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III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

2.1. I principi costituzionali

In prima battuta analizziamo le indicazioni circa il contraddittorio ricavabili dalla Costituzione ante riforma del 1999. In primis, le disposizioni costituzionali dalle quali possono essere tratti elementi utili sono l’art. 3 e l’art. 24 Cost..

L’art. 3 Cost.38 enuncia il cosiddetto principio di uguaglianza, si colloca, come noto, nella

prima parte della Carta Costituzionale ovvero tra i principi fondamentali dell’ordinamento e riguarda ogni suo aspetto, a maggior ragione l’ambito procedimentale e quello processuale. Secondo tale principio le parti dovrebbero essere poste nella condizione di poter esprimere le loro ragioni su di un piano di parità non solo formale, ma anche sostanziale, inoltre tale principio riguarda la non preminenza di nessuna delle due parti rispetto alla legge. Detto questo, alcuni ritengono che tale principio si possa declinare nella fattispecie del contraddittorio endoprocedimentale, sostenendo che alla luce del dettato costituzionale, l’Amministrazione ha il dovere di chiamare a contraddittorio la parte interessata dal procedimento per far valere le sue ragioni e quindi, stare sullo stesso piano di uguaglianza.

Più importante sembra essere l’art. 24 Cost. che stabilisce il principio di azione e di difesa. Al primo comma dell’art. 24 Cost. viene garantito il potere di agire in giudizio in relazione a tutte le situazioni giuridiche previste dal diritto sostanziale, ovvero ai diritti soggettivi ed

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Citando letteralmente l’art. 3, comma 1 Cost: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

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agli interessi legittimi che l’ordinamento attribuisce ai cittadini. Il comma secondo del medesimo articolo enuncia, invece, l’importanza della difesa qualificandolo come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Analizzando più a fondo, occorre considerare che il processo tributario si caratterizza per la sostanziale assenza di una fase istruttoria o di raccolta delle prove da parte di un giudice terzo, o comunque in contraddittorio. Ancorché l’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992 al suo comma 1 reciti “le Commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli Uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta”, ed al comma 2 soggiunga che “le Commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’Amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica”, ragioni dovute alla formazione strutturale delle Commissioni composte da magistrati part time inducono i giudici a pervenire alla decisione con celerità, senza indulgere ad indagini ulteriori e da essi stessi gestite. Di fatto, l’istruttoria fiscale è affidata quasi esclusivamente alla Amministrazione che, ad esempio, raccoglie dichiarazioni di persone informate dei fatti. Dichiarazioni che possono compromettere l’esito del processo anche se, si suole ripetere che non sono vere testimonianze, ossia prove, ma solo indizi. Il dispositivo che conclude il processo tributario è assai spesso determinato da indizi e quindi la distinzione fra indizio e prova sfuma, diviene quasi impercettibile; in un processo in cui l’esito sfavorevole al privato può essere determinato dal “più probabile che non” e non occorre certo il superamento, necessario invece nel processo penale, di “ogni ragionevole dubbio”39.

Considerato che non è possibile, e neppure forse auspicabile, che i giudici tributari si facciano ricercatori o anche solo percettori di prove, ed acquisiscano sistematicamente indizi in contraddittorio, determinando una dilatazione dei tempi incompatibile con la ragionevole durata del contenzioso, gli “indizi” raccolti dalla Amministrazione svolgono un ruolo decisivo e producono effetti identici a quelli propri di una istruttoria giudiziaria: appare necessario che il contribuente abbia voce, sia presente anche in quella fase, pur qualificabile come “amministrativa”, in cui si forma il materiale probatorio su cui poggerà un giudizio spesso pronunciato dopo una breve discussione orale.

Del resto, anche nella ipotesi poco frequente che il giudice utilizzi a fondo i poteri riconosciutigli dal citato art. 7 della legge processuale, permane comunque la circostanza

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G. Corasiniti, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea, in Diritto e pratica tributaria n. 4/2016, pag. 1575 e ss.

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che l’indagine giudiziaria si affianca (e non sostituisce) l’indagine amministrativa e che gli esiti dell’accertamento amministrativo hanno un’efficacia probatoria identica a quella dell’accertamento disposto dal giudice.

Il contraddittorio amministrativo appare dunque strumentale a garantire il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., ed altresì che le parti processuali si collochino, su un piano se non di compiuta parità almeno “in condizioni di parità”: a fronte di ciò, parte della dottrina sostiene che questo articolo sia idoneo ad indicare la presenza nell’ordinamento di una struttura procedurale ispirata ad una relazione diretta tra le parti, pur non essendo presente nemmeno in questa disposizione il termine “contraddittorio”, l’art. 24 del dettato costituzionale indica l’esistenza di una possibile opposizione diretta, di uno scontro tra le parti40. Contraddittorio e diritto di difesa sembrano dunque due nuclei concettuali in

rapporto molto stretto fra loro.

Tuttavia, una parte della dottrina, la quale sosteniamo, ritiene non inerente il richiamo al diritto di difesa in quest’ambito41. In argomentazione citano la natura amministrativa delle

attività funzionali all’accertamento, in ragione della quale, per esempio, la giurisprudenza ha sempre affermato che l’inosservanza da parte dell’organo ispettivo delle prescrizioni dettate dal codice di procedura penale in ordine all’acquisizione di notizie relative all’eventuale consumazione di reati non incide sul poter degli uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersi ai fini fiscali del materiale conoscitivo così raccolto, purché siano rispettate le disposizioni contenute nei decreti che regolano l’accertamento delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto e senza che ciò integri una violazione del diritto della difesa42. Inoltre, in quest’articolo, non c’è alcun riferimento letterale al contraddittorio

endoprocedimentale. Per quanto sopra, questi sostengono che è meglio appuntare l’importanza del partecipazione difensiva non sull’art. 24 Cost. ma su altre fondamenta.

L’espressione “contraddittorio” fa ingresso nel dettato costituzionale soltanto con l’entrata in vigore della legge di riforma costituzionale n. 2 del 23 Novembre 1999, relativa al c.d. “giusto processo”.

Come ampiamente evidenziato nel capitolo precedente, l’obiettivo del contraddittorio (inteso come attività informativa), non è solo quello di anticipare, in sede procedimentale,

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Cfr. V. Colesanti, Principio del contraddittorio e procedimenti speciali, Riv. Dir. Proc., 1975, p. 585.

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Si veda Ragucci, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, 2009.

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le proprie difese, ma contribuire a determinare la materia che dovrà essere sottoposta ad esame critico, e quindi, porre le condizioni necessarie affinché la decisione dell’organo deputato ad effettuare la ponderazione degli interessi coinvolti sia imparziale e giusta, ossia il più possibile aderente alla realtà dei fatti e, di conseguenza, maggiormente idonea a rispondere alle esigenze del caso concreto.

Da quanto detto, si nota come il contraddittorio, nelle sua veste di strumento diretto a pervenire a decisioni che siano conformi ai principi di giustizia e verità, non rappresenti altro che uno dei principali pilastri del cosiddetto “giusto procedimento”, locuzione i cui termini appaiono, a prima vista, intrisi di un’elevata valenza costituzionale43.

A questo punto ci chiediamo se l’art. 111 Cost. è applicabile anche ai procedimenti tributari ovvero se lo stesso articolo ha la forza di travalicare i confini della funzione giurisdizionale e abbia la forza di elevare il “giusto processo” a modello della stessa funzione amministrativa. Al fine di poter dare una risposta al quesito, è opportuno verificare, traendo spunto dagli studi di teoria generale del processo e gli speculari studi amministrativistici sul procedimento, quale sia il rapporto che intercorre tra processo e procedimento.

Secondo i teorici generali del processo, lo stesso non sarebbe altro che una species del genus procedimento, in quanto è caratterizzato da una sequenza di norme, atti e posizioni giuridiche soggettive interconnesse, cui sono abilitati a partecipare anche coloro nella cui sfera giuridica l’atto è destinato a produrre effetti44. Dunque, affinché un processo possa

essere definito come tale, non sarà sufficiente la mera partecipazione di soggetti nella forma dell’audizione e/o contestazione, ma è necessario “il contraddittorio”, ossia la struttura dialettica del procedimento, nel rispetto della parità delle posizioni: ragionando in questi termini, se si considera il diritto al contraddittorio l’elemento che caratterizza e distingue il processo, sembrerebbe ragionevole potersi ammettere la sua “emancipazione” dalla funzione giurisdizionale e la sua elevazione a schema di teoria generale, applicabile anche al procedimento che caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) l’operato della Pubblica Amministrazione. L’obiettivo delle teorie sostenute dai teorici generali del processo era rappresentato dalla diffusione del processo in tutte le branche dell’ordinamento, nel rispetto di tutti i valori permanenti e stabili sottostanti il processo medesimo, quali la partecipazione dei legitimi contradictores, individuazione del thema disputandum, parità delle parti, lealtà e probità di quest’ultime.

43 Cfr. G. Corasiniti, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea,

in Diritto e pratica tributaria n. 4/2016, pag. 1575 e ss.

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Cfr. Cfr. G. Corasiniti, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione

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Tutto quanto detto, tuttavia, vi è sempre da confrontarsi con il dettato costituzionale rappresentato dall’art. 111 Cost.: da un lato, infatti, l’art. 111 è inserito all’interno della Sezione II della Carta costituzionale, rubricato “Norme sulla giurisdizione” e, al primo comma, limita l’ambito di operatività del “giusto processo regolato dalla legge” alla sola attuazione della giurisdizione; dall’altro, i lavori parlamentari preparatori della riforma costituzionale sono univoci nel delimitare all’ambito materiale della disposizione al solo processo giurisdizionale. Il dato letterale è chiaro: la costruzione della norma è orientata a regolamentare, l’esercizio della funzione giurisdizionale. Ciò che è possibile fare, in via interpretativa, è considerare il processo come canone obiettivo di esercizio della funzione e, di conseguenza, estendere la copertura del “metodo” processuale anche al di fuori della funzione giurisdizionale, senza snaturare la preordinazione della funzione amministrativa al soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito. Tale operazione potrebbe essere più agevolmente effettuata se si considerano i valori permanenti del giusto processo, positivizzati nel comma secondo dell’art. 111 Cost45., quali valori a declinazione variabile,

idonei ad avere una significativa centralità nel giusto procedimento amministrativo.

Come detto, pur non potendo sostenere una piena ed incondizionata adesione all’ipotizzata costituzionalizzazione del principio del “giusto procedimento”, tuttavia, si ritiene, che, se esiste un fondamento costituzionale e congetturabile, questo non può che essere rappresentato dall’art. 111 Cost.

Ultimo riferimento costituzionale è quello contenuto nell’art. 97 della Costituzione, il quale assicura il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione, che deve agire in modo leale e responsabile, secondo un’adeguata ponderazione degli interessi pubblici ed un contemperamento degli interessi privati, e, dal punto di vista organizzativo e funzionale, segue regole di efficacia ed economicità. Secondo un orientamento interpretativo della norma costituzionale di tipo difensivo - garantista del procedimento, in questo caso, si vogliono privilegiare anche le esigenze partecipative, tra le quali si può comprendere estensivamente, il principio del contraddittorio.: è, infatti, quest’ultimo, uno strumento di garanzia del procedimento, che se inserito in detta fase, in cui emergono tutti gli interessi coinvolti, assicura, la completezza della fase istruttoria, l’imparzialità nello svolgimento e l’efficienza dell’azione amministrativa, corollari del principio costituzionale in commento. Questo in quanto attraverso la dialettica, il confronto, e l’integrazione delle conoscenze si può pervenire a decisioni più imparziali ad adeguate alla realtà dei fatti.

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L’art. 111 comma 2 recita “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”

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In conclusione, da questa breve analisi dei principi costituzionali, possiamo sostenere che questi, da una parte risaltano l’importanza del principio del contraddittorio nella fase endoprocedimenatale tributaria, ma non la legittimano, quindi, non si può sostenere l’esistenza di un generale obbligo al contraddittorio basandoci sugli articoli costituzionali. Il principio in questione è immanente nella nostra Carta Costituzionale, ma in questa, non vengono dettate le modalità di attuazione.

2.2 La legge n. 241/1990 in tema di procedimenti amministrativi e lo Statuto dei