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Il sistema di accoglienza italiano attuale prende origine da quanto delineato dalla Conferenza Unificata del 10 luglio 2014, in occasione della quale è stato definito, attraverso il raggiungimento di un'intesa tra Governo, Regioni ed Enti Locali, il cosiddetto Piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, adulti, famiglie e minori stranieri non accompagnati (di seguito Piano). In seguito alla Conferenza, è stato emanato il Decreto Legislativo numero 142/2015, in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e delle procedure comuni finalizzate al riconoscimento e alla revoca dello status di protezione internazionale. Si voleva abbandonare la logica emergenziale fino ad allora adottata, riconducendo l'accoglienza ad un sistema amministrativo omogeneo. In ottemperanza alle direttive europee, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (di seguito Sprar) avrebbe dovuto essere il modello unico riconducibile cui ambire, in qualità di perno centrale dell'accoglienza. Il Piano intendeva razionalizzare e riorganizzare il sistema a livello nazionale, riportando tutti gli interventi di accoglienza a una gestione ordinaria e programmabile.

Il sistema di accoglienza italiano prevede tre differenti livelli di operatività: una prima fase di assistenza, soccorso e identificazione, che si svolge in centri governativi, in corrispondenza dei luoghi maggiormente interessati da sbarchi per ragioni geografiche; una seconda fase di prima accoglienza e qualificazione, assicurata in centri governativi di prima accoglienza per richiedenti asilo istituiti con decreto del Ministero dell'Interno, limitatamente al tempo necessario delle operazioni di verbalizzazione della

domanda di protezione internazionale e di avvio della procedura di esame della stessa, nonché dell'accertamento delle condizioni di salute del migrante; una terza fase di seconda accoglienza ed integrazione, in una delle strutture operanti nell'ambito del sistema Sprar predisposto dagli Enti locali. Qualora sia temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all'interno delle strutture di prima o di seconda accoglienza, a causa di arrivi consistenti e ravvicinati nel tempo, sono apprestate dal Prefetto misure straordinarie di accoglienza, in strutture temporanee chiamate Centri di Accoglienza Straordinaria (di seguito Cas), limitatamente al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture di prima o seconda accoglienza (Decreto legislativo n. 142/2015).

In concreto il percorso di accoglienza prevede innanzitutto la canalizzazione dei migranti in arrivo negli hotspot, definiti tali in quanto, seguendo il mandato operativo della Commissione Europea (2015), operano le forze di polizia italiane congiuntamente ai rappresentanti delle agenzie europee (Frontex, Europol, Eurojust ed EASO: European Asylum Support Office). Sono centri dove vengono raccolti i migranti al momento del loro arrivo in Italia e vengono svolti servizi di assistenza sanitaria, ricovero e prima accoglienza collegati alle operazioni di soccorso in mare. Si procede ad identificazione e foto segnalamento e, qualora le persone in ingresso manifestino la volontà, si attiva la procedura di domanda della protezione internazionale (Commissione Europea, 2015).

La permanenza in tali centri dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario a svolgere tali funzioni. Gli hotspot sono i luoghi ove avviene la prima qualificazione degli stranieri, al fine di distinguere i richiedenti asilo dai migranti economici, ed indirizzarli tra strutture di accoglienza per richiedenti asilo e Centri Per il Rimpatrio o CPR. Tali operazioni continuano ad essere svolte anche nei Centri di Primo Soccorso e Accoglienza - Cpsa, dove gli stranieri ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono foto segnalati e possono richiedere la protezione internazionale.

Si ritiene opportuno ricordare che la quasi totalità dei migranti in ingresso non è in possesso dei documenti di identità, ragione per cui, a fronte di dichiarazioni non verificabili e di carenze nei sistemi anagrafici dei Paesi di origine degli stranieri, le impronte digitali costituiscono l'unico dato individualizzante che consente di avere prova del passaggio di quel soggetto in un determinato luogo. Le generalità esatte dell'individuo non saranno dunque consentite dall'identificazione dattiloscopica, tuttavia lo rende riconoscibile da quel momento in poi.

La fase successiva dell'accoglienza prevede il trasferimento delle persone che chiedono protezione in strutture governative di prima accoglienza, istituite con decreto del Ministero dell'Interno, cosiddetti hub regionali o interregionali. Ogni regione è stata chiamata a dotarsi di almeno un hub con capienza tra 100-250 posti letto. Per far fronte alle situazioni di emergenza, nel caso in cui risulti esaurita la disponibilità nei suddetti centri, il decreto legislativo 142/2015 prevedeva la possibilità di allestire dei Centri di Accoglienza Straordinaria - Cas, individuati dalle prefetture dei capoluoghi di regione, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Terminate le operazioni di identificazione, prima assistenza ed avvio della domanda di protezione, coloro che risultano privi di mezzi di sostentamento vengono trasferiti nelle strutture di seconda accoglienza della rete Sprar, finalizzati all'inserimento socio-economico e alla costruzione di percorsi individuali di autonomia (Anci et al. 2017, 136).

Il sistema di accoglienza generato dal Piano si sarebbe categorizzato come: «un sistema basato sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati, articolato in una fase di prima accoglienza assicurata in centri governativi, nonché nelle strutture temporanee autorizzate dal Prefetto, ed una di seconda accoglienza disposta nelle strutture SPRAR (...). Mentre le funzioni di soccorso e prima assistenza, nonché di identificazione, continuano ad essere svolte nelle strutture allestite ai sensi della cosiddetta legge Puglia». Così viene descritto tale sistema dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle pubbliche risorse impegnate.

«Il modello legislativo prefigura strutture dislocate tendenzialmente a livello regionale o interregionale, in modo da realizzare un sistema capillare di centri di prima accoglienza per richiedenti asilo. In esse dovrebbero confluire i cittadini di Paesi terzi – già registrati e sottoposti alle procedure di foto-segnalamento – rimanendovi per il tempo necessario alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale (cd.

“modello C3”) ed all’avvio del relativo esame e quindi, passare alle strutture di seconda accoglienza. Successivamente, il richiedente che ne faccia richiesta, se privo di mezzi di sussistenza, può, infatti, chiedere di essere trasferito in una struttura di accoglienza del

sistema Sprar. In caso di temporanea indisponibilità di posti, il richiedente rimane nel centro di prima accoglienza».

Di fatto, si è assistito ad una normalizzazione delle misure straordinarie di accoglienza. Il ricorso ai Centri di Accoglienza Straordinari (di seguito Cas) - che formalmente rientrano nella prima accoglienza, quindi dovrebbero essere strutture temporanee ed operative limitatamente al tempo strettamente necessario al trasferimento - è stato sistematico, offrendo un'accoglienza di lungo periodo come accade nella seconda accoglienza8.

Ogni livello di operatività presenta caratteristiche tecniche ed organizzative proprie, attori istituzionali specifici e modalità di gestione che differiscono le une dalle altre. Il quadro che ne risulta appare scarsamente organico e modellato dal succedersi di eventi storici, scelte politiche e specifiche ondate migratorie (Rossi 2018, 63). Il carattere emergenziale delle misure assunte nel tempo per gestire i flussi migratori, impedisce una strutturazione dell'accoglienza organica e professionale (Amnesty International 2016, 12). Alcuni dispositivi rispondono al paradigma del diniego tramite funzioni di controllo e burocrazia procedurale, altri sono riconducibili al paradigma umanitario assistenzialista. Si denota una tensione crescente fra compassione e repressione nella gestione dei flussi migratori. In un contesto ove le condizioni di rifugiato vengono delegittimate, le parole dei richiedenti sono screditate e sostituite dal

«parere degli esperti» (Fassin 2010, 24).

A questo proposito si premette che l'insieme delle strutture adibite ad accogliere, non trovano un fondamento legislativo unico ed organico, ma risultano dalla stratificazione normativa di fonti legislative (Asgi 2015, 2). Si configurano dunque diversi livelli di amministrazione in progressiva evoluzione, che sovrappongono continuamente differenti modelli concettuali ed operativi, per via di obiettivi e filosofie discordanti. Tale sistema risente inoltre della catalizzazione politica e mediatica,

8 Le difficoltà legate alla possibilità di inserimento delle persone nelle struttura Sprar è evidente dai numeri rilevati nel Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017, stilato da Anci, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e dal Servizio Centrale dello Sprar, in collaborazione con l'Unhcr. Nel 2016, il 73% dei 188.084 migranti accolti nel sistema era ospitato nei centri Cas, il 7,8% nelle altre strutture di prima accoglienza, mentre il 18% era beneficiario dei progetti Sprar (35.352). Nel 2017 il posti disponibili in accoglienza erano complessivamente 205.003, di cui il 77% nei Cas, il 15,3% nello Sprar ed il 7,3% nei centri di prima accoglienza.

occupando ampio spazio del dibattito pubblico e riflettendo ampie divisioni politiche nel corpo sociale (Lunaria 2017, 17).