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Parte II: Peirce vs Sherlock Holmes.

Capitolo 4: L’abduzione di Peirce e il ragionare all’indietro di Sherlock Holmes.

4.1 Abduzione e interpretazione in Peirce.

Secondo Sebeok, Peirce ha raccontato all’amico William James di avere fatto uso d’inferenze abduttive142

che gli hanno permesso di risolvere il “caso dell’orologio rubato”. Questo caso era avvenuto nel 1879, quando Peirce si era recato a New York, imbarcandosi da Boston per presiedere a una conferenza. Giunto a destinazione si era reso conto di aver dimenticato il soprabito e un costoso orologio. Aveva fatto immediatamente ritorno alla cabina che aveva occupato durante il viaggio, ma disgraziatamente aveva scoperto che entrambi gli oggetti erano scomparsi. Tuttavia non si era perso d’animo: aveva fatto disporre tutti i camerieri in fila e aveva cominciato a parlare con ognuno di loro in modo casuale, nella speranza che uno di loro si tradisse, fino a quando il suo «altro io»143 non lo aveva indotto a scegliere uno dei probabili sospetti. Nonostante gli incentivi economici, i tentativi di fare confessare il colpevole erano stati vani. Peirce si era rivolto a un’agenzia investigativa newyorkese, segnalando il suo sospettato affinché fosse arrestato nel caso in cui avesse cercato di vendere

che deve avere un'ipotesi adottata in un'abduzione è che deve spiegare i fatti». G. Proni, Introduzione a

Peirce in S. Traini, Op. Cit., p. 223

141 Nel prossimo capitolo, a tale scopo, attingeremo alle narrazioni di Arthur C. Doyle. Peirce non rileva mai nei suoi scritti una connessione forte tra l’abduzione e il lavoro del detective, nonostante conoscesse e amasse le opere di Poe (tanto da citarne Murders in the Rue Morgue). Inoltre, non ci sono prove che Peirce abbia mai letto i racconti di Doyle, ma è verosimile che apprezzasse questo genere letterario. Inoltre è noto che Sherlock Holmes sia parzialmente ispirato a Dupin, il detective protagonista di Poe. Doyle, d’altro canto, si stava già facendo conoscere dalla pubblicazione del primo romanzo, soprattutto negli Stati Uniti, e Peirce frequentava fin da giovane circoli che contemplavano anche scrittori e poeti, oltre a scienziati e filosofi e si mantenne sempre al passo con gli sviluppi della letteratura contemporanea. Possiamo soltanto ipotizzare che abbia sentito parlare del famoso detective, essendo appassionato del genere. U. Eco, T.A.Sebeok, Op. Cit., p. 37.

142 L’aneddoto può essere consultato in T. A. Sebeok, J. Umiker-Sebeok, “You Know My Method”: A

Justaposition of C. S. Peirce and Sherlock Holmes in U. Eco, T. A. Sebeok, Op. Cit., pp. 29-33 Inoltre è

riproposto da Bonfantini in Leggi delle Ipotesi, M. A. Bonfantini, R. Grazia e G. Proni (a cura di), Bompiani, Milano, 1984, pp. 7-9.

143 Scrive Peirce: «Quando fui giunto in fondo alla fila, mi voltai e feci qualche passo, senza però allontanarmi, e mi dissi: “Neanche la più piccola scintilla di luce da seguire”. Ma subito il mio altro io (poiché le nostre relazioni interne sono sempre dialogiche) mi disse: “Tu devi semplicemente puntare il dito contro il tuo uomo. Non importa se non hai ragione, devi dire chi pensi sia il ladro”. Interruppi il mio andirivieni, che non era durato più di un minuto, e mi volsi verso i camerieri: ogni ombra di dubbio era svanita». T. A. Sebeok, J. Umiker-Sebeok, Op. Cit., p. 30

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l’orologio. E’ molto significativo che Peirce, alla legittima domanda dell’investigatore sulle motivazioni di tale sospetto, aveva risposto: «Diamine! […] Non ho proprio nessuna ragione per pensarlo, ma sono assolutamente convinto che sia così»144. Il detective aveva deciso di seguire una propria pista che si era rivelata falsa e Peirce lo aveva incalzato perché diramasse un invito a tutti i proprietari di banchi di pegno, promettendo una ricompensa a chi avesse segnalato la vendita dell’orologio. La segnalazione non era tardata a giungere e la descrizione dell’uomo che aveva venduto l’orologio era così minuziosa da confermare i sospetti di Peirce. Non solo quest’ultimo aveva recuperato l’orologio ma anche la catena e il soprabito, facendo irruzione nella casa del malcapitato e scoprendone la complice145.

Raccontando questo aneddoto all’amico, Peirce lo presenta come un tipico esempio di abduzione e ne mette in luce le caratteristiche: ha la forma di un’inferenza, è innovativa e rischiosa, può presentare diversi gradi di creatività interpretativa.

L’abduzione assume la forma di un’inferenza perché procede dal conseguente all'antecedente e il suo ultimo passo consiste nel trarre una conclusione dalle premesse. Ha una forma analoga a quella dell’induzione e della deduzione: il modo in cui si trae la conclusione è determinato da una norma, non ha nulla di originale.

La peculiarità dell’abduzione consiste nel fatto che la conclusione non si limita a esplicitare il contenuto delle premesse (come è tipico della deduzione) ma consiste in una ricomposizione semantica del contenuto146. E' proprio questo che la rende innovativa e sintetica e quindi anche rischiosa perché «il suo valore di verità non è

144 Ibidem 145

Racconta Peirce: «[…] Siccome sapevo benissimo dov’erano la catena e il soprabito li avrei presi prima che arrivasse la polizia… non vedevo nessun posto in quella stanza dove avrebbe potuto trovarsi la catena, e mi infilai in un’altra stanza. C’era poco mobilio, oltre a un letto matrimoniale e un baule di legno dall’altra parte del letto. Dissi: “La mia catena è in fondo a quel baule sotto i vestiti, e adesso la prendo”. Mi chinai e fortunatamente la serratura del baule era aperta. Tirati fuori tutti i vestiti […] rinvenni […] la catena. Subito la attaccai al mio orologio, e nel farlo notai che la seconda donna […] era scomparsa […] ero convinto che la scomparsa dell’altra donna fosse collegata con la mia evidente determinazione di cercare il soprabito nell’appartamento da cui ero appena uscito. Di sicuro pensavo che l’altra donna non doveva abitare lontano. Tanto per cominciare bussai alla porta dell’altro appartamento.[…] Alle loro spalle vidi un salotto […] E sul pianoforte c’era un bel pacco proprio della grandezza e della forma adatte a contenere il mio soprabito. […] presi il pacco, lo aprii, trovai il mio soprabito e lo indossai. Scesi in strada, e raggiunsi il mio detective giusto quindi secondi prima che i dodici minuti fossero scaduti». T. A. Sebeok, J. Umiker-Sebeok, Ivi, pp. 31-2

146 I diversi elementi di un'ipotesi, continua Peirce, sono nella nostra mente prima che noi li adottiamo consapevolmente «ma è l'idea di mettere insieme quello che prima non avremmo mai sognato di mettere insieme che illumina bruscamente la nuova suggestione al cospetto della nostra contemplazione». C. S. Peirce, CP (CP 5.181) in U. Eco, T. A, Sebeok, Op. Cit., p. 36

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determinato dalla validità delle premesse»147. Quindi le premesse possono essere vere ma non necessariamente lo sarà anche la conclusione. La costruzione dell'abduzione in Peirce, scrive Harrowitz, descrive un processo in cui il soggetto si confronta con l’esperienza di un fenomeno facendo riferimento a una regola sulla quale si articolerà il chiarimento retroduttivo del fenomeno stesso148.

L’abduzione ha un carattere interpretativo, il punto di partenza è il fenomeno, che assume la forma di un segno, che è spiegato o giustificato sulla base di un principio generale. L’abduzione può presentare quindi diversi gradi di creatività: il risultato appare più eclatante laddove il principio su cui si basa l’abduzione rappresenta una nuova teoria, piuttosto che una teoria già universalmente accettata. In quel caso la conclusione dell'abduzione è una nuova idea in senso assoluto che non è presente nel patrimonio di conoscenze già accumulate.

Eco distingue e ordina gerarchicamente tre tipi di abduzione149 in funzione del loro grado di creatività interpretativa: abduzione ipercodificata, abduzione ipocodificata e abduzione creativa; a queste ne aggiunge una quarta, la meta-abduzione.

L’abduzione ipercodificata presenta il minor grado di creatività: la regola cui si ricorre per inferire il caso dal risultato è data in modo fortemente obbligante o semiautomatico, poiché la correlazione tra caso e regola è già conosciuta, ossia è «conoscenza corrente del mondo»150. Questa modalità, tuttavia, non elimina un minimo sforzo interpretativo. Eco pone l’esempio dell’interpretazione immediata della parola “uomo” che in italiano significa “maschio umano adulto”; se crediamo di aver sentito la parola “uomo”, ciò avviene perché noi ne capiamo il significato e possiamo assumere che si tratti di una

147 M. A. Bonfantini, G. Proni, To guess or not to guess in U. Eco, T. A. Sebeok, Op. Cit, p. 152

148 L'abduzione secondo Harrowitz è il passo tra un fatto e la sua origine, il salto istintivo e percettivo che permette al soggetto di indovinare un'origine che poi potrà essere verificata per trovare o smentire l'ipotesi. Noi osserviamo un fatto e per spiegarlo cerchiamo nella nostra mente una teoria. Il processo di abduzione ha luogo tra il risultato e la regola e si conclude con il porre un'ipotesi possibilmente soddisfacente che dovrà essere verificata. N. Harrowitz, The Body of the Detective Model: Charles S.

Peirce and Edgar Allan Poe, Trad. It., Il modello del detective: Charles S. Peirce e Edgar A. Poe in U.

Eco, T. A. Sebeok, Op. Cit, pp. 220-1

149 Peirce non aveva sistematicamente distinto tra diversi tipi di abduzione, tuttavia dalle sue indicazioni Proni e Bonfantini sono stati in grado di individuarne tre sottotipi. Eco ha rielaborato questa suddivisione, etichettando ogni tipo di abduzione e introducendo un quarto tipo: la meta-abduzione. M. A. Bonfantini, G. Proni, Op. Cit., pp.154-5 e U. Eco, Corna, zoccoli, scarpe. Alcune ipotesi sui tre tipi di abduzione, in U. Eco, T. A. Sebeok, Op. Cit., pp. 245-6

150 V. Pisanty, R. Pellerey, Semiotica e interpretazione, Bompiani, “Strumenti Bompiani”, 2004, p. 78 Di fronte a uno stimolo sensoriale, scrivono gli autori, si ha un’interpretazione sulla base di una legge- mediazione vincolante che impone al soggetto di considerare lo stimolo come la manifestazione di un fenomeno già noto. Ad esempio, interpretiamo il fenomeno dello squillo del telefono, sulla base della regola secondo cui lo squillo del telefono indica una chiamata in arrivo. Il telefono che squilla non è altro che la manifestazione della regola già nota.

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parola italiana. Anche se sembrerebbe un’interpretazione automatica, in realtà non lo è perché è il risultato abduttivo del processo di acquisizione di una lingua nel corso dell’esperienza. Infatti, se provassimo a immaginare la parola “uomo” ascoltata da una persona che non conosce l’italiano, il fatto che si tratti di un’interpretazione diventerebbe evidente151.

L’abduzione ipocodificata presenta un grado intermedio di creatività, poiché la regola da cui si inferisce il caso è individuata attraverso una selezione nelle conoscenze già accreditate da una comunità (scientifica o di altro tipo). L’abduzione ipocodificata è scelta tra le diverse possibili ipotesi perché sembra la più plausibile, ma non è necessariamente quella corretta, quindi la spiegazione è solo presa in considerazione sulla base della possibilità di successive verifiche. Come dicono Pellerey e Pisanty, «di fronte a un fatto sorprendente che chiede di essere spiegato, l’interprete scandaglia il proprio bagaglio di conoscenze per trovare una regola la quale potrebbe applicarsi a quel fatto, spiegandolo»152.

L’abduzione creativa presenta il più alto grado di creatività, in quanto la regola è costituita ex novo, inventata. Si basa sul “tirare a indovinare”, ma naturalmente ciò non avviene in modo del tutto arbitrario. Secondo Pellerey e Pisanty, le abduzioni creative «sono quelle ipotesi altamente innovative in cui la legge-mediazione153 ancora non c’è, e spetta all’interprete di formularla ex novo, postulando che il fatto constatato sia il caso di tale regola ancora inespressa. L’operazione logica richiesta in simili casi è pertanto duplice: l’interprete deve contemporaneamente (a) ideare una legge-mediazione originale e (b) immaginare che tale legge si applichi al fenomeno riscontrato»154.

151 U. Eco, Corna, zoccoli, scarpe. Alcune ipotesi sui tre tipi di abduzione, in U. Eco, T. A. Sebeok, Op.

Cit., p. 244.

152 V. Pisanty, R. Pellerey, Op. Cit., p.79 (corsivo degli autori) 153

Con il termine “legge-mediazione” indichiamo quel principio o regola che, per ipotesi, assumiamo come riferimento nell’interpretare un fenomeno. Questa regola dovrebbe colmare quel salto logico tra risultato e caso, ipotizzando che esista una correlazione tra il fenomeno esperito (risultato) e la regola stessa. Il fenomeno dovrebbe, infatti, rispecchiare le caratteristiche illustrate nella regola, così che sia interpretato come una manifestazione (caso) della regola stessa, pur consapevoli che potrebbero esserci altre regole cui fare riferimento. Nell’esempio dei fagioli di Peirce, abbiamo ipotizzato la correlazione tra la presenza dei fagioli bianchi (risultato) e l’esistenza della regola secondo cui tutti i fagioli provenienti da un dato sacco fossero bianchi. Ciò ha permesso di ipotizzare che i fagioli provenissero proprio da quel dato sacco e rappresentassero la manifestazione (caso) di quella regola. Nella stanza, tuttavia, potevano esserci altri sacchi di fagioli bianchi o qualcuno poteva aver lasciato il sacco in bella vista per depistarci. L’abduzione è tanto più innovativa e originale quanto più la legge-mediazione di riferimento si discosta dalle conoscenze date per scontate.

154

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Secondo Peirce, siamo guidati da un’inclinazione naturale, frutto del retaggio evolutivo, il cosiddetto «lume naturale», ossia una visione complessiva e sistematica della realtà, una concezione filosofica di cui siamo più o meno consapevoli. In virtù di questo retaggio si stabiliscono degli abiti profondamente radicati che determinano gli orientamenti di giudizio155. Questo paradigma di riferimento organizza e sistematizza, secondo criteri di analogia e gerarchizzazione, le conoscenze e acquisizioni culturali sedimentate nel tempo e provenienti anche dalle pratiche di vita sociale. Come vedremo, queste forme di abduzioni, sono ricorrenti nelle investigazioni descritte nelle detective story. Nelle abduzioni ipercodificate e ipocodificate la regola o legge è ricavata da conoscenze pregresse del mondo e quindi già riconosciuta come valida. Occorre stabilire se tale legge sia in grado di spiegare quei risultati, ossia se gli eventi si sono svolti proprio come l’ipotesi sembrerebbe suggerire. Nelle abduzioni creative, non si ha questa garanzia, si procede quindi “tirando a caso” non soltanto intorno alla natura del risultato, ma anche sulle conoscenze generali: se la legge fosse verificata, si avrebbe un cambiamento dell’intero paradigma156

.

La meta-abduzione è una quarta categoria che Eco introduce al fine di definire in senso complessivo l’evento oggetto di attenzione. Come scrive Eco, la meta-abduzione «consiste nel decidere se l’universo possibile delineato dalle nostre abduzioni di primo livello, è lo stesso universo della nostra esperienza»157. In un certo senso la meta- abduzione implica il confronto tra il livello idealtipico dell’ipotesi di ricerca e il livello empirico della corroborazione. Come scrivono Pisanty e Pellerey: «Se ogni abduzione è in linea di principio fallibile, il margine di errore possibile aumenta man mano che la connessione tra caso e risultato si fa più avventurosa e si carica di conseguenze meta- abduttive»158.

155 M. A. Bonfantini, G. Proni, Op. Cit., pp.154-155 156 U. Eco, Op. Cit., pp. 245-6

157 U. Eco, Ivi, p. 245. 158

45 4.2 L’ abduzione di Sherlock Holmes.

Sherlock Holmes è un personaggio della fantasia di Doyle che prenderemo come esempio idealtipico di un modo abduttivo di agire. Sulla base delle nostre riflessioni sulle categorie inferenziali possiamo affermare che le “deduzioni” di Holmes in realtà sono abduzioni perché, anche se questo personaggio vive nel mondo fantastico della letteratura, opera idealtipicamente secondo i canoni interpretativi di Peirce.

Nel primo romanzo, “A Study in Scarlet” (1887) il lettore fa la conoscenza dell’eccentrico “consulente investigativo” che si pone l’obiettivo di fare delle proprie capacità di «osservazione e deduzione» una vera e propria “scienza”159. In questo stesso romanzo Watson legge un articolo160 in cui Holmes illustra il proprio metodo che si baserebbe sulla “deduzione”:

Tutta la vita è una grande catena la cui natura si rivela a chiunque ne osservi un solo anello. Come tutte le altre arti, la scienza della deduzione e dell’analisi può essere acquisita soltanto attraverso uno studio lungo e paziente […] Prima di occuparsi di quegli aspetti morali e celebrali della questione che presentano le maggiori difficoltà, lo studioso affronti i problemi più elementari. Incontrando un suo simile, impari a dedurne a prima vista la storia e il mestiere o la professione che esercita[…]161

.

159 L’ esigenza del detective sembra paragonabile alla ricerca, nelle scienze sociali, di una rigorosità di metodo che le legittimi quanto le scienze naturali. Ginzburg parla di paradigma indiziario: «Se la realtà è opaca, esistono zone privilegiate – spie, indizi – che consentono di decifrarla. Quest’idea, che costituisce il nocciolo del paradigma indiziario […] si è fatta strada negli ambiti conoscitivi più vari, modellando in profondità le scienze umane […] L’indirizzo quantitativo e antiantropocentrico delle scienze della natura da Galileo in poi ha posto le scienze umane in uno spiacevole dilemma: o assumere uno statuto scientifico debole per arrivare a risultati rilevanti, o assumere uno statuto scientifico forte per arrivare a risultati di scarso rilievo […] Viene però il dubbio che questo tipo di rigore sia non solo irraggiungibile ma anche indesiderabile per le forme di sapere più legate all’esperienza quotidiana […] a tutte le situazioni in cui l’unicità e insostituibilità dei dati è […] decisiva». (Corsivo dell’autore). C. Ginzburg, Spie. Radici di un

paradigma indiziario in U. Eco, T.A. Sebeok, Op. Cit., pp. 134-135

160 Il titolo dell’articolo, The book of life, sembrava già presagire quanto il detective si fregiasse della portata delle sue scoperte e della proverbiale capacità di osservazione.

161 A. C. Doyle, A study in Scarlet, in «Beeton’s Christmas Annual», Ward Lock & Co, 1887; Trad. It.,

Uno studio in rosso, “Oscar Scrittori Moderni”, Alberto Tedeschi (a cura di), Oscar Mondadori,

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Molte delle cosiddette “deduzioni” di Holmes sono esempi di abduzione creativa162

, in quanto Doyle sembrerebbe seguire spesso le indicazioni di Peirce nel permettere al suo personaggio di formularle. È curioso che Doyle, così informato e attento ai dibattiti culturali del suo tempo, non prestò particolare attenzione alla differenza tra i tipi di inferenza nello sviluppare il personaggio di Holmes163. E' ancora più sorprendente perché scrisse i racconti poco dopo il grande dibattito sull'induzione che coinvolse le figure più influenti dell'Inghilterra vittoriana, compresi John Stuart Mill e Darwin164. D’altro canto è ben comprensibile l’attrattiva del metodo deduttivo: il poter giungere a risultati certi e necessari secondo la logica inconfutabile del sillogismo e dotati di una certezza pari a quella di un teorema geometrico. Il celebre detective descritto nei racconti e nei romanzi, infatti, aspira positivisticamente a elevare le proprie tecniche d’investigazione al rango di una “scienza esatta” e poter attribuire ai propri ragionamenti il carattere di «semplice deduzione»165. Se le azioni di Holmes fossero meri esempi di deduzione, tuttavia, non si spiegherebbe perché tutt’oggi il suo personaggio sia tanto celebre da costituire l’archetipo del detective per eccellenza. Come abbiamo visto, il ragionamento deduttivo, quando usato propriamente, non ci dice

162 U. Eco, Corna, zoccoli, scarpe. Alcune ipotesi sui tre tipi di abduzione, in U. Eco, T. A. Sebeok, Op.

Cit., p. 254. Dato l’intento della nostra tesi, nella selezione faremo riferimento alla sola abduzione.

Secondo Bonfantini e Proni, invece, fin dal primo romanzo nel dipanarsi delle indagini, si sarebbero combinati e presentati i tre tipi di inferenza individuati da Peirce. Si partirebbe dall'osservazione, rilievo e accostamento dei dati osservativi (induzione), si avanzerebbero ipotesi per spiegare o interpretare i fatti osservati, per individuare le cause possibili degli eventi (abduzione), si espliciterebbero le conseguenze inerenti alle ipotesi postulate (deduzione). Si dovrebbero poi passare al vaglio dell’esperimento le ipotesi e le relative conseguenze (induzione). Le ipotesi così individuate e selezionate permetterebbero di formulare l’ipotesi più importante: l’identità dell’assassino. M. Bonfantini e G. Proni, Op. Cit., pp.143-4 163

M. Pigliucci, Sherlock's reasoning toolbox in P. Tallon, D. Baggett, The philosophy of Sherlock

Holmes, University Press of Kentucky, Lexington, 2012

164 Non si può tuttavia ignorare il percorso formativo dell’autore il quale annoverò tra gli insegnanti il medico Joseph Bell, principale fonte di ispirazione per il suo personaggio sia negli attributi fisici sia nella straordinaria capacità di analizzare i pazienti. Bell riteneva che la diagnosi medica concernesse anche lo stile di vita e la personalità dei pazienti. Analogamente Holmes, quando interagisce coi clienti, cerca di carpire più informazioni possibili non solo sul misfatto, ma anche sulle loro vicende personali. La scelta di un medico come modello per la creazione del personaggio di Holmes rileva l’intento di dotare l’indagine criminale di un metodo che fosse più rigorosamente scientifico di quello usato fino a quel momento. In una dedica al suo mentore, Doyle scrisse:«[…] A partire dall’insegnamento fondamentale della deduzione, dell’inferenza e dell’osservazione che da voi ho avuto, ho cercato di costruire un personaggio che porta tutto questo agli estremi […]». T. A. Sebeok, J. Umiker- Sebeok, Ivi, p. 52

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Caprettini osserva che la scrupolosa metodologia di Holmes attesta un tentativo “positivista” di conferire all’indagine poliziesca un vero e proprio rigore scientifico, infatti «[…] Lo spirito del