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Gli Accertamenti fondati su ipotesi di abuso del diritto, art 10 bis, comma 6, Legge

III. I poteri conoscitivi dell’Amministrazione Finanziaria

3.5. Gli Accertamenti fondati su ipotesi di abuso del diritto, art 10 bis, comma 6, Legge

Nel nostro esame delle fattispecie dove il contraddittorio è previsto dalla legge, merita menzione ed esame il nuovo art. 10 – bis, comma 6, dello Statuto dei diritti del contribuente.

In attuazione della legge delega n. 23 del 2014 è stato emanato l’art. 10 – bis della legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) che disciplina in modo generalizzato per tutti i tributi l’abuso del diritto e l’elusione d’imposta sia in termini sostanziali sia procedimentali: il Legislatore delegato ha deciso di “costruire” questa norma attraverso l’individuazione degli elementi costitutivi dell’abuso del diritto, segnatamente individuati nell’esistenza di un’operazione priva di sostanza economica, ottenimento di un vantaggio fiscale indebito e perseguimento di tale vantaggio quale scopo essenziale della condotta143.

Da ciò ne discendono importanti e innovativi corollari quanto al contenuto della motivazione dell’avviso di accertamento e all’assetto dell’onere della prova, pena la nullità degli atti amministrativi emanati in maniera difforme dalle prescritte indicazioni.

Preliminarmente va evidenziata un’importante scelta del Legislatore in merito all’accertamento antiabuso: la sua collocazione nella categoria dell’accertamento parziale, che, come è noto, non pregiudica l’ulteriore azione accertatrice nei termini di decadenza stabiliti dalla legge. Difatti, il Legislatore, rinnovando la tendenza alla frammentazione delle procedure di accertamento, ha ritenuto ragionevole inquadrare l’accertamento antiabuso nell’ambito della procedura di rettifica della dichiarazione ex art. 41-bis del d.p.r. n. 600 del 1973144.

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In particolare il comma 1 della citata norma sancisce: “Configurano abuso del diritto una o piu’ operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.”

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Cfr. G. Ingrao, “L’evoluzione dell’abuso del diritto in materia tributaria: un approdo con più luci che

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Importante per il presente elaborato sono le disposizioni contenute nei commi 6° e 7° del citato art. 10-bis, le quali sono indicative della volontà del Legislatore delegato di individuare un procedimento “partecipato” da contribuente e Amministrazione finanziaria, al fine di prevedere un corretto esercizio della funzione impositiva in un ambito, come quello dell’abuso del diritto, ove la pretesa fiscale si basa su valutazioni caratterizzate da un elevato grado di discrezionalità145.

Con l’introduzione del citato articolo abbiamo un ampliamento del contenuto del contraddittorio rispetto alla disciplina previgente, in particolare, il comma 6 dell’art. 10-bis, ricalcando, in via generale, la disposizione dell’abrogato 37-bis, 4° comma, D.p.r. n. 600 del 1973146, prevede che “Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i

singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto”.

Al comma 7 si precisa inoltre che: “la richiesta di chiarimenti è notificata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza di sessanta giorni”.

Analizzando il testo sopra riportato, viene in rilievo come sia stato espressamente regolamentato il contraddittorio anticipato, il quale viene definitivamente previsto quale adempimento obbligatorio, in virtù del quale, in caso di mancato o illegittimo inadempimento dell’obbligo di attivazione, si avrà la nullità dell’atto impositivo, a tutela dell’inalienabile diritto di difesa del cittadino, tutelato dall’art. 24 Cost., ma anche del buon andamento dell’Amministrazione presidiato dall’art. 97 Cost.. In quest’ambito la valorizzazione del principio del contraddittorio procedimentale è molto importante, infatti, rappresenta un significativo contrappeso all’assegnazione di un potere così incisivo qual è quello di disconoscere il regime tributario di operazioni economiche effettivamente poste

145 Cfr. G. Corasaniti, Le garanzie procedimentali in tema di abuso del diritto: spunti di riflessione per

un’estensione ad altre forme di accertamento, in Diritto e pratica tributaria n. 5/2016, pag. 1840.

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Tale norma contemplava già il diritto del contribuente d’intervenire nel corso dell’istruttoria finalizzata al confezionamento di atti impositivi antielusione che erano fondati sulla relativa clausola.

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in essere ed applicare il tributo su operazioni con effetti equivalenti ma non in concreto realizzate.

In virtù dei commi 6 e 7 dell’art. 10 – bis, le modalità attraverso cui il contraddittorio anticipato sull’abuso devono essere attivate consistono in una richiesta di chiarimenti, specificamente dettagliata e motivata, la quale deve essere notificata al contribuente, cui è riconosciuto un termine di sessanta giorni per rispondere. Si nota, innanzitutto, come la richiesta di chiarimenti deve essere dettagliatamente motivata, ossia deve recare gli elementi istruttori e le ragioni giuridiche per cui l’Amministrazione finanziaria ritiene applicabile l’art. 10 - bis al caso di specie: solo in questo modo, il contribuente potrà esercitare effettivamente ed efficacemente il suo diritto di difesa già nella fase amministrativa.

In secundis, la richiesta di chiarimenti dovrà essere comunicata al contribuente mediante notificazione ai sensi dell’art. 60 del d.p.r. n. 600 del 1973: questa previsione è di rilevante importanza in quanto chiarisce che, nel nuovo contesto dell’abuso del diritto, non può in nessun caso essere ammessa la possibilità di inviare una richiesta di chiarimenti anche in forma verbale o telefonica. In altre parole, qualsivoglia vizio che infici la notificazione della richiesta di chiarimenti, tale da renderla difforme rispetto al proprio parametro legale, è equiparabile, quanto agli effetti, all’omissione della richiesta e si avrà, di conseguenza, l’invalidità del successivo avviso di accertamento.

Nel momento della corretta attivazione del contraddittorio, il comma 6 riconosce un termine dilatorio di sessanta giorni al contribuente, affinché questo possa svolgere effettivamente le proprie difese, partecipando al procedimento di accertamento antiabuso, a cui si contrappone un vero e proprio obbligo dell’Ufficio di consentire l’intervento difensivo e di vagliare la fondatezza degli argomenti addotti dal contribuente prima dell’emissione dell’atto impositivo. Infatti, in conseguenza a quanto detto, nel lasso di tempo di sessanta giorni riconosciuti al contribuente per l’esercizio del diritto di difesa nella fase amministrativa, non potrà essere emesso l’avviso di accertamento, restando pertanto esclusa la possibilità di accertamenti motivati da ragioni d’urgenza ai sensi dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente.

Ma abbiamo anche un ulteriore declinazione: l’atto impositivo sarà nullo, se notificato in spregio ai termini previsti dal 6° comma, non solo quando il contribuente invii i propri chiarimenti, ma anche quando dovesse risultare ex post che il contribuente è rimasto inerte,

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posto che la lettera del 6° comma prevede la sanzione della nullità per l’atto impositivo emanato in violazione dell’adempimento procedimentale ivi previsto, ossia la previa “notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni”147.

Ad ulteriore garanzia della pienezza e dell’effettività del contraddittorio il Legislatore delegato ha previsto, con una disposizione assolutamente innovativa, un termine necessario di sessanta giorni, tra la data di ricevimento dei chiarimenti (o dell’inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta di chiarimenti) e quella di decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di notifica dell’atto. Pertanto, in deroga alla disciplina ordinaria, laddove tale lasso di tempo risulti, per qualsivoglia ragione, “consumato”, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato fino a concorrenza dei sessanta giorni.

Come esaminato dalla dottrina, che ha approvato la novità normativa in commento, la proroga automatica di decadenza per notificazione dell’atto impositivo, prevista dal 7° comma dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, è prevista solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui fra la data di scadenza del termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti e la scadenza del termine ordinario di accertamento decorrano meno di sessanta giorni, sempre a condizione che il termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti scada prima del termine dell’accertamento. Nel caso in cui, invece, il termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti venga a cadere dopo la scadenza del termine per l’accertamento non si avrà alcuna proroga.

Inoltre questa innovazione ha sollevato alcune di riflessioni di carattere generale, e ciò perché, in pratica, per l’abuso del diritto il termine di decadenza ordinario diventa il termine per la richiesta di chiarimenti, e non quello della notifica dell’avviso. Se la ratio della disposizione di cui al 7° comma dell’art. 10-bis è quella di salvaguardare l’efficienza e il diritto al contraddittorio, non si comprende perché ciò debba valere solo con riferimento alle ipotesi di abuso del diritto:“si finisce con il postulare che il diritto di difesa del contribuente valga meno a seconda del tipo di oggetto dell’accertamento e che negli altri casi possa essere sacrificato”148.

Dunque vogliamo porci una domanda ulteriore ovvero se è ammissibile, da un punto di vista di coerenza delle norme che compongono lo Statuto del contribuente, limitare tali previsioni alle contestazioni abusive e non estenderle ad altre situazioni analoghe che, in

147 Cfr. G. Corasaniti, Le garanzie procedimentali in tema di abuso del diritto: spunti di riflessione per

un’estensione ad altre forme di accertamento, in Diritto e pratica tributaria n. 5/2016, pag. 1844.

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Cfr. A. Contrino, A. Marcheselli, Procedimento di accertamento dell’abuso, contraddittorio anticipato

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ogni caso, hanno il loro referente nel medesimo Statuto. Per la dottrina maggioritaria, tra cui Corasaniti, non si può procedere ad un interpretazione analogica, per cui, si dovrebbe intervenire al fine di ampliare le garanzie del contribuente anche negli altri casi e, in tal modo, si darebbe una lettura coerente delle norme dello Statuto, improntata al canone del buon senso e dell’imparzialità.

Concludendo la nostra analisi, il comma 8 riguarda la motivazione dell’avviso di accertamento, il quale dovrà contenere una motivazione rafforzata: “Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.”. Pertanto l’avviso di accertamento emanato deve comunque tenere conto delle osservazioni formulate dal contribuente, motivando con specifico riferimento alle stesse, infatti, l’atto impositivo privo di specifica motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dal contribuente, risulta affetto da nullità per vizio di motivazione.

Con tale impianto normativo il Legislatore ha inteso tutelare, da una parte, il contribuente da un esercizio del potere impositivo che, in assenza di una istruttoria completa e di un vaglio critico dei chiarimenti offerti, non può che essere arbitrario e sommario; dall’altra, la stessa Amministrazione, ponendola nelle condizioni di valutare in maniera esaustiva le eccezioni mosse al contribuente e di esercitare quindi il suo potere nel migliore dei modi.

In definitiva sono dunque due i “livelli” di garanzia e tutela del contribuente: uno a monte (l’obbligatorietà della partecipazione endoprocedimentale nella contestazione dell’elusione) e uno a valle (la specifica motivazione). Tali tutele si pongono peraltro l’una a contrappeso dell’altra: non avrebbe senso infatti sancire l’obbligo dell’interlocuzione se poi le risultanze della stessa potessero essere radicalmente ignorate dall’Ufficio.

Antecedentemente all’introduzione del citato art. 10 – bis della legge 212/2000 (quando era ancora in vigore l’art.37 – bis D.p.r. n. 600/1973), la Corte Costituzionale si era pronunciata sull’importanza del contraddittorio preventivo nell’ambito dell’accertamento antielusivo. In questo giudizio, la Commissione tributaria regionale annullava un avviso di accertamento in quanto la notifica era avvenuta prima del decorso del termine di sessanta giorni dal ricevimento “della richiesta di chiarimenti” in violazione dell’art. 37-bis del D.p.r.

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n. 600/1973149. L’Agenzia delle entrate ricorreva per Cassazione sostenendo che, stante la

prevalenza della necessità di reprime l’elusione, a seguito dell’introduzione nell’ordinamento del generale divieto di abuso di diritto, l’Amministrazione poteva disattendere le regole del contraddittorio preventivo per contrastare gli effetti di operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale. A fronte di ciò, la Suprema Corte, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 – bis, comma 4, del D.p.r. n. 600/1973, con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 132 del 2015 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, ma si è espressa con chiarezza in merito alla valenza del contraddittorio endoprocedimentale sentenziando la necessità che al contribuente sia consentito di partecipare al procedimento e la ragionevolezza della sanzione di nullità in caso di violazione del termine stabilito per garantire l’effettività di tale partecipazione150,

evidenziando che le peculiarità dell’accertamento delle fattispecie elusive e il ruolo che possono svolgere gli elementi forniti dal contribuente rendono ancora più importante la “partecipazione – difensiva”151. In conclusione, con questa pronuncia, prima ancora

dell’introduzione dell’art.10 –bis, abbiamo una conferma giurisprudenziale proveniente dal

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L’art. 37 – bis del D.p.r. n. 600/1973, prevedeva, ai commi 4 e 5 una procedura rafforzata da rispettare a pena di nullità, in tutte le ipotesi in cui sia contestata l’elusività di un operazione riconducile al comma 3. Riportando testualmente i comma sopra citati: “4. L’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2.

5. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 42, l’avviso d’accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente e le imposte o le maggiori imposte devono essere calcolate tenendo conto di quanto previsto al comma 2.”

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La dottrina è sostanzialmente conforme alla pronuncia, ma è d’obbligo sottolineare gli orientamenti contrari, quali ad esempio quello del Professor Alessandro Giovannini il quale si è espresso contro la nullità dell’avviso. L’autore, commentando la sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 2015, ha ben presente che la soluzione adottata dalla Consulta sia perfettamente sovrapponibile al dettato normativo dell’art. 10 – bis, tuttavia suggerisce una soluzione alternativa, in quanto a suo avviso la nullità è soluzione sbilanciata a favore del contribuente. In particolare ritiene che, nel rispetto del principio di proporzionalità e di quello della ragionevolezza, la mancata adozione del contraddittorio anticipato dovrebbe trovare corrispondenza nell’annullabilità dell’atto ai sensi dell’art. 21 – octies comma 2, della legge n. 241/1990. Difatti il Giovannini afferma che oltre a tutelare il singolo contribuente è necessario tutelare la collettività e tramite l’annullabilità, da una parte, si va a garantire il ricorrente in quanto dà ugualmente seguito al suo diritto potestativo, dall’altra consente al giudice di prendere in considerazione l’interesse dell’Amministrazione tradotto nell’atto contestato e quindi lo abilita a verificare se il vizio lamentato si sia davvero tradotto in una violazione sostanziale dei suoi diritti ed in particolare di quello alla determinazione della capacità contributiva nei termini più conformi alla realtà. Di conseguenza il giudizio è volto a tutelare anche l’interesse dell’Amministrazione finanziaria qualora quello sostanziale del contribuente non risulti leso irrimediabilmente dal vizio procedimentale.

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Cfr. F. Tundo, La Corte costituzionale sulla nullità dell’accertamento “antielusivo” anticipato,in Corr. Trib. N. 35/2015, pag. 2671.

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giudice delle leggi che sottolinea l’importanza del contraddittorio endoprocedimentale, e in questo senso vogliamo porre un ulteriore riflessione. La citata conferma della Corte Costituzionale e, successivamente, l’entrata in vigore della disposizione dello Statuto sono sintomi di un evoluzione storica e culturale, improntata sul contraddittorio, di cui il Legislatore è partecipe; quindi non capiamo perché non possa essere elaborato un dettato simile per tutti i casi di accertamento: l’evoluzione c’è stata ed è ancora in corso, e non vediamo il motivo della disparità di trattamento del contribuente a seconda del tipo di accertamento a cui è sottoposto.