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SPORT, ANTITRUST E AIUTI DI STATO 1 Sport e il diritto della concorrenza

1.1 Il caso Piau

Sul tema della concorrenza, è rilevante la celebre sentenza Piau del 2005, su l'abilitazione obbligatoria prevista dalla FIFA per la professione di agente di calciatori professionisti133. Preliminarmente, bisogna rilevare che,

nello sport del calcio, tra gli intermediari che operano nella contrattazione tra i soggetti interessati, hanno particolare rilevanza gli agenti dei calciatori, figura tradizionale del settore che ha assunto nel tempo nuove funzioni: da una competenza limitata alla regolamentazione dei rapporti tra calciatore e società, nel corso degli ultimi anni, in cui si è raggiunta la piena maturazione dello sfruttamento economico della produttività del settore, l'agente ha finito con il gestire in generale, tutte le attività dell'atleta, direttamente o indirettamente connesse con l'attività sportiva. La centralità di questa figura nel sistema dei rapporti economici del settore sportivo impone di garantire la concorrenza del mercato, in modo da evitare fenomeni distorsivi che, operando in via diretta sul rapporto contraenti-intermediari, incidano

133 Tribunale di primo grado, sentenza del 26 Gennaio 2005,nella causa T-193/02, Laurent Piau v. Commissione, in Racc. 217.

indirettamente sulle relazioni tra società e atleti. Le due questioni dell'illecita limitazione della concorrenza e dell'abuso di una posizione dominante, posti in essere nell'ambito della categoria degli agenti, operano in questo caso su due livelli: condizionano l'accesso alle prestazioni dell'agente da parte dei calciatori e delle società, e influendo sulle dinamiche del rapporto oggetto dell'intermediazione.

All'origine della questione, il sig. Piau, agente di calciatori, denunciava alla Commissione il Regolamento FIFA del 1994 che disciplinava detta attività, per violazione delle disposizioni comunitarie in tema di libera prestazione dei servizi e libera concorrenza, vista la posizione dominante della FIFA. Il ricorrente segnalava restrizioni all'effettivo esercizio della professione, dovute alle modalità dell'esame per ottenere la licenza di agente, all'obbligo di una garanzia bancaria e alla previsione di controlli e dure sanzioni a carico dei procuratori, nel caso di inadempimento. L'avvio di un procedimento amministrativo da parte della Commissione aveva spinto la FIFA ad adottare nel 2001 un nuovo Regolamento, poi ulteriormente modificato nel 2002; la Commissione paga delle correzioni introdotte dalla Federazione, dichiarava chiuso il procedimento per mancanza di un interesse comunitario.

Tale decisione veniva impugnata di fronte al Tribunale di primo grado che emetteva sentenza nel gennaio 2005.

alcuni principi in ordine all'applicazione degli art. 81 e 82 del Trattato (ora art. 101 e 102 TFUE), ribadendo e limitando la propria competenza solo alle infrazioni relative alla concorrenza e non anche ad altre disposizioni del Trattato, viste le precedenti valutazioni della Commissione nel provvedimento impugnato. Il Tribunale di primo grado muove dalla qualificazione della FIFA come associazione di imprese, e come tale destinataria delle norme sulla concorrenza, in quanto formata da federazioni nazionali, a loro volta costituite da società che sfruttano economicamente il gioco del calcio, e visto che l'attività di agente consiste, a norma del Regolamento FIFA, nel presentare un calciatore ad una società in vista di un impiego oppure nel mettere in contatto due società per concludere un trasferimento, essa si risolve senza dubbio in un'attività economica di prestazione di servizi e non in un'attività peculiare del mondo dello sport. Il Tribunale evidenzia, inoltre, che il Regolamento in questione non è redatto sulla base di poteri delegati alla FIFA da autorità statali, essa non persegue interessi pubblici, ma si propone di salvaguardare gli interessi dei propri associati. Tutto ciò premesso, il Regolamento in oggetto rappresenta una decisione di un'associazione di imprese, che mira a regolare un'attività economica di prestazione di servizi, che come tale rileva ex art. 81 (ora art. 101 TFUE) e che è tenuta a rispettare. In relazione all'art. 81 TCE (ora art. 101 TFUE) il Tribunale,

nella sentenza in esame, valuta l'applicabilità al caso di specie della deroga di cui al comma 3 dello stesso. La Commissione, infatti, sosteneva che il Regolamento potesse essere annoverato tra le eccezioni previste da detta norma perché, ponendo delle restrizioni, a suo avviso, solo qualitative e non anche quantitative tutelava i giocatori e le società e che in mancanza di un'organizzazione della professione di agente di giocatori e di normative nazionali generalizzate, la restrizione inerente il sistema di licenza risultava proporzionata e indispensabile. A giudizio del Tribunale, la necessità di ottenere la licenza per esercitare la professione di agente, pur costituendo una barriera d'accesso all'esercizio dell'attività economica, è legittima ed ammissibile laddove si constati che contribuisce a promuovere il progresso economico, riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile, senza imporre restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi. In definitiva, il Tribunale concludeva per l'applicabilità della deroga ex art. 81 paragrafo 3 del TCE (ora art. 101 paragrafo 3 TFUE)al sistema di licenza obbligatoria per svolgere l'attività di procuratore sportivo. Il secondo aspetto preso in esame nella sentenza verte sull'applicabilità dell'art. 82 del TCE(ora art. 102 TFUE). Il giudice comunitario afferma che per profilarsi una posizione dominante collettiva è necessario che coesistano tre requisiti: ciascun membro dell'oligopolio dominante deve poter conoscere il

comportamento degli altri membri, al fine di verificare se essi adottino o meno la stessa linea di azione; in secondo luogo la situazione deve conservarsi nel tempo e, da ultimo, la reazione prevedibile dei concorrenti effettivi e potenziali nonché dei consumatori non rimetta in discussione i risultati attesi dalla comune linea di condotta. Nel caso in esame il Tribunale di primo grado ammette, diversamente dalla Commissione, l'esistenza di una posizione dominante in capo alla FIFA: per i giudici la FIFA da una parte agisce sul mercato della consulenza ai giocatori di calcio tramite federazioni nazionali e le società, suoi membri, che sono le acquirenti effettive dei servizi degli agenti, ma dall'altra anch'esse sono vincolate da tali regole, essendo il Regolamento obbligatorio.

Tuttavia secondo il giudice europeo non c'è un abuso di detta posizione dominante sul mercato, in quanto il Regolamento, non impone restrizioni quantitative dannose alla concorrenza, bensì restrizioni qualitative che hanno come fine quello di rendere più professionale e morale l'attività di agente dei calciatori. Il ricorso del Sig. Piau veniva, quindi, rigettato.