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III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

3.1 Le osservazioni al processo verbale di constatazione (P.V.C.)

3.1.3. L’atto impositivo emesso ante tempus

Sempre nell’ambito delle osservazioni al processo verbale di constatazione riteniamo necessario dedicare un paragrafo ad una questione molto dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza: l’atto impositivo emesso ante tempus, ovvero l’avviso di accertamento che viene emesso senza che sia spirato il termine dilatatorio dei sessanta giorni ex art. 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente.

In premessa bisogna analizzare la natura del termine in questione, spesso infatti le Amministrazioni convenute impostano le proprie difese sull’argomentazione che il termine in esame sarebbe ordinatorio anziché perentorio. Tale incertezza non ha però ragione d’esistere: l’alternativa è pertinente rispetto ai termini cosiddetti finali, che sono quelli entro i quali una determinata attività deve essere svolta; mentre nel nostro caso si tratta di un

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Cfr. I.M. Ruggeri, E’ sufficiente il verbale di accesso e richiesta documenti per applicare il termine di

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termine dilatatorio, vale a dire di un termine prima della scadenza del quale la legge non consente di porre in essere un comportamento oppure un atto, perciò sorge la necessità di stabilire quale sia la sorte di una condotta non rispettosa del termine stesso perché possa in essere anzitempo76.

La disposizione in questione recita: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo i casi di particolare e motivata urgenza”.

Si tratta di una questione molto delicata in quanto attiene alla salvaguardia, da un lato, dal contraddittorio e delle istanze partecipative del contribuente nella fase istruttoria dell’accertamento tributario, dall’altro, del principio di buon andamento dell’Amministrazione finanziaria, nell’interesse dei quali è stata prevista tale fattispecie di interlocuzione. A nostro avviso se dovesse venire meno un’interpretazione rigorosa della norma verrebbe meno uno dei pilastri dello Statuto, posto a presidio proprio del contraddittorio difensivo.

Il precetto legislativo è stato oggetto di numerose ricostruzioni dottrinarie e giurisprudenziali, tutte miranti a verificare le conseguenza che derivano dall’emissione dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni. Prendendo spunto dalla ricostruzione fatta nell’ordinanza di remissione alle Sezioni Unite n. 7318 del 2012 è possibile rinvenire sul tema tre diversi orientamenti.

Il primo orientamento che analizziamo è quello che sostiene la validità dell’accertamento anticipato, rinvenibile nell’ordinanza n. 19875 del 18 Luglio 2008. Secondo quest’ultimo la violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto, non determina la nullità dell’atto impositivo, tenuto conto della natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda e della mancanza di una specifica previsione in tal senso. Inoltre, sempre secondo la pronuncia richiamata, al contribuente resta comunque garantito il diritto di difesa in via amministrativa e giudiziaria.

Tale orientamento è stato più di recente ribadito con l’ordinanza 18 febbraio 2011, n. 3988 e con la sentenza 13 ottobre 2011, n. 21103. In quest’ultima decisione, la Corte amplia le

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Cfr. P.Russo, Le conseguenze dle mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, ultimo comma della

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motivazioni espresse negli anzidetti provvedimenti affermando il principio di tassatività delle nullità dell’atto impositivo nel sistema dello Statuto dei diritti del contribuente77.

Un indirizzo interpretativo opposto è quello rinvenibile nell’ordinanza 15 marzo 2011, n. 6088. Secondo la Corte, il termine dilatatorio di cui alla norma in commento è da ritenersi perentorio, in quanto esso è strumentale alla difesa del contribuente nonché al contraddittorio tra le parti. Il mancato rispetto del termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito. A conforto di tale posizione, l’ordinanza sottolinea che, diversamente opinando, risulterebbe destituita di senso la previsione della possibilità, contemplata nella medesima disposizione, di emissione dell’atto prima del termine suddetto solo in casi di particolare e motivata urgenza.

L’ultimo filone interpretativo, intermedio tra i due orientamenti indicati, è quello che valorizza lo spunto offerto dall’ordinanza della Corte Costituzionale n. 244 del 2009, rinvenibile nella sentenza n. 22320/2010 e nell’ordinanza n. 10381/2011. In particolare, secondo tali pronunce, è invalido l’avviso di accertamento notificato prima della scadenza del termine dei sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione se sprovvisto di qualsiasi motivazione circa le ragioni dell’urgenza legittimante la prematura comunicazione dell’avviso al contribuente. In sostanza, l’atto è viziato, non perché non è stato attivato il contraddittorio con il contribuente, ma perché manca la motivazione dell’urgenza78.

Volendo schierarci con uno sei diversi orientamenti, si è avuto modo di evidenziare che la formulazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente impone all’Amministrazione il dovere di consentire al contribuente di presentare osservazioni e richieste per cui la sua violazione non può che comportare l’illegittimità dell’atto di accertamento emanato e, su tale posizione, si è posta la dottrina maggioritaria79. Poco

condivisibili sono le considerazioni che si rinvengono nelle sentenze ove la Corte ha affermato la legittimità dell’atto di accertamento emanato in violazione dell’art. 12, comma

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Cfr. F. Tundo, Alle Sezioni Unite la questione della validità dell’accertamento emesso prima del termine

dilatatorio, in GT Riv. di giurisprudenza tributaria, 8-9/2012, pag. 676 e ss.

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Cfr. F. Tundo, Alle Sezioni Unite la questione della validità dell’accertamento emesso prima del termine

dilatatorio, in GT Riv. di giurisprudenza tributaria, 8-9/2012, pag. 677.

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La dottrina più autorevole è orientata a ritenere, sulla base di diverse ricostruzioni, illegittimo l’atto impositivo emanato prima dello scadere dei sessanta giorni. Tra gli esponenti più importanti citiamo F.Tundo, P.Russo, M.Basilvecchia.

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7, dello Statuto: l’affermazione secondo cui il contribuente ha comunque la possibilità di ricorrere a strade alternative rispetto all’interlocuzione post P.V.C. si potrebbe facilmente obiettare che tali ulteriori possibilità sono comunque pregiudizievoli nel momento in cui si consideri che potevano essere, appunto, non essere intraprese e ciò, evidentemente, tanto nell’interesse del contribuente, quanto nell’interesse dell’Amministrazione Finanziaria. In definitiva, nonostante l’art. 12, comma 7, dello Statuto non preveda, espressamente, alcuna sanzione nell’inosservanza da parte del Fisco del termine stabilito, la dottrina maggioritaria è dell’avviso che l’invalidità dell’accertamento derivi da argomenti interpretativi sistematici, ricavandosi dai principi generali dell’azione amministrativa. In questi termini l’attenzione va posta sul fatto che tale spatium temporis fornisce al contribuente la possibilità del contraddittorio in condizione di compressione del potere impositivo: si tratta di un termine che l’Amministrazione deve rispettare rigorosamente, dal momento che, prima, l’azione amministrativa non può essere esercitata. Il comma 7 dell’art. 12, infatti, vincola l’amministrazione ad un comportamento fattuale di temporanea inattività accertativa, nel quale il contribuente confida ope legis80.

In altre parole, a partire dal momento del rilascio della copia del verbale di constatazione, il potere di emanare l’atto di imposizione risulta compresso, pertanto, qualsiasi provvedimento adottato nei successivi sessanta giorni sarà radicalmente nullo in quanto siamo in presenza di un’ipotesi di carenza di potere prevista dall’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 24181. Tale carenza può spiegarsi in ragione degli interessi e delle finalità che

la norma intende tutelare: da un lato il diritto alla difesa del contribuente nonché il contraddittorio già nella fase istruttoria del procedimento impositivo, garantendo a quest’ultimo di formulare le proprie osservazioni in ordine a quanto ricostruito dagli organi verificatori e per evitare di ricevere un atto impositivo infondato. Dall’altro, consentire al Fisco, in attuazione dei principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione, di vagliare le osservazioni e i rilievi indicati nel processo verbale di constatazione e di esercitare, conseguentemente, il potere impositivo in presenza di un’istruttoria completa.

La conclusione di tale ricostruzione è che l’atto di accertamento emanato anticipatamente è sempre illegittimo, mentre potrebbe non esserlo esclusivamente nei casi di particolare e motivata urgenza richiesti dalla norma.

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Cfr. F. Tundo, Alle Sezioni Unite la questione della validità dell’accertamento emesso prima del termine

dilatatorio, in GT Riv. di giurisprudenza tributaria, 8-9/2012, pag. 679.

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La norma testualmente dispone che: “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.

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Altri esponenti della dottrina concludono per la nullità dell’atto impositivo pur compiendo un diverso costrutto logico. In particolare, il professor Russo, attinge dalla disciplina del codice di procedura civile, dove si rinviene l’art. 156, la cui rubrica recita “rilevanza della nullità” e che si compone di tre commi:

a) Il comma 1 stabilisce che non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forma di alcun atto del processo se la nullità non è comminata dalla legge;

b) Il comma 2 prevede che la nullità può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo;

c) Il comma 3, infine, sancisce che la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.

Secondo l’autore la regola sostanzialistica del raggiungimento o meno dello scopo risulta essere il metro ultimo sulla base del quale valutare la validità - invalidità degli atti processuali per difetto di requisiti di forma - contenuto. Infatti, se lo scopo è stato raggiunto, la nullità non può essere dichiarata, nonostante essa sia contemplata dalla legge; mentre la nullità deve essere dichiarata se lo scopo non è stato raggiunto, ancorché essa non sia comminata dalla legge. È alla luce di tale contesto normativo, che Russo valuta la sorte dell’avviso di accertamento notificato prima dei sessanta giorni di cui all’art. 12, ultimo comma senza che ricorrano casi di motivata e particolare urgenza.

In altre parole egli fa uso del criterio prevalente dello scopo e quest’ultimo si identifica con la funzione della norma: più precisamente, nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, lo scopo dei singoli atti processuali va identificato nel consentire agli altri soggetti del processo di esercitare quei poteri che la norma processuale attribuisce loro nel segmento di procedimento che segna il compimento del singolo atto di cui si tratta.

Per quanto ci riguarda, lo scopo della previsione del termine dilatorio è duplice: da un lato, quello di consentire al contribuente di far valere in sede procedimentale tutte le sue difese al fine di evitare di essere destinatario di un avviso di accertamento in tutto o in parte infondato, con tutte le conseguenze per lui negative che ne discendono (si pensi alla necessità di far fronte al pagamento a titolo provvisorio di parte delle pretese impositive avanzate nei suoi confronti; al rischio che gli si chiudano i canali dei finanziamenti necessari

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per il proseguimento dell’attività ed a quello strettamente connesso di dover cessare quest’ultima a seguito dell’apertura di procedure concorsuali; etc.); dall’altro, lo scopo di mettere l’ufficio competente in condizione di esercitare il suo potere in presenza di un’istruttoria completa, al fine di non esporsi a controversie con esito per esso sfavorevole e costoso nonché, ed ancor prima, quello di uniformare la sua azione alla concreta attuazione dei fondamentali valori costituzionali della imparzialità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione.

In conclusione, l’atto di accertamento notificato anzitempo viene ritenuto nullo per il semplice motivo che il rispetto del termine di sessanta giorni si configura come indispensabile per il raggiungimento degli scopi perseguiti dall’art. 12, ultimo comma nel segmento di procedimento che segna il compimento del singolo atto di cui si tratta. Per quanto sostenuto non si può condividere l’obiezione per cui il contribuente può esercitare le sue difese nell’ambito della procedura di accertamento con adesione oppure con l’impugnazione dell’atto di accertamento davanti al giudice tributario, dal momento che le finalità di quel termine mirano proprio e specificamente ad evitare che l’avviso di accertamento sia posto in essere o lo sia con quel contenuto82.

Con riferimento al nostro caso, pertanto, non potrà dirsi raggiunto lo scopo (e quindi sanata la violazione) se il contribuente ha avanzato osservazioni in sede di verifica, ovvero in sede di ricorso o ancora in sede di istanza di autotutela: si tratta, invero, di circostanze che attengono a fasi dello sviluppo delle relazioni tra i soggetti che sono del tutto differenti da quella in relazione alla quale la norma di cui all’art. 12, comma 7 è stata dettata. Tuttavia, il vizio in esame può ritenersi sanato, quando si configuri la sussistenza di casi di particolare e motivata urgenza, quando il contribuente abbia esercitato compiutamente il contraddittorio prima della notifica dell’avviso di accertamento sebbene quest’ultimo sia stato emesso anteriormente alla scadenza dei sessanta giorni; e ciò in quanto in tale ipotesi vi è stato effettivamente il raggiungimento di quello scopo che sta alla base dell’art. 12, comma 7 dello Statuto in relazione a quella specifica fase procedimentale cui la norma fa riferimento83.

In ultima analisi, un’ulteriore argomentazione su cui far leva per sostenere la nullità dell’atto impositivo si può trovare nella sentenza della Commissione tributaria regionale della

82 In numerose controversie le argomentazioni della linea difensiva dell’Amministrazione finanziaria

erano legate alla possibilità del contribuente di far valere comunque i propri diritti in sede contenziosa.

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P.Russo, Le conseguenze del mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, ultimo comma della legge

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Toscana n. 84 dell’11 dicembre 2012. In questo caso l’Agenzia delle entrate notificava al contribuente un avviso di accertamento trascorsi solo 19 giorni dalla sottoscrizione del P.V.C. non permettendo al contribuente una sua, eventuale, adesione al verbale. La sentenza di secondo grado statuisce che l’invalidità dell’atto non è solo conseguenza del mancato rispetto del termine fissato dall’art. 12 comma 7, dello Statuto, sul quale, in realtà il giudice poco si sofferma, limitandosi a richiamare uno degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. La sentenza valorizza, altresì, un ulteriore argomento: la notifica ante tempus dell’atto impositivo si pone in contrasto anche con il procedimento statuito dal Legislatore all’art. 5-bis del D.lgs. 19 Giugno 1997, n. 218, il quale consente al contribuente, di prestare adesione al contenuto del processo verbale di constatazione entro i trenta giorni successivi al rilascio dello stesso84. Solo quando tale termine è scaduto

l’Ufficio ha la certezza che il contribuente non intende definire in via concordata l’intera vicenda e pertanto ha piena libertà di emanare l’eventuale avviso di accertamento, sempre pur rispettando i restanti trenta giorni dettati dall’art. 12, comma 7, dello Statuto. I giudici di seconde cure sostengono infatti che qualora ci sia un emissione anticipata dell’atto di accertamento, questa comprometterebbe, qualora ricorrano le ipotesi di applicabilità della norma, la possibilità che l’ordinamento riconosce al contribuente di ottenere una consistente riduzione delle sanzioni attraverso l’adesione85.

Pur condividendo in parte le statuizioni della Commissione regionale è bene sottolineare che il termine della previsione statuaria non può essere confuso o in qualche modo sovrapposto a quello dettato in tema di adesione al P.V.C., difatti, la previsione dell’adesione al processo verbale di constatazione risponde a finalità e ha effetti non assimilabili a quelli della norma statuaria. Comunque possiamo evidenziare che ciò sentenziato dalla C.T.R. Toscana rafforza i concetti in questo paragrafo esposti, ovvero che l’atto impositivo emesso prima dello spirare del termine del sessanta giorni disciplinato dall’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000 non può che comportare la nullità dello stesso.

84 Più in particolare l’adesione al P.V.C. si traduce nella completa accettazione da parte del

contribuente di tutti i rilievi contenuti nel verbale, senza condizioni di sorta. Tale adesione comporta che il contribuente, entro i trenta giorni successivi alla consegna del verbale, comunichi la volontà di avvalersi della definizione al competente Ufficio. Entro i sessanta giorni successivi all’avvenuta comunicazione, l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate notifica al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento. I vantaggi che derivano dall’adesione sono ravvisabili nella riduzione delle sanzioni ad 1/6. Si tratta, quindi, di un istituto “premiale” che persegue l’obiettivo della celerità nella definizione della pretesa.

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Cfr. R.Baboro, Illegittimo l’avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine per

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