• Non ci sono risultati.

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

3.6. Gli accertamenti bancari

Ultimo argomento in analisi in questo capitolo sono gli accertamenti bancari e il contraddittorio all’interno di essi. Come proceduto fin dall’inizio, prima di approfondire le tematiche riguardanti la dialettica tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria procediamo ad un breve preambolo sulla conformazione di questo strumento a disposizione dell’Amministrazione finanziaria.

Le indagini finanziarie sono uno degli strumenti istruttori più incisivi per ricostruire le effettive disponibilità reddituali dei contribuenti sottoposti a controlli fiscali ed, eventualmente, rettificarne le dichiarazioni. Per analizzare tale tipo di accertamento bisogna sottolineare che, per il Fisco, il segreto bancario non esiste: ciò è stato affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del 1992, all’interno della quale si sostiene che il dovere di riservatezza, connesso con il segreto bancario, non può essere di ostacolo all’accertamento degli illeciti tributari; non sono infatti applicabili al segreto bancario le garanzie proprie dei diritti di libertà personale, non essendovi, alla base del segreto bancario, valori della persona umana da tutelare, ma, più semplicemente, interessi patrimoniali152.

Le indagini bancarie possono essere svolte in via amministrativa dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza, che può eseguirle anche in veste di polizia giudiziaria. Per svolgerle è necessaria un autorizzazione della Direzione regionale per la prima o del Comandante di zona per la seconda, ma la mancanza dell’autorizzazione non rende inutilizzabili i dati acquisiti in quanto attiene ai rapporti interni.

122

Norma che disciplina gli accertamenti bancari è l’art. 32 del D.p.r. 600/1973 la quale sancisce che le banche devono comunicare all’Anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la natura dei rapporti intrattenuti, inoltre Uffici e Guardia di finanza svolgono le indagini richiedendo alle banche “dati notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alla garanzie prestate dai terzi”. La richiesta può essere indirizzata, oltre che alla banche, alla società Poste Italiane S.p.a., agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie. Gli intermediari, ancor prima di dare seguito alla richieste degli Uffici, devono adempiere all’obbligo di dare una tempestiva comunicazione dell’avvio della procedura al contribuente interessato; dopodiché sono tenuti ad inviare in via telematica le risposte alla richieste ricevute entro 30 giorni, salvo un’eventuale proroga di 20 giorni153.

Ai sensi dell’art. 32 D.p.r. 600/1973, comma primo, numero 2, ai dati bancari sono collegate due previsioni, una generica ed una specifica. Secondo la prima, l’Ufficio può fondare gli avvisi di accertamento sui dati bancari, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. La norma, dettata per le imposte dirette, si applica anche per l’Iva. La seconda previsione, più specifica, è che i prelevamenti e gli importi riscossi sono posti come ricavi o compensi, a fondamento degli avvisi di accertamento, “se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili.”. Si può comprendere che gli importi riscossi sono indice di elementi attivi (ricavi, corrispettivi), mentre altra cosa sono i prelevamenti (emissione di assegni, bonifici bancari, prelevamento di contanti), che rappresentano un costo. La norma si può comprendere ravvisandosi una doppia presunzione: che il prelevamento sia stato utilizzato per un acquisto inerente alla produzione del reddito, e che al costo non contabilizzato corrisponda un ricavo pure non contabilizzato. La presunzione è relativa e il contribuente può superarla indicando il beneficiario del prelevamento154.

153

Cfr. L. Zaccaria, Le indagini finanziarie e l’accertamento sintetico,in Corr. Trib. 5/2013, pag. 438

154

Per quanto riguarda i soli titolari di reddito di lavoro autonomo tale doppia presunzione non c’è più alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014. La Consulta ha dichiarato l’illegittimità parziale dell’articolo 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. 600/1973, nella parte in cui ha parificato i titolari di reddito di lavoro autonomo ai titolari di reddito d’impresa così dettando: "Anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua anche per

123

Seguendo il fil rouge del nostro lavoro ci domandiamo se sussiste o meno l’obbligo per l’Ufficio delle entrate di instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente, e troviamo orientamenti contrastanti sia in dottrina che in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità appare, in particolare, “divisa” in merito all’obbligatorietà o meno del contraddittorio in presenza di indagini finanziarie. Le sentenze del 16 maggio 2014, n. 10767, e del 5 dicembre 2014, n. 25770, si sono, infatti, espresse a favore della facoltatività mentre l’orientamento più “garantista” è stato adottato nelle sentenze del 5 marzo 2015, n. 4314 e nella n. 18370 del 2015. Si ritiene che quest’ultima soluzione sia senz’altro da preferire, per i motivi più avanti illustrati, ma è da sottolineare che l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, viste le numerose sentenza passate è quello che sostiene la facoltatività del contraddittorio155.

Le sentenze che sostengono la facoltatività hanno affermato che l’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, “non impone all’Ufficio l’obbligo di uno specifico e previo invito, ma gli attribuisce una mera facoltà, della quale può avvalersi in piena discrezionalità. Il mancato esercizio di tale facoltà non può quindi determinare l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti” 156.

essa il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Secondo tale doppia correlazione, in assenza di giustificazione deve ritenersi che la somma prelevata sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati". La sentenza in argomento sottolinea che: "L’attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo: tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assente nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell’attività svolta, come per le professioni liberali".

La non ragionevolezza della presunzione che trasforma automaticamente in "nero" i prelievi ingiustificati da parte dei professionisti, continua la Consulta: "E’ avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti vengono a inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria; assetto contabile da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali".

La Corte Costituzionale, dunque, conclude affermando che la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo, a sua volta, sia produttivo di un reddito, pertanto ha proceduto a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), limitatamente alle parole “o compensi”.

155

Dal 2002 al 2013 possiamo contare ben 19 sentenze della Cassazione contrarie all’obbligatorietà del contraddittorio.

124

L’Agenzia delle entrate, nella circolare del 19 ottobre 2006, n. 32/E, e il Comando Generale della Guardia di finanza, nella circolare del 29 dicembre 2008, n. 1, hanno condiviso tale orientamento e ritenuto legittimo l’utilizzo delle presunzioni previste dalla norma anche in assenza di un preventivo contraddittorio con il contribuente157. L’Agenzia

ha, tuttavia, correttamente evidenziato che il detto contraddittorio rappresenta “un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzato a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede precontenziosa la prova contraria e rispondente a esigenze di economicità processuale”. Nella detta circolare n. 32/E è stato, inoltre, precisato che, qualora l’Ufficio instauri il contraddittorio, deve formulare al contribuente l’invito a comparire, indicando i presupposti legislativi che legittimano l’esercizio del relativo potere, la data e il luogo previsti, il motivo dell’invito con la specificazione, anche sommaria, degli elementi informativi in contestazione e gli effetti derivanti dalla mancata o incompleta adesione all’invito.

A quest’ultimo riguardo si ricorda che l’art. 32, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973 stabilisce che le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento, in sede amministrativa o contenziosa.

La non obbligatorietà del contraddittorio è stata più di recente ribadita nelle prima dette sentenze:

- n. 10767/2014, nella quale è stato sancito che “come ripetutamente affermato da questa Corte, l’utilizzazione, da parte del Fisco, dei movimenti bancari non è condizionata alla previa instaurazione di alcun contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso che la legge tributaria prevede il contraddittorio come oggetto di una mera facoltà”;

- n. 25770/2014, in cui è stato precisato che la ricostruzione della base imponibile mediante l’utilizzo delle movimentazioni bancarie acquisite non è subordinata al contraddittorio con il contribuente anticipato alla fase amministrativa ma si tratta di una mera facoltà da esercitarsi in piena discrezionalità.

Suddetta giurisprudenza esclude che esso debba essere attivato, spesso fondandosi sull’argomento letterale: sottolineando che la norma dell’art. 32, primo comma, si apre con

157

Cfr. G. Ferranti, L’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale per le indagini finanziarie, in Corr. Trib. N. 46/2015, pag. 4496.

125

il verbo “possono” e ravvisando il riferimento al contraddittorio nella parte della disposizione che prevede la richiesta al contribuente di dati e notizie relative ai rapporti bancari. Tale argomenti sono però agevolmente superabili: il verbo “potere” descrive il potere di accertamento, non la facoltatività del contraddittorio, e la fonte dell’obbligo del contraddittorio non è tanto nel riferimento all’invito a fornire dati e notizie, ma, oltre che nei principi generali, in quanto statuito nel prosieguo della disposizione, ove si afferma che i dati bancari possono fondare l’accertamento solo “se il contribuente non dimostra che non rilevano a tali fini”. Il contraddittorio non sembra pertanto eludibile e la giurisprudenza predetta aggredibile e superabile. Sul piano strettamente letterale, si può argomentare anche basandoci sull’ultima parte del n. 2 dell’art. 32 per ritenere tale onere sussistente: la disposizione dice espressamente che i prelevamenti sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche ed accertamenti, “se il contribuente non indica il soggetto beneficiario”, e si procede poi affermando che “le richieste fatte e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente o dal suo rappresentante …” . La norma appare chiara: i prelevamenti possono fondare le rettifiche, se il contribuente non indica il beneficiario, ma poiché le rettifiche le fa l’Ufficio e il beneficiario non può che indicarsi attuando il contraddittorio, la soluzione pare necessitata: tale contraddittorio è obbligatorio158.

Oltre all’argomento letterale, questa conclusione esce rafforzata ancora una volta da considerazioni di ordine sistematico: il contraddittorio assume una funzione di sostanziale riequilibrio per una presunzione quale quella bancaria, caratterizzata da un bassissimo livello di ragionevolezza. Sorprende a maggior ragione, a fronte di queste premesse, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario sopra segnalato sulla non doverosità del contraddittorio procedimentale: questa impostazione, oltre che gli argomenti appena segnalati, mostra di non cogliere il fatto che ciò implica la sistematica emissione di accertamenti potenzialmente infondati, con evidente dispersione di risorse amministrative159.

Le sentenze più recenti stanno, però, iniziando a sostenere il contrario: nella articolata e ampiamente motivata sentenza n. 4314/2015 è stato, infatti, affermato che il contraddittorio preventivo è obbligatorio anche in caso di controlli basati sulle indagini finanziarie, prendendo a riguardo i principi statuiti dalla giurisprudenza della Corte di

158

Cfr. A. Marcheselli, Difesa del contribuente dagli accertamenti su conti bancari di terzi,in Corr. Trib. 35/2010, pag. 2870.

159

Cfr. A. Marcheselli, Difesa del contribuente dagli accertamenti su conti bancari di terzi,in Corr. Trib. 35/2010, pag. 2871.

126

Giustizia europea nella sentenza Sopropè. La sentenza n. 18370/2015 ha, da ultimo, attribuito valore decisivo al fatto che non era stato rispettato il principio del contraddittorio delle parti, in quanto non era mai stata data la possibilità al contribuente di fornire la prova contraria in merito all’utilizzo ai fini dell’accertamento nei suoi confronti dei dati delle movimentazioni bancarie dei conti intestati esclusivamente alla suocera.

Si ritiene che un confronto tra il contribuente e l’Ufficio antecedente alla notifica dell’avviso di accertamento sia senz’altro necessario perché la norma stabilisce che i prelevamenti e i versamenti si possono porre a base delle rettifiche solo se il contribuente non indica il soggetto beneficiario e un diverso orientamento risulterebbe contrario ai principi di imparzialità e buon andamento della pubblica Amministrazione sanciti dalla Costituzione, danneggiando gli interessi dei contribuenti e il loro diritto di difesa.

Prescindendo delle questioni giuridiche formali, resta il fatto che le norme sugli accertamenti bancari hanno un fondamento di buon senso difficile da eludere: tra i due soggetti parti del rapporto, ovvero Fisco e contribuente, quello che si trova nelle condizioni di conoscere la natura delle operazioni bancarie è, evidentemente, il contribuente. È quindi razionale che la dialettica sia: il Fisco chiede spiegazioni e il contribuente le fornisce, andando incontro a conseguenze sfavorevoli in caso contrario. Si tratta, in fondo, di applicazione del principio di buona fede solennemente presidiato dallo Statuto del contribuente: poiché, di regola, il contribuente deve sapere a cosa si riferiscono le rimesse del conto è anche, in generale, ragionevole affermare che, ove non pervenga una giustificazione, esse abbiano natura fiscalmente rilevante160.

Pertanto, anche alla luce delle ultime sentenze della Cassazione, che mostrano un passo avanti storico, sosteniamo la obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale in quest’ambito, che viene dettato dalla stessa normativa, e che deve essere, a nostro avviso, considerato come requisito di legittimità dell’avviso.

160

A. Marcheselli, L’accertamento bancario tra presunzioni legali e inversione dell’onere probatorio, in Rivista di giurisprudenza tributaria, 1/2010, pag. 53.

127

Capitolo Quarto

I casi in cui l’elevazione del contraddittorio endoprocedimentale non è prevista dalla legge

In questo ultimo capitolo analizziamo i casi in cui l’elevazione del contraddittorio endoprocedimentale non è prevista dalla legge, ovvero alcune fattispecie di accertamenti c.d. “a tavolino”. Prima di scendere nella trattazione di alcuni esempi, analizzeremo la fattispecie in maniera ampia, partendo dal significato di accertamento “a tavolino” e analizzando gli sviluppi giurisprudenziali che si sono presentati negli ultimi anni.

.