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Gli accordi amministrat

forma semplificata e la conferenza in forma simultanea

3.3 Gli accordi amministrat

Come già accennato nel precedente capitolo gli accordi amministrativi sono stati introdotti dalla legge n. 241/1990 che ha codificato la disciplina generale degli accordi in due disposizioni che sono l’articolo 11 che disciplina gli accordi conclusi tra privati e pubblica amministrazione e l’articolo 15 che disciplina invece gli accordi tra pubbliche amministrazioni per lo svolgimento di una attività di interesse comune.

3.4.1 Gli accordi integrativi e sostitutivi

All’interno dell’articolo 11 della legge n. 241/1990 sono disciplinati due tipi di accordi tra privati e pubblica amministrazione che sono gli accordi integrativi e quelli sostitutivi del provvedimento.

Gli accordi integrativi sono adottati al termine di una interazione tra pubblica amministrazione e privato mediante la quale ne viene determinato il contenuto. Fino alle Legge n. 15/2005 questo tipo accordo non aveva una denominazione ufficiale e per questa ragione veniva definito anche come accordo preliminare, endoprocedimentale o procedimentale.

Attraverso l’accordo integrativo raggiunto tra le parti nella fase preparatoria del procedimento amministrativo, vengono concordate alcune clausole che saranno contenute nel provvedimento finale; tuttavia l’accordo rimane nettamente separato dal provvedimento in quanto il primo è bilaterale mentre il secondo è unilaterale e di esclusiva competenza della Pubblica Amministrazione. Nel momento in cui vengono concordate clausole tra le parti, il privato si impegna a non aprire futuri contenziosi in merito alle stesse; mentre l’amministrazione a sua volta si impegna a far fede agli accordi nella stesura dell’atto finale; e nel caso in cui quest’ultima non rispetti tale impegno dovrà corrispondere un indennizzo al privato70.

Gli accordi sostitutivi, invece assorbono completamente il provvedimento sostituendolo. Fino alla legge n. 15/2005 questo tipo di accordo era ammesso sono nei casi previsti dalla legge. L’ambito di applicazione era così limitato perché il legislatore voleva evitare un

utilizzo spropositato degli accordi sostitutivi che sono bilaterali e negoziati a scapito del provvedimento amministrativo che è invece unilaterale e imperativo. Con l’eliminazione di questo limite, avvenuta nel 2005 questi accordi, se il procedimento è già avviato e l’amministrazione vanta un potere discrezionale, sono sempre utilizzabili. In assenza di potere discrezionale invece, non è possibile raggiungere nessun accordo con il privato71.

Con gli istituti introdotti all’articolo 11 della legge n. 241/1990 il legislatore cerca di accelerare e snellire l’agire amministrativo e di prevenire contenziosi. La funzione di prevenire il contenzioso si evince, dal parere reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, dove si è riconosciuto che l’assenso preventivo ad un certo assetto di interessi destinato a sfociare nel o a sostituire l’atto amministrativo evita future controversie. La struttura normativa degli accordi è infatti idonea a conferire agli stessi anche una funzione deflattiva del contenzioso, posto che la partecipazione del privato al procedimento consente una sorta di “contraddittorio anticipato”72.

Questi accordi richiedono la forma scritta a pena di nullità salvo che la legge disponga diversamente. Gli si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili, ad eccezione dell’ipotesi di recesso unilaterale dall’accordo da parte dell’amministrazione per sopravvenuti motivi di pubblico interesse e ad eccezione dell’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo per gli eventuali pregiudizi subiti dal privato in quanto è sempre presente il vincolo del perseguimento dell’interesse pubblico. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi amministrativi sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; al giudice ordinario sono invece di competenza le controversie riguardanti la lesione di un interesse soggettivo.

Questi negozi giuridici devono concludersi senza arrecare danno ai diritti dei terzi. Nel caso in cui siano lesivi, i terzi possono opporvisi se si tratta di accordi sostitutivi poiché idonei a produrre effetti diretti nella sfera giuridica dei terzi; mentre se si tratta di accordi integrativi, non essendo idonei di per sé a incidere all’esterno, saranno impugnabili esclusivamente insieme al provvedimento finale.

71 Ibidem

3.4.2 Gli accordi tra pubbliche amministrazioni

Gli accordi tra pubbliche amministrazioni sono regolati all’articolo 15 della legge n. 241/1990, il quale prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, al di fuori delle ipotesi previste per la Conferenza dei Servizi, di stipulare accordi tra loro per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

Il rapporto che lega la conferenza di servizi agli accordi è definito dallo stesso legislatore: ambedue sono istituti di semplificazione ma la prima si pone quale minus rispetto ai secondi, in quanto mentre nella conferenza di servizi c’è sempre un’amministrazione procedente, con gli accordi ex art. 15 la semplificazione raggiunge il suo massimo livello poiché tra le parti si instaura un vero e proprio rapporto pattizio e pari ordinato, con diritti e obblighi reciproci73.

L’articolo 15 non specifica per quale tipologia di attività di interesse comune sia possibile raggiungere un accordo tra amministrazioni; si deve quindi ritenere che sia ammissibile per qualsiasi attività giuridica posta in essere da una pubblica amministrazione finalizzata alla realizzazione di un interesse pubblico. Lo svolgimento in collaborazione di questa attività di interesse comune viene inteso non come una identicità di funzioni e competenze tra le amministrazioni protagoniste dell’accordo, quanto piuttosto di un rapporto di complementarità e sinergia delle suddette competenze e funzioni e caratterizzato da una condivisione e collaborazione.

Riguardo alla forma, ai controlli, e alla giurisdizione, l’articolo 15 fa rinvio a quanto previsto per gli accordi integrativi e sostitutivi all’articolo 11 della legge n. 241/1990. L’oggetto di questo tipo di accordi è definito in modo volutamente generico in modo che possa coprire una vasta varietà di situazioni nelle quali le amministrazioni si trovano a interagire. Rispetto agli accordi regolati all’art. 11, hanno soprattutto il fine di vincolare gli organi amministrativi nell’esercizio delle rispettive competenze, di predeterminare i tempi entro cui vanno esercitate, di quantificare i rispettivi impegni finanziari e di stabilire le conseguenze degli eventuali impedimenti74.

73 M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2017, cit. pag. 292 74 Enciclopedia on-line, Accordi amministrativi, < www.treccani.it>

In materia di recesso invece vi sono due orientamenti tra loro divergenti:

 L’orientamento prevalente sostiene che se le parti non hanno previsto il diritto di recesso unilaterale all’interno dell’accordo, allora questo non è consentito ed è necessario il consenso delle altre amministrazioni contraenti.

Nel caso in cui le altre amministrazioni non diano il consenso al recesso, l’amministrazione interessata potrà, se il rifiuto è contrario al principio di cooperazione tra enti pubblici, richiederne la censura di fronte al giudice, in quanto le pubbliche amministrazioni devono compiere atti finalizzati alla tutela di un interesse pubblico. Questo orientamento si fonda sul fatto che l’articolo 15 non richiama espressamente il comma 4 dell’articolo 11 che disciplina la possibilità di recedere unilateralmente da un accordo integrativo o sostitutivo per motivi di interesse pubblico ed è confermato da molteplici sentenze tra le quali la n.1986/2012 del Tar Puglia e dalla n. 90/2009 del Tar Lombardia.

 L’orientamento minoritario, sostiene invece che nonostante non vi sia all’articolo 15 l’espresso richiamo del comma 4 dell’articolo 11 è comunque possibile per una pubblica amministrazione recedere unilateralmente dell’accordo poiché l’accordo ha il contenuto di un provvedimento amministrativo e il potere di revocare un provvedimento è attribuito alla Pubblica Amministrazione. Questo orientamento era stato sposato ad esempio dal Tar Marche nella sentenza n. 1015/2003.