• Non ci sono risultati.

Le principali novità introdotte dalla legge n 241/1990.

EVOLUZIONE STORICA DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO.

2.3 Le principali novità introdotte dalla legge n 241/1990.

La legge n. 241/1990 intitolata: “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” introduce una novità assoluta, che è la figura del responsabile del procedimento, cioè un soggetto al quale è affidata la gestione del procedimento stesso. Questa figura è regolata al capo II della legge sul procedimento amministrativo, in particolare gli articoli 4 e 5 stabiliscono a quale soggetto spetti tale responsabilità:

Articolo 4: “Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l’unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.”

In alcuni casi è quindi la legge stessa che stabilisce qual è l’unità organizzativa a cui deve essere attribuito quel procedimento, in altri casi, l’unità organizzativa viene individuata da un regolamento della Pubblica Amministrazione. Quando non è stabilito né dalla Legge, né da un regolamento è comunque compito delle Pubblica Amministrazione individuare una unità organizzativa di riferimento.

Articolo 5: “Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all’unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale.

Fino a quando non sia effettuata l’assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell’articolo 4.”

Dall’articolo 5 si evince che il responsabile del procedimento non è necessariamente il dirigente di una unità organizzativa. Infatti quest’ultimo può attribuire questa responsabilità a sé o ad altri dipendenti, individuando se questo è anche il soggetto competente ad emettere

il provvedimento finale. Nei casi in cui la legge, il regolamento, o il dirigente non abbiano individuato il responsabile del procedimento, viene individuato come tale il funzionario preposto all’unità organizzativa. Successivamente la legge n. 15/2005, introduce la possibilità che il responsabile del procedimento non sia il soggetto che adotterà il provvedimento finale; in questo caso è necessario che questi, terminata l’istruttoria rediga una relazione e la invii all’organo che dovrà emettere il provvedimento, il quale potrà discostarsene motivando tutti i “dati in fatto e in diritto” che lo hanno portato alla nuova valutazione e quindi assumendosene la responsabilità.

In precedenza la figura del responsabile del procedimento non era prevista nel nostro ordinamento e questo generava molteplici problemi, quale in primo luogo il rallentamento dell’azione amministrativa e la mancanza di trasparenza, ed in secondo luogo una irresponsabilità civile, amministrativa e penale per gli amministratori.

All’articolo 6 delle legge n. 241/1990 sono invece elencati i compiti del responsabile del procedimento:

“Il responsabile del procedimento:

a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento;

b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;

c) propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all’articolo 14;

d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti

e) adotta il provvedimento finale, ove ne abbia la competenza, ovvero trasmette gli atti all’ organo competente per l’adozione.

Il responsabile del procedimento interviene quindi durante la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che è la fase successiva alla fase dell’iniziativa, nella quale, o la pubblica amministrazione, mediante iniziativa d’ufficio, o il cittadino, mediante iniziativa di parte, danno inizio al procedimento amministrativo. La fase istruttoria è invece quella fase del procedimento amministrativo nella quale viene effettuata una ricognizione e valutazione dei fatti e degli interessi, pubblici e privati, oggetto di valutazione da parte della Pubblica Amministrazione ai fini dell’adozione di una decisione e della relativa motivazione27.

Un’altra delle principali novità introdotte dalla legge n. 241/1990 riguarda la partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo. Quando si fa riferimento alla partecipazione al procedimento è importante partire dal principio di imparzialità stabilito dall’articolo 97 della Costituzione, che come già detto è uno dei principi fondamentali del diritto amministrativo, che oltre ad avere la funzione di far adottare un comportamento paritario rispetto ai soggetti ai quali la Pubblica Amministrazione si trova di fronte, significa anche la capacità e il dovere da parte di quest’ultima di comparare sullo stesso piano tutti gli interessi coinvolti in un procedimento amministrativo (nonostante l’interesse pubblico prevalga sempre sull’ interesse privato). A questo fine si è cercato di introdurre delle forme di ingresso al procedimento che consentissero al privato ed altri soggetti di apportare all’interno del procedimento le proprie ragioni, non solo di prendere conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto su cui l’amministrazione si sta muovendo, ma anche di poter apportare le proprie ragioni e rappresentare i propri interessi, veicolando il più possibile a proprio favore l’azione dell’Amministrazione Pubblica.

Il primo momento in cui il privato rappresenta le proprie ragioni è il caso in cui il procedimento inizi su istanza di parte e quindi, a differenza del caso in cui vi sia un’iniziativa di ufficio, il privato fin da subito rappresenta quella che è la propria domanda all’amministrazione, che quindi darà il via sulla base di questa istanza ad un procedimento.

Nel momento in cui viene presentata istanza di parte, sulla base di un verbale, accertamento, delibera o altro, parte il procedimento amministrativo e il primo atto che il responsabile del procedimento è tenuto ad adottare è la comunicazione di avvio del procedimento. La comunicazione viene spedita per raccomandata o notificata per messo comunale salvo che i

27 M. Asprone, S. Martini, Il responsabile del procedimento amministrativo: l’istruttoria e i profili di responsabilità, 2010, < www.diritto.it>

soggetti coinvolti siano un numero particolarmente elevato, in questo caso saranno utilizzati altri mezzi di pubblicità come il sito web, Gazzetta o bollettini ufficiali.

Questa comunicazione deve essere inviata:

 ai soggetti nei confronti dei quali è destinata a produrre i suoi effetti che sono parti necessarie del procedimento;

 a tutti quei soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento, quindi vengono coinvolti tutti quei soggetti che in quell’ambito sarebbero chiamati ad emettere il loro parere più o meno vincolante a seconda dei casi;

 ad altri soggetti facilmente individuabili che possono in qualche modo avere un interesse al procedimento o meglio che possono ‘subire un pregiudizio’ dal procedimento (soggetti contro-interessati). In questi casi la giurisprudenza ha comunque reputato che non vi sia alcun obbligo.

In ogni caso, i soggetti che devono essere informati sono quelli che hanno il potere di intervenire sul procedimento, elencati all’art. 9 della Legge sul Procedimento: “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento”. Si prevede quindi che la facoltà di intervenire spetti non solo ai privati ma eventualmente anche ad associazioni di categoria che rappresentino interessi nel procedimento, o altre amministrazioni, che potrebbero avere un interesse in conflitto. Si tratta chiaramente di parti eventuali del procedimento e non necessarie. Le parti necessarie del procedimento sono invece le amministrazioni direttamente coinvolte e il soggetto destinatario.

La comunicazione del procedimento deve avere i seguenti contenuti obbligatori ai sensi dell’articolo 8:

 Amministrazione competente  Responsabile del procedimento  Oggetto del procedimento

 Data entro la quale deve concludersi il procedimento (30 giorni di base che possono essere prorogati fino a 180, a seconda dei regolamenti interni delle singole amministrazioni)

 Unità organizzativa responsabile

 Rimedi in caso di inerzia della Pubblica Amministrazione: qualora decorso il termine, l’amministrazione non abbia ancora adottato il provvedimento finale, vi si dice che, salvi i casi di silenzio-assenso, è possibile ricorrere al TAR e fare ordinare al giudice del comune di intervenire e adottare il provvedimento finale.

 Ufficio nel quale si può prendere visione degli atti

 Deposito delle memorie: è ammissibile solo nel caso in cui si tratti di un procedimento iniziato d’ufficio. Viene indicato un termine a discrezione dell’amministrazione, poiché non disciplinato dalla legge sul procedimento, entro il quale potranno essere presentate delle memorie e potrà essere estratta copia dei documenti.

L’omissione della Comunicazione consente al soggetto che ne ha interesse di far vale tale omissione, richiedendo l’annullabilità dell’atto amministrativo (Art 21 octies). Tuttavia se l’amministrazione è in grado di dimostrare che l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non ha comunque inficiato sul contenuto del provvedimento, il quale non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato allora il provvedimento non sarà annullabile.

Vi sono poi fattispecie nelle quali la comunicazione può essere omessa poiché espressamente previsto dalla legge:

 Casi di Ordinanza Contingibile urgente (Art 50 e 54 Testo Unico Enti Locali): cioè il caso in cui l’Amministrazione ha esigenza di particolare urgenza nell’adottare provvedimenti cautelari.

 Casi disciplinati dall’art 13 della Legge del Procedimento: atti in cui è escluso tutto l’istituto di partecipazione. Sono gli atti normativi, atti generali, atti di pianificazione e programmazione.

 Atti eterogenei e di larga diffusione per cui sarebbe complicato inviare la Comunicazione a soggetti non individuati o di numero ingente.

La legge n. 241/1990 ha introdotto anche l’obbligo di motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi (ad eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale) regolandolo all’articolo 3 ed asserendolo come regola generale. Prima di tale norma infatti, la motivazione era prevista solo nei casi previsti dalla legge o in ragione della natura

dell’atto e nessuna norma prevedeva per l’amministrazione di motivare i propri provvedimenti.

La motivazione dell’atto amministrativo ha come la funzione quella di rendere palesi le ragioni che hanno indotto l’amministrazione ad adottare il provvedimento al fine di consentire il successivo ed eventuale sindacato di legittimità da parte del Giudice Amministrativo28. Secondo l’orientamento del Consiglio di Stato: “la motivazione del

provvedimento amministrativo ha lo scopo di consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un determinato provvedimento, controllando, quindi, il corretto esercizio del potere ad essa conferito dalla legge e facendo valere eventualmente nelle opportune sedi, giustiziali o giurisdizionali, le proprie ragioni”. A livello costituzionale l’obbligo di motivazione è regolato dall’articolo art. 113 e dall’art. 97 della Costituzione i quali prevedono che l’attività amministrativa debba essere informata e finalizzata all’imparzialità e al buon andamento. La motivazione, dunque, si pone come un’estrinsecazione propria del principio di buon andamento e dei suoi corollari, quali il principio di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.29

La giurisprudenza ritiene che la motivazione serva a rendere chiaro e di facile comprensione il percorso logico che la Pubblica Amministrazione ha seguito per prendere una decisione di tipo discrezionale dando indicazione delle norme alle quali si è rifatta nell’assumere la decisione e i presupposti sui quali si è basata. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 944/2010 ha stabilito che l’obbligo di motivazione in un provvedimento amministrativo è assolto anche nel caso in cui la motivazione sia ricavabile da atti, pareri, valutazioni tecniche che attengono alle varie fasi del procedimento e che vengono citate nelle motivazione e resi disponibili. L’assenza di motivazione o la carenza di motivazione hanno delle conseguenze diverse. La motivazione è un elemento essenziale del provvedimento finale; di conseguenza ai sensi dell’articolo 21 septies del capo IV che enuncia: “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali(…)” un provvedimento privo di

28 C. Franchini, M. Lucca, T. Tessaro, Il nuovo procedimento amministrativo, Maggioli Editore, 2005 e Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4907, in www.altalex.com,

29 I. Rossi, La motivazione del provvedimento amministrativo: evoluzione storica dell’istituto, sua disciplina positiva e possibilità di integrazione postuma, 2018, < www.diritto.it>.

motivazione è nullo. La fattispecie di motivazione carente rientra invece nella violazione di legge per la quale l’articolo 21 octies prevede l’annullabilità del provvedimento.

La legge n. 241/1990 pone inoltre fine ad un dibattito tra dottrina e giurisprudenza con riguardo alla possibilità di stipulare un contratto di diritto pubblico tra Pubblica Amministrazione e cittadini. In passato infatti si riteneva inammissibile la stipula di un negozio giuridico tra le parti, perché queste si trovavano su posizioni qualitativamente diverse e quindi non erano legittimate ad usare strumenti del diritto privato30. Con

l’emanazione della legge n. 241/1990 viene data la possibilità alle pubbliche amministrazioni di stipulare accordi tra loro per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, oppure di stipulare accordi con privati cittadini. Tali accordi sono regolati all’articolo 11 e 15 delle legge n. 241/1990.

2.4

Legge Bassanini n. 59/1997: “Federalismo a Costituzione invariata” e