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Introduzione del capo IV bis

EVOLUZIONE STORICA DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO.

2.4 Legge Bassanini n 59/1997: “Federalismo a Costituzione invariata” e Riforma del titolo V della Costituzione.

2.5.4 Introduzione del capo IV bis

La legge n. 15/2005 introduce infine all’interno della legge n. 241/1990 il capo IV bis intitolato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso”, che costituisce una delle maggiori novità della riforma. Fino a quel momento mancava all’interno della legge sul procedimento amministrativo una codificazione delle varie tipologie di invalidità del provvedimento. Il legislatore si era limitato a prevedere che il giudice amministrativo decidesse sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un'autorità amministrativa. Erano così codificati solo i tre vizi di legittimità tradizionali, che determinano l'annullabilità dell'atto amministrativo34.

Con questa riforma vengono introdotte importanti novità, tra cui la codificazione dell'istituto della nullità del provvedimento amministrativo (art. 21 septies), che precedentemente era stato delineato della giurisprudenza; l'introduzione dei c.d. vizi non invalidanti del provvedimento cioè alcune illegittimità formali o procedimentali, che possono non condurre all'annullamento dell'atto ai sensi dell'art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/90. Il legislatore quindi, effettua una codificazione o di istituti già delineati dalla giurisprudenza o introduce istituti innovativi.

34 R. Chieppa, R. Giovagnoli, Manuale breve di diritto amministrativo, Milano, 2009 <www.giustizia-

Nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi, definiti dal legislatore nel nuovo articolo 21 septies. L'annullabilità del provvedimento costituisce invece la regola generale di invalidità, a differenza di quanto avviene nel diritto civile dove la regola generale è quella della nullità. Una delle novità contenute nella riforma della legge n. 241/90 (legge n. 15/2005) è costituita dalla codificazione dell'istituto della nullità del provvedimento amministrativo (art. 21 septies).

L'art. 21 septies della nuova legge 241/1990 prevede che il provvedimento amministrativo è nullo quando:

a) manchi degli elementi essenziali. Tale articolo pur prevedendo la nullità in mancanza degli elementi essenziali, omette di indicarli come invece fa riguardo alla nullità del contratto l’articolo 1325 del codice civile. Sulla base degli elementi essenziali indicati all’articolo 1325 c.c per il contratto nel diritto privato, è possibile individuare come elementi essenziali di un provvedimento amministrativo il soggetto, l’oggetto, la forma, la causa e la motivazione.

b) sia viziato da difetto assoluto di attribuzione. Il legislatore fa riferimento ad una incompetenza assoluta cioè l’atto è adottato da un soggetto qualificabile formalmente come amministrazione ma che ha invaso settori che sono attribuiti ad altri poteri dello stato. Non riguarda invece l’ipotesi in cui l’incompetenza è relativa che rientra invece in una delle cause di annullabilità del provvedimento amministrativo.

c) sia stato adottato in violazione o elusione del giudicato. Ipotesi in cui vi è una sentenza di un tribunale, che può essere sia amministrativo che civile, alla quale l’amministrazione non si adegua e la viola completamente riadottando un provvedimento analogo, oppure adottando apparentemente un provvedimento nuovo ma che nella sostanza ripete la stessa violazione che gli è stata contestata nella precedente sentenza. Al secondo comma dell’articolo 21 septies viene inoltre stabilito che le questioni attinenti alla nullità del provvedimento amministrativo in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

d) in tutti gli altri casi espressamente previsti dalla legge (nullità testuali). E’ l’unica ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo già prevista prima dell'introduzione dell'art. 21 septies, poiché anche il legislatore aveva riconosciuto l'inadeguatezza della sanzione dell'annullabilità come rimedio ai vizi più gravi del provvedimento amministrativo. Era stata così prevista la sanzione della nullità del provvedimento in alcune specifiche ipotesi tra cui: l'assunzione nel pubblico impiego senza il filtro preventivo della procedura concorsuale; attribuzione di mansioni superiori a quelle consentite al dipendente pubblico; gli accordi tra privati e Pubblica Amministrazione privi del requisito della forma scritta. La gravità di tali vizi dell'atto è stata ritenuta tale da non poter essere condizionata all’attivazione di un interesse di parte, come nel caso dell'azione di annullamento, né lasciata alla sola iniziativa dell'amministrazione di esercitare i propri poteri di autotutela, attivabili peraltro non in seguito al mero riscontro della sussistenza del vizio, ma previo accertamento dell'interesse pubblico alla rimozione dell'atto ed oggi anche della verifica del ragionevole tempo trascorso35.

L’insussistenza delle condizioni di validità degli atti amministrativi si tramutano in vizi di legittimità e di merito. I vizi che attengono alla legittimità dell’atto amministrativo sono disciplinati dall’articolo 21octies della legge n. 241/1990 e sono la violazione di legge, l’incompetenza relativa e l’eccesso di potere.

La violazione di legge è un vizio residuale: tutto quello che non rientra negli altri due casi è violazione di legge, ricomprende tutte le ipotesi in cui il provvedimento che si vuole annullare contiene un qualcosa che è in contrasto con la legge. Quindi la violazione di legge non è violazione solo della legge ordinaria, ma è violazione delle fonti del diritto: Costituzione, leggi, regolamenti. La violazione di legge non attiene solo al procedimento, ma anche rispetto ai presupposti di diritto di quell’atto.

Incompetenza relativa è l’ipotesi nella quale l’atto viene posto in essere da un organo che, pur appartenendo al plesso organizzativo dell’amministrazione competente, non è il titolare effettivo di quella particolare attribuzione.

35 R. Chieppa, R. Giovagnoli, Manuale breve di diritto amministrativo, Milano, 2009 <www.giustizia-

L’eccesso di potere ha avuto due definizione diverse da parte di due orientamenti dottrinali: 1. Un orientamento dottrinale individua l’eccesso di potere come sviamento di potere, ovvero come uno sviamento dell’esercizio dell’azione amministrativa da quelle che sono le finalità, predeterminate dalla legge. Questa definizione molto generale e generica, sottintende che tutte le volte in cui l’azione amministrativa si discosta dalla legge, pur non violandola, e dalle finalità a cui è stata predeterminata, in quei casi si ha una forma di cattivo uso del potere, che viene qualificata come sviamento di potere.

2. Un altro orientamento dottrinale che fa capo a Sandulli qualifica l’eccesso di potere viene non come sviamento di potere, ma come un cattivo uso del potere. Il potere c’è, la legge lo ha attribuito al singolo individuo appartenente alla Pubblica Amministrazione, che però lo ha usato male. Allora lo sviamento di potere, che per l’altro orientamento rappresenta la definizione generale del vizio, è in realtà un’ipotesi di cattivo uso del potere. Non ci sono quindi delle violazioni di legge conclamate, ma ci sono degli scostamenti, degli allontanamenti, delle forme di violazione parziale, che individuano un cattivo uso del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. Per individuare quando si verifica questa forma di cattivo uso del potere discrezionale, sono state elaborate dalla dottrina delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere, ovvero degli elementi che ci forniscono un indizio dell’esistenza del cattivo uso del potere.

 La prima figura sintomatica si ha nel caso in cui legge ha disciplinato un atto prevedendo che quello servisse per raggiungere un determinato fine, e l’atto invece viene adottato per realizzare un fine diverso.

 Seconda figura sintomatica dell’eccesso di potere, è l’insufficienza di motivazione. Cioè la motivazione nell’atto è presente, quindi non c’è una violazione dell’articolo 3, ma è inadeguata a consentire al privato di capire qual è il percorso logico giuridico che l’amministrazione ha fatto per arrivare ad adottare quel provvedimento.

 Terza figura sintomatica è la contraddittorietà manifesta tra gli atti della Pubblica Amministrazione, la quale prima adotta un atto che va in una direzione e poi adotta un atto che va nella direzione opposta.

 Altra figura sintomatica è una carenza di istruttoria, per cui anche se la legge sul procedimento prevede l’obbligo di svolgere un’adeguata istruttoria all’art. 2, l’amministrazione la effettua in modo insufficiente.

Le ipotesi appena elencate sono alcune tra le innumerevoli figure sintomatiche evidenziate da questo orientamento dottrinale per configurare un cattivo uso di potere. La presenza di queste figure sintomatiche è un sintomo dell’eccesso di potere che dovrà poi essere accertato dal giudice.

Il secondo comma dell’articolo 21 octies contiene un'altra importante novità cioè i vizi non invalidanti del provvedimento amministrativo. Prevede infatti che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” e che il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile “per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Con questa disposizione viene recuperato il ruolo primario del provvedimento amministrativo rispetto al procedimento anche se rischia di svalutare il ruolo della comunicazione di avvio del procedimento che può non portare all’annullamento del provvedimento finale se viene accertato che il provvedimento non poteva essere diverso.