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Abuso di posizione dominante ai sensi dell'art 102 TFUE

IL DIRITTO DELLA CONCORRENZA 1 Lo sviluppo delle normative antitrust

3. Abuso di posizione dominante ai sensi dell'art 102 TFUE

L'art. 102 TFUE sancisce il divieto dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante detenuta da una o più imprese58. La lettera della norma sembra suggerire la 57 Sentenza della Corte di Giustizia del 25 Novembre,1971, Béguelin, C. 22/71, in Racc., 1971, pag. 949ss.

58 Il concetto di posizione dominante rileva anche nell'ambito del controllo delle concentrazioni tra imprese. L'art. 2, Reg. n. 139/2004 (in GUUE 29 gennaio 2004, L 24, pp. 1 ss) stabilisce infatti che: “Le concentrazioni che non ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate compatibili con il mercato comune”. Nemmeno in tale contesto normativo, tuttavia, viene esplicitato che cosa s'intenda per posizione dominante. Al riguardo, va altresì osservato che, ancorché venga utilizzata la medesima terminologia, la valutazione della posizione dominante ex art. 102 TFUE e quella svolta sulla base dell'art. 2 prima menzionato presentano un metodo e uno scopo differente: l'art. 102 TFUE impone il controllo dei comportamenti sul mercato e non censura il semplice possesso di una posizione di dominio, di per sé legittimo, bensì l'abuso che può eventualmente conseguirne, richiedendo, quindi, un'analisi di tipo retrospettivo; di contro, le disamine inerenti le fattispecie concentrative coinvolgono l'assetto strutturale dei mercati e possono condurre, sulla base di un'analisi prospettica, a ritenere incompatibili con il mercato comune tutte quelle operazioni che determinano la creazione o il rafforzamento di

configurabilità e la rilevanza di una posizione dominante sia individuale che “collettiva o congiunta”59. Ed infatti, in via di

principio, non può escludersi, che due o più imprese, ancorché autonome dal punto di vista giuridico ma unite da vincoli economici o legami strutturali su un mercato specifico, possano detenere “collettivamente” un potere economico che consente loro di agire come un'unica entità su tale mercato, indipendentemente dal comportamento e dalle reazione dei propri concorrenti, clienti e, in ultima analisi, dei propri consumatori60.

L'esistenza di una posizione dominante, individuale o collettiva, non è di per sé incompatibile con le norme antitrust; ad essere vietata è, invece, il suo sfruttamento abusivo, atto a ridurre la capacità competitiva degli altri operatori – e a conservare o rafforzare quindi artificialmente siffatta posizione – ovvero a realizzare politiche di mercato che si avvalgano dell'assenza o della ridotta concorrenza per conseguire delle rendite monopolistiche a danno dei consumatori61. Sicché una posizione di dominio sul mercato di riferimento. Ad ogni modo, tali considerazioni non escludono che la prassi sviluppata in sede di controllo di fattispecie concentrative possa rivestire una qualche rilevanza anche nell'analisi svolta nell'ambito del divieto di condotte abusive e viceversa.

59 V. MANGINI - G. OLIVIERI, Diritto antitrust, Giappichelli, Torino, 2012, p. 68. 60 V. Trib, 10 marzo 1992, Società Italiana Vetro (SIV) c. Commissione, Cause riunite

T-68/89, T-77/89 e T-78/89, Racc., 1992, p. II-1403, p.ti 32-33. Tale pronuncia costituisce la prima occasione in cui si è fatta menzione della nozione di posizione dominante collettiva. Successivamente, tale nozione è stata ripresa anche dalla Corte di giustizia, v. CG, 5 ottobre 1995, Causa C-96/94, Spedizione Marittima del Golfo, Racc., 1995, p. I-2883, p.ti 32-33, nonché 17 ottobre 1995, Cause riunite C-140/94, 141/94,142/94, DIP c. Comune di Bassano del Grappa, Racc., 1995, p. I-3257, p.ti 25-26 e infine, 16 marzo 2000, Causa C-395/96, Compagnie Maritime Belge, p.ti 35-59.

61 V. E. CANNIZZARO – L.F. PACE, Diritto dell'Unione europea, (a cura di) G. STROZZI – R. MASTROIANNI, Giappichelli, Torino, 2010, p. 309.

l'impresa dominante può competere liberamente sul mercato per migliorare ulteriormente la propria posizione, nella misura in cui essa utilizzi mezzi e strumenti leciti ex art. 102 TFUE.

In linea di principio, la condotta dell'impresa dominante è illecita e, dunque, preclusa ai sensi di tale previsione normativa, allorquando essa si avvalga del significativo potere di mercato di cui dispone per adottare comportamenti – che essa non sarebbe in grado di sostenere, se non in virtù della propria posizione di forza sul mercato di riferimento – idonei a turbare lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata sul mercato comune. Tale preclusione discende, in particolare, dalla speciale responsabilità che, secondo la consolidata giurisprudenza UE in materia antitrust, grava sull'impresa in posizione di dominio e che impone alla stessa di non compromettere lo sviluppo di un sano ambiente concorrenziale con le proprie politiche e strategie commerciali. In tale prospettiva di analisi, comportamenti commerciali qualificabili come legittimi, perché ascrivibili ad un aspetto normale dell'attività di un'impresa, possono essere qualificati come abusivi se realizzati da un'impresa dominante.

In aggiunta al regime di speciale responsabilità cui è sottoposta tale impresa, la medesima giurisprudenza ha individuato ulteriori tratti comuni dello sfruttamento abusivo della dominanza: esso riguarda, segnatamente, i comportamenti atti ad influire sulla struttura di un mercato in

cui il livello di competitività è già sminuito dalla presenza dell'impresa dominante e che hanno come effetto di ostacolare la conservazione o lo sviluppo del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato interessato, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si basa la concorrenza normale - concetto poi sostituito con quello di concorrenza fondata sui meriti - tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici. Da ciò ne consegue, in primo luogo, che l'abuso di posizione dominante è un concetto di tipo oggettivo, non assumendo rilevanza decisiva l'elemento psicologico tipico dell'atto illecito (dolo o colpa), che spesso rimane sullo sfondo. Alcune pratiche, indipendentemente dalla sussistenza o meno dell'intento abusivo, possono alterare la struttura concorrenziale del mercato per il solo fatto che sono poste in essere da un'impresa dominante e, pertanto, colorarsi di illiceità anche in assenza dell'elemento volitivo. Ciò non esclude, però, che l'intento abusivo possa tornare utile quale circostanza ulteriore di cui tener conto sia nell'accertamento della pratica abusiva che nella determinazione dell'ammenda da infliggere62.

In secondo luogo, la configurazione di una violazione dell'art. 102 TFUE non richiede la dimostrazione dell'esistenza di effetti anticoncorrenziali concreti, conseguenti allo sfruttamento della posizione dominante, essendo sufficiente

62 Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, paragrafo 2, lett. a), Reg. 1/2003, in GUUE, 1 settembre 2006, C 210, pp. 2 e ss.

accertare la potenzialità abusiva di tale condotta, vale a dire l'idoneità a produrre effetti di esclusione o di sfruttamento sul mercato.

Peraltro, occorre aggiungere che, qualora un'impresa dominante attui effettivamente una pratica il cui fine sia l'estromissione di un concorrente, il fatto che il risultato atteso non si realizzi non è sufficiente ad escludere la qualifica di abuso di posizione dominante ai sensi dell'art. 102 TFUE63.

Parimenti irrilevanti sono, quindi, la portata del vulnus arrecato al contesto concorrenziale ed il fatto che dalla condotta asseritamente abusiva non discendano vantaggi economici o competitivi per l'impresa dominante64. Ancora, il

divieto di cui all'art. 102 non richiede l'instaurazione di un legame eziologico tra la pratica abusiva e la posizione dominante. In altri termini, tale previsione normativa non impone che l'impiego della potenza economica conferita dalla posizione dominante sia il mezzo con cui si esercita l'abuso. Al riguardo va detto però che, allorquando la Corte ha sancito l'applicabilità dell'art. 102 TFUE a condotte abusive poste in essere in un mercato diverso da quello in cui il soggetto agente detiene una posizione di dominio, ma ad esso strettamente connesso, essa ha altresì riconosciuto che l'art. 102 TFUE presuppone l'esistenza di un nesso tra la posizione dominante e

63 V. Trib., Causa T-340/03, France Télécom c. Commissione, Racc., 2007, p. II-107; nonché sentenze Compagnie Maritime Belge, p. ti 104 e 149, e Irish Sugar, p. 191. 64 V. Commissione, 20 luglio 1999, Caso COMP/36.888, Coppa del mondo di calcio 1998, p. 102.

il comportamento che si asserisce abusivo.

Le nozioni ed i concetti sinora richiamati sembrano presentare un contenuto piuttosto vago e dei contorni che difficilmente si prestano ad essere tratteggiati in maniera definitiva. Ciò parrebbe imputarsi alle peculiarità insite nelle fattispecie abusive sanzionate dall'art. 102 TFUE che, inter

alia, non contiene un elenco esaustivo delle condotte che

possono ricadere nel suo ambito applicativo65. Ne consegue

che sono le caratteristiche delle strategie asseritamente abusive, di volta in volta considerate, nonché gli elementi fattuali posti alla base degli accertamenti condotti ai sensi dell'art. 102 TFUE, a riempire di contenuti il divieto ivi sancito.

Quanto alla ratio sottesa all'art. 102 TFUE, tanto la Commissione quanto i giudici UE hanno affermato che tale disposizione mira a salvaguardare, in via immediata, il processo concorrenziale nel mercato interno e, in via mediata, la tutela dei consumatori finali e dei concorrenti altrettanto efficienti. Ciò si spiega con l'assunto proprio della teoria economica, secondo cui l'equilibrio raggiungibile in un assetto di mercato concorrenziale sia quello maggiormente idoneo a conseguire tanto l'efficienza allocativa quanto quella produttiva e, quindi, a produrre l'effetto ultimo di massimizzazione del benessere del consumatore e, più in

65 Ed infatti, la prassi della Commissione tende ormai ad attribuire un valore limitato alle quattro tipologie di abusi elencati nell'art. 102 TFUE, lett. a-d), v. E. CANNIZZARO – L.F. PACE, Diritto dell'Unione europea, cit., p. 314

generale, della collettività. È questa la ratio che deve soccorrere l'interprete – sia esso il giudice, l'Autorità antitrust o la stessa impresa dominante – nell'operazione delicata e complessa volta a tracciare il confine tra le condotte pro- competitive (lecite) e quelle anti-competitive (illecite).

L'art. 102 TFUE, dopo aver sancito l'incompatibilità con il mercato comune dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante, al comma 2 individua alcune tipologie di comportamenti che integrano gli estremi di tale illecito antitrust66.

È importante precisare che l'elenco di cui all'art. 102 TFUE non contiene un numerus clausus di condotte illecite, ma ha soltanto un valore meramente esemplificativo: tale norma individua solo una minima parte delle pratiche considerate generalmente abusive, atteso che queste ultime, in concreto, possono assumere forme assai diversificate e ben più complesse. Ciononostante, è possibile distinguere le fattispecie di abuso ex art. 102 TFUE a seconda che gli effetti anticoncorrenziali si producano nelle relazioni orizzontali dell'impresa dominante (cioè quelle intercorrenti con i propri

66 In particolare, ai sensi dell’art. 102 TFUE, sono considerate pratiche abusive le condotte e le strategie che si sostanziano: “a) nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi di acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c) nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte di altri contraenti di prestazioni supplementari, che per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi”.

concorrenti effettivi o potenziali) o nelle relazioni verticali della stessa (cioè quelle intercorrenti con i fornitori, nel mercato a monte, e con i clienti, nel mercato a valle)67. Nel

primo caso, le pratiche abusive vengono definite escludenti, in quanto esse producono un effetto di chiusura del mercato nei confronti dei concorrenti: tali abusi, infatti, sono volti ad estromettere gli altri operatori dal contesto competitivo e, quindi, a monopolizzare il mercato per estrarne rendite monopolistiche a danno dei consumatori. Nel secondo caso, invece, si parla di abusi di sfruttamento in quanto le strategie adottate nelle relazioni verticali muovono dall'intento dell'impresa dominante di sfruttare semplicemente il significativo potere di mercato di cui essa dispone per applicare prezzi eccessivi o condizioni ingiustificatamente gravose, deteriori o discriminatorie nei confronti dei contraenti68. Tale categorizzazione discende anche dalla 67 R. CAIAZZO, Antitrust. Profili Giuridici, p. 115; R. WISH - R. BAILEY, Competition Law, cit., p. 681 e ss; I. VAN BAEL – J.F. BELLIS, Il Diritto Comunitario della Concorrenza, cit., pp. 597 e ss. Ulteriore classificazione proposta in dottrina è quella che distingue le pratiche abusive a seconda che esse siano basate o meno sui prezzi.

68 Invero, accanto a tali tipologie di prative abusive potrebbe altresì aggiungersi un tertium genus costituito dai cd. abusi di struttura, che possono configurarsi laddove l'impresa dominante ponga in essere condotte dirette a modificare la struttura del mercato, come, ad esempio: l'acquisizione di una partecipazione di minoranza che si traduce in un controllo di fatto dell'impresa partecipata ovvero in una qualche forma di influenza sulla politica commerciale della stessa; nonché acquisizioni di licenze di proprietà intellettuale suscettibili di incidere negativamente sulla struttura del mercato e ridurre in maniera sostanziale la concorrenza ( CG, 17 novembre 1987, Causa C-142 e 156/84, Bat c. Commissione, Racc., 1987, p. 4487, Commissione, 10 novembre 1992, Caso COMP/IV.33486, Warner Lambert/Gillette in GUCE 1993, L 116/21; e sentenza Tetra Pak I, p.to 114). V’è poi chi individua altre due tipologie di violazioni dell’art. 102 TFUE, consistenti nei cd. abusi di rappresaglia, che si configurano quando l’impresa dominante mira a pregiudicare un determinato concorrente ( JONES – B. SUFRIN, EU Competition Law: Text, Cases and Materials, cit., p. 359 e ss.), e negli abusi di compartimentazione, che hanno come

diversità delle valutazioni e dei criteri che, di norma, vengono utilizzati per accertare l'eventuale abusività di una condotta.

4. Regolamenti attuativi della concorrenza e poteri della