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Gli accordi di ristrutturazione ex art 182septies e le ―convenzioni d

I. Fase crepuscolare ed emersione della crisi: l’assetto normativo attuale

11. Gli accordi di ristrutturazione ex art 182septies e le ―convenzioni d

Il d.l. n.83/2015134, sulla scia della tendenza alla cd. privatizzazione nella gestione della crisi di impresa, introduce nello schema della legge fallimentare un ulteriore strumento negoziale per la risoluzione anticipata della crisi135. Sin dalla sua entrata

133 Vedi par. 6, in particolare c) Crisi conclamata, reversibile - fase straordinaria; d)

Insolvenza reversibile - fase straordinaria).

134 recante ―Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di

organizzazione e funzione dell'amministrazione giudiziaria‖ — convertito in legge con l. 6

agosto 2015, n. 132

135

Per la definizione di questo istituto, si veda il documento ―Accordo di ristrutturazione

con intermediari finanziari e convenzione di moratoria‖, elaborato dal CNDCEC. All’art. 1

(1.1.1.) si legge che tale istituto ―integra la disciplina ordinaria prevista dall'art. 182-bis

l.fall. per gli accordi di ristrutturazione dei debiti e introduce un accordo specificamente destinato alla ristrutturazione dei debiti con banche e con intermediari finanziari”.

Tuttavia, a differenza dell’accordo di ristrutturazione standard, esso ―consente al debitore

di chiedere che gli effetti dell'accordo concluso con specifiche categorie di creditori vengano estesi ai creditori finanziari non aderenti appartenenti alla medesima categoria” (1.1.2.)

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in vigore, la dottrina136 ha evidenziato le implicazioni positive della marcata tendenza alla valorizzazione degli istituti negoziali137 (duttilità nell’adattarsi al caso concreto, riduzione dei costi, ma soprattutto garanzia di riservatezza rispetto al pubblico), peraltro spesso oggetto di interpolazioni attraverso la decretazione d’urgenza. La codificazione degli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e delle convenzioni di moratoria nel testo della legge fallimentare (art. 182septies L.F.), riproduce una tecnica di interlocuzione tra debitore e creditori finanziari già diffusa nella prassi, ma sino al d.l. 83/2015 ostacolata dall’operatività della res inter alios acta di diritto comune (art. 1372 co. 2, art 1411 c.c.) e dunque dalla necessaria unanimità dei consensi da parte dei creditori138. L’estensione dell’efficacia dell’accordo anche ai creditori dissenzienti – cd. meccanismo di cram

down139 – svolge un ruolo di collettore e sostenitore di interessi prevalenti e più consistenti, tali da giustificare il richiamo e la deroga alla normativa civilistica. L’architettura degli accordi condivide con la ristrutturazione dell’art. 182bis la presenza di una fase stragiudiziale puramente negoziale, ed una fase di

136 C. PASQUARIELLO, Le convenzioni di moratoria: una “tregua” per risolvere la crisi,

Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.2, 1 APRILE 2018, pag. 235. Citando l’A., […]Nonostante le perplessità doverosamente avanzate, pare senz'altro condivisibile la

scelta che il legislatore ha da tempo compiuto in favore delle soluzioni extragiudiziarie della crisi, in questo collocando il paradigma contrattuale funzionalmente al centro della soluzione dell'insolvenza, come strumento che permette di gestire al meglio la contrapposizione tra interesse dell'imprenditore in crisi e interesse del creditore.

137 Esistono tuttavia due linee interpretative circa la natura di questi accordi: l’una

conferisce maggiore importanza all’aspetto pubblicistico e li identifica come una forma semplificata di concordato preventivo (tra tutti, Valensise). L’altra, ne ricostruisce i caratteri valorizzandone la natura contrattuale ed esclusivamente negoziale, quale species degli accordi di ristrututrazione ex art 182bis.

138 Non si tratta invero del primo istituto volto alla valorizzazione dei paradigmi negoziali

nella risoluzione della crisi nel contesto delle legislazioni europee: già la sauvegarde

financière accélérée ( L. 628-1 e L. 628-7 Code de Commerce) di diritto francese permette

di rendere obbligatorio anche per i creditori finanziari dissenzienti, l’accordo raggiunto con i creditori aderenti (accord de conciliation). Su questo punto anche BRIZZI in op. cit. e LUCIANO in op. cit. pag. 5. Rientra tra le discipline ispiratrici anche lo scheme of

arrangement d’oltremanica, previsto nella Section 895 del Companies Act (2006). Come è

evidente, il legislatore nazionale ha in questo modo provveduto ad armonizzare la previsione fallimentare alle spinte europeistiche verso la ristrutturazione con meccanismo di cram down (Raccomandazione 135/2014) coinvolgente una percentuale consistente di creditori comunque non superiore nel minimo al 75%.

139 Integrato dal cd. cross-class cram down, riferito all’estensione degli effetti nei confronti

dei creditori dissenzienti appartenenti ad una determinata classe, rappresentante di interessi omogenei, in cui i creditori possono essere legittimamente suddivisi. (art. 182septies comma 2, L.F.). Bisogna precisare che il meccanismo di cram down è operante allorché tutti i creditori della categoria siano stati informati delle trattative e messi in condizioni di parteciparvi in buona fede, nonché che i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il 75% dei crediti di categoria.

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coinvolgimento del Tribunale per il giudizio di omologazione. Quanto invece al presupposto oggettivo di applicazione, mancando evidentemente il requisito dello

stato di insolvenza e risolvendosi nella mera presenza di un certo livello

dell’esposizione debitoria complessiva140

e dello stato di crisi, esso comporta l’effetto indiretto di anticipare notevolmente il momento dell’intervento. In quanto essenzialmente negoziale – dunque presumibilmente più tempestivo, perché sciolto da procedimentalizzazioni – ed in quanto destinato ad operare entro il periodo vischioso che precede l’insolvenza, esso rientra a pieno tra gli strumenti idonei ad anticipare ed evitare il rischio dell’irreversibilità riferito alla crisi. E fuori dal caso in cui l’impresa non versi già in stato di decozione, è evidente che addivenire a qualsivoglia accordo con la classe creditoria debba necessariamente scontrarsi con istituti bancari ed intermediari finanziari, coprotagonisti con l’imprenditore- debitore delle operazioni effettuate sul mercato. Ciò detto, è infine opportuno riassumere i due fattori di maggiore convenienza nel ricorso allo strumento in analisi: il primo si esaurisce nell’impegno di realizzare il turnaround attraverso un meccanismo negoziale che crea intanto un dialogo con la parte più consistente dei creditori, realizzando uno scambio tempestivo, duttile e rispondente ad un principio di economicità. Il secondo, si identifica nella fase giudiziale di omologazione, la quale attraverso un meccanismo extranegoziale141 non fa che portare a compimento un processo già perfezionato con il deposito dell’accordo presso il Tribunale e presso il Registro delle imprese, forzando la mano dei creditori di minoranza142 per realizzare un migliore rendimento della procedura (sia in termini di recupero del valore residuo, sia in termini di accelerazione dei tempi di conclusione).

Per ciò che concerne le cd. convenzioni di moratoria, introdotte nel contesto del medesimo intervento di riforma degli istituti di negoziazione della crisi, – art. 9 d.l.

140

In particolare, il legislatore richiede che l’impresa abbia debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo.

141 L’omologazione può avvenire solo al ricorrere di alcune condizioni: il giudice dovrà

verificare che le trattative siano state condotte in buona fede e che i creditori estranei all’accordo e verso i quali il giudice estenderà gli effetti dello stesso siano portatori di interessi omogenei rispetto agli aderenti. È inoltre necessario che i non aderenti abbiano ricevuto informazioni aggiornate sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, siano stati messi in condizioni di partecipare alle trattative; infine, dovranno risultare soddisfatti dall’accordo in misura non inferiore alle alternative concretamente praticabili.

142 Purtuttavia appartenenti alla medesima categoria, fattore che renderebbe tali creditori

estranei, ―più estranei di altri‖. Su questo punto discorre P. VALENSISE in La nuova mini-

riforma della legge fallimentare, a cura di M. Sandulli e G. D’Attorre, Giappichelli, Torino,

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83/2015 – esse consistono nella provvisoria sistemazione della crisi attraverso il raggiungimento di un accordo con gli esponenti del ceto creditorio bancario e finanziario. La riproduzione, in concorrenza di talune condizioni143, del meccanismo di cram down in deroga ai già richiamati artt. 1372 e 1411 c.c. anche alla moratoria temporanea dei crediti raggiunta attraverso la stipula della convenzione, accosta quest’ultima agli accordi di cui al primo comma. Se tuttavia, tra le disposizioni dedicate alla ristrutturazione dei debiti intercorre un rapporto di

genus a species, l’istituto dell’art.182septies, comma 5, L.F., si mostra invece

evidentemente connotato da autonomia. Sin dal palese obiettivo di realizzare una

moratoria temporanea dei crediti, la convenzione offrirebbe un lasso di tempo utile

ad addivenire ad una successiva e definitiva proposta di accordo per la sistemazione vera e propria dei rapporti con i creditori144. Da una mera interpretazione letterale del sintagma scelto dal legislatore, si coglie dunque una diversa ratio145 dell’istituto: offrire un meccanismo di dilazione temporale anticipatoria e preparatoria al successivo – e auspicabilmente più consapevole – confronto con i creditori. Una parentesi, dunque, concessa in chiave negoziale e confidenziale, utile a ponderare una strategia occorrente a garantire l’adempimento

143

Testualmente, art. 182septies, comma 5, L.F.: […] se questi siano stati informati

dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti l'omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria.

144

Si legge, nel documento citato in nt. 135, che La convenzione di moratoria ha la sola

finalità di stabilizzare per un determinato periodo i rapporti con i creditori finanziari dell’impresa ed ha, pertanto, efficacia limitata nel tempo. 1.2.2. La convenzione di moratoria non è necessariamente collegata ad altri istituti regolati dalla legge fallimentare. Essa può essere infatti utilizzata come singolo e temporaneo strumento di risanamento, ovvero essere funzionale e prodromica a: a. un piano attestato di risanamento, regolato dall’art. 67, terzo comma, lett. d), l.fall.; b. un accordo di ristrutturazione dei debiti, disciplinato dall’art. 182-bis l.fall.; c. un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, disciplinato dall’art. 182-septies l.fall.; d. un concordato preventivo con continuità aziendale, diretta o indiretta; e. un concordato preventivo liquidatorio.

145

M. AIELLO, La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di regolazione

provvisoria della crisi, Crisi d’impresa e Fallimento, maggio 2016, www.ilcaso.it. –

individua la ratio dell’istituto nel favorire la soluzione della crisi consentendo l’estensione

soggettiva ultra vires degli effetti derivanti da un negozio il cui contenuto è stato determinato dal debitore e da alcuni soltanto degli intermediari finanziari (che rappresentino il 75% dei crediti della categoria). Un’imposizione a terzi di regole generate dall’autonomia privata allo scopo di tutelare interessi di rango generale. La disciplina

delle convenzioni impedisce dunque ai creditori dissenzienti di ostacolare le negoziazioni, condannando infine l’impresa ad una procedura concorsuale in senso stretto.

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futuro o la soluzione più opportuna alla crisi146. Accanto alla funzione interinale di sospensione autorizzata dei pagamenti e valevole anche per i debiti già scaduti, lo

standstill agreement impone altresì ai creditori il divieto di intraprendere azioni di

recupero sul patrimonio del debitore147, autorizzando al tempo stesso di mantenere i rapporti con i finanziatori148. L’idoneità delle convenzioni di moratoria a procurare al debitore le condizioni necessarie a consentire una stabilizzazione degli equilibri di breve termine produce anche l’effetto di anticipare ed evitare l’irreversibilità della crisi, in ciò non differendo dagli altri istituti che corredano la legge fallimentare. Tuttavia, a differenza di questi ultimi, le convenzioni paiono, tra i tanti, lo strumento più idoneo al riequilibrio della posizione finanziaria del debitore anche a fronte di crisi di lieve entità, in cui cioè magari l’impresa attraversi una temporanea quanto fisiologica crisi di liquidità, assorbibile nel breve periodo. Prescindendo da ulteriori riflessioni in merito alla disciplina positiva delle species di accordi e delle convenzioni, si registra nel diritto della crisi di impresa una naturale convergenza verso strumenti di ristrutturazione più sofisticati e di agevolazione alla negoziazione privata. Riprendendo i contenuti della Proposta di Direttiva della Commissione UE – eloquente sulle recentissime tendenze proprio in materia di soluzioni alla crisi di impresa – pare utile discutere sulla convergenza verso due linee direttrici, già ricordate: early warning e ristrutturazione preventiva. Combinando due istituti apparentemente dissimili, il legislatore europeo sembrerebbe pensare ad un nuovo modello di diritto della crisi, fondato sul binomio prevenzione-ristrutturazione ed in cui quest’ultima ne esce rivisitata. Da

146 Cit. PASQUARIELLO in op. cit. nt. 132. L’A. offre una precisa interpretazione della

funzione dell’istituto, testualmente […] non una estinzione che esaurisca il

soddisfacimento dei creditori vincolati, ma un'intesa interinale, tendenzialmente prodromica all'instaurazione della trattativa sui termini e le coordinate della manovra definitiva. Soffermandosi sulla natura delle convenzioni, offre di seguito una breve

riflessione sulla differenza intercorrente tra questo istituto e il pactum de non petendo. Le convenzioni di moratoria difatti, pur essendo costituite dal nucleo di inesigibilità del patto

di non chiedere, rivestono anche una funzione protettiva rispetto alle eventuali aggressioni

dei creditori, durante il tempo necessario al debitore all’elaborazione di una soluzione alla crisi. Secondo tale ricostruzione dunque, le convenzioni preserverebbero il principio di continuità aziendale.

147 M. AIELLO in op. cit.

148 Interessante a questo proposito, l’accostamento delle convenzioni di moratoria al

concordato cd. in bianco, sostenuta da AIELLO in op. cit nt. 140: ―In questo senso la

convenzione di moratoria sembra potersi accostare – pur al cospetto di profonde differenze – al ricorso di cui all’art. 182-bis, 6° comma, l. fall. e a quello per concordato preventivo “in bianco”, atteso che, al pari di queste iniziative, essa mira a consentire all’impresa di guadagnare il tempo necessario per predisporre una compiuta risposta alla situazione di difficoltà”.

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mera procedura alternativa di ultima istanza prima della dichiarazione di fallimento (complice l’anacronismo dell’impianto della legge fallimentare), la ristrutturazione sarebbe così collocata entro un nuovo regime unitario in cui essa è resa disponibile sul presupposto oggettivo di una mera probabilità di futura insolvenza (Considerando n. 18). Dell’impianto recentemente elaborato dalla Commissione Rordorf (CCI) ed in questo senso del ripensamento degli istituti negoziali di risoluzione della crisi nell’ottica condivisa con il legislatore europeo, si dirà successivamente.