustezza della mia sentenzaquando
a voi edalcarissimo Liberatore iodicea,che le parole adoperate dalla donzella bolognese neldescrivere le belle^forme della Psiche del Tenerani,pareanmipiù adatteaVenere
che aquella celeste fanciulla,simbolo del- T anima, odell’amore
purissimo,il quale2
XIV
io chiamerei respiro dell’aniina, perchè noi viviamo amando.
Riporterò i versi quando Agneseè denu- data da’manigoldi,e le sue candide forme, ed ognileggiadra bellezza vengono sposte agli occhi profani senzaalcunvelo.Industre in vero edorribilecrudeltà!Qualaltrator-
mento
sarà maggiore a donzella pudica del mirarsi spoglia di ogni vestimento?isvergognati Sergenti al sacro virginal suo corpo Steser le
mani
; disquarciarle i veliE
la candida gonna, e la trapunta Stola che il sen chiudea gelosamente.Parvero allor le belle rose. i gigli
E
le forme leggiadre a tutti occulte,FindegliAngelial.guardo. Ellache
scampo A
ciò non vide,eche le guanceeilpetto Senti avvamparsidi vergogna, i nodi Sciolseallechiome,e in sullespalleealseno Ilbiondissimo crinmandò
diffuso:Diè le ginocchia al suolo econ le braccia Della suanudità parte difese.
Son sicuroche nulla mi risponderete,
anzi benignamente
mi
farete ragione.Quanto ègentileilpensieroche lebelle formeerano occulte fino al guardo degli angeli! e co-me?
perchèricoperte da’veli del pudore.Io veggo gli anelli diquei biondissimi capelli diventar piuvaghi, perchè faceano ufizio cotanto pietoso. Benedetto quel
mancar
delle ginocchia, quel l’annodarsi delle braccia per fare schermoalla paurosa nudità.No
, nonxfByTjOOgle /rt*
XV vi saràcuorgentileche non
ami
ilmio Ma-
riani, che iochiamerò cl’orainnanziilvate della religione edelpudore.Nell’innoa’patriarchi quante bellezze ,
quanta profondità;
come
la storia santa ha doviziosamente arricchito la mente di que- stogiovine poeta!Come
le sventure della umanità gli forniscono immagini sublimied
ardentissimi voti!Da
ogni latoseorgesi il pio desideriocheilgenereumano
aggiunga ogniciviltà, e le guerre fratecpe,egliodi le.inique leggi,icrudi di ogni manieradi- ventino
memorie
soltanto che spaventino,leggendone la storia,erendaneisempre mi- gliori, e abbonenti ogni turpe operae ne- fanda.
Malamente
dame
si ripeterebberoqne- steidee, uditele dal suo labbromedesimo
giustamentesdegnoso, e rimarranno, ne son certo, impressenel vostrocuore:Ma
la scoppiata in sen dei Noecchkli Voglia d’oro edi regnoin lemondane Anime
espanse, abreve andar, si tetroVapor
d’abisso, che lementi offese£
travisile. GuerreggiatealloraFur
le guerre fraterne, allora ilmondo Fu
de*tiranni. Dolorosie muti Gli spirti di lassù preser congedo Dai nostrialberghi: si richiuseilcielo,£ grand’ombra
il fasciòd’immensurato Terribil vano. Angosciasid’amaro
Desir l’orfanouomo
equalcheaspetto Di beltà va cercandoalciel simileìMai
sempreindarno, eunriso,unadolcezzaChe
di terra s’innalzi ecome
nebbia Instabile non muti, o non dilegui, ec.Il male è fatto: il dimandarcene per- dono e necessità. Peraltro senon ho avuto
1’arte di allontanarda voi ogni noja,
ho
saputo a chi rivolgermi,volendodiscorrere ogni manieradi bellezze riposte, (i)i
(i)Questaletterafuscritta dall*ottimo giovane signor FrancescoPuoti,ed inserita nel giornaledel Progresso. Voi. vi.fase.XI.anno II.pag. *47- 11 Conte Mamiauiringraziò ilPuoticon unagentilis- simarisposta.
TERENZIO MAM1ANI DELLA ROVERE
ALAURA DELLA MASSA
E A
MARGHERITA CASTELLANI
SUE DILETTE CUGINE.
10 ho sempre
nudritouna speranza mol-
to incertadi potervoirimeritareconve- nevolmente
de’vostri beneficii; tuttavol- ta ionon
presagivachei danni
dellafor-tuna
moltiplicherebbero controme
inguisa
da
crescerelamia
insufficienzaogni
giorno e abbassareall'estremo
lepovere
condizionidellamia
vita. Il retribuire pertantocon degna misura
le vostre o- perenon
saràormai che un
desideriovano
e sterile delcuor mio. Nè
inipesa11
trovarmi
strettoda grande
obbligoaa
persone
care,amorevoli
e generose,co-
me
voisiete; solobramerei
poterfartra- luceredalfondo
dell*animo
tuttalave-
racità e l'ardenzadelmio
affettoricono- scente.Del quale
affetto voglioche
ora rileviateun modesto segno
nella intito- lazioneche
vi fo diquesti versi, usciti dallamia penna, quando
ebbi ozio e se- renità dipensieri. L'offerta èmolto u-
mile,ma pure
lasolache non soprav- vauzi
l'inopiaincuimi
trovo d'ogni co- sa desiderabile; eper
vero qualibeni ho
io sottratti alla furia
improvvisa
del tur-bine
controme
levato,salvoleforze del- lamente
equel parlarearmonioso
con*»ceduto da
natura al poetico labbrode-
gl’Italiani?
Fate dunque
un'accoglien- zabenigna
al piccioldono che
viman- da
1'amico
vostro, certonon amico
del- la ventura. Ionon
soseancora mi
verrà datodi rivedervi,nè
qualgiorno
della vitami
riporràsotto gliocchi1'aspetto sacrodellaterra Italiana;questoiosobe-
,
ne che
ladolce corrispondenza de'nostrianimi
eilsenso di gratitudineche meco dimora continuamente saranno più
forti d'ogni decretodi proscrizione,
nè
pro--Bigitiz9d-fc»*£ioog[e
3 veranno
difettomai
per distanzaditem- po
ediluogo, per voltar di vicende, per sopraccrescersidi mali.Ma
oltreildiscorsofinoqui, iorepu-
toconvenevole
ilfarvidedicazionedique^
st’inni,eziandio perla
consonanza
de*vostripensieri
con
)aintenzione loropiù recondita.Io sodiche modo
avetecara lareligione ecome
lacoltivatecon
ptr- ro spirito, scioltoda
ogninebbia
super- stiziosa.Voi non
sieteda
annoverarsitra quelli i qualiopinano dover
riuscirepiù
accettevoli aDio
gl’incensi dei devotiche
leazioni dei giusti, eassai
meno
fracoloro
che scambiano V
umiltà e lamansuetudine con
l’abbiezione elaco- dardia,nè
tragli altripure che
voglio-no
ripostasomma
santità inopere vane
efrivoli,
mentre dimenticano
legran-
dieveramente
meritevoli.La
pietàa’vo- striocchinon
parenemica
di sensigen-
tilie
magnanimi
,
nè
lastimate consi- gliatriced’inettecose,ma
diuna
volon- tà forte, elevata e produttiva del
bene
più
universale:onde non
vicadde
inpen-
sieromai che
levirtù pubbliche, cioè quelleche intendono
a crearelaprospe-
4
rità politica ,avessero agiacere
ignude
e quasi sconosciute,o potesse darsi con- flitto tra 1'amore
diDio
e quello della patria.Invece
,
conforme
algiudizio vo- stro rettissimo,lavita civileincomincia
dalla religione;con
leicrescono,dura--
no
esifanno venerande
leglorienaziona-li ,i riti
, le leggi,i
costumi
tulli »!'un popolo
:radunansi
inleiepartecipano
dellume suo
lememorié'prtcipue
de’tem- pi e leauguste speranze
dell'avvenire.Sentirono
diquesto modo
eprocederono
cosìinogni cosa quegliItaliani,che
neldecimosecondo
edecimoterzo
secolorin-.*
novarono
lemaraviglie
delvalorelatino;beati
davvero
egloriosi senzafine nella ricordanza deiposteri, semai
dallamen-
te
non
cancellavano esseretutti figliuolid'una grande
patria, eche
laprima
leg-ge
evangelica prescriveva lorodisempre amarsi
l'un1'altrocome
uguali efratel- li,chiamati
acondurre ad
effettocon
sa- via reciprocanzadi virtùe di fatichele sortimagnifiche
e progressive dell'uma- nità!Con
taleintendimento furono
dettati questi inni sacri ,almeno per quanto
il5
concederono
!tempi e
illuogo graveme»-
te pericolosi.Cosìmi
sforzavaditrarre allacomune
utilitàilministerodellapoe-
sia,la quale èincapo
a tuttel'artiso- cialiche intendono
permaniera gradevo*
leetuttaviaefficace alla
formazione
del-r animo. Ho
pertantorichiamato
lemu-
sealpiù antico loroufficio dicantarela religionecivile
;
che
perciòappunto
ellefurono
stimatedeità egli alunni loror portentosi e
più che uomini.
-OigitizetMayi^oogle
41 IL
•i»egliinnicheseguono ioaureisenzadub- biopreferito dilodare, inluogo degliana- coreti edei contemplativi, alcunamaniera di santità piuprofittevole alla civiltà no- stra (*), se lequalità del soggettonon
mi
traevano con frequenzaa
pensieri ead
im- maginidei qualiin certecontrade, non che sipermetta imasolenne epubblicadimostra- zione.ma
sivorrebbe chiuder loro tuttele porte della mente.Malgrado
di cjo, l'inten- zioneda me
avutadidar forma a
una poe- siareligiosa esocialea
un tempo, credoche sifaccia conoscere inparecchie parti di que- stiversi; ilqualconcetto, allorchévenga reputato nondispregevole, troverà ingegni miglioriepiu capacidirivestirloconforme- menteallasuanatura.Compie già unanno che traversandoio insiemeconaltriilgolfo Adriatico,per uno
(*) Glianacoretiedi contemplativisonoforsedi maggiorvantaggioallaciviltày chealtrinoncrede.
Veggasiilgrande ChateubriandGen. delCrist. do- vetrattasimilmateria.ILReg Ree.
8
strano inopinato accidente vidi lacerate,di- sperse e gettateal
mare
presso che tutte lemiecarte, compresivi quattro degli Inni,
ch'io avea tempo innanziordinatiperporli,
a
stampa.V
uno diessi rispondeva forsemeno
difettosamente al proposito di cui qui sopra ho discorso.Era
intitolatoa
S. Efeso patronodi Pisae ne trassi laprima
fanta- sia appuntoda
alcunepitture osservate nelcampo
santo di quella città.Appaiono quivi disegnateda mano
antica, non senza viva- citàdi espressione, dueschiere combattenti;lamischia èferoce e dubbiosa la vittoria.
Sul dinanziscuopresi
un
giovinetuttochiuso nelferroe con faccia bellissima epiena di luce. Egli è un angiolo> che offrea
S.E-
feso Vinsegna della croce bianca sulfondo vermiglio, insegnachefu
sempredella Re- pubblica eseguito iPisania tuttele impre- se.Ognun
vede che ilsoggetto siprestava qui naturalmentea
far della religione,del- lapatriae della libertà uncomplesso mira- bile.Nè
iomancava
diaccennare le vitto- riedi quelpopolo, le suevele dominatrici delMediterraneo ecomparse nell'acque piu sconosciutedell'Oceano. Io descriveva prin- cipalmente! *>
Come
eicacciarfuor tutti inostrilidi•,»
La
gentesaracina epiu non bevve« Ilpunicodestrier d' Intéra al fonte,
>»
Nè
turbo d'Aretusaimolli argenti,»
Nè V
Apulo,oilSannitaentro lecare*» Messivide ruotar lecurvespade,
'*>
Nè
sospirandoalzòV umideciglia» Alletorrilunate.»
Ma
di quest’inno, come deglialtri allo-ra
perduti,mi
ricorrono allamemoria
solo alquanti branimozzi e dislegati: perlochè nièforzaildesistere affattodalpensierodi pubblicarli.DigitizedbyGoogle
<B3&£RVS>!S»
FnAgli
aitar coronati e i bei doppieri Di luce sfavillantie i vaporosi Turibolicanoro inno s’intuoniA
te, sacra Geltrude, e gli risponda Col suon che pel tremante aere sispazia L’organodolce. Di lugustri intattiE
di molli gesmini ahhian le soglie Copioso unnembo
, chefanciulli e ninfeCon
grazioseman
nevigbin sempreFuor
dei colmi canestri. Incedan gli altriNel
pio sacrariodella diva e il crine Fioriscano di gigli. Aitestimoni Della fè generosi e a quei cheil brandoNudar
per Cristo,-
l’odorato seno
Apron
le roseche invermiglia aprile;11 campestre papavero e lo schietto
*2
Umile
isopo aicittadini e caro Dellamuta
Tebaida e al contemplante Jn gelid’alpe o trai boschetti ombrosi Dei gioghidi Fenicia e di»Soria.Ma
alle vergini pure offerto è ilmondo*Giglio che in valledi Saròn biancheggia:
E
fu Geltrude vergine sorella€he
la fronte serena ei bei crind’oro Chiuse inmistichebende.—
- Assaida
primaChe
lescuotesse ilpetto aura di vita,li’egregio solitario, onde Cassino
Tanto
gridomovea,
di' lei s’accorse Fatto profeta, e sulla suavirtude Maravigliò. Perentroun cavo speco,Dalle balze fasciato e dalle ripe Dei simbriiini stagni, imberbe ancora-.
Mentre con frutto di silvestri fronde Suoi digiuni temprava, al creirapito
Fu
ungiorno e vidememorande
cose.“Vide una chiara insegna ir per locielo
E
con essa piu genti in biancastola,Di fiordaliso ghirlandate
e
sparse Di luce tal che non v’aggiunge ilsole:Caste giovani e belleempiean la fronte Della-soave schiera, a cui per duce
La
propriarassembrò nobil siroccliiaE
Geltrude con ella in sì gioiosa Amistà mescolate che sovente JVel visosi baciare e si fercambio
Delle corone. Alsommo
ècelebrata Però 1’alma
Geltrude, e suonartutti Del suo grannome
ipenetrali ascoltiOve
tacite io lei specchia»lor menteDigitizedbyGoogle
è f
‘3
Le
vergini romite, e a farleonoreI devoti recessi ornan d’ allegri Pendenti serti e di purpuree sete.
Perciò qual di sue lodi a correr prende Tutti i vasti sentieri, a largo subbio
,
DifficiI tela e interminata avvolge:
E
, se il meglione cerca, èall’operosaApe
simìlche va difiore in fiore,Quando
1’erbe sen fan gremite e piene,E
mille ne preliba efra cotanti Nettarei succhi dubitosa pende.Ma
fia degno narrarcome
schiudea,Di gran sangue germoglio, al sol le luci?
Come
in adorna culla e in ben trapunte Seriche fasce sotto ilarghi tetti Si giacque e ne gioirl’Austrasie terre,Con
essa la reai valle diScbelda?Come
d’Oténo le superbetorriRaggiar d’armie d’insegne,e le dorate Sale quel giorno risuonàr del canto De’trovatori, che auguraisirventa Sciogliean sull’arpe? Questi pregi un dono Son dilabil ventura enon li guarda L’occhiodel
nume;
di Geltrude al core.Scenderà più diletto assai quel
carme
II qual dirà ,
come
con lingua appena Scompagnata dallatte incliti sensi D’onore profferiva, onde le genti Presedi dolce maraviglia spesso L’unoall’altrodiccan,di tal fanciulla Noivedrem
riuscircose divine.Fuordi costume puerile ingrati L’eranoi giochi, e non prendeadiletto
*4
A
gircantando con te ninfea-schiera-,9
d’un gaio levrier lesnelle piante Sciogliereal corso, olungoun
mobil rivo Intesserghirfandette, avvolgerhalli-O
sirail ludo. Kisuonavan sempre ]\e’paterni castelli argentee trombeE
teneri liuti; e visto appenaDa
lungescintillarferrato usbergo Dicavaliero, dechinargli-il ponte,Raccoglierlo, onorarlo era il perenne~ Ufficio là degli ospitali alberghi:
Poi del'suo
nome
e del valor farprova Seco armeggiando;ma
da giostre e prandi-*Da
grida popolesche e-da tripudioLa
fanciullainvola vasi, condotta Dal suo desir solingoor sottof ombra*D’un
ameno
mirteto, or in muscosa Gelidagrotta-, doveun-piceiol-fonte Zampillandopiovea dai rotti selci.Ivi partircon 1’antroi suoi pensieri-
Godeva
; insorama avea d’infante nullaFuor
che tempoesembianza:ondemai
pagaDi
sue splendide case,e ancord
1eta<ie Novella, d’abitar prese consiglioPer
entro iclaustridel silenzioamici Fra piedonzelle, e vi s’ascose- almodo Che
talor sul mattino1il più ridente Astroveggiamo
alzardai-glauchi fluttiTremolando
ilbel crine, indi improvviso D’una rosata nuvolettaingrembo
Penetrare e vanir.—
Fra corto spazio Qui degli anni1*aprileal chiaro viso Cresceva e alletornite agilimembra
—
•—lBigifeedbyGoogle*5
Una
sivereconda, una si schietta Leggiadria oheil parlar vince d’assai.Motti leidesiavanoscettrati Prenci e garzoni di beltà famosi,
Perchè ascettrati prenci ea bei garzoni Della sua venustàcorso era il grido
E
del senno canutoin pargoletta Tenerafronte a gran stupor racchiuso.A
celarla a tutt’uomo ombra
non valse D’eremitichemura
e il più secreto Recintodegli aitar, che troppo lungi Inviala grazia giovanti suolume
,Se virtude gli è scorta, e spesso indarno^
Le
vaste arened’ocean profondoLa
conchiglia eritrèacopron gelose.Ella però d’ognimortai connubio- Alteraraente schivai giorni e l’ore Belle superne sponsalizieaffretta
E
all*infole sopirà e al venerandoDiadema
, che insegnardebbe allegentiCome
fatta è celesteeil granmistero D’amor
s’adempia.—
Sbigottì talnuova La
nobilmadre
e accelerando mosse Al femmineo cenobio. Entro ilcapace Atrio e le logge a più color distinteE
afin lavoro di morescointaglio Scolpite lampeggiò schiera d*armati Suoi siniscalchi e giovani donzelliCon
vergate divise ed’or granfregi.Al subito apparir della reale
Matrona
incontro le sifèr cortesiLe
caste solitarie, avvolte inbianchi DifFusi veli;ma
seguiacammino
i6
Poco
attenta di lor 1’altera donna,Ed
in secreto conla dolce figlia Si restrinse e ledisse.O
del mio sangue Parte diletta, o figlia, unica,amata
;Ch’ip del
mio
sen nudriva e carezzandoE
baciando addormia soventein culla;Una
odiosafama
erra ed afferma Di te quel chetemereunqua
non volli,
Nè
credo ancor cheatemers’abbia.Addunque
Fuggirai tu da queste braccia? e piena D’etadecome
son, farai deserta Di te la vita mia?fra vili schiatteLa
possanza e il valor delnome
nostro Cadrà disperso? coprirai dimuta
Squallidezza la tua patriamagione
,L’alta
magion
dei Brabanzesi? OtènoE Laudo
, che mirò schiuder tuoi lumi; Pur del dubbio s’angoscia, e nevan meste Quante ha guerriere plebi il suol ferace Ch’è dalVaro
precipitealle freddeAcque
di Lòira, perocché son tutte Al voler di colui del quale, o dolce Figlia, t’ingenerai. Certo non dietti 11 ciel rare virtudi e sì veloce Conoscimento e talleggiadro aspetto,
Sol perchè in tenebrosi aditi il serri,
Obliando te stessa e disfiorando
Tra
picciol tempo.Or
vien, figlia, consola Di tua presenza i lari tuoi, consola Del tuotalamo un prodea cui fortuna
E amor
sorrida. Molti duci sono Focosi d’acquistar le pellegrineTue
forme e pronti a misurar lor pregioCon
mostre di battaglie: entro lafesta Del mirabil tornèo pudica e alteraTu
sederai vedrai bandiere ed elmi Piumatiinnanzi a te, figlia, inchinarsi;Ed
allor sentirò balzarmiil cuoreE
fremertutto dimaterna
orgoglio.Potrai libera intanto averconsiglio Fra te dite
medesma
, e a pien tuogradòQualuuque
estimerai vincer per sermoE
per sembianze condurrai beato Alletuebraccia; odi ricchezze aviteGoda
anticosplendore e di superboReame
, ovveroil doterai*tu stessa In guisa che nonfìa minor d’alcuno:Molt’ oro avrà, terràconteeo ilregno»
Della scoscesa Otèno e sovra dieci Altre forticastella.
—
In-cotai voci Miste d*amplessi prorompea ladonna,E
lacrimandoalla rispostaattese.Palpita di rincontro esismarrisce L’ onesta dun?elletla, e in viva grana Colorandole gote,a terraaffigge ].parlanti occhi:
ma
sottile un foco L’ entra nel petto e lievesi propaga- Perlimenomi
polsi; allorsecuraRompe
ilsilenzio, e»quali ilcor gl’inspira Cotai formagli accenti,0 madre
, tuttoChe
m’offri, altrove posseder m’attendoE
più vago e più saldo e più perfetto.iVon-dir
che
le onoranzeiomi
dispoglio- Del chiarissimosangue, onde per sorte Concetta fui, nèche struggendo il1vezzo-so
dimia
gioveniude: un maritaggio'rita politica
,avesseroagiacere
iguude
e quasi sconosciute
,o potesse darsi
con-
flitto tra 1*
amore
diDio
equello della
patria.Invece
,
conforme
algiudizio vo-
strorettissirao
,lavita civile
incomincia
dalla religione
;
con
leicrescono
,dura- no
esifanno venerande
leglorienaziona- n
>i riti, leleggi,icostumi
tuttid' un
popolo
:radunansi
inleiepartecipano
dellume suo
lememorie precipue de’tem- P
1 e leauguste speranze dell'avvenire, mentirono
diquesto modo
eprocederono
cosìin
ogni
cosaquegli
Italiani,che nel decimosecondo
edecimoterzo secolo rin- novarono
lemaraviglie del valore latino;
neati
davvero
egloriosi senza fine nella
ricordanzadei postèri,
se mai dalla men-
te
non cancellavano essere
tutti figliuoli« una grande
patria,
e che
laprima
leg-ge
evangelicaprescri
ve va.
lorodi sempre
amarsi
l’unT
altrocarne uguali «
fratel-li,dilaniati a
condurre ad
effettocon
sa-Vla reeiprocanzadi
virtùfidi fatiche
lenhà
jma 8
nificlieeprog r «
ssivedell’uiùa-
rlll
Con
ta,eiiilendiòiento furono
dettati jaesliinni sacri
,
a I,» en ° f er quanto
ilDigitizeribyGoogle
«9 De’ molossi a instigar la rabbia e il morso^
Chi di balestre e di zagaglie a trarre Subiti cólpi. L’ anitrir dei caldi Corsieri, lostormir della foresta,
Le
trombe,igridi, ilplauso agran distanza Ferian 1*orecchio e del romito albergoLa
quieterompean
: poiquando
il sole Cerca 1’occasoe a quei silenti claustri D’ultimo raggio percuotea 1’acute Finestreeffigiate a color mille,Fra i platani frondosi, ond’ era cin»o li monistero, comparia soletto
Un
giovine reai di vigorosaFresca avvenenza e conun misto in volto Di fierezza e d’
amor
soave piglio;
Sul ben frenato corridorsedeva Eretto e in
modi
graziosi e alteri Il biondo capo ador ad or volgea,Procacciandoscuoprir col mobil guardo Entroi devoti claustri alcun sembiante
A
lui diletto;ma
non passa al cuore Di Geltrude oggi più forma terrena,Poiché tuttoil segnar di loro stampa
E
di lorfuoco le bellezze eterne.Salve, beata, non è void*ingegno
O
difavella che al concetto arrivi Ditue lodi sovrane e appien ricordi L’ opre leggiadre, poi che il santo velo Feceombra
al fiordegliannituoi.Qual primo Diròdei merti e qual secondoI*i folti Sospir dirò del consapevol pettoE
le lacrime belle in urne d’oroDa
amicoangiol risposte e su nel cieloDiscoperteal Signor, ohe inanellata, Disposando, 1*avead’eterea
gemma?
O
purdirò l’illustre ingegno e quale Profondavenadi saperV
ascose,•
Tesaurizzandoil senno d'ogni etade?
Fin da* suoitenerelli annila prese
Magnanimo
desio di >cercar tutto Ilnohilmagisterio,ondeconcordiMosser
da prima-le create cose.Sudò
sopra lecarie,e di notturnaLampada
allume
{scolorandoil volto,L’ acutodel pensiero occhio distese
Per
lo granmar
deli’essere, cheovunque Cela sue prode, e ne tentò gli abissi.Nè P
ardue rocche e i penetralisolo Visitò di Sofia,ma
la faconda Arte conobbed’ogni cor regina,Possente a fabbricar doratinodi
Pei piò schivi intelletti, ea lei dallabbro Stillavan dolcid’eloquenza i fiumi:
Poscia divero in ver,di
lume
inlume
,Sopravvanzando il
lume
di natura,
Nel
primo veroalzò lamente
e quivi Scioltad’ogni mortai curala immerse.Così talor di forteaquila il figlio,
Inespertodel volo, ei bassigioghi
Rade da
prima epiù e più s’infranca,Fin chel’Alpipossiede, e vistoilsole,
Che
purtantosull’Alpi eccelsosplende, Al sole aspira e viprofonda il guardo.Ave
, Geltrude: qualdel ciel t’accoglie Parte serena e quale sidipinge Di tue care sembianze?Hai
tulo scanno-j
- - - - •
.»
21
Là
nelquarto epiciclo e cresciil gaudio .Di lor
, ch’aprirò del saper le fonti
E
lieti n’irrigàr 1’avide menti?0
sei nella remota e tarda sfera,Cui notò del suo
nome
il favoloso Autor del tempo, e in cui di terra assunto Splende 1’abitator del sacro specoE
il meditante suo popolconduce Su per 1’ aureoscaleo? Forset’allietaLa
chiarezza che fan gli astri consertiDer
l’immenso
cristallo, o tua gran lode Più ancor t’incela, eprossima trionfiOve
la maestà s’apre delnume
Fra gli alti Troni? Favorevol guarda Dei regni dei formiil travagliato Mortale e il suon di nostre preci ascolta.Me
pur,me
diva, ascolta e per fiorito Sentier di filosofica dottrinaTrainmi a gustar del cibo onde si larga .
Mensa
imbandivial tuodedaleo ingegno.Fa
tu^.pietosa almen che non m’asseti Ilvenefico nappo, al qual chi beve, Sco.rda la nobiltà di sua natura,Tra
i bruti sirassegna e delle coseAl
governoripon muti elementiChe
forman gli astrie loperchè non sanno.Spirami in petto, o santa, il generoso Pensier che volaoltre isepolcri, e scuopri Di
me
medesinoame
1’ente sublime. .Allor quante sul
mondo
erranoschiatte D’umani
e quante ne scaldò già il soleO
saran perli tempi, aride foglieNon mi
parranno che dispiega aprileE
abbatte ii verno,/eli durevoi seme In lorconoscerò 1’egregie stirpi,L’ esser diffuso e l'animate
membra
Bel civile universo,entro eui ferveUna
provvida mente,un
sacro spiroChe
in meglioil volge e per velocearcano Giro di sortiil suodestinmatura.Allor qual chiusa in
rame
onda, che turgePer
ledamme
supposte e fuor trabocca, Nelcomuo
bene verserà l’interaAlma commossa
e nella patria solaAvrò
lecure, dispettando ii vileOro,
chefattodelle geoti è nume.Per
sì poveraetà, per sìbugiarde D'onordivise, tral’infamia e illezzoDi
soppiattelibidini e d’ orditi Crudeli inganni,come
irondin vola Sullo stagno fangosoe mai
noitocca,Cotal
mi
scorgi dirittamente illeso D’ogni viltade e d’ogni larva ignudo;Vegga
ilmondo
per teche sapiènte,Chiarointelletto non contrasta al cielo
,
E
che virtutee il ver, sonouna cosa.iSirvente in provenzale,sirvanteinfrancese,era unaspeciedi poesia, adoperata dai trovatori nei soggeltigravienegliencomii.
a Questa Geltrude era natada Pipino,principe diLauden
, prefetto del palazzoeministro del re d’Austrasia.
/
INNO {.
A
8. at&99&81La«
Te
d*uninno allegrar forte m’invoglio,O
divoRaffaele, e del sereno Di tua luce vestirlo,ancor elle molto- L’ingegnoa eotal volo arduo impauri.Salve, osuperno. In reai trono assiso
Te
inchinan1’altre creatureprimeTe
su lor glorioso e noverato tFra i settespirti che nel ciel son grandi
E
ministri maggiordi Paradiso ;Però
quando
alle elettealme
radduci L’immortai piede o agli stellanti alberghi Degli angelici cori, assurgo» tutti Da’vaghi ^eggie
di bei fiorieterni T* ofFron diademi. Narrerò qual fosti Prodecontro gli abissi, il d\ che apugna
Uscir le tetrearme
di Stige e mille Informi»Bria rei?tu di MicheleCompagno
all’ire, il trionfai vessillo Spiegasti, che a terribile cometa Sfolgorava, simile euna
sanguignazi
Luce
piovea sugli elmi d’oro.É
questo Dell’alpe di lassù degnosubiettoA
la forte armonia. Noi direniquanto Dolce ai mortali ilnome
tuo risuona,Poi che non rado alor scendi propizio,
Come
tremolo raggio antelucano Di benigno pianeta; e, se nonmente Devoto grido, al rustical banchetto D’Abfàain t’assidenti insiein coiduo
Aligeri consoiti, entro i silenziDi Munibre e'al rezzo cheda l’ombrauscia Della quercia ospitale.
— Or
te d’ogniegro, D’ogni languenteloderò stupendo Medicatore. Al tuo pensier son tutte Conte 1’erbe saiubri onde l’apricoEmo
va lietoe il Pelioombrosoe Creta Di dittamofeconda ela feliceArabia e quante ne cercò Chirone, Favoloso centauro, oal Palestino
Gran
re lurnote; discopertoa noi Ciò venneprimamente
emagno
grido Corsene,quando
il giovinetto ebreoTeco ambì
visitarle Caspie porte.Scendea costui là dóvebasso e lento Scorre il Tigri allagato è tra fogliose Canne s’avvolge. allorcheun fiero
enorme
Pesce sbucar mirò dell’imo gorgoE
avventategli contro. Assai tu fostiDi presso il lido con parole e sguardi Pronto nell’uopo, e a via cacciar la
tema
Il siiadesti sì, eh’impeto tatto
Nel
mostro, 1’abbrancò forte allo lauci,
Spaventevole a dirsi, onde ogni Iena
Troncóglia un puntoegl
1
impedì darcrollo:
PercJiè indarno attorcendosi eguizzando»
Già
domo
e lasso e boccheggiante a riva Trascinolio; tagliato indi il capace Ventre, un arcano medicarne invenne Tra’suoi visceri occulto, e portentosi Effetti ne seguir,— Duce
scettatro Del deiforme.regno, a te purmanda Uom
ramingole preci, o chefra cupe Boscaglie ilfera la ventosa pioggia,0
colto dalla notteerri inlonginquo,
Muto
deserto ovemai
cerchiasilo.S’atterra ilpellegrino a tue votive Are, e tra
mano
il bordon pio raccolto,Dallagelata Ibercia, o dal sonante Ultimo Beti a la gran
Roma
affretta.In te piena così ripongon fede 1 viandanti, e cominciò
da
alloraChe
al misero parente il ben chiomato Tobia rendesti. Era il garzonein punto Di porsi a sconosciuto aspro viaggio,E
in pensici* ne tremava e tali in petto, Volgea timidi sensi: ordunque
in nove Terremi
caccerò , varie di genteE
di lingua e di foggie, io non esperto D’affannosi perigli; io non scaltrito Dell’altrui frodi, e che dagli occhi lunge Mai non ebbi lemura
alle e i palagi Di Ninive superba?Ei sidubbiando Fra il cor diceva, e tu 1’udisti. Pronte Di per se stesse al tuovoler s’aprirò E' eteree porte, e giù dal ciel scendevi.Suonò come
ricurvo arcod’argento*
a6
L’aere percosso, e germogliò la terra Sottoal tuo piede.Il mite aspettoassumi Poi d’Azaria,
uom
di leggiadro sangue,E
signor d’Esebòna e delle valli Vitifere diSibma
; un largo cuoio D’auree fibbie costretto ai lombi intorno Ti si ravvolge insiem regge succintaLa
tunica, qual suole a un affrettatoPer
via messo od araldo. In questa forma Al garzon t’appresenti e con soave Piglio il richiedi:Amico
, iltuo diviso Sdegneraidiscuoprire aduom
prudenteE
pien difede?Va
permolte orecchieChe
di recarti hai fermooltre Adiabene,Oltre il Tigri precipite, e varcando
Di Tauro
i gioghi entrarfraiMedi, anlicbi Pascitori dimandre
, e veder 1’alta Ecbatana eRagèa
pinguedi biade.Nudo mi
sponi il vero: io pur disegnoLa
di tradurmie so le vie; percorseFur
dame
tutte; e le foreste, i monti Cavernosi, ogni valle, ogni fossatoNe
hocerchialtempo
chefuggirm’avvenne
L’ira acerba delre, cui fea rifiuto Di gircompagno
al lacrimoso eccidio Della sacraSionne; e millemortiBen
togliea sostener prima che ilferro Snudar controla patria. MettiamciDunque
auncammino
esovveniamoa prova L’un
l’altro; prenderemvario diletto:lo ne’spessicolloqui e tunel duovo Estranio suol. Vedrai sulcurvo Lieo
La
palmifera Arbella; indi la fòrteDigitizedbyGoogle
*7
Apamèa
, dove nudo alciel si spiccaLo
Zagriomonte, e Laodicelieta Di popolo; vedrai pampinelli colli;Udirai mandie per 1’erbose piagge L’ecodestar delle convalli, e molto Di lunge ammirerai sorger fastosa Ecbatana turrita
—
In queste voci Favelli e il cor-del giovinettoallegri, Cui dei ciel manifesta era 1’aita.Peiciò qual de’ tuoimettiil più preclaro
Diremo
, o qual verrà de’carmi alsegno, Dellissimo sugli altri ecome gemma
Scelta in tesolo? I travagliati padri
E
quei tutti cheal sole al/an 1’opaca Pupilla indarno, a tedal consciopettoMandan
la sospirosa umil preghiera.Invocan tele donzelletle amanti
,
O
vagheggin propinquo ildì beato Del nuzi'al complesso, o in drappei casto Di cognatemattone e verginelleMovan
timide là doveil si suona,Che
al cors’apprendeed’una purailnudre Voluttade d’amor
, perchè gioiosa Ride la terra e vien sembiante al cielo, il piantoelle ricordano e gli affanni,Per te indolcezza d’imenèoconversi Alla Assira fanciulla, unico sangue Di Ragiiele, e per heltade onesta
Caramente
diletta. Ahi! 1’infelice Estintilagrimava uno appo 1 altro In cortotempo
ifloridi mariti,Che
uno occultodemone
orrendamenteJ\egliamplessi uccidea.
Furo
allenozze28
Bensette volte legiogali tede
Raccese, ed alltrettante il chiaro aspetto Cangiarnell’adro; e dieì* funerea luce
A
squallenti feretri intorno appese.Ma
quel felice vi'ator, che suso Il canto appella,come
certo e lietoChe
il francheggiavi- tu d’alto sussidio,Impalmò
la deserta inauspicataDonna
e la benda mortilaI disciolse.Poco s’aprian pelò le dubitoSe
Alme
a la gioia: nò d’eburnee tibie,O
del niliaco sistroiva farguto Concento perle case;eran di fioriNude
le soglie, vedovoil parete D’istoriati drappi; erano incerte L' ariede’volti, e non ridean lemense
Di giocondi parlari. Al fi»la notte Spuntò del sonno amica, e palpitando Sul caro capo del garzo»leggiadro,L’abbracciò Ragiiele e dentro il mise All’odoroso talamo.
Ma
questi.Com’aitosenno impone, il fior soave Delle nozzenon colse-Entro pulita Concava pietra con adatte schegge Vivace fiamma suscitò, poiv’arse Del pesce fluvital le non corrotte Inteiiora, e genuflesso innanzi Quella mistica
vampa
,orò devoto.Fuor di terrene spoglie erasi.intanto L’AngioI di Dio sul limitar locato Del bencostrutto talamo, nè
umano
Occhio il vedea; dal capo al piè vest'ia he tremende anni, in cui si Baccani’he
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