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ira NAPOLI DEL FRANCESCO PUOTI. SECONDA EDIZIONE NAPOLETANA PRESSO MAROTTA E FORMOSO G. T. IVIAMIANI DELLA ROVERE» PIÙ CORRETTA

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(1)

ira

DEL

G.

T.

IVI

AMI ANI DELLA ROVERE»

SECONDA

EDIZIONE

NAPOLETANA

PIÙ

CORRETTA

CON UNA LETTERADELL’EGREGIO

FRANCESCO PUOTI.

NAPOLI

PRESSO

MAROTTA

E

FORMOSO

Strada Toledon. 399sottoalbanco dello

SpiritoSanto.

1835

(2)

Tullele sente

copie che nonsono segnale dal pre~

suggellosidichiarano contraffalle.

(3)

ALLA

GENTILE DONZELLA

N. N.

FRANCESCO PCOTI.

]NfoN maraviglierete che a voi diriggaqne«

sta

mia

letteraintornoagl’ innisacri delJVIa-

miani,

rammentandovi come

sempreioab- bia lodato ladilicatezza elacorrezione del vostrogusto. Alle anime che non

amano

va- gheggiare leForme.deI bello morale, essi tornerannofreddile forse stucchevoli.

Com-

piangiamole ed impetriamo d\l cielo, che lorotolga il veloche le iq^olge,acciòcon- templino le purebellezze,.$1 che fu largoa noi il Fattoredel-tutto.

Se corteseattenderete amieparole, an- drò svolgendo

man mano

tutti i pregi, di cheson doviziosi quegl’ inni magnifici.

E

primamente dirò del subietto, che avviso essereilpiùacconcioallo scopodiogni arte bella, cioè d’immegliare ilcostume,dilet- tando suavemente il ctlore.Tacerò

come

gli antichiciabbiati tramandato capolavori, in

(4)

sv

cui religione accese quelle nobili e calde iàntasie.

Rammenterò

solo

come

ipiù subli-

mi

versi di Esiodo, di

Omero

,diPindaro

,

di Eschilo, di Sofocle, di Euripide sian quelli incui discorronsilecose celesti.Della belTanimadiVirgiliodovea farsi signoreil cultode’

numi

; e veramente il!suo direè divino quando ragiona del cielo.

E

se vo- lessirecare innanzi alcuni brani del Veno- sino, mostrerei

come

ilciglio diCloe e le suaviforme di Glicera sien

ombra

e

fumo

a petto degli altissimi concetti intorno al Giovefulminatore e provvidente.

Lo

stesso Lucrezio chiaramente mostra

come

ilcuore contrasti alla sua mente,allorché innalzan-

do

Iostile narra la maestà de’ celesti.

Sembrerà forsecheio

vada

troppo perle lunghe,

ma

voisarete indulgente ripensan- do

come

sia utile fermare il subietto elo scopo

«Della più bella frale arti belle » mentre permalvezzo ingegni solenni insoz- zarono questo divino linguaggio, talché le opere loro potrien dirsi dettate per le bi- schee pel trivio.

E

ritornando al proposito, poicchèrinacquero a luce splendidissimale arti, T

immenso

ingegno dell’Alighieri in- nalzava

monumento

duraturo, ed esempio diognimoraleecivil poesia nel poemacui miser

mano

e cielo e terra. Seguialo quel-

1’anima gentile ed amorosa ‘del Petrarca,

mostrando

come amore

,principio d’ognico- sa, possa levare l’animo a virtù,quandosia

(5)

4 V signoreggiato da da pensieri, cui religione da vita.IlTassocingea doppiacorona, nar- rando le opere dell’Onnipotente,e i trava- gli durati dai compagni del pio Goffredo.

II Milton, il

Camoens

, ilKlopstock,

Lope

de

Vega

nuove immagini e sublimi, puris- simi sentimenti1, maravigliosi concetti offri- rono all’universale, e sono e sarannosem- pre cagione di purissimo e santo diletto a coloroche leggeranno queglialtissimi versi.

Sorgeva il

Varano

, e le sue visioni rifleU teano tutta laluce dellesacre carte-,eglo.

ria eterna ritraeva dalla nobiltà del subiet- to. Gl’ inni del Novalis ne chiariscono che la lingua del Klopstock maravigliosamente fosse acconcia adarvitaalle immagini nuo- veesublimi della sua cara e pellegrina fan- tasia,

Da

ultimoilManzonie il

Mamiani

fan certa prova, che ilsubietto della severa poesia, correttrice e purgatrice del costu-

me

,

debba

essere lareligione.

Cosadiròmai dellostilediquesto egre- gioscrittore? Vi rinverrete ogni speciedi bellezza. Sublime, tenero,dilicato ,

mae-

stoso,

sembra

che l’anima suafòsse modi- ficata dalle impressioni che toglie a dipi' gnere. Più chiaro testimonio ve ne faranno alcuni passiche riporto, acciò voi stessane giudichiate, e miconfortiate di vostro as- sentimento.

Narrando

quai fiorifosser simbolodelle varie animedevote a Dio così siesprime :

m

(6)

VI

...aitestimoni Della fè generosi e a que’che il

brando Nudar

per Cristo, l’odorato seno

Apron

le rose cheinvermiglia Aprile; Il campestre papaveroe lo schietto

Umile

isopoai cittadini ècaro Della

muta

Tebaida, e al contemplale In gelid’alpe o tra i boschetti ombrosi Dei gioghi di Fenicia e di Sona.

Ma

alle vergini pureoffertoè il

mondo

Giglio che invallediSaron biancheggia.

Non

saprei dire qual più mi piaccia, se la convenienza arcana dique’suavi fioricon levirtùdi que’gloriosì,o la dolcezza inef- fabile de’versi. L’ultimopar cheoffra alla immaginativa lo schiudersigradatamentedi quel simbolodi castità;erisentitamenteri- traeil pregio di questa cara ediffieifvirtù.

Discorrendo le occupazioni di gentile donzella nel medio evo:

e non prendea diletto

A

gircantando con le ninfe a schiera

O d’un

gaio levrierle snelle piante Sciogliere alcorso,olungoun mobilrivo Intesser ghirlandette, ovolger balli

0

simil ludo...

Quanta innocenza, quanta verità!Tutto risponde alla età chediscorre.

A

dir

come

romita si vivesse, pure a tutti nota fosse la bellezza di Geltrude, u- dite quai parole

muova

questo ingegnofe- licissimo.

A

celarla a tutt’uomo

ombra

nonvalse

Digitize Dgle

(7)

D’eremitiche

mura

, e il più secreto Recinto degli aitar, che troppo lungi Invia la grazia giovami suo

lume

,

Se virtude Tè scorta, e spessoindarno

Le

vaste arene d’

Ocean

profondo

La

conchiglia eritreacopron gelose.

Quanta dilicatezza nelleimmagini!

Come

labellezza vie» vagamente figuratadal tre-

mulo

splendore di lucidissima perla!

Come

la comparazione è ben condotta!

La

donna bella la rinvenghiamonella perla); la virtù che copre

come

scudo ilsuo cuore, è la conca che rinchiude la perlae la francheg- giadaidanni delleonde.

La

profondità delle

mura

claustrali

come

vien risentitamentesi- gnificata dalla spessezza delleonde óeeani- che! Ditemi, ho ragione di

amare

questo carissimo e sventurato giovane?

Voi che rimpiagnetc nna

madre amoro- sissima^

cui tuttora suonano nell’orecchio lesue parole affettuose,ponete

mente come

la

madre

diGeltrude parli alla verginepu- dica per pregarlaanonrinchiudersi nel chio- stro, e anon viver lungi

da

lei,che nella vaga riponea ogni sua speranzar

A me sembra

rinvenire inquestaallocu- zione alcuna somiglianza con quelleche

Ome-

romette in boccadellesue dive.Quanta no- vitàsenza artifiziolComeingegnosamente ado- pera ognimaniera per piegareilfermo pro- ponimentodellafigliuola!

Quanta

tenerezza, quantapietà!Ti sforza a piangerseco, t 'in- voglia apregarelabellavergine perché

com-

piaccia alla

madre

dolentissima.

(8)

Vili

Leggetee rileggete, viscongiuro,laline di questo inno.

A

quale altezza è scorto ii

Mamiani

dallasua bollente fantasia, quaivoli porge alladiva, qualisperanzegli allargano

ilcuore, quanta pietà nel desiderio!

Vegga

il

mondo

per te,che sapiente Chiaro intellettononcontrasta al cielo,

£

che virtude e il ver sono una cosa.

Nel secondo inno a S.Raffaele lo stile è

veramente sublime;puòdirsiavere aggiunto

all’altezza del subietto.

»

Te

d*un inno allegrarforte m’invoglio,

O

divoRaffaele, e delsereno Di tua luce vestirlo, ancor che molto L’ingegnoa cotal volo arduo impauri Salve o superno. In reai trono assiso

Te

inchinan l’altrecreature prime,

Te

su lor gloriosoe noverato

Tra

i sette spirti che nel eie!son grandi

E

ministri maggiordi Paradiso;

Però

quando alle elette alme radduci L’immortal piede o agli stellantialberghi Degli Angelici cori, assurgon tutti Da’vaghi seggi e di bei fiori eterni T’offron diademi. Narrerò qual fosti

Prode

contro gli abissi ildìche a pugna Uscirle tetre

arme

di Stige e mille Informi Bruirei?

Tu

di Michele

Compagno

all’ire, il trionfai vessillo Spiegasti, che a terribile cometa Sfolgorava simile, e uua sanguigna

Luce

pTovea suglielmid’oro

Dopo

essersilevatotant’altoarrestasiedice:

*

* rf—n

(9)

IX èquesto Dell’arpa di lassù degno subietto Allaforte armonia

Con

tai parole chiaro ne mostratuttala immensitàdellasventuradegli angeliribelli, e (a gloria altissima delmessaggierodiDio.

E

ad un tratto cangiando stile con suavità propone ciò cheha in mentedi cantare.

...

noidirem quanto Dolce ai mortaliil

nome

tuo risuona,

Poi che non rado alor scendi propizio

Come

tremulo raggio antelucano Di benigno pianeta*, e se non

mente

Devotogrido, al rustical banchetto

D’Àbràam

t’assidesti insiemcoi

duo

Aligeri consorti, entro isilenzi Di

Cambre

ealrezzochedaN’ombraascia Della quercia ospitale

Non

vigode l'animoal rezzoedall’om- bra di quella quercia patriarcale?Chiunque non ha cuore selvaggio dee pregiarelagen- tilezza di questiconcetti.

Il combattere dell’Arcangelo coldragone meritamente dee dirsi omerico, tantan’è la forza e la verità

Il canto del Levita nerichiamaa

mente

la bellezza dei canticiebrei, e cisforza al piantosullasventuradichièorbatodell’aure del suolonatio;di chi

geme

impazientesotto giogo straniero, emira da lungi la carissi-

ma

patriasua polluta c manomessa.

Sevolessi narraretuttiipregi dellostile del

Mamiani

dovrei trascrivere ogni suo ver-

(10)

X

so;

ma

voi che siete fioredelle cortesi,

mi

concederete che possa intrattenervi ancora,

e perdoneretela lunghezza del dire al de- siderio di offerirvi

, per esser giudicati, i

sentimenti che in

me

nacquero nel leggere quest’inni deliziosi.

Le

comparazioni di cui valesi il poeta son tutte giuste,

nuove,

ed alcune vera-

mente

maravigliose..

Scendendol’Arcangelo dal cielo:

Suonò come

ricurvo arcod’argento L’aere percosso

Descrive la lancia di Raffaele: L’infrangihil asta Paria striscia di luce onde 1’azzurra Marina incontroal sol viva lampeggia.

Narra inqual

modo

febbreardale

mem-

bra di bella donnae gentile-

come

algrave spiro D’austro cocentesulle verdi foglie

La

reginade’ fior langue, e del seno Strugge il molle incarnato, sitibonda Invan difresche rugiadose stille.

La

bella Pelagia partitasi dal tetto pa- terno discorrea le strade, e

come

tutti alla vista di tanta bellezza sarienostatiindiscre- ti

, dice il poeta che la vergine fu coperta da sottiI

lampo

di luce,che. rese veneranda la sua persona, talché ognuno mirandola esclamava:

....

pure è costei divina qosa.

Poisoggiunge,uditeche pellegrinacom- parazione:

(11)

XI avviene

Così di un fiordi fortunatoclima -

Che

agli eterni devoto apre sull’are

La pompa

di suefoglie: alcun non osa Più che mirarlo, e sol vicin ne gode L’abbondevolfragranza

Un

angelovenuto in sognoalla

madre

di Pelagia laconforta, e le dice

come

uscia perfetta dalle

mani

diDiol’animadiquella sua cara figliuola:

...

fuor delle

mani

Superne io 1’infantile

anima

vidi Uscir vezzosa

come

stella, e pura Quanto il caldo sospir di un Serafino.

Ciascun pianeta lepiovea negli occhi Della sua lucee della suavirtude,

E

allegrarsi parean sullabell’arte

Che

apparecchiavaa leispoglie vaghe, Perlequai,

come

schiettaonda chelascia Scoprir 1’ascosa orientai conchiglia,

Di sua divinità non picciolraggio Tralucer si vedria

Cosaditedi questadoppiacomparazione?

•La prima ne

rammenta

Ezecchiello, la se- conda la celeste gentilezza della Cantica.

‘Come

pon fine all’innoaS.Pelagiaque- sto ingegno ardentissimoed amoroso?

Salve o Pelagia; nella prima etade Agli amori inchinevole e aidiletti

"Vincevi entrambie t’occultavi in ciechi Aditi,

come

al rinverdir dell’anno Suole il timido augel, ch’entrole quete

Ore

notturne e alla più foltaombrìa

(12)

XII

Lento disfoga

H

suo pensier doglioso.

Salve, e noi dalsopor di neghittosi Secoli scuoti cc.

Tutto è bello, e spira

una

suavissima dolcezza di paradiso.

Udite

come

siaaccettaaDiounabellezza chefosse infioratada pudore;e

come

Agnese di si rara bellezza dotata, benché vissuta in tempi di corrotti costumi

, purissima si serbasse, equale comparazione aggiunga il

Mamiani

per fermare questosentimento con

una immagine

sensibile:

. ,

... E

al

nume

cosa Forse piùcara di beltà pudica,

Deità cui ceda ogni paraggio, e santa Pudicizia, chèangelica rassembri?

più bella d’Agneseo più pudica

Fu

vergin

mai,

nè perchèal

tempo

visse Degl’iddìi menzogner povera e sola Macchiòla pargoletta alma innocente D’unnensier,d’unsospiro: inquestaforma Entroai gelidi stagni diCaistro Biancocigno

veggiam

, se la vernale Pioggia gl’intorba, andar sospesoa volo Sovra il livido gorgo e batter lieto Al sold'incontro le lucenti piume.

Che

nedite, è veramente nuovo e inge- gnoso?

Non

so se vi reggerà la pazienza ina- scoltarmi,

ma

ionon possorestarmi dalnar- raretante e vaghe immagini. Nel tripu- dio universaleAgnesesolingasivive,equan-

7Cìooglf

(13)

XIII

do

muove

fuori di casa sua tutta sicopre didensovelo:

Pur come

fioreche

da

vepri occulto Pressoil largo sentier, solospirando

Aure

odoratesua presenza accusa

E

allegra ilcor del viandante, tale

La

beltade.d’Agnese, invan tra bende Gfelatad’ogni tempo, i guardifere

E

lementi riscaldae

Palme

invola.

, son degno di perdono. Io conosco troppo il vostro gusto per non sperarviin- dulgenteallorché vi foperdere il

tempo

in

similguisa.

Ilpadre dell’amante diAgnese,

procon- sole orgoglioso,maravigliandodella bellezza dilei,le parla cortese, edin fine ledice:

nè giacer negletta Questa tua giovanilforma sidebbe Quasiuna

gemma

chein avelloèchiusa.

Come

è acconcia questa

immagine

asi- gnificaredonna bella che s’involaad ogni sguardo,

ad

ogni inchiesta.

Cento altrepotreiaddurne;

ma

invero troppo lungo sarebbe, e voimegliodi

me

le saprete discernere e pregiare.

Deggioal

Mamiani

potervi mostrare la giustezza della mia sentenza

quando

a voi edalcarissimo Liberatore iodicea,che le parole adoperate dalla donzella bolognese neldescrivere le belle^forme della Psiche del Tenerani,pareanmipiù adattea

Venere

che aquella celeste fanciulla,simbolo del- T anima, odell’

amore

purissimo,il quale

2

(14)

XIV

io chiamerei respiro dell’aniina, perchè noi viviamo amando.

Riporterò i versi quando Agneseè denu- data da’manigoldi,e le sue candide forme, ed ognileggiadra bellezza vengono sposte agli occhi profani senzaalcunvelo.Industre in vero edorribilecrudeltà!Qualaltrator-

mento

sarà maggiore a donzella pudica del mirarsi spoglia di ogni vestimento?

isvergognati Sergenti al sacro virginal suo corpo Steser le

mani

; disquarciarle i veli

E

la candida gonna, e la trapunta Stola che il sen chiudea gelosamente.

Parvero allor le belle rose. i gigli

E

le forme leggiadre a tutti occulte,

FindegliAngelial.guardo. Ellache

scampo A

ciò non vide,eche le guanceeilpetto Senti avvamparsidi vergogna, i nodi Sciolseallechiome,e in sullespalleealseno Ilbiondissimo crin

mandò

diffuso:

Diè le ginocchia al suolo econ le braccia Della suanudità parte difese.

Son sicuroche nulla mi risponderete,

anzi benignamente

mi

farete ragione.Quanto ègentileilpensieroche lebelle formeerano occulte fino al guardo degli angeli! e co-

me?

perchèricoperte da’veli del pudore.Io veggo gli anelli diquei biondissimi capelli diventar piuvaghi

, perchè faceano ufizio cotanto pietoso. Benedetto quel

mancar

delle ginocchia, quel l’annodarsi delle braccia per fare schermoalla paurosa nudità.

No

, non

xfByTjOOgle /rt*

(15)

XV vi saràcuorgentileche non

ami

il

mio Ma-

riani, che iochiamerò cl’orainnanziilvate della religione edelpudore.

Nell’innoa’patriarchi quante bellezze ,

quanta profondità;

come

la storia santa ha doviziosamente arricchito la mente di que- stogiovine poeta!

Come

le sventure della umanità gli forniscono immagini sublimi

ed

ardentissimi voti!

Da

ogni latoseorgesi il pio desideriocheilgenere

umano

aggiunga ogniciviltà

, e le guerre fratecpe,egliodi le.inique leggi,icrudi di ogni manieradi- ventino

memorie

soltanto che spaventino,

leggendone la storia,erendaneisempre mi- gliori, e abbonenti ogni turpe operae ne- fanda.

Malamente

da

me

si ripeterebberoqne- steidee, uditele dal suo labbro

medesimo

giustamentesdegnoso, e rimarranno, ne son certo, impressenel vostrocuore:

Ma

la scoppiata in sen dei Noecchkli Voglia d’oro edi regnoin le

mondane Anime

espanse, abreve andar, si tetro

Vapor

d’abisso, che lementi offese

£

travisile. Guerreggiateallora

Fur

le guerre fraterne, allora il

mondo Fu

de*tiranni. Dolorosie muti Gli spirti di lassù preser congedo Dai nostrialberghi: si richiuseilcielo,

£ grand’ombra

il fasciòd’immensurato Terribil vano. Angosciasi

d’amaro

Desir l’orfano

uomo

equalcheaspetto Di beltà va cercandoalciel simileì

(16)

Mai

sempreindarno, eunriso,unadolcezza

Che

di terra s’innalzi e

come

nebbia Instabile non muti, o non dilegui, ec.

Il male è fatto: il dimandarcene per- dono e necessità. Peraltro senon ho avuto

1’arte di allontanarda voi ogni noja,

ho

saputo a chi rivolgermi,volendodiscorrere ogni manieradi bellezze riposte, (i)

i

(i)Questaletterafuscritta dall*ottimo giovane signor FrancescoPuoti,ed inserita nel giornaledel Progresso. Voi. vi.fase.XI.anno II.pag. *47- 11 Conte Mamiauiringraziò ilPuoticon unagentilis- simarisposta.

(17)

TERENZIO MAM1ANI DELLA ROVERE

A

LAURA DELLA MASSA

E A

MARGHERITA CASTELLANI

SUE DILETTE CUGINE.

10 ho sempre

nudrito

una speranza mol-

to incertadi potervoirimeritare

conve- nevolmente

de’vostri beneficii; tuttavol- ta io

non

presagiva

chei danni

dellafor-

tuna

moltiplicherebbero contro

me

in

guisa

da

crescerela

mia

insufficienza

ogni

giorno e abbassareall'

estremo

le

povere

condizionidella

mia

vita. Il retribuire pertanto

con degna misura

le vostre o- pere

non

sarà

ormai che un

desiderio

vano

e sterile del

cuor mio. Nè

inipesa

11

trovarmi

stretto

da grande

obbligoa

(18)

a

persone

care,

amorevoli

e generose

,co-

me

voisiete; solo

bramerei

poterfartra- luceredal

fondo

dell*

animo

tuttala

ve-

racità e l'ardenzadel

mio

affettoricono- scente.

Del quale

affetto voglio

che

ora rileviate

un modesto segno

nella intito- lazione

che

vi fo diquesti versi, usciti dalla

mia penna, quando

ebbi ozio e se- renità dipensieri. L'offerta è

molto u-

mile,

ma pure

lasola

che non soprav- vauzi

l'inopiaincui

mi

trovo d'ogni co- sa desiderabile; e

per

vero quali

beni ho

io sottratti alla furia

improvvisa

del tur-

bine

contro

me

levato,salvoleforze del- la

mente

equel parlare

armonioso

con*»

ceduto da

natura al poetico labbro

de-

gl’Italiani?

Fate dunque

un'accoglien- za

benigna

al picciol

dono che

vi

man- da

1'

amico

vostro, certo

non amico

del- la ventura. Io

non

sose

ancora mi

verrà datodi rivedervi,

qual

giorno

della vita

mi

riporràsotto gliocchi1'aspetto sacrodellaterra Italiana;questoioso

be-

,

ne che

ladolce corrispondenza de'nostri

animi

eilsenso di gratitudine

che meco dimora continuamente saranno più

forti d'ogni decretodi proscrizione

,

pro-

-Bigitiz9d-fc»*£ioog[e

(19)

3 veranno

difetto

mai

per distanzadi

tem- po

ediluogo, per voltar di vicende, per sopraccrescersidi mali.

Ma

oltreildiscorsofinoqui, io

repu-

to

convenevole

ilfarvidedicazionedi

que^

st’inni,eziandio perla

consonanza

de*

vostripensieri

con

)aintenzione loropiù recondita.Io sodi

che modo

avetecara lareligione e

come

lacoltivate

con

ptr- ro spirito, sciolto

da

ogni

nebbia

super- stiziosa.

Voi non

siete

da

annoverarsitra quelli i quali

opinano dover

riuscire

più

accettevoli a

Dio

gl’incensi dei devoti

che

leazioni dei giusti

, eassai

meno

fracoloro

che scambiano V

umiltà e la

mansuetudine con

l’abbiezione elaco- dardia,

tragli altri

pure che

voglio-

no

riposta

somma

santità in

opere vane

efrivoli

,

mentre dimenticano

le

gran-

die

veramente

meritevoli.

La

pietàa’vo- striocchi

non

pare

nemica

di sensi

gen-

tilie

magnanimi

,

lastimate consi- gliatriced’inettecose,

ma

di

una

volon- tà forte

, elevata e produttiva del

bene

più

universale:

onde non

vi

cadde

in

pen-

siero

mai che

levirtù pubbliche, cioè quelle

che intendono

a crearela

prospe-

(20)

4

rità politica ,avessero agiacere

ignude

e quasi sconosciute,o potesse darsi con- flitto tra 1'

amore

di

Dio

e quello della patria.

Invece

,

conforme

algiudizio vo- stro rettissimo,lavita civile

incomincia

dalla religione;

con

leicrescono,dura-

-

no

esi

fanno venerande

leglorienaziona-

li ,i riti

, le leggi,i

costumi

tulli »!'

un popolo

:

radunansi

inleie

partecipano

del

lume suo

le

memorié'prtcipue

de’tem- pi e le

auguste speranze

dell'avvenire.

Sentirono

di

questo modo

e

procederono

cosìinogni cosa quegliItaliani,

che

nel

decimosecondo

e

decimoterzo

secolorin-

.*

novarono

le

maraviglie

delvalorelatino;

beati

davvero

egloriosi senzafine nella ricordanza deiposteri, se

mai

dalla

men-

te

non

cancellavano esseretutti figliuoli

d'una grande

patria, e

che

la

prima

leg-

ge

evangelica prescriveva lorodi

sempre amarsi

l'un1'altro

come

uguali efratel- li,

chiamati

a

condurre ad

effetto

con

sa- via reciprocanzadi virtùe di fatichele sorti

magnifiche

e progressive dell'uma- nità!

Con

tale

intendimento furono

dettati questi inni sacri ,

almeno per quanto

il

(21)

5

concederono

!

tempi e

il

luogo graveme»-

te pericolosi.Così

mi

sforzavaditrarre alla

comune

utilitàilministerodella

poe-

sia,la quale èin

capo

a tuttel'artiso- ciali

che intendono

per

maniera gradevo*

leetuttaviaefficace alla

formazione

del-

r animo. Ho

pertanto

richiamato

le

mu-

sealpiù antico loroufficio dicantarela religionecivile

;

che

perciò

appunto

elle

furono

stimatedeità egli alunni loro

r portentosi e

più che uomini.

(22)

-OigitizetMayi^oogle

(23)

41 IL

•i»egliinnicheseguono ioaureisenzadub- biopreferito dilodare, inluogo degliana- coreti edei contemplativi, alcunamaniera di santità piuprofittevole alla civiltà no- stra (*), se lequalità del soggettonon

mi

traevano con frequenza

a

pensieri e

ad

im- maginidei qualiin certecontrade, non che sipermetta imasolenne epubblicadimostra- zione.

ma

sivorrebbe chiuder loro tuttele porte della mente.

Malgrado

di cjo, l'inten- zione

da me

avutadi

dar forma a

una poe- siareligiosa esociale

a

un tempo, credoche sifaccia conoscere inparecchie parti di que- stiversi; ilqualconcetto, allorchévenga reputato nondispregevole, troverà ingegni miglioriepiu capacidirivestirloconforme- menteallasuanatura.

Compie già unanno che traversandoio insiemeconaltriilgolfo Adriatico,per uno

(*) Glianacoretiedi contemplativisonoforsedi maggiorvantaggioallaciviltày chealtrinoncrede.

Veggasiilgrande ChateubriandGen. delCrist. do- vetrattasimilmateria.ILReg Ree.

(24)

8

strano inopinato accidente vidi lacerate,di- sperse e gettateal

mare

presso che tutte le

miecarte, compresivi quattro degli Inni,

ch'io avea tempo innanziordinatiperporli,

a

stampa.

V

uno diessi rispondeva forse

meno

difettosamente al proposito di cui qui sopra ho discorso.

Era

intitolato

a

S. Efeso patronodi Pisae ne trassi la

prima

fanta- sia appunto

da

alcunepitture osservate nel

campo

santo di quella città.Appaiono quivi disegnate

da mano

antica, non senza viva- citàdi espressione, dueschiere combattenti;

lamischia èferoce e dubbiosa la vittoria.

Sul dinanziscuopresi

un

giovinetuttochiuso nelferroe con faccia bellissima epiena di luce. Egli è un angiolo> che offre

a

S.

E-

feso Vinsegna della croce bianca sulfondo vermiglio, insegnache

fu

sempredella Re- pubblica eseguito iPisania tuttele impre- se.

Ognun

vede che ilsoggetto siprestava qui naturalmente

a

far della religione,del- lapatriae della libertà uncomplesso mira- bile.

io

mancava

diaccennare le vitto- riedi quelpopolo, le suevele dominatrici delMediterraneo ecomparse nell'acque piu sconosciutedell'Oceano. Io descriveva prin- cipalmente

(25)

! *>

Come

eicacciarfuor tutti inostrilidi•,

»

La

gentesaracina epiu non bevve

« Ilpunicodestrier d' Intéra al fonte,

turbo d'Aretusaimolli argenti,

»

Nè V

Apulo,oilSannitaentro lecare

Messivide ruotar lecurvespade,

'*>

sospirandoalzòV umideciglia

» Alletorrilunate.»

Ma

di questinno, come deglialtri allo-

ra

perduti,

mi

ricorrono alla

memoria

solo alquanti branimozzi e dislegati: perlochè nièforzaildesistere affattodalpensierodi pubblicarli.

(26)

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(27)

<B3&£RVS>!S»

FnAgli

aitar coronati e i bei doppieri Di luce sfavillantie i vaporosi Turibolicanoro inno s’intuoni

A

te, sacra Geltrude, e gli risponda Col suon che pel tremante aere sispazia L’organodolce. Di lugustri intatti

E

di molli gesmini ahhian le soglie Copioso un

nembo

, chefanciulli e ninfe

Con

graziose

man

nevigbin sempre

Fuor

dei colmi canestri. Incedan gli altri

Nel

pio sacrariodella diva e il crine Fioriscano di gigli. Aitestimoni Della fè generosi e a quei cheil brando

Nudar

per Cristo,

-

l’odorato seno

Apron

le roseche invermiglia aprile;

11 campestre papavero e lo schietto

(28)

*2

Umile

isopo aicittadini e caro Della

muta

Tebaida e al contemplante Jn gelid’alpe o trai boschetti ombrosi Dei gioghidi Fenicia e di»Soria.

Ma

alle vergini pure offerto è ilmondo*

Giglio che in valledi Saròn biancheggia:

E

fu Geltrude vergine sorella

€he

la fronte serena ei bei crind’oro Chiuse inmistichebende.

- Assai

da

prima

Che

lescuotesse ilpetto aura di vita,

li’egregio solitario, onde Cassino

Tanto

grido

movea,

di' lei s’accorse Fatto profeta, e sulla suavirtude Maravigliò. Perentroun cavo speco,

Dalle balze fasciato e dalle ripe Dei simbriiini stagni, imberbe ancora-.

Mentre con frutto di silvestri fronde Suoi digiuni temprava, al creirapito

Fu

ungiorno e vide

memorande

cose.

“Vide una chiara insegna ir per locielo

E

con essa piu genti in biancastola,

Di fiordaliso ghirlandate

e

sparse Di luce tal che non v’aggiunge ilsole:

Caste giovani e belleempiean la fronte Della-soave schiera, a cui per duce

La

propriarassembrò nobil siroccliia

E

Geltrude con ella in gioiosa Amistà mescolate che sovente JVel visosi baciare e si fer

cambio

Delle corone. Al

sommo

ècelebrata Però 1’

alma

Geltrude, e suonartutti Del suo gran

nome

ipenetrali ascolti

Ove

tacite io lei specchia»lor mente

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(29)

è f

‘3

Le

vergini romite, e a farleonore

I devoti recessi ornan d’ allegri Pendenti serti e di purpuree sete.

Perciò qual di sue lodi a correr prende Tutti i vasti sentieri, a largo subbio

,

DifficiI tela e interminata avvolge:

E

, se il meglione cerca, èall’operosa

Ape

simìlche va difiore in fiore,

Quando

1’erbe sen fan gremite e piene,

E

mille ne preliba efra cotanti Nettarei succhi dubitosa pende.

Ma

fia degno narrar

come

schiudea,

Di gran sangue germoglio, al sol le luci?

Come

in adorna culla e in ben trapunte Seriche fasce sotto ilarghi tetti Si giacque e ne gioirl’Austrasie terre,

Con

essa la reai valle diScbelda?

Come

d’Oténo le superbetorri

Raggiar d’armie d’insegne,e le dorate Sale quel giorno risuonàr del canto De’trovatori, che auguraisirventa Sciogliean sull’arpe? Questi pregi un dono Son dilabil ventura enon li guarda L’occhiodel

nume;

di Geltrude al core

.Scenderà più diletto assai quel

carme

II qual dirà ,

come

con lingua appena Scompagnata dallatte incliti sensi D’onore profferiva, onde le genti Presedi dolce maraviglia spesso L’unoall’altrodiccan,di tal fanciulla Noi

vedrem

riuscircose divine.

Fuordi costume puerile ingrati L’eranoi giochi, e non prendeadiletto

(30)

*4

A

gircantando con te ninfea-schiera-,

9

d’un gaio levrier lesnelle piante Sciogliereal corso, olungo

un

mobil rivo Intesserghirfandette, avvolgerhalli-

O

sirail ludo. Kisuonavan sempre ]\e’paterni castelli argentee trombe

E

teneri liuti; e visto appena

Da

lungescintillarferrato usbergo Dicavaliero, dechinargli-il ponte,

Raccoglierlo, onorarlo era il perenne~ Ufficio degli ospitali alberghi:

Poi del'suo

nome

e del valor farprova Seco armeggiando;

ma

da giostre e prandi-*

Da

grida popolesche e-da tripudio

La

fanciullainvola vasi, condotta Dal suo desir solingoor sottof ombra*

D’un

ameno

mirteto, or in muscosa Gelidagrotta-, doveun-piceiol-fonte Zampillandopiovea dai rotti selci.

Ivi partircon 1’antroi suoi pensieri-

Godeva

; insorama avea d’infante nulla

Fuor

che tempoesembianza:onde

mai

paga

Di

sue splendide case,e ancor

d

1eta<ie Novella, d’abitar prese consiglio

Per

entro iclaustridel silenzioamici Fra piedonzelle, e vi s’ascose- al

modo Che

talor sul mattino1il più ridente Astro

veggiamo

alzardai-glauchi flutti

Tremolando

ilbel crine, indi improvviso D’una rosata nuvolettain

grembo

Penetrare e vanir.

Fra corto spazio Qui degli anni1*aprileal chiaro viso Cresceva e alletornite agili

membra

•—lBigifeedbyGoogle

(31)

*5

Una

sivereconda, una si schietta Leggiadria oheil parlar vince d’assai.

Motti leidesiavanoscettrati Prenci e garzoni di beltà famosi,

Perchè ascettrati prenci ea bei garzoni Della sua venustàcorso era il grido

E

del senno canutoin pargoletta Tenerafronte a gran stupor racchiuso.

A

celarla a tutt’

uomo ombra

non valse D’eremitiche

mura

e il più secreto Recintodegli aitar, che troppo lungi Inviala grazia giovanti suo

lume

,

Se virtude gli è scorta, e spesso indarno^

Le

vaste arened’ocean profondo

La

conchiglia eritrèacopron gelose.

Ella però d’ognimortai connubio- Alteraraente schivai giorni e l’ore Belle superne sponsalizieaffretta

E

all*infole sopirà e al venerando

Diadema

, che insegnardebbe allegenti

Come

fatta è celesteeil granmistero D’

amor

s’adempia.

Sbigottì tal

nuova La

nobil

madre

e accelerando mosse Al femmineo cenobio. Entro ilcapace Atrio e le logge a più color distinte

E

afin lavoro di morescointaglio Scolpite lampeggiò schiera d*armati Suoi siniscalchi e giovani donzelli

Con

vergate divise ed’or granfregi.

Al subito apparir della reale

Matrona

incontro le sifèr cortesi

Le

caste solitarie, avvolte inbianchi DifFusi veli;

ma

seguia

cammino

(32)

i6

Poco

attenta di lor 1’altera donna,

Ed

in secreto conla dolce figlia Si restrinse e ledisse.

O

del mio sangue Parte diletta, o figlia, unica,

amata

;

Ch’ip del

mio

sen nudriva e carezzando

E

baciando addormia soventein culla;

Una

odiosa

fama

erra ed afferma Di te quel chetemere

unqua

non volli

,

credo ancor cheatemers’abbia.

Addunque

Fuggirai tu da queste braccia? e piena D’etade

come

son, farai deserta Di te la vita mia?fra vili schiatte

La

possanza e il valor del

nome

nostro Cadrà disperso? coprirai di

muta

Squallidezza la tua patria

magione

,

L’alta

magion

dei Brabanzesi? Otèno

E Laudo

, che mirò schiuder tuoi lumi; Pur del dubbio s’angoscia, e nevan meste Quante ha guerriere plebi il suol ferace Ch’è dal

Varo

precipitealle fredde

Acque

di Lòira

, perocché son tutte Al voler di colui del quale, o dolce Figlia, t’ingenerai. Certo non dietti 11 ciel rare virtudi e veloce Conoscimento e talleggiadro aspetto,

Sol perchè in tenebrosi aditi il serri,

Obliando te stessa e disfiorando

Tra

picciol tempo.

Or

vien

, figlia, consola Di tua presenza i lari tuoi, consola Del tuotalamo un prodea cui fortuna

E amor

sorrida. Molti duci sono Focosi d’acquistar le pellegrine

Tue

forme e pronti a misurar lor pregio

(33)

Con

mostre di battaglie: entro lafesta Del mirabil tornèo pudica e altera

Tu

sederai vedrai bandiere ed elmi Piumatiinnanzi a te, figlia, inchinarsi;

Ed

allor sentirò balzarmiil cuore

E

fremertutto di

materna

orgoglio.

Potrai libera intanto averconsiglio Fra te dite

medesma

, e a pien tuogradò

Qualuuque

estimerai vincer per sermo

E

per sembianze condurrai beato Alletuebraccia; odi ricchezze avite

Goda

anticosplendore e di superbo

Reame

, ovveroil doterai*tu stessa In guisa che nonfìa minor d’alcuno:

Molt’ oro avrà, terràconteeo ilregno»

Della scoscesa Otèno e sovra dieci Altre forticastella.

In-cotai voci Miste d*amplessi prorompea ladonna,

E

lacrimandoalla rispostaattese.

Palpita di rincontro esismarrisce L’ onesta dun?elletla, e in viva grana Colorandole gote,a terraaffigge ].parlanti occhi:

ma

sottile un foco L’ entra nel petto e lievesi propaga- Perli

menomi

polsi; allorsecura

Rompe

ilsilenzio, e»quali ilcor gl’inspira Cotai formagli accenti,

0 madre

, tutto

Che

m’offri, altrove posseder m’attendo

E

più vago e più saldo e più perfetto.

iVon-dir

che

le onoranzeio

mi

dispoglio- Del chiarissimosangue, onde per sorte Concetta fui, nèche struggendo il1vezzo-

so

di

mia

gioveniude: un maritaggio'

(34)

rita politica

,avesseroagiacere

iguude

e quasi sconosciute

,o potesse darsi

con-

flitto tra 1*

amore

di

Dio

e

quello della

patria.

Invece

,

conforme

al

giudizio vo-

strorettissirao

,lavita civile

incomincia

dalla religione

;

con

lei

crescono

,

dura- no

esi

fanno venerande

leglorie

naziona- n

>i riti, leleggi,i

costumi

tutti

d' un

popolo

:

radunansi

inleie

partecipano

del

lume suo

le

memorie precipue de’tem- P

1 e le

auguste speranze dell'avvenire, mentirono

di

questo modo

e

procederono

cosìin

ogni

cosa

quegli

Italiani,

che nel decimosecondo

e

decimoterzo secolo rin- novarono

le

maraviglie del valore latino;

neati

davvero

e

gloriosi senza fine nella

ricordanza

dei postèri,

se mai dalla men-

te

non cancellavano essere

tutti figliuoli

« una grande

patria,

e che

la

prima

leg-

ge

evangelica

prescri

ve va.

loro

di sempre

amarsi

l’un

T

altro

carne uguali «

fratel-

li,dilaniati a

condurre ad

effetto

con

sa-

Vla reeiprocanzadi

virtùfidi fatiche

le

nhà

j

ma 8

nificlie

eprog r «

ssive

dell’uiùa-

rlll

Con

ta,e

iiilendiòiento furono

dettati jaesli

inni sacri

,

a I,» en ° f er quanto

il

DigitizeribyGoogle

(35)

«9 De’ molossi a instigar la rabbia e il morso^

Chi di balestre e di zagaglie a trarre Subiti cólpi. L’ anitrir dei caldi Corsieri, lostormir della foresta,

Le

trombe,igridi, ilplauso agran distanza Ferian 1*orecchio e del romito albergo

La

quiete

rompean

: poi

quando

il sole Cerca 1’occasoe a quei silenti claustri D’ultimo raggio percuotea 1’acute Finestreeffigiate a color mille,

Fra i platani frondosi, ond’ era cin»o li monistero, comparia soletto

Un

giovine reai di vigorosa

Fresca avvenenza e conun misto in volto Di fierezza e d’

amor

soave piglio

;

Sul ben frenato corridorsedeva Eretto e in

modi

graziosi e alteri Il biondo capo ador ad or volgea,

Procacciandoscuoprir col mobil guardo Entroi devoti claustri alcun sembiante

A

lui diletto;

ma

non passa al cuore Di Geltrude oggi più forma terrena,

Poiché tuttoil segnar di loro stampa

E

di lorfuoco le bellezze eterne.

Salve, beata, non è void*ingegno

O

difavella che al concetto arrivi Ditue lodi sovrane e appien ricordi L’ opre leggiadre, poi che il santo velo Fece

ombra

al fiordegliannituoi.Qual primo Diròdei merti e qual secondoI*i folti Sospir dirò del consapevol petto

E

le lacrime belle in urne d’oro

Da

amicoangiol risposte e su nel cielo

(36)

Discoperteal Signor, ohe inanellata, Disposando, 1*avead’eterea

gemma?

O

purdirò l’illustre ingegno e quale Profondavenadi saper

V

ascose,

Tesaurizzandoil senno d'ogni etade?

Fin da* suoitenerelli annila prese

Magnanimo

desio di >cercar tutto Ilnohilmagisterio,ondeconcordi

Mosser

da prima-le create cose.

Sudò

sopra lecarie,e di notturna

Lampada

al

lume

{scolorandoil volto,

L’ acutodel pensiero occhio distese

Per

lo gran

mar

deli’essere, cheovunque Cela sue prode, e ne tentò gli abissi.

Nè P

ardue rocche e i penetralisolo Visitò di Sofia,

ma

la faconda Arte conobbed’ogni cor regina,

Possente a fabbricar doratinodi

Pei piò schivi intelletti, ea lei dallabbro Stillavan dolcid’eloquenza i fiumi:

Poscia divero in ver,di

lume

in

lume

,

Sopravvanzando il

lume

di natura

,

Nel

primo veroalzò la

mente

e quivi Scioltad’ogni mortai curala immerse.

Così talor di forteaquila il figlio,

Inespertodel volo, ei bassigioghi

Rade da

prima epiù e più s’infranca,

Fin chel’Alpipossiede, e vistoilsole,

Che

purtantosull’Alpi eccelsosplende, Al sole aspira e viprofonda il guardo.

Ave

, Geltrude: qualdel ciel t’accoglie Parte serena e quale sidipinge Di tue care sembianze?

Hai

tulo scanno

-j

- - - -

.»

(37)

21

nelquarto epiciclo e cresciil gaudio .

Di lor

, ch’aprirò del saper le fonti

E

lieti n’irrigàr 1’avide menti?

0

sei nella remota e tarda sfera,

Cui notò del suo

nome

il favoloso Autor del tempo, e in cui di terra assunto Splende 1’abitator del sacro speco

E

il meditante suo popolconduce Su per 1’ aureoscaleo? Forset’allieta

La

chiarezza che fan gli astri conserti

Der

l’

immenso

cristallo, o tua gran lode Più ancor t’incela, eprossima trionfi

Ove

la maestà s’apre del

nume

Fra gli alti Troni? Favorevol guarda Dei regni dei formiil travagliato Mortale e il suon di nostre preci ascolta.

Me

pur,

me

diva, ascolta e per fiorito Sentier di filosofica dottrina

Trainmi a gustar del cibo onde si larga .

Mensa

imbandivial tuodedaleo ingegno.

Fa

tu^.pietosa almen che non m’asseti Ilvenefico nappo, al qual chi beve, Sco.rda la nobiltà di sua natura,

Tra

i bruti sirassegna e delle cose

Al

governoripon muti elementi

Che

forman gli astrie loperchè non sanno.

Spirami in petto, o santa, il generoso Pensier che volaoltre isepolcri, e scuopri Di

me

medesinoa

me

1’ente sublime. .

Allor quante sul

mondo

erranoschiatte D’

umani

e quante ne scaldò già il sole

O

saran perli tempi, aride foglie

Non mi

parranno che dispiega aprile

(38)

E

abbatte ii verno,/eli durevoi seme In lorconoscerò 1’egregie stirpi,

L’ esser diffuso e l'animate

membra

Bel civile universo,entro eui ferve

Una

provvida mente,

un

sacro spiro

Che

in meglioil volge e per velocearcano Giro di sortiil suodestinmatura.

Allor qual chiusa in

rame

onda, che turge

Per

le

damme

supposte e fuor trabocca, Nel

comuo

bene verserà l’intera

Alma commossa

e nella patria sola

Avrò

lecure, dispettando ii vile

Oro,

chefattodelle geoti è nume.

Per

poveraetà, per bugiarde D'onordivise, tral’infamia e illezzo

Di

soppiattelibidini e d’ orditi Crudeli inganni,

come

irondin vola Sullo stagno fangoso

e mai

noitocca,

Cotal

mi

scorgi dirittamente illeso D’ogni viltade e d’ogni larva ignudo;

Vegga

il

mondo

per teche sapiènte,

Chiarointelletto non contrasta al cielo

,

E

che virtutee il ver, sonouna cosa.

iSirvente in provenzale,sirvanteinfrancese,era unaspeciedi poesia, adoperata dai trovatori nei soggeltigravienegliencomii.

a Questa Geltrude era natada Pipino,principe diLauden

, prefetto del palazzoeministro del re d’Austrasia.

(39)

/

INNO {.

A

8. at&99&81La«

Te

d*uninno allegrar forte m’invoglio,

O

divoRaffaele, e del sereno Di tua luce vestirlo,ancor elle molto- L’ingegnoa eotal volo arduo impauri.

Salve, osuperno. In reai trono assiso

Te

inchinan1’altre creatureprime

Te

su lor glorioso e noverato t

Fra i settespirti che nel ciel son grandi

E

ministri maggiordi Paradiso ;

Però

quando

alle elette

alme

radduci L’immortai piede o agli stellanti alberghi Degli angelici cori, assurgo» tutti Da’vaghi ^eggi

e

di bei fiorieterni T* ofFron diademi. Narrerò qual fosti Prodecontro gli abissi, il d\ che a

pugna

Uscir le tetre

arme

di Stige e mille Informi»Bria rei?tu di Michele

Compagno

all’ire, il trionfai vessillo Spiegasti, che a terribile cometa Sfolgorava, simile e

una

sanguigna

(40)

zi

Luce

piovea sugli elmi d’oro.

É

questo Dell’alpe di lassù degnosubietto

A

la forte armonia. Noi direniquanto Dolce ai mortali il

nome

tuo risuona,

Poi che non rado alor scendi propizio,

Come

tremolo raggio antelucano Di benigno pianeta; e, se nonmente Devoto grido, al rustical banchetto D’Abfàain t’assidenti insiein coi

duo

Aligeri consoiti, entro i silenzi

Di Munibre e'al rezzo cheda l’ombrauscia Della quercia ospitale.

— Or

te d’ogniegro, D’ogni languenteloderò stupendo Medicatore. Al tuo pensier son tutte Conte 1’erbe saiubri onde l’aprico

Emo

va lietoe il Pelioombrosoe Creta Di dittamofeconda ela felice

Arabia e quante ne cercò Chirone, Favoloso centauro, oal Palestino

Gran

re lurnote; discopertoa noi Ciò venne

primamente

e

magno

grido Corsene,

quando

il giovinetto ebreo

Teco ambì

visitarle Caspie porte.

Scendea costui dóvebasso e lento Scorre il Tigri allagato è tra fogliose Canne s’avvolge. allorcheun fiero

enorme

Pesce sbucar mirò dell’imo gorgo

E

avventategli contro. Assai tu fosti

Di presso il lido con parole e sguardi Pronto nell’uopo, e a via cacciar la

tema

Il siiadesti , eh’impeto tatto

Nel

mostro, 1’abbrancò forte allo lauci

,

Spaventevole a dirsi, onde ogni Iena

(41)

Troncóglia un puntoegl

1

impedì darcrollo:

PercJiè indarno attorcendosi eguizzando»

Già

domo

e lasso e boccheggiante a riva Trascinolio; tagliato indi il capace Ventre, un arcano medicarne invenne Tra’suoi visceri occulto, e portentosi Effetti ne seguir,

— Duce

scettatro Del deiforme.regno, a te pur

manda Uom

ramingole preci, o chefra cupe Boscaglie ilfera la ventosa pioggia,

0

colto dalla notteerri inlonginquo

,

Muto

deserto ove

mai

cerchiasilo.

S’atterra ilpellegrino a tue votive Are, e tra

mano

il bordon pio raccolto,

Dallagelata Ibercia, o dal sonante Ultimo Beti a la gran

Roma

affretta.

In te piena così ripongon fede 1 viandanti, e cominciò

da

allora

Che

al misero parente il ben chiomato Tobia rendesti. Era il garzonein punto Di porsi a sconosciuto aspro viaggio,

E

in pensici* ne tremava e tali in petto, Volgea timidi sensi: or

dunque

in nove Terre

mi

caccerò , varie di gente

E

di lingua e di foggie, io non esperto D’affannosi perigli; io non scaltrito Dell’altrui frodi, e che dagli occhi lunge Mai non ebbi le

mura

alle e i palagi Di Ninive superba?Ei sidubbiando Fra il cor diceva, e tu 1’udisti. Pronte Di per se stesse al tuovoler s’aprirò E' eteree porte, e giù dal ciel scendevi.

Suonò come

ricurvo arcod’argento

*

(42)

a6

L’aere percosso, e germogliò la terra Sottoal tuo piede.Il mite aspettoassumi Poi d’Azaria,

uom

di leggiadro sangue,

E

signor d’Esebòna e delle valli Vitifere di

Sibma

; un largo cuoio D’auree fibbie costretto ai lombi intorno Ti si ravvolge insiem regge succinta

La

tunica, qual suole a un affrettato

Per

via messo od araldo. In questa forma Al garzon t’appresenti e con soave Piglio il richiedi:

Amico

, iltuo diviso Sdegneraidiscuoprire ad

uom

prudente

E

pien difede?

Va

permolte orecchie

Che

di recarti hai fermooltre Adiabene,

Oltre il Tigri precipite, e varcando

Di Tauro

i gioghi entrarfraiMedi, anlicbi Pascitori di

mandre

, e veder 1’alta Ecbatana e

Ragèa

pinguedi biade.

Nudo mi

sponi il vero: io pur disegno

La

di tradurmie so le vie; percorse

Fur

da

me

tutte; e le foreste, i monti Cavernosi, ogni valle, ogni fossato

Ne

hocerchial

tempo

chefuggirm’

avvenne

L’ira acerba delre, cui fea rifiuto Di gir

compagno

al lacrimoso eccidio Della sacraSionne; e millemorti

Ben

togliea sostener prima che ilferro Snudar controla patria. Mettiamci

Dunque

aun

cammino

esovveniamoa prova L’

un

l’altro; prenderemvario diletto:

lo ne’spessicolloqui e tunel duovo Estranio suol. Vedrai sulcurvo Lieo

La

palmifera Arbella; indi la fòrte

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(43)

*7

Apamèa

, dove nudo alciel si spicca

Lo

Zagriomonte, e Laodicelieta Di popolo; vedrai pampinelli colli;

Udirai mandie per 1’erbose piagge L’ecodestar delle convalli, e molto Di lunge ammirerai sorger fastosa Ecbatana turrita

In queste voci Favelli e il cor-del giovinettoallegri, Cui dei ciel manifesta era 1’aita.

Peiciò qual de’ tuoimettiil più preclaro

Diremo

, o qual verrà de’carmi alsegno, Dellissimo sugli altri e

come gemma

Scelta in tesolo? I travagliati padri

E

quei tutti cheal sole al/an 1’opaca Pupilla indarno, a tedal consciopetto

Mandan

la sospirosa umil preghiera.

Invocan tele donzelletle amanti

,

O

vagheggin propinquo ildì beato Del nuzi'al complesso, o in drappei casto Di cognatemattone e verginelle

Movan

timide doveil si suona,

Che

al cors’apprendeed’una purailnudre Voluttade d’

amor

, perchè gioiosa Ride la terra e vien sembiante al cielo, il piantoelle ricordano e gli affanni,

Per te indolcezza d’imenèoconversi Alla Assira fanciulla, unico sangue Di Ragiiele, e per heltade onesta

Caramente

diletta. Ahi! 1’infelice Estintilagrimava uno appo 1 altro In corto

tempo

ifloridi mariti,

Che

uno occulto

demone

orrendamente

J\egliamplessi uccidea.

Furo

allenozze

(44)

28

Bensette volte legiogali tede

Raccese, ed alltrettante il chiaro aspetto Cangiarnell’adro; e dieì* funerea luce

A

squallenti feretri intorno appese.

Ma

quel felice vi'ator, che suso Il canto appella,

come

certo e lieto

Che

il francheggiavi- tu d’alto sussidio,

Impalmò

la deserta inauspicata

Donna

e la benda mortilaI disciolse.

Poco s’aprian pelò le dubitoSe

Alme

a la gioia: nò d’eburnee tibie,

O

del niliaco sistroiva farguto Concento perle case;eran di fiori

Nude

le soglie, vedovoil parete D’istoriati drappi; erano incerte L' ariede’volti, e non ridean le

mense

Di giocondi parlari. Al fi»la notte Spuntò del sonno amica, e palpitando Sul caro capo del garzo»leggiadro,

L’abbracciò Ragiiele e dentro il mise All’odoroso talamo.

Ma

questi.

Com’aitosenno impone, il fior soave Delle nozzenon colse-Entro pulita Concava pietra con adatte schegge Vivace fiamma suscitò, poiv’arse Del pesce fluvital le non corrotte Inteiiora, e genuflesso innanzi Quella mistica

vampa

,orò devoto.

Fuor di terrene spoglie erasi.intanto L’AngioI di Dio sul limitar locato Del bencostrutto talamo,

umano

Occhio il vedea; dal capo al piè vest'ia he tremende anni, in cui si Baccani’

he

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