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I. Fase crepuscolare ed emersione della crisi: l’assetto normativo attuale

12. Il concordato preventivo ex art 160 L.F

Per il modo in cui è congegnato, il concordato preventivo rivela una ratio parzialmente differente dagli altri istituti di risoluzione negoziale della crisi previsti nella legge fallimentare. Agli istituti di tipo concordatario – artt. 160, 186bis L.F. – appartiene un essenziale carattere di concorsualità, cosicché la sua attuale struttura normativa è congegnata in modo tale da affidare l’esito della procedura al vaglio dell’autorità giudiziaria149

. La proposta di concordato150 – da parte dell’imprenditore che si trovi in stato di crisi reversibile od irreversibile – si articola su un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi

di adempimento della proposta (art. 161, comma 2, lettera e), anche attraverso la

suddivisione dei creditori in classi omogenee151. L’approvazione della proposta

149 L’accordo potrà infatti produrre i suoi effetti solo successivamente all’omologazione da

parte del Tribunale, il quale assume un ruolo preminente nelle fasi di svolgimento che la contraddistinguono.

150 Anch’essa destinataria dell’attestazione di veridicità dei dati aziendali e di fattibilità del

piano ad opera di un professionista in possesso dei requisiti prescritti dall’art. 67, comma 3, lettera d). Trattandosi di una procedura concorsuale a tutti gli effetti, si rende necessario un decreto di apertura della procedura ad opera del Tribunale, con il quale l’Autorità giudiziaria altresì: procede alla nomina di un giudice delegato e di un commissario giudiziale; stabilisce un termine per la convocazione dei creditori, entro trenta giorni dal provvedimento; fissa un termine (non superiore a 15 giorni) entro il quale il ricorrente dovrà procedere al deposito di una somma forfettaria a sostegno delle spese procedurali. Tra gli effetti derivanti dal deposito della domanda di ammissione al concordato (e perdurante sino all’omologazione) vi è la inoperatività delle regole sulla riduzione del capitale sociale per perdite (2446 ss c.c.), nonché della causa di scioglimento della società di cui all’art. 2484 n. 4 c.c.

151 Circa la legittimazione del debitore di ammettere i creditori all’interno dell’una o

dell’altra classe, nonché della stessa giustificazione delle classi rispetto al principio della

par condicio creditorum ( derogabile solo dalle cause legittime di prelazione previste ex lege), la dottrina ha riscontrato una ratio nella tutela della collettività dei creditori

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avviene con il consenso del ceto creditorio collettivamente inteso, da manifestarsi sotto la guida del principio di maggioranza152. L’adunanza dei creditori – presieduta dal giudice delegato – di discussione e votazione con le relative maggioranze153 è tuttavia successiva alla verifica da parte del Tribunale che la proposta sia conforme alla legge; se necessario, il Tribunale assegna un termine per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

Il decreto di apertura della procedura di concordato non importa lo spossessamento, cosicché il debitore conserva la propria facoltà di esercizio dell’impresa, purché non esuli dal compimento degli atti di ordinaria amministrazione, compiuti sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

L’art 160 L.F. permette al debitore di imprimere al concordato il contenuto ritenuto maggiormente idoneo alla risoluzione della crisi154, potendo tale strumento perseguire alternativamente una finalità liquidatoria (art. 182 L.F.) ovvero di

risanamento (cd. concordato con continuità aziendale ex art. 186bis L.F., aggiunto

con l. 134/2012). In questo secondo caso, i creditori beneficiano del plusvalore derivante dai flussi di cassa generati dalla continuazione dell’attività. L’incentivo alle soluzioni concordatarie che implicano la continuità aziendale (preservazione del cd. going concern value) piuttosto che la liquidazione, è anche giustificato dal ruolo da esse rivestito nell’emersione anticipata della crisi. Il fattore del

complessivamente intesa. Si comprende come l’istituto del concordato, ancorché procedimentalizzato, è pur sempre frutto della medesima tendenza alla risoluzione della crisi (e specialmente in questo caso, all’evitare l’insolvenza) in senso negoziale.

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M. FABIANI in op. cit. nt. 41 individua nel concordato uno schema di contratto bilaterale in cui il consenso è manifestato in modo asimmetrico: da un lato il debitore, dall’altro i creditori rappresentanti di un’unica parte negoziale complessa.

153 Art. 177, comma 1, L.F. Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la

maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi.

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Testualmente: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso

qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito; b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. Il concordato permette in sostanza di ristrutturare i debiti e soddisfare le

pretese dei creditori attraverso diverse modalità (pagamento di somme di denaro, cessione di azioni, cessione di beni), purché sia assicurato il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari.

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mantenimento in bonis offerto dagli strumenti di risoluzione negoziale esorta così il debitore a non attendere la decozione per presentare la propria domanda.

Ai fini della lettura sistematica sotto l’angolo visuale dell’utilità preventiva dello strumentario attuale ed aldilà dei risvolti procedimentali, è opportuno soffermarsi sul presupposto oggettivo di ammissione al concordato.

La dottrina155 spiega come la sua natura preventiva consistesse sino a tempi recenti in un quid che trascende rispetto ai fini della prevenzione sino a questo punto intesa. Conclusasi la stagione del concordato quale mezzo alternativo alla dichiarazione di fallimento – e dunque a carattere preventivo nel senso di ammissibile non oltre il momento della dichiarazione di cui all’art. 16 L.F. – il concordato si incardina tra gli strumenti di risoluzione della crisi o dell’insolvenza. Sul punto, la precisazione dell’art. 160, comma 3, L.F., per la quale ―per stato di

crisi si intende anche lo stato di insolvenza‖ identifica un presupposto oggettivo di

ammissione ad ampio raggio, oltre che carico di implicazioni. Lo stato di insolvenza – sino a questo punto tenuta accuratamente distinta dallo stato di crisi – si qualificherebbe quale species di un unico genus. La tipologia di crisi – ivi compresa l’insolvenza – che l’impresa attraversa, sarà utile dunque a determinare il contenuto concreto della proposta di concordato. Una ricostruzione che tuttavia portasse ad equiparare le due nozioni, se non limitatamente ai fini perseguiti dalla disposizione in analisi, non sarebbe invero condivisibile156. La natura della crisi quale insolvenza potenziale, o probabilità di futura insolvenza – nozione, peraltro, assente nella legge attuale ma presente nel codice elaborato dalla Commissione Rordorf – impedisce la totale identificazione con l’insolvenza in senso stretto, la quale risulta definita in senso negativo rispetto allo stato di crisi157. Non manca la

155 Tra tutti, M. FABIANI in op. cit nt. 41, pag. 471, il quale rileva una conseguenza

ulteriore al carattere di concorsualità dell’istituto, cioè a dire l’apertura di un concorso

concordatario che mira anzitutto alla soddisfazione dei creditori, combinando il principio di continuità aziendale con le regole della liquidazione espropriativa.

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A.M. AZZARO in op. cit. ma anche G. TERRANOVA in Diritti soggettivi e attività d’impresa nelle procedure concorsuali, Giurisprudenza Commerciale, fasc.5, 1 OTTOBRE 2017, pag. 669

157 A.M. AZZARO in op. cit. riassume a pieno il concetto appena esposto: “si può ritenere

che proprio con il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 160, l fall., il concetto di crisi trovi una definizione in senso giuridico, quale condizione che comprende tutte le possibili, e diverse, situazioni di squilibrio economico-finanziario dell’impresa che arrivano sino all’insolvenza “imminente”, distinguendosi in tal modo, sia da essa,come detto, – che costituendone il limite estremo ne fa parte, ma non esaurisce il più ampio

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dottrina che ha rilevato, nell’apertura dello strumento concordatario anche alle imprese già decotte, un depotenziamento della funzione anticipatoria – derivante dalla perdita di quello slancio a ricorrere tempestivamente ad esso – inizialmente rivestita dall’istituto158

. Seguendo tale linea ricostruttiva, si rileva nel sistema così congegnato una inevitabile incoerenza interna: l’ammissione delle imprese già insolventi alle soluzioni di tipo negoziale entra in rotta di collisione con le finalità di anticipazione e prevenzione perseguite dal legislatore europeo e nazionale anche in tempi recenti. Già il considerando n. 1 della Raccomandazione 2014/135/UE destina alle sole imprese sane in difficoltà finanziaria l’accesso alle procedure a carattere preventivo; così anche il considerando n. 17 della recente Proposta di Direttiva della Commissione, secondo il quale: Il quadro di ristrutturazione

dovrebbe essere disponibile prima che il debitore sia insolvente ai sensi del diritto nazionale, ossia prima che soddisfi le condizioni per avviare una procedura concorsuale per insolvenza […]. Considerata l’eterogeneità di forme che esso può

assumere, il concordato è uno strumento particolarmente adatto alla soluzione di una crisi, che non può dunque rischiare di vedere così affievolito il suo potenziale anticipatorio.

In tale direzione si è mossa la l. 134/2012, attraverso l’introduzione dell’art. 161, commi da 6 a 10 L.F, con i quali il legislatore ha dotato il debitore della facoltà di presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art 182bis L.F. o una domanda di concordato riservandosi di depositare la proposta, il piano e la documentazione in un momento successivo – entro un termine fissato dal giudice e indicato al comma 6 – (cd. concordato con riserva o concordato in bianco). La proposta con riserva permette al debitore di guadagnare il tempo necessario all’elaborazione di un piano idoneo al risanamento dell’impresa, beneficiando

medio tempore della protezione riservata dall’art 168 L.F. (divieto di iniziare o

proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore; cristallizzazione del passivo, dalla data di pubblicazione del ricorso e fino all’omologazione del piano). Per questi motivi, ma anche per la libertà dei contenuti tipica dello strumento, il concordato con riserva parrebbe, accanto al concordato con continuità aziendale di cui all’art 186bis, lo strumento più idoneo a garantire l’emersione della crisi in fase anticipata. Tale efficacia si lega in particolare alla

contenuto del concetto –, sia dall’insolvenza irreversibile, che si pone invece fuori da essa.”

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combinazione di qualità positive riassumibili in questo istituto: oltre all’opportunità di beneficiare degli effetti dell’apertura della procedura (art. 168 L.F.), il debitore ottiene un notevole guadagno di tempo necessario alla ponderazione di una proposta aderente alla tipologia di crisi in corso, godendo al tempo della flessibilità nei contenuti tipica dello strumento concordatario. A differenza delle soluzioni puramente privatistiche, l’impresa è altresì incentivata, sotto la vigilanza dell’Autorità giudiziaria, a compiere scelte prudenti – specialmente nell’intervallo di tempo decorrente dal deposito della domanda – onde evitare l’altrimenti inevitabile conseguenza della dichiarazione di fallimento159.

L’elaborazione di uno strumentario dall’architettura così complessa – da ultimo arricchita dalla recente disciplina in materia di proposte concorrenti160 – rappresenterebbe, secondo una parte della dottrina, la principale ragione della mancata introduzione delle procedure di allerta all’interno del codice.