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Capitolo 4 Agroalimentare in Cina: sistema, abitudini e tendenze

4.4 Le abitudini alimentari cinesi

Tradizionalmente, le abitudini alimentari cinesi hanno radici molto forti ed origini molto antiche.

In generale la cultura e le norme che regolano le preferenze alimentari cinesi sono diverse da quelle che vigono nel mondo occidentale. La cucina cinese è celebre prima di tutto per la sua diversità ed in secondo luogo per la sua adattabilità. E’ infatti riconosciuto che è incoraggiata la sperimentazione degli ingredienti, oltre che delle cotture, includendo tra i propri ingredienti gran parte del regno animale e di quello vegetale.

La tradizione vede un larghissimo utilizzo di riso (fan), che se paragonato alle abitudini alimentari italiane prenderebbe il posto del pane. Il fan, ingrediente principale del pasto, viene accompagnato con piatti di verdure e/o carni (ts’ai). I sapori tendono ad essere forti visto il largo utilizzo di ingredienti quali: la salsa di soia, il vino di riso, lo zafferano o il coriandolo.

4.4.1 Le abitudini alimentari che cambiano: la globalizzazione e le nuove generazioni

Nel 2001 la Cina entra a far parte del WTO, apre le porte del proprio paese agli investitori stranieri, compresi quelli dei settori dei cibi e delle bevande, e da allora cominciò un inevitabile processo di omogeneizzazione alla globalizzazione, che come spesso accade, ha colpito in particolare le nuove generazioni, i giovani, i quali con più facilità riescono ad abbandonare le tradizioni, sostituendo queste con qualcosa di nuovo e possibilmente che accresca il loro ego sociale.

E’ risaputo, e bene documentato, il fatto che le abitudini alimentari sopra descritte, stanno cambiando: ad esempio si riscontra un incremento nel consumo di grassi, attraverso un aumento nel consumo di carni, olii e derivati dal latte (Gould e Villarreal, 2006), o la diminuzione nell’uso in cucina di cereali, riso e farine (Guo, Mroz, Popkin e Zhai, 2000).

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Oltre a questo, la sempre maggiore diffusione, in particolare nelle grandi città costiere di prima e seconda fascia, di ristoranti etnici, la sempre maggiore semplicità con cui si può entrare in possesso di informazioni sulle abitudini alimentari straniere (grazie ad internet ed i media) oltre che grazie alla crescente mobilità, dei cittadini cinesi, verso l’estero, ha accresciuto l’esposizione dei cinesi nei confronti di diverse realtà culinarie.

Un fenomeno parallelo a questo è quello dell’aumento del consumo di cibi pronti e preconfezionati, che i cinesi usano consumare fuori casa, magari in pausa pranzo. Ciò è dovuto all’aumento della frenesia della vita di tutti i giorni. L’attenzione tende, in questo caso, a spostarsi sui prodotti di origine straniera (possibilmente occidentale), da un lato ciò è dovuto all’aumento generale dei redditi nelle aree urbane e dall’altro ad un generico cambiamento nello stile di vita delle persone.

Come se tutto questo non fosse sufficiente bisogna considerare anche il fatto che il consumo di prodotti occidentali è ormai una vera e propria moda in Cina, e questa regola vale anche per i settori dei cibi e delle bevande. Anche essere visti cenare in un elegante ristorante italiano o, semplicemente, poterlo raccontare ad amici e familiari fa parte di quelle cose che fanno si che lo status sociale del cinese medio possa aumentare.

L’altra faccia della medaglia, ma di origine sempre occidentale, è l’ormai affermata diffusione delle catene di Fast Food, come KFC, McDonald o Burger King. La presenza di questi locali risponde ad un'altra nuova esigenza, l’incremento della domanda di pasti fuori casa, in luoghi puliti, affidabili e con prezzi medi. In particolare KFC e McDonald si stanno proponendo, grazie anche alla loro diffusione capillare nelle città cinesi, come luogo alternativo di intrattenimento per le famiglie ed i giovani cinesi

(Curtis, McCluskely e Wahl, 2007; O&L consultancy agency services,

2011).

Anche nel caso dei convenience food sono sempre i giovani i maggiori frequentatori di questa tipologia di locale.

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Come già anticipato, quello dei QFR (Quick Fast Restaurant), è una tendenza alimentare che sta prendendo sempre più piede in terra cinese. In un articolo del 2004, uscito sul China Business Review (Miller, 2004), vengono prese in considerazione ed analizzate diverse compagnie che offrono questo tipo di servizio, locali ed estere, che differenziano la propria offerta in particolare in base ai prodotti offerti, e per questo si rivolgono a target diversi: le compagnie occidentali hanno rivolto la propria attenzione e i propri sforzi verso giovani e famiglie, le compagnie di ristorazione veloce cinesi invece, puntando più sulla fascia d’età di consumatori compresa tra i 25 ed i 45 anni.

Nello stesso articolo Paula Miller (2004) evidenzia quattro problemi legati all’affermazione e alla diffusione di un format occidentale nell’intricato e complesso contesto del panorama cinese. Le sue considerazioni sono fatte in relazione ad un servizio di ristorazione veloce, ma possono essere estese anche a realtà differenti, per le quali il modello dell’offerta agroalimentare italiana meglio si adatta. Questi quattro aspetti, dunque, sono:

1. Trovare la giusta posizione geografica e affrontare i costi: In generale, ma soprattutto nel caso di un’attività come quella di ristorazione, il fattore ubicazione o location riveste sempre un ruolo rilevante nel successo finale. Se si vuole posizionare la propria offerta alimentare ad un livello di lusso, come ad esempio ha fatto Illy caffè, bisogna, gioco forza, posizionare i propri show room, i propri punti vendita o i propri locali nelle zone più cool della città, dove però i costi saranno particolarmente alti. Allo stesso tempo, però, bisogna essere consapevoli del fatto che non si sta vendendo un prodotto su cui il margine di guadagno è alto, al contrario quello alimentare è un mercato nel quale il margine è piuttosto basso. Le pasticcerie Cova, ad esempio, player di assoluta rilevanza nel contesto giapponese, sono da poco sbarcate in Cina, esattamente a Shanghai. Proprio nella grande megalopoli cinese hanno aperto i loro prime due punti vendita in tre luoghi di particolare eccezione:

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Xintiandi (quartiere famoso per essere stato completamente restaurato e nel quale sono presenti le più grandi firme della moda e non solo), all’interno dell’International Finacial Tower (per ora il “cavatappi” è il grattacielo più alto di Shanghai, oltre che forse l’edificio più rappresentativo della città), e in Nanjing Xi Lu (principale via dello shopping di Shanghai) tre luoghi nei quali i cinesi sono bene felici di farsi vedere consumare un espresso ed un pasticcino all’interno della pasticceria milanese. Non per forza questi punti vendita sono in attivo (visti gli alti costi fissi di gestione), ma essere presenti in questi luoghi così significativi, in particolare agli occhi dei cinesi, rende un importantissimo ritorno d’immagine. 2. Formazione dello staff: Questo dello staff è forse il fattore

determinante nell’implementazione di un qualsiasi business in Cina. Il presupposto dal quale ogni manager straniero deve partire è il fatto che è lui, con ogni probabilità, ad essere diverso. Il modo di lavorare, il modo di creare e di mantenere le relazioni sociali così come quelle lavorative, tutto è diverso. In particolare questi sono i motivi per cui è importante formare il proprio staff in modo tale da avvicinare il più possibile i risultati pianificati a quelli ottenuti. Tutto ciò mi è stato confermato da Ivan Icardi21, socio di UVA, un Wine Bar particolarmente trendy a Shanghai, nel quale è stato impiantato il modello dell’enoteca italiana, ma che deve gran parte del suo successo al lavoro di formazione fatto ai baristi ed ai camerieri, i quali sono stati educati al consumo del vino, del caffè e della birra italiana in modo da poterne apprezzare, per primi, la bontà e poterla così consigliare ai clienti. Oltre a questo, ovviamente, la formazione è passata anche attraverso l’insegnamento di attività, quali: il fare un buon espresso, il preparare cocktail tipici italiani (ad esempio lo Spritz), il comunicare con i clienti e così via.

3. Logistica: Sono ancora moltissime le aziende che importano, sia equipaggiamenti che materie prime, e per questo i loro costi logistici saranno particolarmente alti e deterranno un livello di efficienza

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particolarmente basso. Al contrario, aziende come Papa John’s (catena di pizzerie), che hanno fatto della freschezza degli ingredienti il loro punto di forza si riforniscono per la maggior parte da fornitori locali, aumentando così il loro grado di efficienza. Sono altri i casi nei quali, invece, i prodotti vanno importati perché difficilmente reperibili in Cina. Prodotti come ad esempio il latte fresco. Il problema della logistica, in Cina, è tutt’ora un problema rilevante in quanto le infrastrutture (strade, ferrovie, etc.), in particolare quelle che collegano le zone “secondarie” del paese, non sono ancora all’altezza delle aspettative. Anche per questo, in particolare per i prodotti edibili e/o deperibili, risulta necessario stringere relazioni e collaborazioni con i produttori e distributori locali.

4. La comunicazione tra casa madre e sussidiarie: questo quarto aspetto è vero in particolare per le catene di franchising. Il franchising è sempre stato il modello di sviluppo e diffusione scelto, in particolre, dall’industria del fast-food, questo perché riduce i costi e i rischi dell’investimento, favorendo allo stesso tempo un rapido sviluppo geografico.

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Parte 3

Capitolo 5 – Casi di studio, 2 mercati a confronto