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La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n 18184/2013

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

3.1 Le osservazioni al processo verbale di constatazione (P.V.C.)

3.1.5. La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n 18184/2013

Per risolvere i contrasti giurisprudenziali sorti sulla questione degli atti impositivi emessi ante tempus e per fare il punto sulla mancata valutazione delle osservazioni difensive da parte dell’Amministrazione finanziaria si è pronunciata la Cassazione a Sezioni Unite con la

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Riportiamo il testo del comma 1: “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.

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Cfr. F. Tundo, Diritto di difesa del contribuente in caso di emissione “anticipata” dell’avviso e mancata

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sentenza n. 18184 del 2013. Tale sentenza offre una nuova prospettiva di valutazione dei rapporti tra il Fisco e il contribuente.

I massimi giudici chiamati a dirimere la questione degli avvisi di accertamento emessi ante tempus, sanciscono che è illegittimo l’atto impositivo emesso prima del decorso del termine dilatatorio, pur in assenza di siffatta sanzione da parte della norma: la soluzione adottata è netta e risolve una buona parte delle incertezze che si erano generate con la giurisprudenza precedente. Le Sezioni unite hanno dato rilevanza all’esigenza della salvaguardia, da un lato, del contraddittorio, e dall’altro, al principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, nell’interesse dei quali è stata prevista tale specifica norma di interlocuzione: così facendo ha rivalutato i principi dello Statuto, che la Corte ci ricorda essere “principi generali del diritto, dell’azione amministrativa, dell’ordinamento tributario” che in quanto tali devono sempre guidare l’interprete nell’esegesi delle norme, anche di quelle anteriori allo Statuto medesimo89.

La seconda questione decisa dai massimi Giudici riguarda la situazione analizzata nel paragrafo precedente, ovvero quando l’Ufficio non tiene conto delle osservazioni del contribuente ovvero vi faccia riferimento ma in maniera puramente formale, respingendole con una mera clausola di stile. In tale evenienza la mancata o solo parziale valutazione delle osservazioni del contribuente (o richieste avanzate) in via generale si colloca, quanto alle ricadute in termini di invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, su un piano diverso: in particolare determina un vizio proprio dell’atto che può essere ricondotto al difetto di motivazione. L’articolata elaborazione proposta dalla Corte nella sentenza in esame, che valorizza la necessità di un contraddittorio effettivo, non puramente formale, induce a considerare la possibilità che anche quando il contraddittorio ci sia stato, se esso non si sia pienamente sviluppato in ragione dell’inerzia dell’Amministrazione, oltre al difetto di motivazione, merita di essere esaminata anche nella prospettiva di un vizio del procedimento che ha condotto all’emanazione di quell’atto. Conseguentemente nella prospettiva offerta dalla sentenza si potrebbero valutare anche le ricadute sull’atto del vizio costituito da un procedimento “imperfetto”, caratterizzato cioè da un contraddittorio apparente o solo parziale.

Procedendo ad un’analisi più profonda della sentenza, nella prima parte, ovvero quella che si occupa degli accertamenti emessi ante tempus, le Sezioni Unite partono dalla collocazione della norma all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente, e dunque dalla

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Cfr. F. Tundo, Illegittimo l’atto impositivo emesso “ante tempus”: Le Sezioni Unite chiudono davvero la

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considerazione della rilevanza dei principi in quest’ultimo racchiusi, in termini rivalutativi. In altre parole fa leva sulle clausole rafforzative e di auto qualificazione come attuative delle norme costituzionali rilevante, idonee, ad avviso della Corte, ad orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario. Successivamente la pronuncia richiama i principi che lo ispirano (“il rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente”) e la più generale cornice di collaborazione e buona fede nella quale esso si inscrive. Tale percorso passa anche attraverso la considerazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea90 e l’apprezzamento dei massimi giudici in

ordine alla rilevanza del contraddittorio.

Oltre a ciò, cercano di fare ordine nella giurisprudenza, riprendendo le fila delle sentenze precedenti, in un percorso simile a quello da noi svolto nei paragrafi precedenti, ponendosi in linea al pensiero della dottrina maggioritaria arrivando a sancire la nullità dell’atto di accertamento derivante dal vizio del procedimento. Per il ragionamento della Suprema Corte è irrilevante che la norma non commini espressamente la sanzione di nullità. Essa, infatti, pur non prevista, deriva dal sistema ordinamentale nazionale e comunitario, nel quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una “divergenza dal modello normativo” di particolare gravità: la compressione del diritto al “pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”.

Secondo la Corte l’invalidità dell’avviso di accertamento non è intrinseca ad esso (come capita, ad esempio, per la mancata indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle, dicono espressamente i Giudici), ma deriva dal vizio del procedimento che ha condotto all’atto impositivo: in altri termini vuol dire che la violazione delle regole del procedimento può prevalere sull’apparente regolarità formale dell’atto.

Tale valutazione dell’organo giudicante, costituisce una novità rispetto alla funzione nomofilattica delle pronunce della Corte di Cassazione, in quanto quest’ultima, avendo introdotto una nullità non sanzionata, ha fatto uso di uno strumento di coolegislazione per sopperire alla carenza di una lex imperfecta, in quanto non reca alcuna statuzione circa la nullità degli atti impositivi in violazione del termine dilatatorio di sessanta giorni91.

Nella pronuncia l’attenzione della Corte si pone sul fatto che lo spatium temporis offerto fornisce al contribuente la possibilità di formulare osservazioni circa il P.V.C. in condizione

90 Con il riferimento alla già analizzata causa C-349/07 “Sopropè”. 91

Cfr. A.Renda, contraddittorio endoprocedimentale e invalidità dell’atto impositivo notificato ante

tempus:le sezioni unite e la prospettiva del bilanciamento dei valori in campo, in diritto e pratica

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di compressione del potere impositivo. Si tratta dunque, secondo il plenum, di un termine che l’Amministrazione finanziaria deve rispettare rigorosamente, dal momento che, prima, l’azione impositiva non può essere esercitata: il comma 7 dell’art. 12, infatti, vincola l’Ufficio ad una temporanea inattività accertativa. In altri termini, a partire dal momento del rilascio del verbale di constatazione, il potere di emanare l’atto impositivo risulta compresso e ciò spiega perché qualsiasi provvedimento adottato nei successivi sessanta giorni sarà invalido. Dalla pronuncia delle Sezioni Unite emerge una valorizzazione del dialogo tra le parti, un vero e proprio passo in avanti di tipo culturale, che consente ai giudici nazionali di colmare il divario rispetto alle più avanzate pronuncia della giurisprudenza europea.

Nello specifico, l’importanza della collaborazione è tale, sottolinea la Corte nella sentenza in analisi, che la norma “prescrive con espressione forte che l’atto non può essere emanato”. Significa, come ha sempre sostenuto la dottrina maggioritaria, che l’attività di accertamento è paralizzata (a meno che non ricorra l’esimente delle ragioni di urgenza) fino a che il termine di sessanta giorni non sia consumato.

In questo lasso temporale, precisa il massimo Consesso, si deve “attivare e coltivare” il contraddittorio; e ciò è un messaggio chiaro ed inequivocabile: il contraddittorio non può essere mai unidirezionale e ritenersi esaurito con il deposito delle “osservazioni”, dopo le quali il Fisco potrebbe emettere l’accertamento e deve potersi sviluppare una vera e propria dinamica di repliche e controrepliche tra le parti, per tutta la durata del termine dilatatorio. Non è un caso che la norma faccia riferimento, oltre alle “osservazioni”, anche alla possibilità di avanzare “richieste” ed il significato che può essere così attribuito alla locuzione in parola risiede nella facoltà del contribuente di stimolare l’Ufficio impositore ad un confronto vero e proprio: per esempio in ordine alle ragioni per le quali l’Amministrazione non intende accedere a determinate interpretazioni offerte dalla parte privata, così come al significato o alla rilevanza che possono essere attribuiti a determinati documenti ai fini della formazione del convincimento dell’Ufficio. E a tali richieste, conferma oggi la Corte di cassazione a Sezioni Unite, l’Ufficio non può sottrarsi, né nella forma né tantomeno nella sostanza (con argomentazioni pretestuose o tautologiche)92.

Diversamente non ci sarebbe né collaborazione né tantomeno interlocuzione, non vi sarebbe quel contraddittorio, idoneo a garantire il contribuente come anche il migliore esercizio della potestà impositiva.

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Cfr. F. Tundo, Illegittimo l’atto impositivo emesso “ante tempus”: Le Sezioni Unite chiudono davvero

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Inoltre la Corte giustifica la carenza di potere dell’Amministrazione in maniera non dissimile a ciò che veniva sostenuto dalla dottrina maggioritaria fino a quel momento, ovvero, in ragione degli interessi e delle finalità che la norma in rassegna intende tutelare: da un lato, il diritto di difesa del contribuente mediante il contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria già nella fase istruttoria, garantendo al primo la possibilità di manifestare la propria posizione in ordine a quanto ricostruito dagli organi verificatori, per evitare di ricevere un atto impositivo infondato. Dall’altro, consentire al Fisco, in attuazione dei principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica amministrazione, di vagliare le osservazioni e i rilievi indicati nel processo verbale di constatazione e di esercitare, conseguentemente, il potere impositivo in presenza di un’istruttoria completa. Attraverso il contraddittorio, infatti, l’Ufficio è posto nella condizione di valutare in maniera critica ed esaustiva i rilievi contenuti nel P.V.C. ed esercitare quindi il proprio potere nel migliore dei modi. Ciò consente, da una parte, di limitare l’eventualità di rilievi non fondati e, dall’altra, di ridurre contenziosi inutili.

La conclusione di tale ricostruzione operata dalle Sezioni Unite è che l’atto di accertamento emanato anticipatamente è sempre illegittimo, mentre potrebbe non esserlo esclusivamente nei casi di particolare e motivata urgenza richiesti dalla norma.

Per quanto riguarda la seconda questione decisa dalle Sezioni Unite, ovvero sull’obbligo di adeguata valutazione delle osservazioni del contribuente, la stessa si schiera in linea a ciò sostenuto dalla dottrina fino a quel momento: le stesse sentenziano che l’azione amministrativa dovrà essere conformata ed adeguata alla situazione del contribuente che emerge proprio grazie al dialogo con esso. Pertanto l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare adeguatamente la posizione espressa dal contribuente e di dare conto dell’esito di tale valutazione nella motivazione dell’avviso di accertamento. Di conseguenza che sia l’omessa pronuncia sulle prospettazioni del contribuente, sia il respingimento di queste ultime con clausole di mero stile non possono che comportare la nullità degli atti accertativi emanati.

Altra statuizione fatta dalle SS.UU. riguarda la motivazione circa le esimenti che consentono di comprimere i 60 giorni: l’obbligo di motivazione è quello che ha ad oggetto il contenuto sostanziale della pretesa tributaria (cioè i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione), non essendo necessario dare conto, in quella sede, del rispetto di regole procedimentali quali quelle

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attinenti al tempo di emanazione del provvedimento. Di conseguenza è irrilevante, ai fini dell’illegittimità dell’atto, che i motivi dell’urgenza siano oggetto di specifica motivazione: la questione si sposterebbe in sede contenziosa, nel senso che, a fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine statuario e privo dell’enunciazione di motivi d’urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà impugnarlo per il vizio della violazione del termine e spetterà all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza del requisito esonerativo.

La dottrina muove una critica su questa parte della sentenza in quanto, se da un lato, valorizza i profili di invalidità del procedimento, dall’altro, parrebbe esprimere una tendenza volta alla salvaguardia degli atti conclusivi di esso93. Tale situazione si è forse

realizzata per offrire un appiglio di salvezza agli enti impositori, ma ha l’effetto di far risultare la pronuncia in maniera leggermente distorta. La non illegittimità dell’atto impositivo non motivato sulle ragioni d’urgenza, oltre che apparire contraddittoria rispetto all’importante enunciazione dell’importanza della fase preparatoria/istruttoria si risolve in in una compressione delle prerogative di difesa del contribuente il quale si troverebbe costretto a difendersi in contenzioso rispetto ad un atto il quale pur carente di motivazione, su un elemento così decisivo, dovrebbe essere ritenuto comunque legittimo.

La questione non è assolutamente da sottovalutare, anche perché rivela, una contraddizione rispetto all’impostazione generale della pronuncia: la Corte di Cassazione sembra voler affermare che, laddove si verifichi un caso di particolare urgenza, la causa di sospensione delle garanzie procedimentali offerte dal contraddittorio anticipato opera ex se, senza che sia necessaria alcuna motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero determinato la compressione del termine necessario per la presentazione di osservazioni e richieste94.

Spetterà, dunque, al giudice stabilire la sussistenza i meno di una valida ragione d’urgenza, tale da giustificare l’anticipata emissione del provvedimento. Perciò gran parte della dottrina critica la sentenza sia, in quanto in contrasto con l’intero iter argomentativo della stessa, sia in quanto svuota di significato la disposizione dello Statuto che così rischia di rimanere

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Cfr. F. Tundo, Illegittimo l’atto impositivo emesso “ante tempus”: Le Sezioni Unite chiudono davvero la

questione?, in Corr.Trib., 36/2013, pag. 2826.

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Cfr. A.Renda, contraddittorio endoprocedimentale e invalidità dell’atto impositivo notificato ante

tempus:le sezioni unite e la prospettiva del bilanciamento dei valori in campo, diritto e pratica tributaria,

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lettera morta e addirittura di vanificare il complesso dei principi richiamati e valorizzati nella prima parte della sentenza stessa95.

Inoltre gli studiosi giudicano inaccettabile, in quanto contrastante con l’argomentare sin a quel punto sviluppato (che ha sottolineato con forza peraltro l’importanza della deflazione del contenzioso) il passaggio ove si ritiene che il contribuente, comunque, può far valere in giudizio le proprie eccezioni.

Infine la decisione della Cassazione non prende in considerazione un ulteriore argomento riguardo il tema: il tipo di urgenza che giustifica un non rispetto del periodo dilatatorio. Perciò nel prossimo paragrafo analizzeremo la questione, in quanto, a nostro avviso, non ogni urgenza è idonea a restituire il potere sospeso ma è idonea solo l’urgenza “particolare e motivata”, propria di una situazione specifica che deve essere portata all’esterno, inserita nell’atto, per consentirne il controllo.

3.1.6. Le esimenti del contraddittorio: “i casi di particolare e motivata urgenza” – la