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Il contraddittorio endoprocedimentale: indagine circa l'esistenza di un principio di portata generale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea specialistica in Consulenza professionale alle aziende

Il contraddittorio endoprocedimentale: indagine circa

l’esistenza di un principio di portata generale

Relatore:

Prof.ssa Giulia Boletto

Candidato:

Carlo Masini

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1

INDICE

Introduzione ...7

Premesse

I. Il significato della parola “contraddittorio” ... 11

II. Le modalità di partecipazione del contribuente ... 12

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria ... 14

Capitolo Primo

Evoluzione Storica: Dalla negazione del contraddittorio procedimentale al suo primo riconoscimento ... 19

1.1. Analisi storica degli strumenti di partecipazione: ... 23

1.1.1. La richiesta di chiarimenti ... 23

1.1.2. L’atto di contestazione delle violazioni ... 25

1.2. L’influsso della sentenza Sopropè della corte di Giustizia Europea ... 26

1.3. Le conferme della sentenza Kamino – Datema ... 33

Capitolo Secondo

La disciplina positiva in materia di contraddittorio preventivo - verifica dell’esistenza di un generalizzato obbligo di attivazione del contraddittorio ... 37

2.1. I principi costituzionali ... 37

2.2. La legge n. 241/1990 in tema di procedimenti amministrativi e lo Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27 Luglio 2000, n. 212). ... 42

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Capitolo Terzo

Le specifiche ipotesi di contraddittorio stabilite dalla legge ... 51

3.1 Le osservazioni al processo verbale di constatazione (P.V.C.) ... 51

3.1.1. Il processo verbale di constatazione ... 51

3.1.2. Il contenuto minimo del processo verbale di contestazione e il suo rapporto con i verbali d’accesso – le varie sentenze della Corte di Cassazione ... 55

3.1.2.1. Critiche alle ultime sentenze della Cassazione ... 63

3.1.3. L’atto impositivo emesso ante tempus... 65

3.1.4. Mancata valutazione delle osservazioni difensive al P.V.C. ... 72

3.1.5. La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 18184/2013 ... 73

3.1.6. Le esimenti del contraddittorio: “i casi di particolare e motivata urgenza” – la decadenza del potere impositivo può essere considerata giusta causa esonerativa? ... 79

3.2. Gli accertamenti standardizzati ... 82

3.2.1. Gli studi di settore ... 86

3.2.2. Il redditometro ... 96

3.2.3. Il contradditorio come chiave di lettura negli accertamenti standardizzati ... 100

3.3.Gli accertamenti doganali ... 101

3.4. I controlli automatizzati: la liquidazione informatica ed il controllo formale delle dichiarazioni ... 106

3.4.1. Il contraddittorio nel caso di liquidazione automatica ex. art. 36 – bis D.p.r. 600/1973 ... 109

3.4.2. Il contraddittorio nel caso di controllo formale ex art. 36 – ter D.p.r. 600/1973 ... 111

3.5. Gli Accertamenti fondati su ipotesi di abuso del diritto, art 10 - bis, comma 6, Legge 212/2000 ... 115

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Capitolo Quarto

I casi in cui l’elevazione del contraddittorio endoprocedimentale non è prevista

dalla legge ... 127

4.1. Gli accertamenti a “tavolino” ... 127

4.1.1. La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 24823 del 9 dicembre 2015 ... 131

4.1.1.1. Critiche alla decisione delle Sezioni Unite ... 137

4.1.1.2. L’ordinanza della Commissione Tributaria Regionale Toscana n. 736/2016 ... 139

4.1.1.3. La sentenza della C.T.P. di Reggio Emilia n. 5/2016 ... 141

4.2. Esempi di accertamento “a tavolino” dove il contraddittorio preventivo non è dettato dalla legge ... 142

4.2.1. Gli accertamenti basati sui parametri ... 143

4.2.2. Gli accertamenti sulle compravendite immobiliari ... 149

4.2.3. La riqualificazione in società di comodo ... 156

Conclusioni ... 167

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(7)

Quando tutti pensano nella stessa maniera,

allora nessuno pensa veramente.

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7

Introduzione

Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi del contraddittorio endoprocedimentale nel sistema tributario italiano, ossia il confronto che si instaura tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria nel corso dell’istruttoria e antecedentemente all’emissione dell’atto impositivo.

È indubbio che il contraddittorio preventivo è un elemento fondamentale dell’accertamento tributario, utile sia al contribuente sia all’Erario, e indispensabile per il rispetto dei principi costituzionali: attraverso una preventiva dialettica si può garantire il diritto di difesa al contribuente secondo l’art. 24 Cost.; si può giungere ad una migliore determinazione del carico fiscale, alla giusta imposta, rispettando l’art. 53 Cost. ed infine si può assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione dettato dall’art. 97 Cost.: con un contraddittorio svolto “a regola d’arte”, l’Ufficio può evitare l’emanazione di atti amministrativi non stabili, formando provvedimenti impositivi che siano capaci di reggere alle difese del contribuente in una successiva tutela giurisdizionale, evitando, in tal modo, perdite di tempo e pericolose declaratorie di soccombenza, e riducendo i contenziosi che affollano le Commissioni tributarie.

Questo tema, e in particolare l’esistenza o meno di un principio generale che obblighi l’Erario al contraddittorio endoprocedimentale, è una vexata quaestio che sta occupando molte pagine delle riviste di settore e libri, impegnando dottrina e giurisprudenza in un dibattito che perdura ormai da molti anni: il presente lavoro non vuole certo trovare la soluzione finale al dibattito, ma ha come obiettivo di approfondire la questione, analizzando i vari aspetti che contraddistinguono il dialogo tra Amministrazione finanziaria e contribuente prima dell’emissione dell’atto tributario, fornendo anche una visione di sviluppo della questione in futuro.

Le fasi nelle quali si sviluppa il presente lavoro sono quattro, come i capitoli: la prima, che possiamo trovare anche nel titolo, mira, attraverso l’analisi della disciplina positiva, a verificare l’esistenza o meno di una norma di carattere generale che obblighi al contraddittorio. Come vedremo nel capitolo a ciò dedicato, gli orientamenti che si dispiegano sono tre: uno garantista, il quale sostiene che il contraddittorio sia principio fondamentale del nostro sistema tributario e debba trovare spazio ogniqualvolta ci sia un atto che vada a ledere la posizione di un soggetto passivo: pertanto, in caso di mancato

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dispiegamento, l’atto impositivo è destinato ad essere annullato; l’orientamento contrario, il quale sostiene che all’interno dell’attuale legislazione non ritroviamo una norma che sancisca per l’Amministrazione finanziaria un obbligo generale di attivare il contraddittorio, ma una normativa frammentaria, dove si rinvengono un pluralità di disposizioni che prescrivono tale contraddittorio a condizioni e con modalità ed effetti differenti in rapporto a singole ben specifiche ipotesi; infine, un orientamento intermedio, il quale afferma che il confronto preventivo sia sempre obbligatorio e la sua violazione può determinare l’annullamento del provvedimento adottato, a condizione che si dimostri che in caso di svolgimento della dialettica, ciò, avrebbe potuto comportare un risultato diverso. Siffatta fase verrà sviluppata considerando anche l’evoluzione storica dello strumento, la normativa comunitaria, e soprattutto le sentenze espresse dalla Corte di Giustizia Europea, che forniscono un’importante, e più ampia, visione della questione (le quali verranno trattate nel capitolo primo).

Anticipando i risultati del nostro esame, ci sentiamo di schierarci con l’orientamento contrario: pertanto, la seconda fase dell’elaborato (presente nel terzo capitolo) riguarda l’approfondimento delle ipotesi in cui tale contraddittorio è prescritto, le quali, malgrado la presenza di una norma, non esulano da discussioni dottrinali e giurisprudenziali. Tanto è vero che in alcuni casi, pur essendo imposto l’obbligo del confronto preventivo, non viene menzionata la sanzione nel caso in cui il suddetto confronto non sia stato svolto. Ci troviamo quindi in casi di lex imperfecta nei quali i giudici utilizzano lo strumento di coolegislazione per sopperire alla carenza.

In contrapposizione alla seconda, la terza fase, riscontrabile nel quarto capitolo, riguarda l’esame dei casi in cui il preventivo contraddittorio non è imposto dalla legge, ossia i casi di accertamento “a tavolino”. In particolare, verranno trattati i casi degli accertamenti sulle compravendite immobiliari, della riqualificazione come società di comodo e dell’accertamento tramite parametri.

L’ultima fase di questo lavoro, convogliata nel capitolo conclusivo, riguarda il possibile sviluppo della fattispecie. In definitiva, nella totalità dell’elaborato, si è provveduto a porre in risalto le problematiche che derivano da una scarsa tutela del contribuente, anche alla luce degli strumenti di cui l’Amministrazione finanziaria dispone e, in questa fase, ci auspichiamo un’inversione di tendenza, che può essere messa in atto solo dal Legislatore. Ciò viene esposto alla luce delle altalenanti affermazioni giurisprudenziali, dove persino le

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Sezioni Unite non si sono pronunciate in maniera omogenea e, appunto per questo, hanno reso difficile il raggiungimento di una soluzione univoca. Pertanto, a nostro avviso, sarà improbabile che il dibattito venga risolto da un organo giudicante ma, per mettere la parola fine alla discussione, l’unica soluzione è quella di un intervento legislativo.

Tale auspicato provvedimento si fa ancora attendere, nonostante l’occasione verificatasi con la delega della L. n. 23 del 2014 per la riforma del sistema fiscale, nella quale inserisce tra i principi e criteri direttivi della delega la “previsione di forme di contraddittorio propedeutiche alla adozione degli atti di accertamento dei tributi”, nonché il rafforzamento del “contraddittorio nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all'esaurimento del contraddittorio procedimentale”; purtuttavia, tale delega non ha trovato alcun seguito da parte del Governo.

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Premesse

I. Il significato della parola “contraddittorio”

Partendo dal linguaggio ordinario vi sono almeno due forme grammaticali dell’espressione contraddittorio: una forma aggettiva e una forma sostantiva.

Il termine contraddittorio, usato come aggettivo, è sinonimo di illogico, ovvero di insignificante: è contraddittorio un elemento che si trova il contraddizione con se stesso, in contrasto1. Contraddittorio, qui, indica che qualcosa si contraddice, ovvero forma, con sé o

con altro, una contraddizione (Es. bianco e non bianco), ovvero afferma e nega la medesima cosa nello stesso tempo; in altre parole non esprime alcunché di determinato.

Il termine contraddittorio indica, però, anche un sostantivo che esprime la relazione tra due proposizioni in cui una nega ciò che l’altra afferma: ciascuna proposizione, presa per sé, non risulta contraddittoria, è solamente il loro rapporto che potrebbe generare una situazione particolare dove una sostiene l’alternativa esclusa dall’altra.

Questa accezione di contraddittorio può essere usata anche per indicare una discussione tra due persone che sostengono opinioni contrarie; in questo caso il significato del termine indica coloro che sostengono due logoi (ragionamenti) e che appaiono legati da una relazione oppositiva perciò passiamo dal piano logico a quello relazionale/sociale2.

Il primo termine è relativo alla contraddizione di alcunché, ed ha un connotato negativo, il secondo fenomeno è relativo ad una relazione tra due ragionamenti.

Dal punto di vista giuridico il significato della parola contraddittorio non è così condiviso come sembrerebbe a prima vista: esistono infatti differenti accezioni del contraddittorio che convivono nel nostro ordinamento. In prima istanza va sottolineato che non bisogna considerare il contraddittorio come un conflitto, ovvero una situazione di scontro in cui due soggetti non sembrano avere in comune nulla se non la reciproca volontà di eliminare in via completa e definitiva l’oppositore, o la sua resistenza, grazie all’uso della forza3. In un

conflitto, infatti, ciascuno pretende di negare l’opporsi dell’avversario, poiché

1

Si veda la voce “contraddittorio” in N. Zanichelli, Lo Zingarelli 2015. Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli. Bologna 2015.

2

Cfr. P. Sommaggio, Contraddittorio – giudizio – mediazione, la danza del demone mediano, FrancoAngeli, 2012.

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l’assolutizzazione della propria posizione impedisce il confronto e porta, quindi, al tentativo di soppressione delle tesi che vi si oppongono.

Il contraddittorio di cui si intende parlare è il luogo figurato dove la controversia si svolge concretamente attraverso il confronto razionale e discorsivo. Qui il confronto tra le parti, infatti, viene svolto attraverso il confronto tra le loro pretese in forma di ragionamenti e il rapporto di opposizione è ciò che determina la bontà del contraddittorio come mezzo idoneo anche al disvelarsi della verità.

L’applicazione del contraddittorio risponde ad una doppia finalità: da una parte è strumento di garanzia per l’interessato, che può far valere le sue ragioni, e dall’altra è strumento istruttorio, per una completa acquisizione degli elementi utili all’Amministrazione Finanziaria, nell’interesse pubblico.

La locuzione latina “audiatur et altera pars” (si ascolti anche l’altra parte) o “ audi alteram partem” (ascolta l’altra parte) racchiude ed esprime il principio del contraddittorio, in base al quale la parte contro cui si rivolge l’azione deve essere messa nella posizione di poter essere ascoltata e far valere le sue ragioni ed eccezioni4.

II. Le modalità di partecipazione del contribuente

Per facilitare l’analisi si ritiene utile, fin da subito, procedere ad una differenziazione delle tipologie di partecipazione che possono individuarsi nella materia tributaria.

Il contribuente può prendere parte al procedimento di accertamento attraverso differenti livelli di coinvolgimento e in dottrina viene affermata la tripartizione di seguito riepilogata5.

La modalità più elementare è quella definita “conoscitiva” o “informativa”, essa attiene alla fase preparatoria dell’istruttoria tributaria: nell’ambito di questa, a seguito di un invito da parte dell’Amministrazione (non è infatti ipotizzabile che in tale fase l’iniziativa sia del contribuente), il singolo apporta elementi puramente informativi e/o documentali, scevri da elaborazioni personali6.

Le altre due forme di intervento del contribuente sono il contraddittorio (c.d. partecipazione “difensiva”, partecipazione – contraddittorio) o la cooperazione (detta anche partecipazione “collaborativa”, partecipazione – servente). Dette forme di partecipazione sono funzionali al medesimo obiettivo: giungere alla determinazione di un’obbligazione tributaria corrispondente alla reale capacità contributiva del soggetto

4

Si veda http://www.brocardi.it/A/audiatur-et-altera-pars.html

5

Tale ripartizione è stata elaborata dal Prof. F. Tundo.

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passivo, tuttavia le norme che le regolano sono profondamente diverse: il contraddittorio designa la partecipazione del privato con finalità prettamente “difensive” e la normativa che lo disciplina è incentrata proprio sulla posizione del contribuente; con la cooperazione, invece, il contribuente è chiamato a fornire ausilio all’attività di indagine dell’Amministrazione finanziaria7.

La partecipazione a titolo di “collaborazione” si caratterizza per la facoltà di fornire prime elaborazioni e, più in generale, di accompagnare i documenti e/o gli elementi prodotti all’Amministrazione Finanziaria o da quest’ultima autonomamente acquisiti con brevi note esplicative e simili. D’altra parte la partecipazione “difensiva”, diretta ad attuare il contraddittorio, è di solito prevista da norme che pongono all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di chiedere chiarimenti al contribuente e nella facoltà (o, in alcuni casi, nell’onere) di quest’ultimo di fornirli; ovvero, da norme che comunque consentono al contribuente di intervenire attivamente nel procedimento, ponendo obblighi all’Amministrazione finanziaria laddove egli si avvalga di tale facoltà. Questa è la modalità più articolata di partecipazione del contribuente al procedimento e consiste nella “difesa” vera e propria, mediante la quale questo, con uno sforzo più intenso, introduce elementi valutativi più complessi, argomentazioni in diritto, precedenti giurisprudenziali , punti di vista della dottrina, al fine di convincere l’Amministrazione della correttezza del proprio comportamento e delle scelte effettuate.

La partecipazione del contribuente, per poter essere pienamente efficace, dovrà sempre trovare espressione in un idoneo documento che ne rappresenta contenuti ed esiti: ciò vale in tutte le ipotesi in cui la parte privata abbia preso parte al procedimento. A conferma troviamo lo Statuto dei diritti del contribuente, che, all’art. 12, comma 4, recita: “Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.”. Ma ciò non deve essere inteso nella prospettiva di un mero obbligo dell’Amministrazione di registrare gli interventi della parte privata, se così fosse, il diritto del contribuente di partecipare rimarrebbe fine a sé stesso, risolvendosi in un apporto puramente formale, privo di alcuna utilità se non quella di far risultare dal verbale le sue osservazioni8. Essa invece dovrà consentire la piena ed esaustiva

partecipazione del contribuente e, con la rappresentazione altresì delle eventuali repliche della parte pubblica, costituire l’occasione per la formalizzazione del contraddittorio. Se, da una parte, il contribuente, potrà partecipare all’istruttoria secondo diversi gradi di

7

Cfr. L. Salvini, La cooperazione del contribuente e il contraddittorio nell’accertamento, in Corriere Tributario n. 44, 2009 , pag. 3570 e ss.

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“intensità”, parimenti non gli potrà essere negata la facoltà di stimolare la parte pubblica, sin dalle prime battute dell’istruttoria che lo vede coinvolto, e a tale fine, potrà chiedere maggiori chiarimenti sulle ragioni che portano l’Amministrazione a seguire un determinato percorso istruttorio o investigativo, ovvero, potrà fornire possibili interpretazioni alternative rispetto a quelle avanzate dalla controparte. Solo in tal caso si darà luogo ad uno scambio dagli effetti positivi sia per il contribuente sia per la stessa Amministrazione. Sotto questa luce, le funzioni positive che il contraddittorio può apportare sono:

- Garanzia del contribuente, che viene coinvolto in fase preventiva nell’analisi dei dati raccolti, al fine di fornire le giustificazioni del caso;

- Legalità del procedimento amministrativo, nel quale il contribuente è sempre più partecipe, con la conseguenza di una maggiore sostenibilità della pretesa tributaria qualora sia sottoposta al sindacato giurisdizionale;

- Ricerca della giusta imposta, che, se condivisa, consente al contribuente di fruire della riduzione delle sanzioni tributarie previste dalle diverse leggi d’imposta ed all’erario di incassare in tempi celeri.

Dunque, come da taluni sostenuto, "appare evidente che un contraddittorio proficuo è sempre il frutto non solo di un dialogo sereno, ma anche di un’adeguata rappresentazione tecnica degli elementi di supporto di una tesi piuttosto che di un’altra. All’esigenza di presentare una memoria e documentare le giustificazioni addotte fa da contraltare la necessità di un’adeguata motivazione da parte dell’erario delle ragioni per le quali si ritiene accoglibile, o meno, una deduzione del contribuente”9

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

Questo elaborato vuole andare a sostenere l’importanza del contraddittorio anche alla luce degli importanti poteri a disposizione degli Uffici, pertanto, è necessario introdurre quali siano tali poteri conoscitivi attraverso l’assunzione degli aspetti più importanti.

È definita come attività conoscitiva, l’attività che l’Amministrazione finanziaria svolge per conoscere la situazione di fatto in cui si trova ad operare10, ovvero l’azione dell’Autorità

fiscale diretta all’acquisizione di fatti fiscalmente rilevanti, e comprende, al suo interno,

9

Cfr. M. Conigliaro, Sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo?, in Il fisco n. 21, 2015.

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l’attività istruttoria la quale ha come obiettivo la raccolta delle prove che sorreggono l’accertamento tributario. Quest’attività non costituisce solo un momento necessario del procedimento amministrativo tributario, per la conoscenza e acquisizione degli elementi fondamentali della pretesa impositiva, ma, confluendo in essa tutti gli interessi che l’Amministrazione è tenuta a considerare nel procedimento, raffigura anche la sede in cui si ricostruiscono i fatti, tra esigenze di garanzia e di efficienza dell’ordinamento.

L’attività conoscitiva e di controllo dell’Erario è finalizzata alla cura ed alla tutela del regolare funzionamento del sistema impositivo e comprende le molteplici azioni che l’Amministrazione può compiere ai fini della conoscenza: in altre parole, l’attività di controllo è diretta inizialmente alla realizzazione delle entrate tributarie e nel moderno sistema di autotassazione, dove l’attuazione dei tributi è rimessa ai contribuenti, assume un ruolo di prevenzione delle violazioni degli obblighi tributari e dunque di vigilanza delle attività svolte dei soggetti sottoposti a tributo. Quest’attività è affiancata da un’attività di tipo conoscitivo, diretta all’acquisizione di elementi di fatto, notizie e dati. Da un punto di vista strutturale quest’attività rappresenta la fase centrale dell’iter procedurale in quanto è successiva all’iniziativa e procede la decisione.

I poteri di indagine e più precisamente, di acquisizione di conoscenze fiscalmente rilevanti, si svolgono attraverso una serie di atti in grado di incidere nella sfera di libertà del privato: l’ istruttoria può essere svolta presso l’ufficio erariale attraverso gli inviti a comparire di persona per fornire dati e notizie (quindi imponendo al privato un facere), gli inviti ad esibire atti e documenti (ordinando un dare) oppure attraverso l’invio ai contribuenti di questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti. Tuttavia la forma principale di controllo dei contribuenti è la verifica presso la sede del contribuente, questa consiste in una serie di operazioni che iniziano con l’accesso in un luogo (imponendo quindi un pati), seguito da ispezioni documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un “processo verbale di constatazione” 11.

Perciò si evince che, in riferimento alle predette attività, prima delle eventuali conseguenze nella sfera patrimoniale del contribuente si può generare una diretta ed immediata interferenza nelle posizioni giuridiche del soggetto, che sono tutelate nell’ordinamento da norme di rilievo costituzionali12 e dalla normativa comunitaria.

11

Cfr. F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 2011.

12

Si fa riferimento all’art. 13 Cost. che dispone che la libertà personale è inviolabile e non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge; all’art. 14 della Costituzione il quale recita che il domicilio è inviolabile, ma ammette che vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri “nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le

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Un ulteriore tipo di attività conoscitiva che può essere svolta dall’Amministrazione Finanziaria è l’indagine bancaria: per il fisco il segreto bancario non esiste. Come affermato dalla Corte costituzionale, il dovere di riservatezza, connesso con il segreto bancario, non può essere di ostacolo all’accertamento degli illeciti tributari, non sono infatti applicabili al segreto bancario le garanzie proprie dei diritti di libertà personale, non essendovi, alla base delle riserve degli istituti di credito, valori della persona umana da tutelare, ma più semplicemente, interessi patrimoniali13, ma non significa che le indagini bancarie non siano

soggette a vincoli e limiti.

Nelle indagini gli istituti bancari devono comunicare all’anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la natura dei rapporti intrattenuti mentre Uffici e Guardia di Finanza svolgono le indagini richiedendo alla banche “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.

L’atto conclusivo del procedimento amministrativo di applicazione delle imposte è un provvedimento, denominato “avviso di accertamento”. I provvedimenti amministrativi sono generalmente discrezionali, nel senso che sono frutto della scelta tra interessi diversi. Invece qui abbiamo un provvedimento che è espressione di una funzione vincolata14. Come

prescrive l’art. 23 Cost., le leggi tributarie disciplinano compiutamente i presupposti, la misura e i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria: il contribuente deve auto liquidare il tributo, come imposto dalla legge. Se il contribuente omette la dichiarazione, o non dichiara compiutamente quanto dovuto, l’Amministrazione finanziaria deve agire, determinando autoritariamente il debito d’imposta, che il contribuente ha omesso di dichiarare o non ha dichiarato in modo compiuto. Agli uffici non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali: non deve decidere se emanare l’atto, che contenuto dargli, etc., perché è tutto predeterminato dalla legge.

Invece, nell’ambito dei poteri di acquisizione di informazioni e conoscenze fiscalmente rilevanti, ed anche nella fase di riscossione, è significativo il margine di direzionalità che l’Amministrazione finanziaria dispone nelle proprie scelte, nel rispetto dei criteri di buon andamento e imparzialità dettati dall’art. 97 della Costituzione che è norma di principio la

garanzie prescritte per la tutela della libertà personale”; ed infine all’art.15 Cost. che impone che la libertà e la segretezza della corrispondenza sono inviolabili e che la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

13

Corte cost., 3 Febbraio 1992, n. 51, in Giur. It., 1992.

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quale regola l’intera attività amministrativa finanziaria e costituisce uno dei capisaldi dell’intero sistema tributario.

In considerazione dei pregiudizi che il contribuente può subire nella propria sfera giuridica, durante l’esercizio dell’attività conoscitiva e di controllo dell’Amministrazione finanziaria ci si propone di definire i principi di tutela del contribuente soggetto ad indagini che ad oggi sono riconosciuti nel nostro ordinamento. Con particolare riguardo si affronterà il principio del contraddittorio che sarà l’argomento principale di questo lavoro. Il diritto alla dialettica preventiva prevede che, prima dell’emanazione di un atto, sia ascoltato il soggetto destinatario degli effetti dell’atto stesso e l’applicazione di tale importante principio risponde ad una doppia finalità: è strumento a garanzia degli interessi del contribuente, il quale può far valere le proprie ragioni ed è anche strumento istruttorio, per una completa acquisizione degli elementi utili all’ufficio, nell’interesse pubblico15. Tale confronto si spiega

anche come “contrappeso” rispetto ai penetranti poteri conoscitivi dell’Amministrazione finanziaria.

Un’efficiente disciplina del procedimento deve consentire l’emersione ed il confronto delle diverse posizioni e degli elementi conosciuti e posseduti da ciascuna delle “parti”, prima che l’eventuale divergenza divenga irreparabile e sfoci nel contenzioso quale unico rimedio a disposizione del contribuente contro un atto impositivo che cristallizza una prospettazione dell’Amministrazione finanziaria da lui non condivisa. Proprio il riconoscimento, da parte del Legislatore, della funzione deflattiva del contenzioso propria del contraddittorio che si svolge prima dell’emissione dell’atto di accertamento e del conseguente incremento dell’economicità ed efficienza dell’azione amministrativa hanno ispirato il potenziamento degli istituti partecipativi16.

Considerato quanto sostenuto in queste premesse, si cercherà di analizzare l’evoluzione applicativa del contraddittorio, dall’esplicito divieto di estensione delle disposizioni in tema di partecipazione ai procedimenti tributari (art. 13 , secondo comma, legge 241/1990 sul procedimento amministrativo), alle aspettative create dalla legge n. 212/200 (Statuto dei diritti del contribuente) la quale è nata con la finalità di introdurre i principi generali in grado di migliorare i rapporti tra Fisco e contribuenti, esaminando inoltre gli spunti offerti

15

G. Ragucci, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, 2009

16

Cfr. L. Salvini, La cooperazione del contribuente e il contraddittorio nell’accertamento, in Corriere Tributario n. 44, 2009, pag. 3570 e ss

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dalla giurisprudenza europea, che ha assegnato al diritto al contraddittorio il valore di principio fondamentale dell’ordinamento comunitario (Corte di Giustizia Europea , Causa C-349/07, Sopropè, di cui parleremo ampiamente in seguito), e quelli dati dalle sentenze nazionali.

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Capitolo Primo

EVOLUZIONE STORICA:

Dalla negazione del contraddittorio procedimentale ad un suo primo riconoscimento

Limitando l’indagine al nostro Paese e confinando l’analisi ad epoche non eccessivamente risalenti, si deve rilevare che non è trascorso molto tempo da quando si affermava l’inesistenza dell’obbligo del contraddittorio procedimentale sulla base di diverse argomentazioni. Nello specifico l’istituto della partecipazione in ambito tributario e amministrativo non aveva potuto trovare sviluppo fino a che erano evidenziati quali requisiti tipici dell’azione amministrativa l’autoritarietà, l’esecutività e l’imperatività dei relativi provvedimenti finali, in funzione del superiore scopo di garantire la libertà e l’incondizionato svolgimento della funzione pubblica. Si era in un clima culturale tendente ad esaltare la supremazia assoluta dello Stato e non veniva prevista alcuna forma di tutela degli interessi dei privati che venivano considerati egoistici e particolari17.

In epoca successiva ed anche a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione, il concetto di contraddittorio ha iniziato ad assumere una valenza autonoma e più forte rispetto a quello di partecipazione e grazie ad un mutato modo di intendere la funzione amministrativa si è iniziato a fare spazio ad un profilo spiccatamente garantista. Proprio in ambito amministrativo è stato compreso che, soprattutto in presenza di attività dichiaratamente discrezionali, il procedimento era la sede naturale per un confronto dialettico degli interessi pubblici e privati coinvolti dal provvedimento finale, e quindi lo strumento più idoneo per assicurare il rispetto sia dei principi costituzionali di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione quanto delle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti.

Tuttavia fino ai primi anni novanta gli strumenti diretti a realizzare la partecipazione del contribuente al procedimento di controllo ed accertamento nelle imposte sui redditi e nell’IVA (ed ancora di più negli altri tributi) erano assai scarsi: probabilmente se ne poteva annoverare solo uno che avesse come obiettivo quello di consentire la partecipazione nel senso più puro del termine; a consentire cioè al contribuente di rappresentare all’Amministrazione finanziaria nel corso del procedimento, attraverso un contraddittorio con finalità “difensive”, elementi di fatto e di diritto utili per giungere ad un’obiettiva

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determinazione della materia imponibile. In questo caso il riferimento è alla richiesta di chiarimenti, prevista per la prima volta dall’art. 2 della legge n. 17/198518. Per il resto, il

contribuente controllato poteva solamente essere chiamato dall’Amministrazione finanziaria a fornire documenti, dati, notizie nel corso del procedimento in forza delle numerose norme che attribuiscono all’Amministrazione finanziaria poteri di controllo; non quindi, a partecipare con finalità “difensive”, bensì ad intervenire a titolo di “collaborazione” per consentire all’Ufficio procedente un più agevole e completo reperimento di elementi utili al controllo e, eventualmente, all’accertamento.

Questa situazione, unitamente all’aggravamento degli adempimenti posti a carico del contribuente e strumentali all’applicazione dell’imposta aveva creato posizioni discordanti in dottrina, tant’è che alcuni esponenti sostenevano che l’attività legislativa del Parlamento sembrava essere volta non tanto a potenziare l’efficienza e la capacità dell’Amministrazione pubblica quanto a creare un sistema alternativo basato sull’attiva, onerosa ed esclusiva collaborazione del contribuente19.

Naturalmente anche la “partecipazione – servente” può portare a una situazione positiva per il contribuente consentendo, come l’altra forma, una più obiettiva determinazione del debito d’imposta, ma in essa l’ottica del Legislatore è concentrata sulla posizione dell’Amministrazione finanziaria anziché su quella del privato: fattispecie che, nell’intervento a titolo di “collaborazione”, si concretano nel potere degli Uffici di richiedere dati, informazioni e documenti al contribuente nell’esercizio dell’attività di controllo e nel corrispondente obbligo (a pena di sanzione amministrativa) del contribuente di fornirli laddove il potere sia esercitato. Contrariamente, nella partecipazione “difensiva”, diretta ad attuare il contraddittorio risulta un obbligo dell’Amministrazione finanziaria di chiedere chiarimenti al contribuente e nella facoltà (o in alcuni casi, nell’onere) dello stesso di fornirli.

La tutela della posizione del contribuente, assicurata dal Legislatore attraverso il contraddittorio, è teoricamente convergente con la tutela della posizione dell’Amministrazione finanziaria assicurata attraverso la collaborazione, non essendovi luogo, nel procedimento di controllo ed accertamento, per l’ingresso e la valutazione di divergenti interessi pubblici e privati. È infatti evidente che tanto l’attività di controllo,

18 Cfr. L. Salvini, La "nuova" partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del

contribuente ed oltre), in Riv. Dir. Trib., Fasc. 1, 2000, pag. 13.

19

Cfr. L. Salvini, La "nuova" partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto

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21

quanto la partecipazione del privato sono, almeno in linea di principio, funzionali al medesimo obiettivo, che è quello di giungere alla determinazione di un’obbligazione tributaria corrispondente alla reale capacità contributiva del soggetto passivo.

Benché sia gli istituti diretti a realizzare il contraddittorio che quelli diretti a realizzare la collaborazione sono diretti a realizzare un unico fine, ovverosia quello della oggettiva determinazione della materia imponibile, essi non possono che essere realizzati in modi e tempi diversi in quanto sono correlati alla voce dei due soggetti in gioco, che si muovono in dinamiche diverse. Prima agisce l’Amministrazione finanziaria, raccogliendo gli elementi utili al controllo e formandosi un proprio convincimento sulla situazione del contribuente; in questa fase quest’ultimo interviene in funzione meramente collaborativa. Quando l’Amministrazione finanziaria ha formato il proprio convincimento e ritiene di aver reperito una maggiore materia imponibile rispetto a quella dichiarata, nella fase della decisione in ordine all’emissione ed al contenuto dell’atto di accertamento, entra in gioco il contribuente, in termini di contraddittorio ovvero più prettamente difensivi. Dato questo assetto delle situazioni soggettive e degli interessi di fatto, era necessario che il sistema tributario, nel tentativo di giungere in maniera sempre più efficiente e rapida alla determinazione della materia imponibile ed al recupero dell’evasione, si muovesse sulla strada dell’ampliamento e dello sviluppo dei momenti dialettici, difatti, negli ultimi anni gli strumenti aventi finalità prettamente partecipative, prima quasi assenti, si sono infatti moltiplicati.

Inoltre lo sviluppo della partecipazione è andato di pari passo con l’adozione di misure volte al raggiungimento del fine della rapida definizione delle controversie, come la conciliazione giudiziale.: così gli istituti partecipativi si inseriscono tra quelli preordinati dal Legislatore ad una maggiore flessibilità dell’azione amministrativa anche al fine di deflazionare il contenzioso, affiancandosi agli istituti specificamente diretti alla prevenzione ed alla definizione delle controversie.

Procedendo lungo una linea temporale, il primo grande passo è stato effettuato nel campo del diritto amministrativo con la Legge sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990 (modificata dalle leggi nn.15 e 80 del 2005 e n. 69 del 2009, nonché dal D.L. n.5 del 2012)20

dove c’è stato il generale riconoscimento anche a livello legislativo dell’esistenza del principio della “partecipazione” attraverso la previsione di norme predisposte per la sua realizzazione. Tale provvedimento legislativo ha definito i principi di efficacia, economicità, pubblicità e trasparenza dell’attività degli organi amministrativi, nonché il rispetto dei

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22

principi dell’ordinamento comunitario. Nel duplice intento di garantire il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, e di snellire e accelerare l’iter procedimentale, ha predisposto un innovativo sistema di norme, ed ha avuto un ruolo fondamentale nella nuova disciplina dei rapporti Stato - cittadino, non più di tipo solo autoritario, ma anche collaborativo.

Pur essendo ricompreso il procedimento tributario nel genus dei procedimenti amministrativi, esigenze di non inquinamento imponevano però la previsione di non applicazione degli istituti rientranti nel novero della “partecipazione”, stabilita nell’art. 13 della stessa legge 241/9021. Tuttavia come afferma Muleo: “Dalla statuizione dell’art. 13

non era possibile desumere la volontà del Legislatore di escludere l’istituto del contraddittorio dai procedimenti tributari”22. Effettivamente quella norma appariva

piuttosto come una dichiarazione di non intervento in un settore dominato da regole e, soprattutto, logiche sue proprie, infatti, in un sistema in cui la parte pubblica deve scoprire il fatto dopo che esso si è verificato, ricostruendolo dalle tracce lasciate, la sola notizia del controllo può provocare potenzialmente una sollecitazione all’inquinamento delle prove. In ciò si è rinvenuta la ratio dell’esclusione dei procedimenti tributari dal provvedimento del 1990 e non in una volontà di voler negare ogni forma di partecipazione e di contraddittorio in ambito procedimentale.

In qualunque modo, nella normativa tributaria, nonostante l’introduzione dell’art.12 dello Statuto del contribuente23, mancava, e in analisi successiva dimostreremo che tutt’ora

manca, una regola generale che espressamente obblighi l’Amministrazione Finanziaria al contraddittorio procedimentale, pur dovendosi registrare l’incremento delle forme di contraddittorio isolatamente previste.

Fatte queste brevi considerazioni passiamo ad esaminare lo sviluppo storico di due strumenti partecipativi: la richiesta di chiarimenti e l’atto di contestazione delle violazioni.

21

Art. 13 L.290/90 “Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione”

Comma 2: “Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.

22

Cfr. S.Muleo, L’obbligo del contraddittorio, in Magistratura tributaria, 2015.

23

L’articolo 12 comma 7 della Legge n.212 del 27/07/2000 recita: “7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

(25)

23 1.1. Analisi storica degli strumenti di partecipazione:

1.1.1 La richiesta di chiarimenti

Il primo istituto da esaminare in un’ottica evolutiva, è la richiesta di chiarimenti, originariamente prevista dall’art. 2, comma 29, legge n. 17/1985 (cd. “Visentini ter”), la cui prima formulazione normativa era caratterizzata da un’estrema concisione. Da essa si desumevano direttamente solo poche circostanze: in positivo, che all’Ufficio faceva capo un obbligo di inviare la richiesta prima di effettuare un accertamento induttivo in base a coefficienti (e non una mera facoltà, come accade invece nell’ipotesi di esercizio dei poteri di controllo, quale l’invio del questionario); in negativo, che nessuna sanzione era prevista per la mancata risposta. Questi due elementi sono sembrati sufficienti per delineare in via interpretativa una più completa disciplina dell’istituto, con particolare riguardo alle conseguenze del mancato invio della richiesta, individuate nell’illegittimità dell’atto di accertamento; al contenuto della richiesta stessa, ritenuto analogo a quello dell’atto di accertamento di cui si prefigura l’emanazione; all’esistenza dell’obbligo di specifica motivazione dell’atto di accertamento. Si è così identificata nella richiesta la prima vera e propria forma di tutela del contraddittorio in sede di accertamento.

Norme successive hanno ripreso questa disciplina embrionale: si tratta sempre, nell’ottica originaria dell’istituto, di disposizioni che riguardano accertamenti di carattere induttivo o comunque caratterizzati, in base al metodo loro proprio, da un elevato grado di “aleatorietà”, per i quali appare opportuno un contraddittorio anticipato rispetto alla fase contenziosa.

La prima integrazione apportata alla disciplina della richiesta, da parte della legge n. 413/1991, va valutata positivamente: si tratta della obbligatorietà per l’Ufficio, “a pena di decadenza ai fini dell’accertamento”, dell’invio della richiesta stessa. Una decisa integrazione (comportante una sostanziale modifica) delle caratteristiche dell’istituto si è avuta con il D.L. n. 331/1993 il quale, oltre a riformulare correttamente la sanzione indiretta a carico dell’ufficio in termini di “nullità” dell’accertamento emesso senza previa richiesta, ha previsto che il contribuente “deve” indicare nella risposta i motivi per cui, “in relazione alle specifiche condizioni di esercizio dell’attività, i ricavi, compensi e corrispettivi dichiarati sono inferiori a quelli risultanti dall’applicazione dei coefficienti”. Rispondere diviene così, da una facoltà del contribuente, un onere, perché alla omessa o parziale risposta viene correlata una preclusione: infatti “i motivi non addotti in risposta alla richiesta di chiarimenti non possono essere fatti

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24

valere in sede di impugnazione dell’atto di accertamento” 24. E, si noti, viene espressamente prevista

una preclusione a carico del contribuente che non indica i motivi del suo dissenso, ma nulla si prevede in ordine all’obbligo dell’ufficio di motivare la richiesta di chiarimenti e di illustrare quindi al contribuente il contenuto dell’accertamento di cui si prefigura l’emanazione (e non è certo così scontato che, trattandosi di un accertamento automatico in base a coefficienti, il contribuente “non possa non sapere”) 25.

Queste disposizioni, giustamente censurate sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, segnano una decisa svolta autoritaria dell’istituto della richiesta di chiarimenti ed un notevole inquinamento rispetto alle sue originarie e fisiologiche finalità: esso, da mezzo nato per tutelare il contribuente consentendogli un contraddittorio anticipato, la cui instaurazione deve per definizione essere facoltativa, diviene una spuria forma di “contraddittorio obbligatorio”, ispirato principalmente dalla finalità di tutelare l’azione amministrativa di accertamento al grido di “parla ora o taci per sempre”; finalità tipica, invece, anche se mai in modo così accentuato, dell’intervento obbligatorio in veste collaborativa26. È vero che le due forme di partecipazione tendono ad un fine unitario, ma è

anche vero che esse, come si è sopra accennato, debbono attuarsi in modi e tempi diversi, perché diverse sono le situazioni soggettive attraverso le quali ciascuna parte del rapporto va tutelata. Così facendo il Legislatore ha declassato il contraddittorio procedimentale, che altro non è che un’anticipazione di quello processuale, a mera attività collaborativa e per fare questo ha dovuto far divenire un onere quella che avrebbe dovuto essere una mera facoltà, in più per rendere la prescrizione più incisiva ha dovuto ricollegare alla mancata partecipazione non una semplice sanzione pecuniaria, bensì una preclusione di carattere processuale; preclusione che è senz’altro in linea con la prescrizione di un “contraddittorio obbligatorio”, ma che lede probabilmente il diritto di difesa costituzionalmente garantito.

La disciplina della richiesta di chiarimenti ritorna invece nel suo alveo originario con la formulazione del più recente art. 10 – bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Tale nuova disciplina non prevede alcuna preclusione a carico del contribuente in relazione alla

24

Non è chiaro, peraltro, se questa preclusione si applichi effettivamente in caso di omessa risposta, dal momento che la norma sembrerebbe riferirsi solo al caso in cui una risposta vi sia, ma non indichi tutti i motivi di opposizione. Interpretando la norma in modo rigoroso e considerando che, in caso di omessa risposta, tutti i motivi astrattamente opponibili non vengono addotti, si dovrebbe concludere che in questo caso il ricorso è inammissibile (perlomeno per motivi di merito).

25

Cfr.L. Salvini, La "nuova" partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del

contribuente ed oltre), Riv. Dir. Trib., Fasc. 1, 2000, pag. 11.

26

Cfr.L. Salvini, La "nuova" partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del

(27)

25

mancata o parziale risposta, superando completamente l’errata precedente impostazione, inoltre dispone che nella richiesta (che deve essere inviata a pena di nullità dell’accertamento) debbano essere indicati i motivi che per l’Ufficio rendono applicabile la norma antielusiva. Infine, statuisce che l’avviso debba essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente. Attraverso questa normativa la funzione della richiesta ai fini dell’instaurazione del contraddittorio viene finalmente assistita da una compiuta disciplina normativa, secondo quanto si era auspicato fin dalla prima formulazione recata dalla “Visentini ter”27.

1.1.2. L’atto di contestazione delle violazioni

Sempre nello studio dello sviluppo storico degli strumenti di partecipazione, una delle forme più avanzate di partecipazione in funzione del contraddittorio presente nell’ordinamento fiscale è quella prevista dall’art.16 del D.lgs. n. 472/1997 che disciplina il procedimento ordinario di irrogazione delle sanzioni.

Effettivamente al comma due è prevista la notifica all’autore della violazione di un atto di contestazione delle violazioni, che deve contenere una completa motivazione. Il trasgressore, ricevuta quest’ultima, ha tre possibilità: impugnarlo direttamente, definire le violazioni in via breve ottenendone una riduzione ed infine produrre deduzioni difensive. In quest’ultimo caso, sul quale si concentra la nostra analisi, se l’Ufficio non intende accettare le deduzione ed irrogare le sanzioni deve farlo con atto motivato, a pena di nullità.

Sotto il profilo della tutela del contraddittorio la norma appare ben formulata in quanto presenti tutti gli elementi fondamentali ad attuarla concretamente: l’obbligo dell’Ufficio di contestare le violazioni prima dell’irrogazione con atto motivato; la mera facoltà del contribuente di contro dedurre, senza alcuna interdizione in caso di mancata o incompleta allegazione di fatti e senza preclusione di un’impugnazione immediata laddove sia reputato più conveniente e per ultimo l’obbligo dell’ Amministrazione di motivare in ordine alle deduzioni difensive in caso di loro non accoglimento. Oltre a ciò, riconoscendo all’Ufficio una proroga dei termini di decadenza per l’irrogazione delle sanzioni in caso di presentazione di deduzioni difensive, elimina uno dei maggiori ostacoli che normalmente vengono frapposti all’instaurazione ed allo svolgimento del contraddittorio.

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26

Il nuovo atto di contestazione delle violazioni non è comunque immune da aspetti problematici. Leggendo l’art. 17 (il quale disciplina l’irrogazione immediata, senza previa contestazione, con atto contestuale all’avviso di accertamento) si desume che il più articolato procedimento di cui all’art. 16 deve essere obbligatoriamente adottato dall’ufficio solo per le violazioni che non sono “collegate al tributo cui si riferiscono”. Per le violazioni “collegate”, invece, l’Ufficio può scegliere se adottare il procedimento dell’art. 16 o quello abbreviato dell’art.17.

Comunque si voglia intendere l’espressione “violazioni collegate”, attribuire per esse all’Ufficio la scelta in ordine al procedimento da adottare significa in sostanza lasciare l’Amministrazione finanziaria arbitrio dell’instaurazione del contraddittorio, garantita dal procedimento di cui all’art. 16 e non da quello di cui all’art. 17. Perciò possiamo sostenere che l’alternatività tra l’irrogazione immediata e quella con procedimento ordinario mortifica in buona parte lo sforzo fatto dal Legislatore per favorire l’instaurazione del contraddittorio in una materia estremamente delicata come quella delle sanzioni.

1.2. L’influsso della sentenza Sopropè della Corte di Giustizia Europea

Di importanza non indifferente per lo sviluppo storico del principio del contraddittorio endoprocedimentale sono state le statuizione della Corte di Giustizia Europea.

È da notare che l’evoluzione giurisprudenziale è indicativa dell’integrazione giuridica europea, vi sono norme e principi, elaborati dall’organo giurisdizionale europeo, direttamente applicabili nei rapporti tributari, in quanto, la Corte di Giustizia esplica i suoi effetti, non solo, sugli atti propri delle istituzioni europee, ma anche con riguardo alla corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri. Difatti, L’art. 267, par.1, lett. a), TFUE, al fine di evitare divergenze nell’applicazione delle norme comunitarie, attribuisce alla Corte di Giustizia UE il compito di interpretare in via pregiudiziale il diritto comunitario, riservando al giudice nazionale il compito di accertare il fatto ed applicare le norme al coso concreto. La Corte di Giustizia ha assicurato il rispetto del diritto europeo nell’interpretazione ed applicazione, in primis, dei principi enunciati nei Trattati, ma anche, di quelli estrapolati dai principi comuni dagli ordinamenti degli Stati membri: spesso tali principi, pur essendo rinvenibili solo in alcuni ordinamenti, sono divenuti, grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, propri del diritto europeo.

(29)

27

Prima di procedere all’analisi della sentenza in rubrica, è necessario considerare due principi ritrovabili nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:

- In primo luogo, il principio di “buona amministrazione” dove, al cui interno, è ritrovabile il diritto al contradditorio: in particolare, con l’espressione buona amministrazione si è inteso racchiudere tutti i principi generali dell’attività amministrativa, che costituiscono, secondo l’ordinamento comunitario gli standard europei di un’amministrazione efficacie ed efficiente nei risultati. All’interno della buona amministrazione si suole distinguere tra principi relativi al rapporto amministrazione – cittadino e quelli, più specificamente, inerenti alla decisione amministrativa. Nel primo gruppo sono annoverati i principi di: certezza del diritto, di buona fede, di imparzialità, di efficacia, di adeguatezza dell’attività, di responsabilità amministrativa e di trasparenza. Nel secondo gruppo invece, ci sono i principi del contraddittorio, di motivazione e di proporzionalità:il dogma in esame è codificato dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Segnatamente, l’art. 41, 2° comma, stabilisce che il diritto ad una buona amministrazione comporta il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga individuato un provvedimento individuale lesivo28.

- Secondariamente, il principio statuito dall’art. 48 il quale, al secondo paragrafo, statuisce che il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato.

Con queste premesse, possiamo sostenere che la questione del contraddittorio procedimentale ha trovato il suo punto di svolta nella sentenza emessa dalla Corte di giustizia il 18/12/2008 nella causa C 349-07 detta anche sentenza Sopropè29 .

La domanda di pronuncia di questa controversia verte sull’interpretazione del principio del diritto della difesa ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposta la società Sopropé - Organizações de Calçado Lda contro Fazenda Pública (erario portoghese).

28

R. Miceli, il contraddittorio pre-contenzioso nelle indagini tributarie: un principio generale senza

disciplina di attuazione, Riv. Dir. Trib. N. 3/2016, pag. 345 e ss.

29

Corte di giustiza UE, sez. II, sent. 18 Dicembre 2008, causa c 349-07, in G.T. Rivista di giurisprudenza tributaria n.3/2009, p. 203 e s., con nota di A. Marcheselli, il diritto al contraddittorio nel procedimento

(30)

28

Sintetizzando i fatti del processo, la questione nasce in seno ad una richiesta di recupero a posteriori di un debito doganale deciso in seguito ad un controllo sull’origine delle merci importate in Portogallo dalla suddetta società negli anni 2000-2002. In specie la Sopropè è un’impresa portoghese che vende calzature importate dall’Asia e la ripresa a tassazione riguarda 52 operazioni d’importazione di calzature dichiarate provenire dalla Cambogia, che hanno beneficiato, in virtù della loro presunta origine, di un trattamento doganale preferenziale, in forza del sistema delle preferenze generalizzate, nell’arco di due anni e mezzo (dal 2000 alla metà del 2002). Per l’appunto agli inizi del 2003 la direzione dei servizi antifrode delle dogane portoghesi ha condotto un’operazione di controllo presso la Sopropè e sulla base di tali verifiche le autorità hanno ritenuto che le 52 operazioni d’importazione sopra menzionate fossero state realizzate presentato certificati d’origine falsi. Perciò i servizi doganali ne hanno dedotto che le merci importate non avessero origine preferenziale e non potessero pertanto beneficiare del sistema premiale: occorreva applicare alle stesse l’aliquota dei dazi doganali, applicabile alle merci provenienti dai paesi terzi.

In merito alla disciplina positiva, la Costituzione portoghese prevede (all’art.267) il principio della partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento tributario e tale principio viene attuato da due norme relative alle procedure amministrative. Sia la legge generale, che le regole supplementari sulle attività di verifica e accertamento prevedono che, prima della conclusione del procedimento di accertamento (e, anzi, prima della redazione del verbale), il contribuente sia messo nelle condizioni di esporre le proprie difese, con la assegnazione di un termine di durata compresa tra 8 e 15 giorni30: in aderenza

a tali norme le autorità portoghesi hanno assegnato un termine di otto giorni.

Continuando la lettura della sentenza, risulta che la Sopropè presenta le sue osservazioni difensive l’ultimo giorno e, solo 5 giorni dopo, gli viene notificata l’ingiunzione di pagamento.

La difesa del contribuente oppone che tali termini sono vessatori, cioè tali da rendere praticamente impossibile o irragionevolmente difficile esercitare il proprio diritto e l’8 settembre 2003 essa ha proposto ricorso dinanzi al Tribunal Administrativo e Fiscal di Lisbona, allegando che la violazione sarebbe avvenuta sotto due profili: sia perché egli avrebbe avuto a disposizione un termine per articolare le sue difese troppo breve, sia perche il brevissimo tempo trascorso tra i ricevimento delle stesso e il provvedimento finale

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29

sembrerebbe rilevatore della omissione di un esame effettivo delle medesime da parte delle autorità tributarie.

Il giudice di primo grado ha nondimeno ritenuto che la decisione di recupero fosse giustificata, non essendo stato prodotto alcun elemento di prova idoneo a metterla in discussione. Esso ha inoltre reputato che i diritti della difesa fossero stati rispettati, posto che l’obbligo di audizione preventiva, come definito dalla Legge Generale Tributaria, era stato soddisfatto e che il Regolamento del procedimento d’ispezione fiscale era stato osservato.

Successivamente, la Sopropé ha proposto appello dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo (Corte suprema amministrativa) avverso tale pronuncia adducendo in particolare il fatto che il giudice di primo grado non aveva correttamente applicato il principio del diritto della difesa così come garantito dal diritto comunitario.

Nell’ambito del suddetto ricorso il Supremo Tribunal Administrativo ha deciso di sospendere il procedimento in quanto riteneva che nella fattispecie poteva essere in gioco (e potenzialmente leso) il diritto di difesa del contribuente, come riconosciuto e tutelato dal diritto comunitario, e perciò provoca l’intervento pregiudiziale della Corte di giustizia, sottoponendo le seguenti questioni:

1) Se il termine da 8 a 15 giorni stabilito all’art. 60, n. 6, della legge generale tributaria e all’art. 60, n. 2, del Regolamento complementare del procedimento di ispezione tributaria, approvato con decreto legge 31 dicembre 1998, n. 413, ai fini dell’esercizio orale o scritto del diritto del contribuente di essere ascoltato, sia conforme al principio del diritto di difesa.

2) Se un termine di 13 giorni, calcolato a decorrere dalla data in cui l’autorità doganale ha notificato a un importatore comunitario (nella fattispecie una piccola ditta portoghese di commercio di calzature) che aveva 8 giorni per esercitare il suo diritto di audizione fino alla data della notifica dell’obbligo di pagare entro 10 giorni i dazi doganali riguardanti 52 operazioni di importazione di calzature dall’Estremo oriente effettuate ai sensi del Sistema delle preferenze generalizzate nell’arco di due anni e mezzo (tra il 2000 e la metà del 2002), possa essere ritenuto un termine ragionevole per l’importatore per l’esercizio del suo diritto di difesa.

Nella sua risposta, la Corte di Giustizia Europea, ha sottolineato che il rispetto dei diritti di difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione

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30

ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo e perciò, in forza di tale principio, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione: a tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente. La Corte dichiara inoltre che tale obbligo incombe sulle Amministrazioni degli Stati membri laddove esse adottano decisioni che rientrano nella sfera di applicazione del diritto comunitario, anche quando la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità. In somma a ciò, precisa che, qualora i termini per esercitare i diritti della difesa non siano fissati dal diritto comunitario, come in questo caso, essi rientrano nella sfera del diritto nazionale purché, da un lato siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli o le imprese in situazioni di diritto nazionale comparabili, e, dall’altro, non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti di difesa conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario.

In altre parole il diritto di difesa è un principio fondamentale comunitario, anche nella sua dimensione procedimentale, inteso come diritto del soggetto i cui interessi possono essere pregiudicati dell’azione amministrativa di esporre le proprie ragioni, tale diritto viene colto dalla Corte come funzionale alla realizzazione di sue valori convergenti: quello della tutela degli interessi del soggetto inciso dal procedimento, e quello della bontà dell’azione amministrativa, atteso che attraverso il contraddittorio essa acquisisce elementi utili a meglio conoscere la situazione di fatto e, quindi, a ben provvedere. Pertanto la Corte riconosce la doverosità del contraddittorio nella fase amministrativa tributaria, come diritto fondamentale riconosciuto dal diritto comunitario.

Per quanto sopra esposto la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che:

1) Per quanto riguarda la riscossione di un debito doganale al fine di procedere al recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, un termine da otto a quindici giorni concesso all’importatore sospettato di aver commesso un’infrazione doganale affinché questi presenti le proprie osservazioni è, in linea di principio, conforme alle prescrizioni del diritto comunitario.

2) Spetta al giudice nazionale adito stabilire se, alla luce delle circostanze particolari della causa, il termine concretamente concesso a detto importatore gli abbia consentito di essere utilmente ascoltato dalle autorità doganali.

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31

3) Il giudice nazionale deve inoltre verificare se, in considerazione del periodo intercorso tra il momento in cui l’amministrazione interessata ha ricevuto le osservazioni dell’importatore e la data in cui ha adottato la sua decisione, sia possibile o meno ritenere che essa abbia tenuto adeguatamente conto delle osservazioni che le sono state trasmesse.

Procedendo ad un’ulteriore analisi della sentenza, possiamo affermare che le statuizioni della Corte di Giustizia sono di estremo interesse: la Corte ha considerato il diritto al contraddittorio come diritto fondamentale dell’ordinamento comunitario e ha individuato dei criteri guida per stabilire i limiti entro cui la disciplina contestata e la sua interpretazione assicurino la concreta soddisfazione del diritto di difesa. Essa rileva che, dal lato dello Stato e della Comunità Europea, non va trascurato l’interesse ad una pronta esazione dei tributi spettanti. Tale interesse deve armonizzarsi con quello, convergente, del contribuente a un pronta definizione delle proprie pendenze e quello, potenzialmente divergente, a una ragionevole esplicazione del diritto di difesa. In questi termini, lo spazio, temporale di espressione di tale diritto dipende, secondo la Corte, tra l’altro, dalla rilevanza che le decisioni da adottare rivestono per gli interessati: dall’entità della potenziale lesione (quanto maggiore sarà il pregiudizio, maggiore spazio andrà dato alla difesa); dalla complessità dei procedimenti e della legislazione da applicare, dal numero di soggetti che possono essere coinvolti, e dagli altri interessi pubblici o privati che devono essere presi in considerazione.

Infine, devono verificarsi anche le modalità attraverso le quali si è svolta l’attività ispettiva e il procedimento tributario in genere: la Corte riconosce espressamente che, nel caso di operazioni prolungate svoltesi nella sede del contribuente, è ragionevole pensare che esso avesse avuto una rilevante quota di opportunità di conoscere le ragioni delle iniziative subite e interagire con gli operanti. È da notare però che l’effettuazione di operazioni sul campo, in assenza di una fase documentata e formale di contraddittorio, insomma, ha un rilievo più limitato: non soddisfa ex-se il diritto della difesa, ma può ridurre lo spazio procedimentale necessario alla sua esplicazione, potendosi ritenere che, almeno in parte, il contribuente possa aver tratto informazioni sulla sua posizione dal fatto di assistere diligentemente alle fasi dell’ispezione31.

31 Cfr. A. MARCHESELLI, il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario è diritto

fondamentale del diritto comunitario, in G.T. Rivista di giurisprudenza tributaria n. 3/2009, pag. 212 e

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