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Il contraddittorio nel caso di controllo formale ex art 36 – ter D.p.r.

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

3.4. I controlli automatizzati: la liquidazione informatica ed il controllo formale delle

3.4.2. Il contraddittorio nel caso di controllo formale ex art 36 – ter D.p.r.

La disciplina del contraddittorio nel caso di controllo formale è ritrovabile nel terzo e quarto comma del citato art. 36 – ter del D.p.r. 600/73, pertanto, procederemo un analisi di questi due commi e degli spunti giurisprudenziali più recenti.

Il terzo comma sancisce che il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi. Il quarto comma, sulla stessa onda di collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, afferma che l’esito del controllo formale va comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta (mediante il c.d. “avviso bonario”) con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarati, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

In prima istanza possiamo sottolineare una differenza con il controllo formale in quanto nell’art. 36 – ter, il contraddittorio non inizia, come nell’art. 36 –bis, con la notifica della comunicazione d’irregolarità al contribuente, ma molto prima, con la richiesta di fornire chiarimenti, prevista dal comma 3. Tale circostanza consente al rapporto Fisco – contribuente di svilupparsi in modo appropriato ed efficace fino a determinare quel risultato (impositivo, debitorio/creditorio) corretto in quanto in linea con i dati di fatto e le garanzie documentali; risultato raggiungibile grazie alla maggiore disponibilità di tempo che

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avrebbero entrambe le parti del rapporto: non si può mettere in dubbio che tutte le fasi del contraddittorio, sia quella coincidente con l’emissione della comunicazione d’irregolarità di cui al comma 4 dell’art. 36 - ter, sia quella prodromica del comma 3, prima citato, rientrino nell’art. 6, comma 1, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”), a mente del quale “L’Amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”. Questo obbligo è importante in quanto applica e rende effettivo il principio statuito dall’art. 10, comma 1, secondo cui “I rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”141.

Il combinato disposto delle norme citate impone che il procedimento del contraddittorio con il contribuente si svolga, dall’inizio, secondo criteri formali e sostanziali insieme che garantiscano effettivamente la reciproca conoscibilità delle rispettive determinazioni. Pertanto, anche in questa ipotesi, il contraddittorio si qualifica come fattispecie fondamentale per il diritto di difesa del contribuente e per il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Tuttavia una lettura stringente della norma non è noto il destino degli atti non preceduti dal dialogo tra l’Amministrazione Finanziaria e il contribuente, pertanto, è utile analizzare gli approdi della giurisprudenza di legittimità.

In prima istanza prendiamo la sentenza 15311 del 04 Luglio 2014 dove la Suprema Corte sancisce il principio di diritto secondo cui è nulla la cartella di pagamento, notificata a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi, se prima non è stato comunicato al contribuente l’esito di tale controllo, mediante il cosiddetto “avviso bonario”. In questo caso, la controversia prendeva le mosse dalla mancata comunicazione al contribuente, susseguente a un controllo formale della dichiarazione ex art. 36 ter del DPR 600/1973, prima dell’emissione della relativa cartella di pagamento. Invero il Giudice di Appello riteneva che, nella specie, l’Ufficio aveva l’obbligo sancito, dall’ art. 36 ter, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973 di comunicare al contribuente l’esito del controllo formale, e che tale omessa comunicazione, prescritta anche al fine di consentire l’esercizio del diritto di difesa, costituiva, altresì, violazione dell’art.6 dello Statuto del contribuente laddove l’Ufficio aveva emesso la cartella, senza la previa notifica di alcun atto accertativo e senza comunicazione degli esiti del controllo, essendo irrilevante, allo scopo, che la contribuente avesse, in precedenza risposto alla richiesta di documentazione relativa al Modello Unico.

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Cfr. F. Ghiselli, il contraddittorio nella liquidazione e nei controlli formali: dai principi di diritto alla

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L’Ufficio finanziario soccombente in appello, proponeva ricorso per Cassazione deducendo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, l’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale nel ritenere l’Ufficio obbligato a comunicare al contribuente gli esiti del controllo formale, laddove l’art. 36 ter del D.P.R. n. 600/ 1973 non prevede tale invio di comunicazione a pena di nullità. La Corte di Cassazione nella sentenza richiamata, anche sulla scorta di precedenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità, cristallizza la seguente norma giuridica: “la mancata comunicazione prescritta dal comma 4, dell’art. 36 ter del DPR 600/1973 comporta la nullità della consequenziale cartella.”

I supremi Giudici giustificano tale affermazione con il fatto che il Legislatore ha fatto conseguire una fase procedimentale necessaria, di garanzia per il contribuente, laddove il comma 4 in esame prevede l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare i motivi della rettifica operata in un apposita comunicazione da effettuare al contribuente. Obbligatorietà, peraltro, riconosciuta anche dalla prassi (cfr. circolare n.68/2001; circolare n. 77 del 2001 esattamente citate dalla controricorrente) la quale riconosce che la comunicazione dell’esito del controllo assolve alla duplice funzione di rendere edotto il contribuente delle motivazioni poste alla base dei recuperi d’imposta operati dall’Ufficio e di consentire allo stesso la segnalazione di dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente anche al fine, a fronte della verifica della fondatezza dei rilievi effettuati dal contribuente, di “procedere con sollecitudine ad esercitare il proprio potere di autotutela, al fine di consentire al contribuente di effettuare i versamenti delle somme eventualmente dovute, in tempo utile per usufruire del beneficio previsto dall’art.3 del d.lgs. n.462/1997.”

Inoltre nella motivazione della sentenza, gli Ermellini sostengono che la funzione di garanzia svolta dalla comunicazione, quale atto attraverso cui si realizza compiutamente la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, appare evidente per il soggetto passivo, il quale, avendo conoscenza dei motivi, può, sia regolarizzare il contenuto della dichiarazione in rettifica, sia esercitare i propri diritti di difesa in sede contenziosa, o addirittura interrompere la procedura segnalando dati ed elementi non comunicati o valutati erroneamente nella fase di controllo; infatti in caso di errore da parte della Amministrazione finanziaria, la stessa potrà eventualmente esercitare il proprio potere di autotutela attraverso l’eventuale rinuncia all’imposizione in caso si accerti l’illegittimità dell’atto o dell’imposizione.

Pertanto la Cassazione afferma che la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, “pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale,

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comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo non certo innocua o di lieve entità - non paragonabile, ad es., alla omessa indicazione del responsabile del procedimento, ora sanzionata ex lege da nullità per le cartelle di pagamento : Cass. , sez. un., n. 11722 del 2010 -, bensì) di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve - sopra delineata - e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante”.

Sullo stesso argomento la Cassazione si è espressa con ulteriore, e omogenea, sentenza n. 22489/2015.

I supremi Giudici hanno statuito, in conformità alla sentenza prima analizzata, che la cartella di pagamento deve essere preceduta, a pena di nullità, dalla comunicazione dell’esito del controllo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 ter, poiché tale comunicazione assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo. Il caso oggetto della pronuncia in oggetto riguardava la controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo formale, ex art.36 ter DPR 600/1973, della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2002, per IRPEF dovuta, stante il mancato riconoscimento, da parte dell’Ufficio, di somme portate in detrazione e deduzione.

La Suprema Corte ha precisato che la procedura di cui al citato art. 36 ter del D.P.R. n. 600/1973, infatti, diversamente da quella delineata nell’art. 36 bis, medesimo D.P.R., si connota per l’effettuazione di controlli su dati e documenti esterni rispetto al mero contenuto cartolare della dichiarazione, che si risolvono sovente nell’accertare la veridicità di quanto in essa riportato e non la mera sussistenza di errori di calcolo o di omissioni. Pertanto in riferimento al caso concreto la Suprema Corte ha statuito la nullità della cartella di pagamento per carenza di motivazione: secondo la Corte, perché si abbia contraddittorio ci deve essere anche la necessaria valutazione da parte dell’Amministrazione finanziaria degli elementi addotti, eventualmente, dal contribuente a seguito della comunicazione di irregolarità142. Affinché questa valutazione possa dirsi esistente in senso giuridico ossia con

la necessaria evidenza formale occorre che essa trovi espressione nella motivazione dell’atto emesso all’esito della stessa. La cartella di pagamento non potrà non essere motivata e tale motivazione dovrà dare conto, sia pure in termini essenziali, della considerazione riservata

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dall’Amministrazione ai dati e agli elementi forniti dal contribuente a seguito della comunicazione di irregolarità. Quindi, anche in questa sentenza, viene valutato il contraddittorio endoprocedimentale come momento fondamentale per l’emissione dell’atto impositivo.

3.5. Gli Accertamenti fondati su ipotesi di abuso del diritto, art 10 - bis, comma 6,