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冨 Lo sviluppo dell’abilità di scrivere sotto dettatura

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 184-188)

Lo sviluppo delle abilità di trasformazione di testi

7.3 冨 Lo sviluppo dell’abilità di scrivere sotto dettatura

Scrivere sotto dettatura è un’abilità utilissima per alcune professioni, da quelle segretariali a quelle di raccolta di informazioni, ma per la mag-gior parte delle persone non è una abilità linguistica ma solo un’attività scolastica, legata all’apprendimento dell’ortografia e alla valutazione nelle lingue straniere.

In realtà il concetto di dettato necessita di una riflessione in ordine alla sua pertinenza, per riprendere il parametro di Carroll visto in 1.3: a. scrivere sotto dettatura attiva competenze diverse da lingua a lingua: in spagnolo, lingua con una corrispondenza fono-grafemica abba-stanza stretta, il dettato è un esercizio di ortografia, e in qualche mo-do lo è anche in italiano, sebbene la corrispondenza tra fonemi e se-gni grafici sia assai meno reale di quanto si percepisce di solito; in tedesco è necessaria un’analisi grammaticale per individuare i so-stantivi da scrivere con la maiuscola; in francese c’è una forte com-ponente morfosintattica, se si pensa che gli indicatori del femminile e In realtà qualche attività di parafrasi può essere utile come stru-mento (quindi non come fine da sviluppare in sé) per l’esercizio morfosintattico e lessicale, i due ambiti in cui si deve agire per tra-sformare un testo – ma in tal caso conviene partire da testi della vita quotidiana, senza umiliare un testo letterario considerando insignifi-cante le scelte dell’autore e convincendo, implicitamente, gli studen-ti che la letterarietà sta nell’intreccio (che non viene modificato dalla parafrasi) anziché nelle scelte fonologiche, lessicali, morfosintatti-che, testuali.

Un altro possibile uso strumentale è la parafrasi diacronica, ad esempio di una pagina di Boccaccio in un italiano odierno: ma ci pa-re che questa attività pertenga all’ambito della traduzione e la tratte-remo quindi nell’Attività 102.

del plurale quasi sempre si scrivono ma non si pronunciano, che mol-te desinenze di verbi sono mumol-te oppure omofone ma con grafie di-verse; in inglese, oltre alla dose di arbitrarietà (assai inferiore alla percezione che se ne ha) che caratterizza la relazione tra fonemi e gruppi di lettere usati per rappresentarli, è necessaria un’analisi sin-tattica per distinguere, ad esempio, i casi possessivi singolari o plura-li dai sempplura-lici sostantivi pluraplura-li o accompagnati da is o has abbrevia-to; nelle lingue pittografiche invece il dettato è un esercizio di me-moria relativo ai caratteri;

b. il dettato avviene in tempo reale per cui può essere una piacevole sfi-da con se stessi se è autocorretto, per cui ciascuno si misura con se stesso, ma può essere anche una fonte di ansia se è strumento di va-lutazione: la personalità dello studente, il ritenersi bravo o «somaro», la sua capacità di restare concentrato anche in presenza di disturbi (una penna che cade, un autobus che passa), il suo tipo di intelligenza più o meno visiva, e altre variabili individuali (Torresan, 2008; Caon, 2008) introducono una forte componente personale che rende inaffi-dabile il dettato come test;

c. c’è una sostanziale differenza tra il dettato a viva voce e quello che

uti-lizza una fonte, ad esempio un CD o un DVD. Nel primo caso, lo

stu-dente è abituato alla pronuncia dell’insegnante, il quale da parte sua è inevitabilmente portato a rallentare, a scandire le parole che ritiene dif-ficili per i suoi studenti, a pronunciare ogni segmento con un’intona-zione che tende ad essere conclusa in sé, diversa da come lo stesso segmento viene pronunciato nel contesto globale della frase; il dettato a viva voce ha però il vantaggio che consente di rispondere agli impre-visti – un colpo di tosse, un campanello esterno ecc. Il dettato da una fonte preregistrata ha una maggior accuratezza fonologica, intonativa, ritmica, ma è rigido sul piano della somministrazione e propone pro-nunce e introduce un elemento di ulteriore difficoltà dovuto alle voci e alle pronunce diverse da quelle cui gli studenti sono abituati.

Vediamo, consapevoli dei limiti che abbiamo appena ricordato, come si può usare il dettato per l’educazione linguistica proponendo alcune attività in ordine crescente di difficoltà (e, probabilmente, in ordine de-crescente di utilità).

Attività 90: la trascrizione, l’auto-dettato

È una forma individuale di dettato che, una volta spiegata agli stu-denti, può essere molto utile in fase di recupero – e non solo ortogra-fico, in quanto inevitabilmente chi si auto-detta un testo cerca di comprendere quel che legge/scrive e la comprensione è la base ne-cessaria dell’acquisizione. La procedura è estremamente semplice e può essere condotta in maniera autonoma, come compito a casa o, soprattutto, come strumento di recupero, in due modi diversi: a. trascrizione: partendo da un testo pre-registrato, ad esempio un

dialogo del libro di lingua straniera o di itaL2 (testo che per stu-denti in difficoltà dovrebbe preferibilmente essere già noto, per evitare un sovraccarico di operazioni), lo studente trascrive le fra-si o segmenti fra-significativi, inserendo la pausa per avere il tempo di scrivere, e poi verifica direttamente sul libro di testo;

b. autodettato: lo studente legge ad alta voce una frase o una sua se-zione significativa e la trascrive; finito il periodo, verifica autono-mamente l’ortografia individuando immediatamente gli errori. Questa è una tecnica che non inserisce elementi emotivi ma si configura piuttosto come una sorta di sfida con se stessi – ma la sua natura (accoppiare memoria sonora e visiva, rafforzando gli automa-tismi motori della mano) e la sua utilità per il recupero vanno spiega-te agli studenti per evitare che la trascrizione e l’autodettato vengano ritenuti attività «infantili».

Attività 91: il dettato cloze

Utile in lingua straniera o lingue classiche, questa tecnica si basa su un testo in cui alcuni sintagmi, meglio che parole, o alcune brevi

fra-si sono state eliminate: il docente (o la fonte pre-registrata) leggono la parte stampata ma anche le parole o i sintagmi da inserire.

In questo modo, lavorando ovviamente su un testo sconosciuto, si lega molto l’attività di comprensione della parte presente del testo con quella di comprensione dei segmenti mancanti, che vengono tra-scritti in quanto compresi in quel contesto. Se quindi lo studente sal-ta una parola, ciò dipende più da difficoltà di comprensione che di scrittura; se scrive con errori qualche parola, si ha comunque una conferma dell’avvenuta comprensione, in quanto l’errore è solo gra-femico (fatto salvo quanto diremo nell’Attività 92).

Attività 92: il dettato per la valutazione e l’autovalutazione

In alcuni casi, il fatto di aver scritto una parola non significa che essa sia stata compresa: se a un italiano si detta «strello» non ha alcuna difficoltà nello scriverla, ma indubbiamente non la comprende per il semplice fatto che non esiste; e anche in inglese alla parola pronun-ciata /bail/ è molto probabile che corrisponda la grafia bile o byle, per cui in un dettato si può scegliere casualmente e avere il 50% di possibilità di successo.

Di converso, il fatto di non aver scritto una parola non significa non conoscerla: spesso, soprattutto in lingua straniera, una parola non compresa a un primo ascolto viene individuata in un ascolto successivo: la parola era già nota ma risultava difficile da individua-re nella stringa sonora o nella varietà geografica del parlante; e la mancanza di una parola non significa neppure il non saperla scrive-re: può esserci un disturbo esterno, oppure si può essere più lenti nello scrivere di quanto presupponga chi legge il testo. Infine, è pos-sibile che manchi una stringa intera: chi scrive sotto dettatura può aver perso tempo cercando di riflettere su una parola della cui grafia è incerto, o può essere tornato indietro a correggerla dopo averla

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 184-188)