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L’accresciuta necessità di una forte specializzazione per la cognizione delle

Un’ulteriore ragione di consolidamento, nei Paesi europei, di questa nuova robusta figura di giudice amministrativo specializzato e “ordinario” è, a mio avviso, individuabile nell’esigenza di una forte, maggiore che in passato, specializzazione nella cognizione delle controversie tra privato e pubblica amministrazione, da risolvere, a differenza che in passato, con poteri di “piena giurisdizione”. E ciò non soltanto per il notevole aumento delle occasioni di “contatto” e per l’estrema varietà di rapporti tra cittadino e amministrazione, dovuti, come ricordato, all’espandersi degli ambiti e al diversificarsi delle forme di azione della pubblica amministrazione, ma anche e soprattutto per il progressivo “tecnicizzarsi” delle modalità di quest’azione, il quale richiede un sindacato giurisdizionale oltremodo specializzato che solo un giudice speciale o ordinario altamente specializzato è in grado di assicurare.

L’argomento che giustifica l’esistenza di un giudice speciale amministrativo sulla base dell’esigenza di opportunità tecnica e cioè «che le liti contro la pubblica amministrazione siano decise da un giudice tecnicamente più idoneo, per specializzata preparazione, a comprenderle e risolverle»57 è, com’è noto, tutt’altro che nuovo58

. E tuttavia mi pare di poter osservare che nel contesto attuale esso assuma nuova linfa.

Parlando della crisi del principio di legalità, si è notato come la legge si esprima sempre più spesso con programmi di scopo e regole di principio, lasciando all’atto amministrativo margini di discrezionalità assai più ampi che in passato.

Si deve ora aggiungere che questa retrocessione della legge non produce soltanto l’avanzamento dello spazio della discrezionalità amministrativa, ma anche l’ampliamento dell’area delle valutazioni tecniche che, a ben vedere, razionalizzano e quindi restringono la libertà di scelta di mezzi e modi di cura dell’interesse pubblico.

Infatti, nell’era attuale del dominio della scienza59

, della tecnica e della specializzazione, molte scelte amministrative finalizzate al raggiungimento del risultato sono pervase dalla tecnica, la valutazione ponderativa degli interessi è sempre più “tecnicizzata”, è il frutto di apprezzamenti fondati sull’utilizzo di cognizioni specialistiche, e il piano dell’opinabilità e il piano dell’opportunità finiscono per contaminarsi reciprocamente60.

Da un lato, gli atti amministrativi sono spesso espressione di “discrezionalità tecnica”, perché emanati all’esito di valutazioni tecniche con le quali, in sede

57 Così NIGRO, Giustizia amministrativa, cit., 23.

58 Come abbiamo visto alla nota n. 6, vi aveva fatto riferimento, tra gli altri, più di un secolo fa, CAMMEO.

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Da intendersi non come “scienza esatta” o “deterministica”, ma, in senso epistemologico o gnoseologico, come “disciplina”, come “branca del sapere”.

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istruttoria, sono stati accertati fatti complessi conoscibili soltanto mediante l’utilizzo di scienze non esatte.

Dall’altro lato, però, e in più, capita anche - sempre più spesso - che la “discrezionalità volitiva” e la “discrezionalità cognitiva” si fondano tra loro, originando la c.d. “discrezionalità mista”, perché all’acquisizione di fatti complessi, in sede istruttoria, mediante l’utilizzo di cognizioni tratte da scienze non deterministiche e caratterizzate da un certo margine di opinabilità, si accompagna, in fase decisoria, non già una determinazione vincolata, bensì la scelta discrezionale del provvedimento ritenuto più adeguato; e questi due momenti, ancorché logicamente separati, sono spesso talmente intrecciati tra loro, da essere, il più delle volte, di fatto, indistinguibili.

Si pensi, ad esempio, alla materia della pianificazione urbanistica e territoriale. Stabilire la cubatura da riservare all’edilizia abitativa nelle diverse zone e l’estensione delle aree da destinare all’industria e al commercio, all’agricoltura, al verde, e determinare dove, quali e quante opere costruire di urbanizzazione primaria (strade e piazze, fognature e rete di fornitura dei servizi pubblici essenziali) e di urbanizzazione secondaria (scuole, ospedali, chiese, giardini pubblici, mercati, edifici pubblici, etc.), è esercizio di valutazione ponderativa di interessi pubblici, collettivi e privati, che viene compiuta sulla scorta di calcoli ingegneristici, di valutazioni geologiche, di programmazioni architettoniche, di piani sanitari, di prospettive industriali e che si basa su proiezioni demografiche, statistiche ed economiche dei lustri successivi; domina, insomma, il ricorso all’utilizzo delle scienze non esatte. Ma gli amministratori locali possono discrezionalmente scegliere a quale, tra i diversi dati tecnici acquisibili e acquisiti, attribuire maggior peso. Le scelte urbanistiche e territoriali determinate dalle suddette valutazioni tecniche possono essere, nell’arco di un’ampia gamma di opzioni percorribili, le più diverse; possono essere pure effettuate per stimolare la crescita economica di un determinato insediamento o per favorire lo spopolamento o il popolamento di una certa zona, e cioè per agire con effetto causale sull’ “economia” e sulla “demografia”; possono (o, meglio, dovrebbero) essere orientate da obiettivi di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Scelte amministrative e valutazioni tecniche, discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica sono nella realtà della pianificazione urbanistica e territoriale di tutti i Paesi talmente mescolate ed amalgamate, da essere di fatto inseparabili e indistinguibili.

O si pensi ancora al modello delle Authorities che, pur caratterizzate da una forte expertise, operano non solo sulla base di cognizioni specialistiche tratte da scienze non deterministiche, ma spesso esercitando poteri di vera e propria discrezionalità amministrativa.

Ad esempio, come ricorda un’autorevole dottrina con riferimento all’esperienza italiana, ma con una riflessione che a me sembra valere anche fuori dei nostri confini nazionali, «le valutazioni che la legge affida all'Autorità antitrust sulle intese o sulle operazioni di concentrazione escludono che la legge sia in grado di prefigurare comportamenti intrinsecamente anticompetitivi ed implicano che l'Autorità operi una valutazione prognostica

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sulla compatibilità di una determinata condotta con un modello di mercato che lo stesso organismo contribuisce a definire con i propri provvedimenti. […] La determinazione, affidata all'Autorità garante, del "mercato rilevante", attraverso la fissazione di soglie di mercato o attraverso caratteristiche merceologiche o riferimenti geografici, implica, a ben vedere, un'attività di scelta, e quindi discrezionale, se non addirittura normativa. Senza contare il carattere discrezionale dell'autorizzazione in deroga ex art. 4 l. n. 287 del 1990. Da ciò deriva, come ci ricordano gli stessi economisti, che la politica della concorrenza è diversa nei singoli Paesi e muta nel tempo al loro interno»61.

E, sempre a mo’ di esempio ricavabile dalla disciplina giuridica italiana, discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica si legano assai strettamente pure nella determinazione delle tariffe di gas, energia elettrica ed acqua, da parte della relativa Authority, la quale, con l’obiettivo di tutelare i privati e le imprese utenti senza penalizzare i produttori, e dunque nell’ambito di una valutazione ponderativa degli interessi contrapposti che può avere anche l’obiettivo di rendere più efficiente ed economico il “sistema-Paese”, sceglie discrezionalmente gli indicatori tecnici di riferimento per le deliberazioni tariffarie.

Si deve poi riflettere sulla circostanza che l’odierna consapevolezza della limitatezza delle risorse pubbliche costringe la pubblica amministrazione a rispettare standards di economicità, di efficacia e di efficienza; in particolare, secondo un approccio aziendalista, a massimizzare i suoi “fattori produttivi”. La presa di coscienza, da parte dei cittadini-contribuenti, del diritto a servizi pubblici soddisfacenti introduce negli uffici pubblici l’obbligo di piani di programmazione, di proficua allocazione di risorse, di monitoraggio delle prestazioni e di misurazione e valutazione della performance. L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni viene dovunque sempre più a strutturarsi sulle diverse expertises necessarie (contabili, informatiche, ingegneristiche,

61 Così scrivono F. MERUSI e M. PASSARO, (voce) Autorità indipendenti, in Enc. Dir., agg. VI, 2002, § 17, dopo aver ricordato che «molte delle valutazioni delle autorità indipendenti si muovono in un ambito nel quale non è estranea una scelta che implica ponderazione comparativa di interessi, se non giudizi di valore. Ad esempio, come anzidetto, la Commissione sullo sciopero, specie con la l. n. 83 del 2000, vanta un pervasivo potere di riequilibrio e di mediazione dei rapporti giuridici e degli interessi dei terzi coinvolti nell'esercizio del diritto di sciopero e, in genere, delle asimmetrie esistenti nel mercato del lavoro», per poi aggiungere: «Si pensi infine anche alla vigilanza regolamentare o alla vigilanza ispettiva della Banca d'Italia (art. 53 e 54 d.lg. n. 385 del 1993), che consentono, da un lato, l'emanazione di disposizioni di carattere generale sull'adeguatezza patrimoniale, sul contenimento del rischio, sulle partecipazioni detenibili e sull'organizzazione amministrativa delle banche - disposizioni che possono attribuire poteri di autorizzazione della Banca d'Italia su determinate operazioni - e, dall'altro, l'effettuazione di ispezioni presso le banche e la richiesta di esibizione di documenti e di atti. Tutti questi esempi dimostrano come l'attività di regolazione o di aggiudicazione, quella tipica delle autorità indipendenti, investa sempre un potenziale conflitto tra un interesse pubblico (libertà di sciopero, concorrenza, tutela del risparmio) ed altri interessi pubblici (vita, salute, libertà di circolazione) o privati (quelli propri degli operatori economici, dei consumatori, degli utenti), la cui soluzione o mediazione, in via regolamentare o decisoria, implica necessariamente quella ponderazione comparativa tra gli interessi coinvolti che è il connotato precipuo della discrezionalità amministrativa. In conclusione, sia per la necessità di rendere operative norme costituite in prevalenza da principi, sia per la capacità di mediare i vari interessi pubblici o privati coinvolti nella loro azione, non vi è contraddizione tra l'attività delle autorità indipendenti e la discrezionalità.»

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economiche, statistiche, sanitarie, etc.) e sul riparto di competenze. La società moderna dell’efficienza e delle specializzazioni esige un’amministrazione pubblica specularmente efficiente e specializzata.

Orbene, questo nuovo modo di curare l’interesse pubblico, nel quale diritto e tecnica si toccano, amministrazione e specializzazione si fondono, e opinabilità e opportunità si mescolano, e che nell’odierna era della tecnocrazia contraddistingue non solo le “Autorità amministrative indipendenti”, ma tendenzialmente tutti gli enti pubblici dei Paesi occidentali, andando di pari passo con la richiesta di una sempre maggiore competenza e specializzazione di funzionari e dirigenti amministrativi, impone che la giurisdizione amministrativa, ai fini del controllo di legittimità sull’operato delle autorità pubbliche, sia composta da magistrati specializzati non solo in diritto amministrativo, ma anche nelle discipline extragiuridiche utilizzate con più frequenza dalle amministrazioni, sia dotata della possibilità di accedere pienamente e direttamente ai fatti complessi rilevanti di causa ed abbia altresì la capacità di valutarli compiutamente e autonomamente. Impone, insomma, che sia strutturata come una giurisdizione piena e specializzata in grado di scrutinare nel profondo il rapporto giuridico al quale questi presupposti fattuali tecnici danno origine.

Come in ogni processo (civile, penale, contabile, tributario, militare, ecc.), anche in quello amministrativo il giudice può oggi finalmente, tendenzialmente sotto tutte le latitudini europee, avvalersi della consulenza tecnica per conoscere e valutare quei fatti rilevanti di causa che richiedano la padronanza di particolari cognizioni specialistiche che egli non possiede62. Va da sé, però, che, da un lato, non può rivolgersi ad un perito per ogni nozione extragiuridica che deve adoperare e, dall’altro, che se è chiamato a giudicare su questioni tecniche su cui è del tutto incompetente e se la causa si esaurisce quasi totalmente nella soluzione di tali problemi, si potrebbe affermare che il vero giudice rischia di diventare il consulente.

Se, dunque, nel sindacato di legittimità sugli atti amministrativi sempre più pervasi di tecnicalità, non vuole abdicare completamente alla sua funzione, “cedendola” al consulente, il giudice amministrativo è chiamato egli stesso a diventare un buon conoscitore delle principali discipline specialistiche utilizzate dalle pubbliche amministrazioni, e cioè a “specializzarsi” un po’, per esempio, in urbanistica ed edilizia, in gestione dei servizi pubblici, in capitolati tecnici di lavori pubblici, in project financing, in public private partnership, in società a capitale misto (pubblico e privato), in economia della concorrenza e del mercato, in comunicazioni televisive, radiofoniche ed elettroniche, in reti, distribuzione e mercato del gas e dell’energia elettrica, in mercato del credito e della finanza. Tanto più se si tiene presente che essendo sovente gli atti amministrativi impugnati espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, il sindacato giurisdizionale non può essere svolto da un giudice che si avvale meccanicamente e asetticamente della consulenza di un esperto, ma dev’essere

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E in linea di principio, neppure il giudice amministrativo è vincolato dai pareri espressi dal consulente, ma li valuta liberamente col proprio criterio, giacché, secondo un’antica massima, egli rimane il peritus

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espletato da un giudice specializzato nel controllo della “discrezionalità volitiva” avviluppata ad un complesso di valutazioni tecniche, e cioè da un giudice in grado di padroneggiare, al contempo, sia la disciplina del diritto amministrativo che la singola disciplina specialistica extragiuridica passibile di “discrezionalità conoscitiva”, in modo da poter accertare pienamente, direttamente e autonomamente se l’apprezzamento tecnico della pubblica amministrazione abbia conformato con ragionevolezza e proporzionalità il provvedimento finale e se il provvedimento stesso sia conforme al paradigma normativo.

Insomma, in un contesto in cui discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica, gestione pubblica ed expertise tendono sempre più spesso a sovrapporsi, in cui la cura concreta dell’interesse pubblico è sempre più “tecnicizzata” e “specializzata” e in cui dall’amministrazione pubblica si esige sempre di più efficienza e competenza, il giudice amministrativo, per poter sindacare il legittimo e corretto operato degli enti pubblici, deve padroneggiare le cognizioni specialistiche maggiormente utilizzate dagli stessi e dev’essere in grado di svolgere in pienezza e in profondità sul rapporto giuridico regolato dall’atto, un controllo che non è solo di ragionevolezza tout court, bensì di ragionevolezza “tecnica”.

Addirittura, come si avrà modo di osservare nel prosieguo di questo contributo, gli studi comparatistici mostrano che vi sono ordinamenti nei quali questo legame tra “tecnicalità” dell’azione amministrativa, specializzazione nella cognizione delle controversie tra amministrazione e privato cittadino, e giustizia amministrativa, è stato talmente stringente da aver recentemente contribuito a far nascere una giurisdizione amministrativa in Paesi in cui essa non esisteva e persino attraverso un percorso inverso a quello sopra segnalato della specializzazione del giudice amministrativo in materie settoriali, perché ha portato a trasformare dei “tecnici” ferrati in particolari discipline specialistiche ma inesperti di diritto preposti alla decisione di ricorsi amministrativi, in giudici amministrativi specializzati63.

Sicché, concludendo, a me pare si possa ritenere che il dominio delle discipline specialistiche e della tecnica nei nuovi modi di operare dell’amministrazione pubblica rafforzi l’esigenza di una giurisdizione

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Penso ovviamente all’Inghilterra ove gli Administrative Tribunals, che hanno svolto un’attività di tutela amministrativo-contenziosa (quasi-judicial o “giustiziale”), risolvendo controversie tra amministrazioni pubbliche e cittadini, specialmente nei settori della sicurezza sociale, dell’edilizia e urbanistica, dell’immigrazione e dell’imposizione fiscale, sono composti in prevalenza da laymen e cioè da esperti dei singoli settori, ma privi di preparazione giuridica. Infatti, di solito un Tribunal è composto da un Presidente (indipendent chairman) esperto in materie giuridiche e da due componenti laici (wing men) esperti della materia devoluta alla sua cognizione. Nel corso del XX secolo, questi organi “giustiziali”, istituiti con appositi statutes, elaborano, secondo il principio dello stare decisis, un complesso di regole speciali e derogatorie alla ordinary law of the realm che finiscono per rendere evidente l’esistenza, anche nel Paese di Dicey, di una compiuta administrative law la quale finisce pian piano per esigere un processo amministrativo a sé stante e una giurisdizione amministrativa specializzata. Il primo viene introdotto con l’application for judicial review of administrative action (1977-1981); la seconda viene istituita sia con l’attribuzione del contenzioso amministrativo alla Administrative Court interna alla Queen’s Bench

Division dell’High Court sia con la trasformazione degli Administrative Tribunals in veri e propri organi

giurisdizionali (2007), con la conseguenza che i “tecnici” inesperti di diritto che compongono questi

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amministrativa, specializzata, oltre che nel diritto amministrativo, anche in queste discipline extragiuridiche e titolare, come quella ordinaria, di poteri pieni.

7. La regolazione comunitaria del mercato europeo dei contratti