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TRACCE E GIURISPRUDENZA DI DIRITTO CIVILE. (Con traccia per l esercitazione)

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TRACCE E GIURISPRUDENZA DI DIRITTO CIVILE

II

(Con traccia per l’esercitazione)

CORSO INTENSIVO AVVOCATO 2021/2022 a cura dell’avv. Giulio Forleo

www.jurisschool.it

www.ildirittopenale.blogspot.com

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2 INDICE

Premessa………..…3

Traccia assegnata nella precedente dispensa………...4

Schema risolutivo esercitazione……….5

Traccia: Contratto a favore del terzo………...8

Soluzione Traccia 1……….9

Traccia: Irregolarità urbanistica ed invalidità del contratto preliminare………..…15

Soluzione Traccia 2………...16

Traccia: Interpretazione del contratto di assicurazione in favore degli eredi………24

Soluzione Traccia 3………..25

Traccia: Valutazione della rilevanza in caso di inadempimenti reciproci………..39

Soluzione Traccia 4………...40

Traccia: Azione revocatoria, contratto preliminare e pignoramento………..44

Soluzione Traccia 5………...45

Traccia: Clausola risolutiva e titolarità del bene………...58

Soluzione Traccia 6………...59

Traccia: Mancato rilascio di fideiussione e nullità del preliminare……….65

Soluzione Traccia 7………...66

Traccia: La causa in concreto e il contratto di assicurazione………..78

Soluzione Traccia 8………..79

Traccia: Recesso ad nutum e regole di correttezza e buona fede……….89

Soluzione Traccia 9………..90

Traccia: Proposta ed elementi essenziali del contratto………94

Soluzione Traccia 10………95

Traccia: Ripetizione dell’indebito, prescrizione ed interessi………...99

Soluzione Traccia 11……….100

Traccia: Obbligazioni solidali ed eccezione di prescrizione………..116

Soluzione Traccia 12………..117

Traccia: Cessione di credito Ente Pubblico e nullità del contratto………...125

Soluzione Traccia 13………..126

Traccia: Natura gratuita del trust familiare e azione revocatoria………139

Soluzione Traccia 14………..140

Traccia: Azione di simulazione relativa e assoluta: prescrizione……….148

Soluzione Traccia 15……….149

Traccia: Annullamento del contratto: irrilevanza dell’errore sulla valutazione economica del bene………..154

Soluzione Traccia 16……….155

Traccia per l’esercitazione……….172

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3 Premessa Gentili ragazze/i,

con questa seconda dispensa del modulo di civile continueremo la trattazione degli istituti generali della disciplina delle obbligazioni e dei contratti.

Nella parte inziale della dispensa troverete lo schema risolutivo della traccia assegnata nel precedente modulo.

Nella parte finale troverete una raccolta di massime del 2019 da studiare.

Vi ricordo che lo studio della singola massima non dovrà limitarsi alla questione approfondita dalla Cassazione, ma dovrà essere per voi punto di partenza per il ripasso degli istituti ivi richiamati.

Nell’ultima pagina della presente dispensa, oltre che sulla vostra pagina personale della piattaforma e-learning, vi è, come al solito la traccia da svolgere.

Ricordatevi di completare sempre la procedura di consegna dell’elaborato e di controllare che lo stesso non sia semplicemente salvato in bozza.

Buono studio e buon lavoro, Avv. Giulio Forleo

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TRACCIA ASSEGNATA NEL MODULO DI CIVILE 1

In data 10 gennaio 2020, Caio acquista da Tizio un’abitazione facente parte del condominio Beta.

Dopo tre mesi dall’acquisto, Mevio, amministratore del suddetto condominio, richiede al nuovo condomino il pagamento di euro 10.000,00 quale importo relativo ad alcuni lavori di manutenzione dell’edificio condominiale per i quali Tizio era rimasto inadempiente.

In particolare, la suddetta somma si riferiva:

- per euro 7.000,00 ai lavori di rifacimento della facciata deliberati dall’assemblea condominiale ed eseguiti nell’anno 2016;

- per i restanti euro 3.000,00 ai lavori di manutenzione dell’impianto elettrico condominiale deliberati ed eseguiti in data 26 dicembre 2019.

Dopo due mesi da tale comunicazione, Caio si oppone alla richiesta, assumendo che in entrambe le occasioni in cui erano stati deliberati i lavori non era condomino e pertanto non aveva preso parte alla decisione di eseguire detti lavori. La richiesta di pagamento avrebbe dovuto essere inoltrata al precedente proprietario Tizio.

Caio contestava, inoltre, all’amministratore l’invalidità assoluta di entrambe le delibere in quanto approvavano un riparto di spese tra i condomini sulla base di tabelle millesimali provvisorie.

L’amministratore, al contrario, ritenendo che Caio fosse il legittimo destinatario della pretesa economica, minacciava di attivare le necessarie e opportune procedure di recupero del credito.

Caio si rivolge dunque al vostro studio legale, chiedendovi parere motivato sulla vicenda e sulle possibili azioni da attivare a propria difesa.

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SCHEMA RISOLUTIVO

1. Cerchiare/Sottolineare i principali elementi in fatto che caratterizzano la traccia e che dovrete brevemente rappresentare alla Commissione:

- Caio acquistava da Tizio in data 10 gennaio 2020, un’abitazione inclusa nel condominio Beta.

Dopo tre mesi, riceveva dall’amministratore la richiesta di pagamento di una somma pari ad Euro 10.000,00 per i lavori di manutenzione dell’immobile.

- In particolare, le somme richieste si riferivano per 7.000,00 euro al rifacimento della facciata effettuato all’anno 2016 e per 3.000,00 euro alla manutenzione dell’impianto elettrico avvenuta nel 2019.

- Dopo due mesi dalla predetta richiesta, Caio si opponeva, rifiutando di eseguire il pagamento ed eccependo sia la successiva acquisizione della qualità di condomino, sia l’invalidità delle relative delibere assembleari, giacché fondavano la ripartizione delle spese condominiali su tabelle millesimali provvisorie.

2. (INCIPIT PER INTRODURRE L’ESPOSIZIONE IN DIRITTO)

Indicare che, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie descritta, pare doveroso affrontare due diverse questioni giuridiche.

In primo luogo, si tratta di individuare gli obblighi che si configurano a carico del nuovo acquirente in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio; successivamente, occorre valutare la natura dell’invalidità (nullità o annullabilità) delle delibere di ripartizione delle spese fondate su tabelle millesimali provvisorie ed i conseguenti termini di impugnazione.

3. Quanto alla prima questione, la disposizione da analizzare per comprendere la problematica dell’esigibilità del credito condominiale nei confronti del soggetto che è subentrato nella proprietà dell’unità immobiliare è quella dell’art. 63 disp. att. c.c.

Tale norma trova applicazione al caso di specie in quanto norma speciale rispetto a quella contenuta nell’art. 1104 c.c.. Infatti, l’art. 1139 c.c. dispone che le norme che regolano la comunione ordinaria (tra cui rientra l’art. 1104 c.c.) si applicano al condominio solo se manca un’espressa disposizione speciale nella normativa condominiale.

Fermo restando, dunque, che l’obbligazione de qua sia da inquadrare nella categoria delle c.d.

obbligazioni propter rem e che l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese per le parti comuni deriva, in via immediata, dalla titolarità del diritto reale sull’unità immobiliare, nel caso in esame l’acquirente non è responsabile senza limiti di tempo del pagamento dei contributi nei confronti del condominio, come avviene invece in materia di comunione, ex art. 1104 c.c..

4. Chiarire che, in particolare, al quarto e quinto comma dell’art. 63 disp. Att. C.c. è previsto che colui che subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei

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6 contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

5. A conferma della bontà di tale opzione ermeneutica, può farsi riferimento ad un recente arresto della Corte di Cassazione secondo cui “sebbene l’art. 1139 c.c. in tema di comunione degli edifici richiami la normativa dettata in tema di comunione ordinaria per gli aspetti che non siano appositamente disciplinati, in tema di responsabilità per i crediti maturati dal condominio relativamente ad un’unità immobiliare di cui siano mutati i relativi proprietari, non si applica l’art.

1104 c.c. (che sancisce la responsabilità illimitata del dante causa e dell’avente causa senza limiti temporali), bensì l’art. 63 disp. Att. Cc., avente carattere speciale, per cui l’alienante dell’unità immobiliare è solidalmente responsabile con l’acquirente della medesima unità per quel che attiene ai crediti maturati dal condominio nell’anno in corso e in quello precedente” (Cass civ., 16 gennaio 2015, ord. n. 702).

6. Orbene, nel caso di specie, i lavori di manutenzione predetti sono stati deliberati ed eseguiti in epoche diverse: quelli relativi alla facciata dell’edificio condominiale risalgono all’anno 2016, mentre quelli concernenti l’impianto elettrico al dicembre 2019.

Tenuto conto che l’unità immobiliare è stata acquistata da Caio in data 10 Gennaio 2020, ne consegue che egli è obbligato a versare soltanto la quota relativa alla manutenzione dell’impianto elettrico, deliberata ed eseguita nell’anno precedente all’acquisto e non anche l’altro contributo, dal momento che i lavori alla facciata fuoriescono dai limiti del biennio di cui all’art. 63 disp. Att. C.c..

Solo in relazione al primo contributo infatti, Caio è obbligato in solido con il suo avente causa Tizio.

Dopo l’effettuazione del pagamento, tuttavia, egli potrà agire in regresso ex art. 1299 c.c. nei confronti del precedente proprietario, potendo ripetere nei confronti di quest’ultimo quanto pagato al condominio Beta.

7. Quanto alla seconda questione giuridica da analizzare, relativa al tipo di invalidità da cui sono affette le delibere assembleari adottate sulla base di tabelle millesimali provvisorie, occorre precisare che l’art. 1123, comma primo stabilisce che “la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio […] sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.

8. Le tabelle millesimali servono proprio agli effetti dell’art. 1123 c.c., nonché degli artt. 1124, 1126 e 1134 c.c., cioè ai fini di ripartire le suddette spese e di computare i quorum deliberativi e costitutivi in sede di assemblea.

Quanto alle modalità di approvazione delle stesse, l’art. 68 disp. Att. C.c. prevede che il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al

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regolamento di condominio. Con riferimento, invece, al criterio di identificazione dei valori millesimali, la giurisprudenza ha chiarito che esso deriva autonomamente dal rapporto tra il valore dell’edificio e il valore delle proprietà esclusive: si tratta quindi di un canone di ripartizione che esiste prima e indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali.

La preesistenza del rapporto di valore tra le singole unità immobiliari e l’intero edificio, dunque, comporta che la delibera assembleare adottata sulla base di tabelle millesimali provvisorie sia semplicemente annullabile e non nulla.

9. Con riferimento ad un caso simile a quello oggetto del presente parere, la Suprema Corte ha inoltre specificato che “in tema di condominio negli edifici, la deliberazione con cui l’assemblea, in mancanza di tabelle millesimali, adotti un criterio provvisorio di ripartizione delle spese tra i condomini nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 1135 n. 2) e 3) c.c. non è nulla, ma solo annullabile, non incidendo comunque sui criteri generali dettati dall’art. 1123 c.c., con la conseguenza che la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c.” (Cass. n. 1439/2014).

10. Chiarito che si verte in una ipotesi di annullabilità delle delibere e che la loro impugnazione sarebbe dovuta avvenire, ai sensi dell’art. 1137 c.c., entro 30 giorni dalla comunicazione al condomino, nel caso di specie la contestazione di Caio all’amministratore del condominio, effettuata dopo due mesi dalla comunicazione, deve considerarsi tardiva essendo ormai trascorso il relativo termine decadenziale.

11. Alla luce di quanto esposto, concludere evidenziando che Caio, non potendo più impugnare le delibere assembleari per decorso del termine di decadenza, è tenuto ad effettuare al condominio Beta, ai sensi dell’art. 63 comma secondo, disp. Att. C.c., soltanto il pagamento di euro 3.000,00 relativi ai lavori per l’impianto elettrico in quanto compiuti nell’anno precedente e, perciò, rientranti nei limiti temporali previsti dalla norma.

Successivamente potrà recuperare la somma pagata al condominio mediante esercizio dell’azione di regresso ex art. 1299 c.c. nei confronti di Tizio, suo dante causa.

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8 TRACCIA N. 1

Il Tribunale di Trani emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di Caia per il pagamento della somma di Euro 28.000 a titolo di saldo del prezzo di vendita del camper usato Fiat Adria Mobil che i ricorrenti in monitorio, Mevia e Tizio., assumevano di aver alienato alla debitrice ingiunta in data 25 novembre 2020 per il prezzo di Euro 38.000, di cui corrisposti solo Euro 10.000.

Caia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo la sua estraneità al rapporto contrattuale concernente la compravendita del mezzo, per essere divenuta solo successivamente donataria del veicolo, acquistato dal coniuge Sempronio, ed a lei intestato solo a titolo di liberalità.

Il giudice di primo grado rigettava l'opposizione, confermando integralmente il decreto ingiuntivo opposto e condannava l'opponente al pagamento delle spese del giudizio.

Secondo il Tribunale, a prescindere da chi aveva condotto le trattative e reso disponibile la provvista, in ogni caso la proprietà del camper era stata trasferita all'opponente con dichiarazione unilaterale di vendita dei proprietari, pertanto l'opponente non poteva sostenere di essere estranea al rapporto negoziale, essendo proprietaria e intestataria del veicolo, con tutti i diritti e gli obblighi conseguenti, compreso quello del pagamento del prezzo ove effettivamente non saldato. Infatti, anche a volersi configurare una donazione indiretta, realizzata attraverso l'acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro di altro soggetto messo a disposizione per spirito di liberalità, l'attribuzione gratuita era attuata con il negozio oneroso corrispondente alla reale intenzione delle parti che lo avevano posto in essere e non era un negozio simulato. Tale negozio aveva prodotto, quindi, l'effetto diretto suo proprio oltre a quello indiretto relativo all'arricchimento del destinatario.

Caia si rivolge al vostro studio legale al fine di ottenere parere motivato circa la possibilità di appellare vittoriosamente la sentenza di primo grado.

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SOLUZIONE TRACCIA 1: CONTRATTO A FAVORE DEL TERZO.

Cassazione civile sez. II, 30/03/2021, n. 8766

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Molfetta, emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di U.C. per il pagamento della somma di Euro 28.000 a titolo di saldo del prezzo di vendita del camper usato Fiat Adria Mobil targato (OMISSIS) che i ricorrenti in monitorio, C.N. e L.M., assumevano di aver alienato alla debitrice ingiunta in data 25 novembre 2005 per il prezzo di Euro 38.000, di cui corrisposti solo Euro 10.000.

2. U.C. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo la sua estraneità al rapporto contrattuale concernente la compravendita del mezzo, per essere divenuta solo successivamente donataria del veicolo, acquistato dal coniuge Ci.Sa., ed a lei intestato solo a titolo di liberalità. U.C.

deduceva altresì l'insussistenza del credito vantato dai ricorrenti perchè l'acquisto del camper, per il prezzo di Euro 28.000, interamente versato, era intercorso con la ditta Boscovacanze di P.B., con sede in (OMISSIS).

3. Il giudice di primo grado rigettava l'opposizione, confermando integralmente il decreto ingiuntivo opposto e condannava l'opponente al pagamento delle spese del giudizio.

4. U.C. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

5. La Corte d'Appello di Bari rigettava l'impugnazione confermando la sentenza appellata. In particolare, la Corte d'Appello rigettava i primi due motivi di appello, correggendo in parte la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d'Appello rilevava che la dichiarazione di vendita proveniva esclusivamente dalla parte venditrice, prassi normale nell'alienazione degli autoveicoli.

Nella specie, pertanto, il trasferimento era avvenuto a mezzo di dichiarazione unilaterale di vendita sottoscritto solamente dai venditori la cui firma era stata autenticata dal notaio Ca.Ol.. Il Tribunale, pertanto, aveva errato nel ritenere che il documento fosse firmato da entrambe le parti e, tuttavia, tale errore non inficiava la sentenza impugnata in quanto l'appellante non aveva contestato la propria qualità di mera beneficiaria della prestazione contrattuale. Tale circostanza, dunque, risultava pacifica, poichè anche i venditori non avevano mai sostenuto di aver intrattenuto contatti con l'appellante ma solo con il coniuge dal quale erano stati accompagnati presso il notaio. Secondo la Corte d'Appello non rilevava se la signora U. fosse effettivamente proprietaria del camper che il coniuge aveva acquistato, non essendo un caso di intestazione non coincidente con la proprietà o di intestazione fittizia ma di intestazione in capo all'effettiva proprietaria. Pertanto, a prescindere da chi aveva condotto le trattative e reso disponibile la provvista, in ogni caso la proprietà del camper era stata trasferita all'appellante con dichiarazione unilaterale di vendita dei proprietari, pertanto l'appellante non poteva sostenere di essere estranea al rapporto negoziale, essendo proprietaria e intestataria del veicolo, con tutti i diritti e gli obblighi conseguenti, compreso quello del pagamento

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del prezzo ove effettivamente non saldato. Infatti, anche a volersi configurare una donazione indiretta, realizzata attraverso l'acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro di altro soggetto messo a disposizione per spirito di liberalità, l'attribuzione gratuita era attuata con il negozio oneroso corrispondente alla reale intenzione delle parti che lo avevano posto in essere e non era un negozio simulato. Tale negozio aveva prodotto, quindi, l'effetto diretto suo proprio oltre a quello indiretto relativo all'arricchimento del destinatario.

La Corte d'Appello rigettava anche il motivo di appello con il quale l'appellante aveva sostenuto che, poichè il camper era stato lasciato in conto vendita presso la ditta Blu Boscovacanze, si doveva presumere un mandato a vendere. La Corte d'Appello rigettava anche l'ulteriore motivo di appello relativo all'eccessività del prezzo, superiore addirittura a quello di un veicolo nuovo.

Secondo la Corte d'Appello, il fatto che gli appellanti avessero lasciato un camper esposto in conto vendita presso la rivendita Blu Boscovacanze non implicava necessariamente il rilascio di una procura a vendere la cui sussistenza nella specie non era in alcun modo dimostrata.

Significativamente era stato il marito dell'appellante a contattare i proprietari e non già la concessionaria che sulla base della procura a vendere avrebbe avuto l'interesse a comunicare la conclusione dell'affare. Peraltro, l'appellante non aveva ritenuto di chiamare in causa quale effettiva parte venditrice la Blu Boscovacanze che era rimasta estranea al giudizio nonostante a suo dire avesse incassato il ragguardevole prezzo di Euro 28.000. Peraltro, non era stato addotto alcun testimone a conoscenza di tale fatto, salvo i colleghi di lavoro del coniuge dell'appellante che avevano riferito circostanze apprese de relato ed estremamente generiche. Quanto alla eccessività del prezzo non era in discussione che il prezzo fosse stato liberamente convenuto tra le parti.

6. U.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi.

7. C.N. e L.M. hanno resistito con controricorso.

8. Entrambe le parti, con memoria depositata in prossimità dell'udienza, hanno insistito nelle rispettive richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1321,1326,1376,1470 e 1477 c.c., nonchè del R.D. n. 1814 del 1927, art. 13, per aver ritenuto conclusa la vendita del camper usato a mezzo della dichiarazione unilaterale sottoscritta dai precedenti intestatari del mezzo.

La Corte d'Appello di Bari benchè posta di fronte alla dimostrazione del rilevante errore commesso dal primo giudice lo ha considerato irrilevante. Infatti, il ricorrente deduce che risultava accertato documentalmente in modo incontrovertibile che la scrittura privata autenticata del 25 novembre 2005 fosse una dichiarazione unilaterale firmata dai soli controricorrenti e risultava come dato pacifico tra le parti che la signora U. non soltanto non fosse presente all'incontro avvenuto in tale data nello studio notarile ma che la stessa fosse rimasta totalmente estranea all'accordo, essendo l'acquisto del camper riconducibile ad un'iniziativa personale del coniuge.

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Secondo la Corte d'Appello la vendita di un autoveicolo può realizzarsi anche a mezzo di una dichiarazione unilaterale sottoscritta dal solo venditore. Tale affermazione sarebbe gravemente erronea, essendo ben noto che la compravendita costituisce certamente un contratto avente specificamente ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa e che il trasferimento della proprietà di una cosa determinata si realizza solo per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato, ragione per la quale sarebbe sin troppo evidente che una dichiarazione unilaterale anche se resa per iscritto non possa giammai comportare di per sè alcun effetto traslativo in difetto di un consenso contrattuale espresso da entrambi i contraenti. La Corte territoriale avrebbe totalmente trascurato di considerare che la dichiarazione unilaterale di vendita di autoveicoli disciplinata dal R.D. n. 1814 del 1927, art. 13, u.c., lungi dall'assumere funzione traslativa attiene solo all'obbligo posto a carico del venditore dall'art. 1477 c.c., comma 3, di consegnare all'acquirente oltre alla cosa oggetto del contratto i titoli e i documenti relativi alla proprietà o all'uso della cosa venduta.

Nel caso di specie a fronte dell'inadempimento del venditore - che peraltro era la ditta Blu Boscovacanze - era stata richiesta dall'acquirente direttamente ai coniugi intestatari del mezzo la dichiarazione unilaterale di vendita e questi ultimi avevano preteso la corresponsione a loro favore della somma di Euro 10.000. Il raggiungimento di tale autonomo accordo però non aveva conferito a costoro il ruolo di venditori, nè tantomeno il diritto a percepire l'eventuale residuo prezzo di vendita non ancora corrisposto al venditore.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1470 e 1498 c.c., per aver ritenuto sussistente il credito relativo al pagamento del prezzo di vendita a favore di un soggetto diverso dal venditore e per aver ritenuto gravante sull'appellante l'obbligazione di pagamento del prezzo di acquisto.

Secondo la Corte territoriale l'obbligazione a carico della signora U. deriverebbe dal semplice fatto che la stessa era divenuta proprietaria e intestataria del veicolo con tutti i diritti e gli obblighi conseguenti, compreso quello al pagamento del prezzo ove effettivamente non saldato.

La ricorrente richiama l'art. 1498 c.c., che pone a carico del solo acquirente il pagamento del prezzo di vendita di talchè non sarebbe comprensibile la ragione in virtù della quale si possa imporre l'adempimento di tale obbligazione a carico di un soggetto diverso. L'obbligazione di pagare il residuo del prezzo, ove ritenuta sussistente, gravava esclusivamente su Ci.Sa. che era l'unica parte del contratto di compravendita (intercorso peraltro con altro soggetto ovvero con la Blubosco vacanze).

In ogni caso, secondo la ricorrente, non può ritenersi che il donatario indiretto del bene, beneficiato attraverso la mera indicazione del suo nominativo nella dichiarazione unilaterale di vendita sia tenuto al pagamento del prezzo solo in quanto destinatario della proprietà del bene per effetto della liberalità indirettamente realizzata a suo favore.

Infatti, è pacifico che la donazione indiretta si caratterizza per il fine perseguito e non già per lo

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strumento negoziale adottato a tale scopo che, dunque, può essere costituito da qualunque negozio o da più negozi collegati e consiste nell'elargizione di una liberalità che viene attuata, anzichè con il negozio tipico di cui all'art. 769 c.c., mediante un negozio oneroso che produce in concomitanza con l'effetto diretto suo proprio anche l'arricchimento del destinatario della liberalità. Nel caso in esame il negozio oneroso concluso dal Ci. con la ditta Blu Boscovacanze e consistente nella compravendita dell'autoveicolo perfezionatosi con l'incontro dei consensi tra i soggetti contraenti è collegato con il negozio (donazione indiretta) concluso tra l'acquirente e la odierna ricorrente realizzato solo attraverso la richiesta rivolta ai signori C. - L. di intestare il bene alla indiretta donataria. Tale collegamento negoziale non ha trasferito in capo alla donataria gli obblighi del contratto di compravendita e non comporta pertanto alcun obbligo di pagamento del corrispettivo, dovuto solo ed esclusivamente dall'effettivo acquirente.

2.1 I primi due motivi, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Nella specie risulta pacifico che, sin dalle trattative e fino alla conclusione del contratto di compravendita del camper, la parte acquirente è stata esclusivamente Ci.Sa., marito della ricorrente.

Tale circostanza, secondo la Corte d'Appello, se pur pacifica non contestata ed accertata in fatto, sarebbe irrilevante posto che, con la dichiarazione unilaterale di vendita effettuata dinanzi al notaio Ca.Ol., il bene è stato intestato a U.C., odierna ricorrente. Infatti, a pag. 6 della sentenza impugnata si legge testualmente che: "non rileva che le trattive siano state condotte dal Ci. il quale ha reso disponibile la provvista e ha contrattato e finanziato l'acquisto del camper perchè la moglie ne divenisse proprietaria".

In realtà, fermo l'accertamento dei fatti effettuato dai giudici di merito, occorre dare ad essi un diverso inquadramento giuridico muovendo dalla constatazione che non vi è stato rapporto contrattuale tra i coniugi C. - L. e U.C., restando quest'ultima estranea allo svolgimento dello schema negoziale avvenuto esclusivamente tra il marito Ci. e i medesimi C. - L.. Tale schema negoziale deve ricondursi a quello del contratto a favore di terzo.

Risulta erronea pertanto la sentenza della Corte d'Appello di Bari nella parte in cui ha statuito che l'obbligazione di pagare il prezzo, anche se il Ci. si era adoperato perchè la moglie divenisse proprietaria, gravava su U.C. perchè aveva accettato l'investitura e, dunque, non poteva considerarsi estranea al rapporto negoziale, essendo divenuta proprietaria del veicolo con tutti i diritti e gli obblighi conseguenti, compreso il pagamento del prezzo.

Nella specie, infatti, sulla base della ricostruzione in fatto effettuata dalla Corte d'Appello, U.C. è solo terza beneficiaria del contratto di cui non è mai divenuta parte e, appunto, l'operazione negoziale posta in atti deve essere qualificata come contratto a favore di terzo.

Nel contratto a favore di terzo occorre distinguere la titolarità del diritto (che appartiene al terzo che non diventa mai parte del contratto) dalla titolarità del rapporto contrattuale, che fa capo ai contraenti tradizionalmente denominati stipulante e promittente. Il terzo beneficiario, infatti, non è

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parte nè in senso sostanziale nè in senso formale e si limita a ricevere gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante, configurandosi la sua adesione - rilevabile per facta concludentia - come mera condicio iuris sospensiva dell'acquisizione del diritto, restando la dichiarazione del terzo di voler profittare del contratto necessaria soltanto per renderlo irrevocabile ed immodificabile ex art. 1411 c.c., comma 3 (Sez. 3, Sent. n. 13661 del 1992, e Sez. 1, Sent. 1136 del 1988). Ciò significa che le eventuali azioni contrattuali (di invalidità, di inadempimento, ecc.) devono essere intentate nei confronti dello stipulante o del promittente ma non contro il terzo. Nè il terzo può proporre le azioni contrattuali contro lo stipulante e il promittente, ad eccezione dell'azione di adempimento. Infatti, il diritto che il terzo acquista nei confronti del promittente e dello stipulante è quello alla prestazione contemplata nel contratto, senza che ciò comporti la sostituzione del beneficiario nella posizione del promittente, non verificandosi successione nel rapporto, e conservando ciascuno dei soggetti la propria posizione (di parte contraente o di beneficiario) anche nella fase di attuazione del contratto.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1731 e 1376 c.c., per aver erroneamente negato la sussistenza di un mandato a vendere tra i signori C. - L. e la concessionaria Blu Boscovacanze e conseguentemente per aver trascurato il perfezionamento dell'effetto traslativo del bene a causa del consenso alla vendita validamente espresso dalla commissionaria.

La Corte d'Appello ha affermato che lasciare un camper in conto vendita presso una rivendita non implica necessariamente il rilascio di una procura a vendere e nella specie non vi era alcun elemento da cui desumerne l'esistenza. A parere del ricorrente tale affermazione sarebbe erronea. Se come riconosciuto dagli stessi presunti venditori il deposito del camper presso la concessionaria Blu Boscovacanze era avvenuto in conto vendita, ciò comportava l'esistenza tra le parti ( C. - L. e la concessionaria Blu Boscovacanze) di un contratto di commissione disciplinato dall'art. 1731 c.c., consistente in un mandato avente ad oggetto la vendita di beni per conto del committente e commissionario. Tale contratto, sarebbe un sottotipo qualificato di mandato senza rappresentanza che si differenzia per l'assenza della contemplatio domini. Nel caso di specie quindi l'affidamento del camper dalla concessionaria Blu Boscovacanze da parte dei coniugi C. - L., essendo diretto e finalizzato a far vendere tale automezzo per l'acquisto di un camper nuovo ha certamente realizzato la conclusione di un contratto di commissione con la conseguenza che l'effetto traslativo del bene si è verificato solo allorchè si è perfezionata la vendita conclusa verbalmente tra la commissionaria Blu Boscovacanze e Ci.Sa..

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1321 e 1322 c.c., falsa applicazione dell'art. 1470 c.c., per aver ritenuto che l'accordo intervenuto tra il coniuge della ricorrente ed i signori C. - L. costituisse un diverso ed autonomo contratto di compravendita.

I ricorrenti fondano la censura sulla premessa che l'unico contratto di compravendita sia quello intercorso tra la concessionaria Blu Boscovacanze e Ci.Sa. e che la dichiarazione di vendita sottoscritta successivamente dai controricorrenti non abbia costituito un secondo contratto tra

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soggetti diversi, ma solo un adempimento autonomamente richiesto dal Ci. ai signori C. - L. allo scopo di consentire all'acquirente di eseguire la trascrizione al pubblico registro automobilistico della titolarità dell'autoveicolo acquistato.

La Corte territoriale avrebbe falsamente applicato l'art. 1470 c.c., ritenendo che la dichiarazione di vendita costituisse un secondo contratto di compravendita, in violazione degli artt. 1321 e 1322 c.c., che disciplinano il contratto e l'autonomia contrattuale.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1326,1376 e 1470 c.c., per aver ritenuto concluso tra le parti un contratto di vendita del camper per il prezzo di Euro 38.000, in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in materia di disponibilità e di valutazione delle prove per aver ritenuto provata la pattuizione di un prezzo di Euro 38.000.

La Corte barese, sulla scorta dell'erronea convinzione che la dichiarazione unilaterale del 25 novembre 2005 avesse realizzato una vendita, ha ritenuto accertato che il prezzo fosse pari ad Euro 38.000 e ha conseguentemente ritenuto che lo stesso fosse stato pagato dagli appellati solo per la minor somma di Euro 10.000.

A parere dei ricorrenti, invece, era circostanza pacifica il pagamento alla Blu Boscovacanze della somma di Euro 28.000 per la vendita del camper. Peraltro, la Corte d'Appello avrebbe erroneamente negato la piena valenza confessoria dell'indicazione contenuta nella dichiarazione unilaterale del 25 novembre 2005 della quietanza del prezzo di vendita ivi indicato. Tuttavia, la Corte d'Appello di Bari non si sarebbe avveduta della grave contraddittorietà di tale affermazione con la tesi della natura traslativa della dichiarazione unilaterale.

5. I motivi terzo, quarto e quinto sono assorbiti dall'accoglimento dei primi due.

6. In conclusione, la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bari in diversa composizione che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bari in diversa composizione che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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15 TRACCIA N. 2

Tizio, in qualità di promissario acquirente, e Caia, in qualità di promittente venditrice, stipulavano un preliminare di compravendita di un immobile sito in Roma alla via Alfa.

Al termine fissato per la stipula del definitivo, però, Tizio si rendeva irreperibile e non si presentava dinanzi al Notaio scelto.

Caia, pertanto, conveniva Tizio dinanzi al Tribunale di Roma chiedendo che il Tribunale pronunciasse una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., che producesse gli effetti del contratto definitivo non concluso a causa dell'inadempimento del convenuto, oltre alla condanna della controparte al pagamento del prezzo concordato all'atto del rogito.

Tizio si costituiva in giudizio deducendo la nullità del preliminare, in quanto, in spregio alle prescrizioni di cui all’art. 40 della L. n. 47 del 1985 l’immobile presentava degli abusi ed era privo di certificazione della regolarità urbanistica, pertanto la domanda ex art. 2932 c.c. non poteva trovare accoglimento.

Caia, preoccupata per l’eccezione sollevata da Tizio, si rivolge al vostro studio legale al fine di ottenere parere pro veritate sulla vicenda. Vi conferma, altresì, l’effettiva presenza degli abusi al momento del preliminare, ma vi riferisce anche che gli stessi erano stati medio tempore sanati.

Il candidato rediga il richiesto parere.

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SOLUZIONE TRACCIA 2: IRREGOLARITA’ URBANISTICA ED INVALIDITA’ DEL CONTRATTO PRELIMINARE.

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, n. 6191

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Immobili Commerciali s.p.a., in qualità di promissaria acquirente, conveniva in giudizio la società Minotauro s.r.l. in qualità di promittente venditrice, chiedendo che il Tribunale pronunciasse una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., che producesse gli effetti del contratto definitivo non concluso a causa dell'inadempimento della convenuta, oltre alla condanna della stessa al risarcimento dei danni derivanti da ritardo nel trasferimento della proprietà.

La Minotauro srl si costituiva e aderiva alla domanda ma, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna della controparte al pagamento del prezzo convenuto all'atto del rogito, oltre al risarcimento del danno derivante dal mancato guadagno previsto per la realizzazione dell'immobile da erigere su un terreno edificabile, oggetto di diverso preliminare stipulato da un terzo soggetto, ma non concluso a causa della mancata disponibilità del ricavato della vendita non conclusa.

Il Tribunale pronunciava sentenza con cui trasferiva alla Immobili Commerciali s.p.a. la piena proprietà dell'immobile, condannando la stessa a pagare alla Minotauro Srl la somma di Euro 1.950.000, oltre accessori di legge e gli interessi al saggio legale dal 14 settembre 2006 al saldo.

Rigettava le ulteriori domande e compensava le spese.

Avverso la suddetta sentenza Immobili Commerciali s.p.a. proponeva appello, eccependone la nullità o l'inefficacia, nonchè la contraddittorietà delle motivazioni. In particolare, eccepiva che il preliminare non prevedeva il dovuto riferimento alla regolarità urbanistica dell'immobile oggetto di vendita in spregio alle prescrizioni di cui alla L. n. 47 del 1985 e tale circostanza non consentiva una pronuncia ex art. 2932 c.c.. Inoltre, lamentava la condanna al pagamento del prezzo maggiorato degli interessi, nonostante l'inadempimento della controparte che aveva ritardato il rogito per l'impossibilità di dimostrare la regolarità dell'immobile.

La Corte d'Appello di Bologna rigettava il gravame. La Corte evidenziava che non era in contestazione che le parti avevano raggiunto un accordo per la stipula del rogito in data 4 agosto 2006 e che il legale rappresentante della Minotauro, a causa di un legittimo impedimento, non aveva potuto essere presente al rogito e che quindi il termine non era stato rispettato.

A fronte di tale impedimento la controparte aveva assegnato inopinatamente un ulteriore termine per la conclusione del definitivo nel giorno seguente la data prestabilita. Tale termine, comunicato il giorno precedente, doveva ritenersi certamente incongruo e, dunque, inidoneo a determinare l'inadempimento della promittente venditrice. Anche in relazione alla diffida ad adempiere la Corte d'Appello evidenziava che la congruità del termine doveva essere valutata in relazione alla natura

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del contratto e agli usi e, dunque, non poteva ritenersi tale, quando una delle parti avesse richiesto un preavviso, come nel caso di specie, di tre giorni per la stipula. Peraltro, non vi era alcun inadempimento alla stipula del definitivo, soprattutto in relazione alla regolarità urbanistica dell'immobile, in quanto il contratto si sarebbe regolarmente concluso qualora non vi fosse stato l'impedimento del legale rappresentante della Minotauro srl, senza che la Immobili Commerciali eccepisse alcunchè in merito alla regolarità urbanistica. Una volta escluso l'inadempimento della Minotauro non poteva procedersi all'accoglimento della domanda risarcitoria della Immobili Commerciali. Al contrario, il Tribunale aveva correttamente ritenuto inadempiente la parte appellante, ritenendo assolutamente congruo il termine con cui la Minotauro Srl per ben due volte l'aveva invitata inutilmente alla stipula del definitivo, il 10 agosto per il 13 settembre e, successivamente, il 9 ottobre per il 28 ottobre. Alla responsabilità per inadempimento seguiva la condanna a corrispondere gli interessi. La Corte d'Appello rigettava anche l'appello incidentale con motivazioni che in questa sede non rilevano.

2. Immobili commerciali S.p.A. ha proposto ricorso avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.

3. Minotauro Srl ha resistito con controricorso.

4. Con memoria depositata in prossimità dell'udienza Minotauro sri ha insistito nella richiesta di rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 116 c.p.c., comma 1, artt. 2730 e 2733 c.c.. Conseguente vizio della sentenza ex art.

360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente evidenzia che nel contratto era previsto espressamente che la Minotauro garantisse la piena regolarità urbanistica dell'immobile promesso in vendita, sicchè la mancata presentazione il 5 agosto alla stipula del rogito era dovuta all'impossibilità di provare tale regolarità urbanistica.

Infatti, la Minotauro, non essendosi riuscita a procurare la documentazione relativa ai provvedimenti amministrativi attestanti il ripristino della destinazione urbanistica ad uso negozio dell'immobile oggetto di trasferimento, aveva presentato al Comune di Parma una sanatoria per mutamento di destinazione d'uso senza opere in data 20 luglio 2011. Successivamente era stata presentata copia della SCIA in sanatoria presentata il 15 ottobre 2015 e avente ad oggetto la sanatoria di opere interne realizzate in difformità rispetto al titolo edilizio e copia della lettera del 17 marzo 2016 con la quale il dirigente del servizio controllo abusi edilizi del Comune di Parma aveva scritto che all'epoca dell'emissione del provvedimento di archiviazione del procedimento sanzionatorio per il cambio di destinazione d'uso - e quindi successivamente a tale data - per pervenire alla conformità dei locali sarebbe stato necessario procedere a sanare le opere interne che avevano anche rilevanza strutturale. Risultava, dunque, per tabulas che almeno dal 2003

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sull'immobile promesso in vendita erano presenti serie irregolarità ed abusi di portata strutturale, che ancora persistevano almeno sino all'ottobre 2015.

La motivazione della Corte d'Appello sul punto sarebbe in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., avendo qualificato come supposti e, dunque, come solo ipotetici o congiunturali i fatti che, invece, erano pienamente provati. In applicazione delle suddette norme processuali la Corte di Bologna avrebbe dovuto rilevare che la dedotta circostanza dell'irregolarità urbanistica dell'immobile era stata documentalmente dimostrata proprio dalla Minotauro. Inoltre, la produzione era avvenuta ad iniziativa della controparte e, dunque, aveva un valore di confessione giudiziale e formava piena prova nei confronti della parte che l'aveva effettuata. Il ricorrente dunque deduce anche violazione degli artt. 2732 e 2733 c.c..

Il ricorrente, inoltre, deduce anche la violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, e dell'art. 1418 c.c., con conseguente vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3.

In sostanza il ricorrente evidenzia che, in mancanza di certificazione della regolarità urbanistica dell'immobile, la Corte d'Appello avrebbe dovuto rilevare la nullità del contratto preliminare intercorso tra le parti.

Infine, sempre con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt.

1175,1375,1453 e 2932 c.c., e della L. n. 47 del 1985, art. 40. Conseguente vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo il ricorrente il mancato raggiungimento della prova in ordine alla regolarità dell'immobile dovrebbe risolversi in termini di inadempimento del promittente venditore.

1.1 Il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.

Occorre premettere che "in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati" (Sez. U, Sent. n. 9100 del 2015).

Il ricorrente infatti, con il motivo in esame, pone tre distinte censure, una prima i volta a sostenere che nel corso del giudizio era stata fornita la prova dell'irregolarità urbanistica dell'immobile anche in virtù dell'ammissione della controparte che costituiva confessione giudiziale e che la Corte d'Appello avrebbe violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., nella valutazione degli elementi emersi nel corso dell'istruttoria oltre che gli artt. 2732 e 2733 c.c. sulla confessione; una seconda, con la quale deduce la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, e dell'art. 1418 c.c., perchè in mancanza di certificazione della regolarità urbanistica dell'immobile, la Corte d'Appello avrebbe dovuto rilevare la nullità del contratto preliminare intercorso tra le parti; una terzalsul mancato raggiungimento della prova in ordine alla regolarità urbanistica dell'immobile che rappresenterebbe la prova

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19 dell'inadempimento del promittente venditore.

1.2 Quanto alla prima censurai deve ribadirsi che la valutazione della prova è attività riservata al giudice di merito sindacabile da questa Corte o per violazione di legge, nel caso il giudice di merito applichi la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni in violazione dell'art. 2697 c.c., o per violazione dell'art. 115 quando il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma. Perchè vi sia tale violazione il giudice del merito deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove" (Cass. n.

11892 del 2016). (Cass. S.U. n. 16598/2016).

Nella specie la Corte d'Appello, con giudizio di fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che la ricorrente non avesse provato l'inadempimento della Minotauro, e che la presunta irregolarità urbanistica degli immobili non fosse la ragione che aveva determinato la mancata comparizione del rappresentante legale della Minotauro per la data fissata per la stipula del definitivo il 4 e il 5 agosto del 2006. Infatti il 4 agosto il suddetto rappresentante legale aveva avuto un problema di salute, documentalmente accertato, e la successiva convocazione per il giorno successivo non era giustificata, essendo necessario un preavviso di almeno tre giorni e non potendosi attribuire alcuna rilevanza al fatto che l'impedimento del rappresentante della Minotauro era di modesta entità.

Risulta, pertanto, del tutto irrilevante la dedotta ammissione in giudizio da parte della Minotauro della irregolarità urbanistica del bene compravenduto. Non vi è stata, dunque, alcuna violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e tantomeno degli artt. 2730 e 2733 c.c..

1.3 Quanto alla violazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, deve ribadirsi l'indirizzo interpretativo di questa Corte secondo il quale: "La sanzione della nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perchè la dichiarazione di cui all'art. 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente all'1 settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare. Ne consegue che, in queste ipotesi, rimane esclusa la sanzione di nullità per il

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20

successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art.

2932 c.c." (Sez. 2, Ord. n. 6685 del 2019).

L'orientamento alla base dell'estensione della nullità L. n. 47 del 1985, ex artt. 17 e 40, ai contratti preliminari, espresso nelle sentenze n. 23591/13 e 28194/13 di questa Corte, non ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza di legittimità (salvo che nella sentenza n. 18621/2015) mentre l'esclusione dei contratti obbligatori dall'ambito di operatività della nullità L. n. 47 del 1985, ex art.

40, costantemente affermata nella giurisprudenza di legittimità anteriore alle citate sentenzk n.

23591/13 e 28194/13 è stata ribadita nelle sentenze di questa Corte n. 28456/2013, 9318/16, 21942/2017 e 11659/18 oltre che in quella sopra citata.

Tale indirizzo è oramai definitivamente consolidato e il Collegio ritiene di darvi continuità.

Nella specie, peraltro, l'irregolarità urbanistica non era neanche relativa alla mancanza di permesso di costruire ma solo alla destinazione d'uso del bene. Si trattava, dunque, di una mera irregolarità urbanistica poi oggetto di sanatoria. Sul punto, è opportuno ribadire anche il recente approdo delle sezioni Unite che hanno affermato la natura di nullità solo formale della previsione di cui alla L. n.

47 del 1985, art. 40.

In occasione della citata pronuncia, infatti, si è affermato il seguente principio di diritto: "La nullità comminata dall'art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40, della L. n. 47 del 1985, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato" (Sez. U, Sent. n. 8230 del 2019).

Ne consegue che l'irregolarità urbanistica dell'immobile lamentata dai ricorrenti non rileverebbe neanche ai fini della nullità del contratto definitivo ed infatti il giudice ha pronunciato sentenza ex 2932 c.c.. La presunta prova di tale irregolarità, infine, non potrebbe rappresentare alcuna dimostrazione dell'inadempimento della MinotauroI visto che la stessa Immobili Commerciali ha agito per l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare ex art. 2932 c.c., mostrando di avere interesse alla conclusione dell'affare mediante la stipula del definitivo.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione degli artt. 1175,1183,1375,1453 e 1454 c.c., conseguente vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura attiene alla parte della sentenza che ha ritenuto incongruo il termine assegnato alla Minotauro in relazione alla convocazione per il rogito del 5 agosto 2006, in tal modo ritenendo non doversi configurare l'inadempimento della Minotauro. A parere del ricorrente la Corte d'Appello

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avrebbe dovuto accertare la congruità della convocazione per il rogito, avendo riguardo agli usi, alla natura del rapporto, agli interessi delle parti e alle attività da compierei non potendo fondare la decisione solo sulla richiesta di preavviso di almeno tre giorni. Peraltro, se la Minotauro era in grado di stipulare il 4 agosto, di certo lo sarebbe stata anche il giorno successivo, anche perchè il certificato medico del rappresentante legale indicava semplicemente un mal di testa senza alcuna prognosi o necessità di riposo.

2.1 Il secondo motivo è infondato.

Si è già detto della motivazione per la quale la Corte d'Appello ha ritenuto che la convocazione per il giorno successivo a quello stabilito per la stipula del definitivo non fosse giustificata, essendo necessario dare quantomeno un preavviso di tre giorni.

Il ricorrente fa un richiamo del tutto generico agli usi, alla natura del rapporto e agli interessi delle parti e, in ogni caso, richiede in sostanza una diversa interpretazione sulla congruità del termine di un solo giorno che i ricorrenti avevano assegnato alla promissaria acquirente per la stipula del definitivo, a seguito dell'impedimento alla data stabilita nel contratto.

Peraltro, nel motivo non si deduce che il termine previsto per il 4 agosto fosse un termine essenziale, nè tantomeno che la volontà di posporre la stipula al giorno successivo era dovuta a tale natura. Ne consegue che deve presumersi che il suddetto termine non fosse essenziale come dimostra anche la richiesta ex art. 2932 c.c., e che la mancata comparizione per la stipula il giorno successivo a quello dell'impedimento del rappresentante legale della Minotauro non costituiva un inadempimento tale da giustificare l'opposta condotta di mancata comparizione nelle date successive.

Deve ribadirsi in proposito che anche in relazione al contratto preliminare, il termine per la stipulazione del definitivo, che esplica funzione di limite temporale in ordine alle obbligazioni reciprocamente assunte dai contraenti di consentire al contratto finale, non è essenziale per sua natura, ma lo diviene solo se le parti, nella loro autonomialabbiano ad esso attribuito portata determinante, a meno che questa non derivi dalla natura e dall'oggetto del negozio. Peraltro, l'essenzialità del termine per la stipula del definitivo va desunta non già da mera formula di stile ma dalla volontà delle parti come emergente da specifiche espressioni adoperate dai contraenti dalle quali desumere l'intenzione di considerare ormai venuta meno l'utilità perseguita nel caso di conclusione del contratto definitivo oltre la data stabilita. Nella specie, al contrario, l'interesse perseguito dalle parti volto alla stipula del definitivo sussisteva, tanto che la ricorrente aveva richiesto di stipulare il contratto il giorno successivo e, come si è detto, ha anche agito per l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c..

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 e 1453 c.c., conseguente vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Nel preliminare, la Minotauro aveva promesso in vendita il bene libero da ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli mentre dai suoi stessi atti era emerso che sull'immobile era ancora iscritta

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un'ipoteca. Tale aspetto è stato del tutto ignorato dalla Corte d'Appello in violazione delle norme sopra citate. Sarebbe stato obbligo della Minotauro procurare la cancellazione dell'iscrizione dell'ipoteca gravante sull'immobile in epoca antecedente al rogito e comunque in tempo utile a consentire ad Immobili Costruzione di accedere al finanziamento garantito da una nuova iscrizione ipotecaria sul medesimo bene. Circostanza quest'ultima nota alla controparte.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 1223 e 1282 c.c., conseguente vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura attiene alla condanna della ricorrente al pagamento degli interessi legali senza esame dell'eccezione di compensazione lucri cum damno i fondata sul fatto che l'immobile era condotto in locazione e i canoni erano incassati dalla controricorrente. Tale canone avrebbero dovuto essere detratto dagli interessi dovuti da Immobiliare Costruzione.

4.1 Il terzo e il quarto motivo sono inammissibili.

In entrambi i casi il ricorrente sottopone all'esame della Corte questioni nuove, di cui non si fa cenno in sentenza e senza indicare in quale atto del giudizio le abbia fatte valere.

Con riferimento al terzo motivo, infatti, nel ricorso non vi è alcun cenno a quando nel giudizio di merito sia stata dedotta la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., per l'esistenza dell'ipoteca sul bene promesso in vendita. Con riferimento al quarto motivo/ il ricorrente afferma solo di aver dedotto a pag. 6 dell'atto di citazione che Immobili Commerciali non poteva essere condannata al pagamento degli interessi di qualsiasi natura non dimenticando che Minotauro aveva incassato gli affitti dal conduttore. Inoltre, lo stesso ricorrente lamenta che il giudice non abbia rilevato d'ufficio l'eccezione al fine di determinare l'esatta misura del danno risarcibile.

Dunque, entrambi i motivi sono inammissibili in applicazione del seguente principio di diritto: "In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio" (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7 Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

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23 P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 9000, di cui 200 per esborsi;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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24 TRACCIA N. 3

Con contratto del 27 settembre 2020 Mevio stipulava con Gamma spa una assicurazione temporanea a capitale costante ed a premio annuo per il caso di morte, in favore "degli eredi legittimi dell'assicurato", che prevedeva, nell'ipotesi di decesso dell'assicurato, un capitale di Euro 100.000,00.

In maniera del tutto improvvisa, in data 10 gennaio 2021, Mevio decedeva a causa di un incidente stradale.

In assenza di disposizioni di ultima volontà, in data 25 gennaio 2021, l’assicurazione Gamma S.p.a.

liquidava l’indennizzo assicurativo in favore degli eredi legittimi dell’assicurato: la coniuge Caia e il nipote Sempronio, figlio del fratello premorto.

Nello specifico, Caia riceveva due terzi dell’indennizzo assicurativo, mentre Sempronio otteneva solamente un terzo.

Con lettera raccomandata del 30 gennaio 2021, Sempronio contestava alla compagnia assicurativa i criteri di ripartizione adottati, rilevando che avrebbe dovuto corrispondere l’indennizzo in parti uguali ad entrambi gli eredi.

Avendo altresì esperito invano il tentativo di mediazione ex D.L.vo 28 del 2010, Sempronio si rivolge al vostro studio legale al fine di far valere i propri diritti.

Il candidato, assunte le vesti di legale di Sempronio, premessi brevi cenni sugli istituti e sulle tematiche sottese alla fattispecie concreta, rediga parere legale motivato sulla possibilità di ottenere un indennizzo maggiore di quello effettivamente percepito.

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SOLUZIONE TRACCIA 3: INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE IN FAVORE DEGLI EREDI.

Cassazione civile, Sezioni Unite, 30/04/2021, n. 11421

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La BNP Paribas Cardif Vita Compagnia di Assicurazione e Riassicurazione S.p.A. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1124/2018 della Corte d'appello di Catania, pubblicata il 18 maggio 2018.

A.B.G. ha notificato controricorso contenente altresì ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.

2. La Corte d'appello di Catania ha accolto il gravame spiegato da A.B.G. contro l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 702-ter c.p.c., comma 6, dal Tribunale di Caltagirone, ed ha perciò condannato la BNP Paribas Cardif Vita Compagnia di Assicurazione e Riassicurazione S.p.A. a pagare in favore di A.B.G. la somma di Euro 254.283,42, oltre interessi, a titolo di differenza tra l'importo già versatogli, pari ad Euro 169.552,28, e quanto dovuto in base alle polizze sottoscritte dal defunto A.P.P., fratello dell'attore. La Corte di Catania ha evidenziato come le quattro polizze caso vita, stipulate da A.P.P. con la BNP Paribas Cardif Vita, individuavano quali beneficiari gli "eredi legittimi". Pertanto, ad avviso dei giudici di appello, la BNP Paribas Cardif Vita aveva erroneamente suddiviso l'indennizzo in cinque quote uguali fra A.B.G., fratello di A.P.P., morto il (OMISSIS), ed i quattro nipoti figli della sorella A.A., morta il (OMISSIS), subentrati per rappresentazione. La sentenza impugnata ha affermato che A.B.G. avesse diritto, piuttosto, a metà dell'indennizzo assicurativo, in proporzione alla sua quota ereditaria, mentre ai quattro nipoti, subentrati per rappresentazione ex art. 467 c.c., nel luogo e nel grado della loro madre, sarebbe spettata la restante metà da ripartire fra loro.

Con ordinanza interlocutoria n. 33195/2019 del 16 dicembre 2019, pronunciata all'esito della pubblica udienza del 20 settembre 2019, la Terza Sezione civile, rilevata la sussistenza di questione di diritto già decisa in senso difforme da precedenti pronunce della Corte, ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite.

E' stata altresì acquisita la relazione predisposta dell'Ufficio del massimario.

Il ricorso è stato deciso in Camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso della BNP Paribas Cardif Vita Compagnia di Assicurazione e

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26

Riassicurazione S.p.A. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1920 e 1362 c.c.. La ricorrente principale allega che le quattro polizze oggetto di causa contenessero tutte la clausola del seguente tenore: "Beneficiari in caso di morte dell'assicurato: 04 eredi legittimi". La censura contesta la soluzione prescelta dalla sentenza n. 19210/2015 della Corte di cassazione, e condivisa dalla Corte d'appello di Catania, invocando l'art. 1920 c.c., comma 2, in tema di designazione anche generica del beneficiario, evidenziando come i vantaggi dell'assicurazione sulla vita a favore di terzi derivano da acquisto svincolato dalle norme successorie e richiamando l'elaborazione giurisprudenziale sul punto antecedente alla citata pronuncia del 2015. La ricorrente principale sottolinea altresì come la stessa sentenza n. 19210/2015 della Corte di Cassazione si trovò a decidere su una clausola che, a differenza del caso in esame, individuava quali beneficiari "gli eredi testamentari o legittimi". La censura richiama quindi la successiva sentenza di questa Corte n.

26606 del 2016, la quale riaffermò che nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell'art. 1920 c.c., comma 3, un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non può, quindi, essere oggetto di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima. Si contesta ancora il riferimento al "senso dell'uomo comune"

che condurrebbe ad evitare un'attribuzione dell'indennizzo agli eredi in parti uguali, anzichè in misura della devoluzione ereditaria, non potendosi pensare che chi contrae una polizza vita voglia in quel momento imprimere agli effetti del contratto assicurativo le quote stabilite negli artt. 565 c.c. e segg..

Il secondo motivo di ricorso della BNP Paribas Cardif Vita S.p.A. deduce la violazione degli artt.

1362,1369 e 1371 c.c., in tema di interpretazione del contratto, con riguardo: al comportamento complessivo di A.B.G., che aveva in un primo momento richiesto la liquidazione dell'indennizzo in parti uguali con gli altri eredi; all'epoca in cui le polizze furono sottoscritte (tra il 2008 e il 2009) ed alla "disciplina" allora esistente in giurisprudenza ed in dottrina; alla volontà delle parti; alla arbitraria interpolazione del testo negoziale compiuta dalla Corte d'appello; ai disagi provocati dalla subordinazione della liquidazione delle polizze alla compiuta definizione delle vicende successorie.

2. Il motivo del ricorso incidentale di A.B.G., proposto in via subordinata all'accoglimento del ricorso principale, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 570 e 467 c.c., assumendo che, se non siano applicabili nel caso di specie le norme sulla successione, ed in particolare quelle sulla rappresentazione, traendo origine il diritto del beneficiario della polizza dal contratto, i nipoti dello stipulante defunto non possono proprio essere considerati quali "eredi legittimi", sicchè al ricorrente incidentale spetterebbe l'intero indennizzo.

3. L'ordinanza interlocutoria n. 33195/2019 del 16 dicembre 2019, premesso il riferimento alla disciplina dell'assicurazione a favore di terzo dettata dall'art. 1920 c.c., richiama i precedenti di questa Corte inerenti alla questione della individuazione dei "beneficiari" e della misura dell'indennizzo da liquidare in loro favore, con particolare riguardo al caso in cui le polizze contengono la rituale e generica espressione "legittimi eredi". L'ordinanza riporta, in particolare,

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