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La precoce “impurità” dei modelli ovvero il valore sommario e descrittivo

Occorre, però, a questo punto, precisare che neppure nei tempi iniziali in cui si vanno formando, i sistemi monistici e i sistemi dualistici dei vari Stati posseggono allo stato “puro” e “ortodosso” i caratteri che abbiamo cercato di evidenziare, con quei pregi e difetti di cui abbiamo detto. La realtà è, come sempre, assai più varia, eterogenea e complessa rispetto ai modelli giuridici astratti ricostruiti dagli studiosi con quell’imprescindibile tasso di semplificazione e di generalizzazione che la brutale sommarietà delle catalogazioni e la sintesi di un’esposizione scientifica necessariamente comportano, perché ciascun Paese cerca di rispondere alle peculiari esigenze di giustizia che, spesso con caratteri irripetibili, ivi si manifestano, con gli strumenti tipici e con le sensibilità speciali che ciascuna cultura e tradizione partoriscono.

Senza l’avvertenza che le considerazioni che abbiamo svolto sopra, valgono soltanto se intese per aiutare a cogliere, in ciascuna esperienza classificata in un archetipo (o, forse, dovremmo dire “stereotipo”?), più che altro una tendenza e una prevalenza di taluni caratteri rispetto ad altri, si rischia d’incappare in clamorose distorsioni o fraintendimenti dei dati di fatto.

E ciò a cominciare dal principale criterio di sussunzione delle diverse esperienze di giustizia amministrativa nel modello dualistico o in quello monistico, vale a dire l’esistenza o meno di un’apposita giurisdizione per le controversie con la pubblica amministrazione.

Prendiamo, ad esempio, l’Inghilterra. La fedeltà al monismo giurisdizionale è nel DNA del paese fondato sui principi di common law. E tuttavia, già a metà del XIX secolo, nascono e si sviluppano gli administrative tribunals 41 (che poi si moltiplicano in maniera esponenziale nei decenni successivi e soprattutto nel secolo successivo) che sono corpi amministrativi ai quali appositi statutes (donde anche il nome di statutory tribunals) attribuiscono, tra gli altri, il potere di

adjudication nei settori di quella nascente legislazione sociale che cerca di

limitare i danni della rapida industrializzazione e urbanizzazione dell’economia e della società inglese: lavoro nelle fabbriche, sussidi di disoccupazione, pensioni, istruzione, sanità, edilizia, pianificazione urbanistica. «Le decisioni dei tribunals, sovente simili alle pronunce giudiziali, a volte più somiglianti ad atti

41 Si tenga presente che il termine inglese “tribunal” è un classico false friend perché designa l’italiano “organo amministrativo”, traducendosi con “court” l’italiano “tribunale”.

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amministrativi, in una prima fase sono largamente sottratte al controllo delle corti ordinarie»42.

Mi pare difficile non ravvisare nell’origine dei ricorsi davanti agli

administrative tribunals caratteri analoghi a quelli dei ricorsi amministrativi dei

sistemi à contentieux administratif, dai quali nasce come rimedio alternativo alla giurisdizione ordinaria e col passaggio dalla justice déleguée alla justice retenue, la giurisdizione amministrativa degli ordinamenti dualistici. Così come mi pare difficile non ravvisare in questi tribunals, già nell’Inghilterra del XIX secolo, un incipiente embrionale giurisdizione amministrativa de facto.

D’altra parte, in Francia, già negli ultimi decenni dell’Ottocento, risulta chiaro che il dualismo giurisdizionale può esistere solo nell’organizzazione del potere giudiziario, perché, invece, dal punto di vista funzionale, la giurisdizione è unica. Di questa consapevolezza si trova traccia nella stessa legge del 24 maggio 1872 che attribuisce al Conseil d’État la justice déleguée, perché essa istituisce anche il Tribunal des conflits, come juridiction paritaire composta in pari numero da Consiglieri di Stato e Consiglieri di Cassazione col compito di dirimere i conflitti di “competenza” tra i due ordini di giurisdizione (judiciaire et

administratif) e, grazie alla legge del 20 aprile 1932, che formalizza una prassi

andatasi consolidando negli anni, anche di decidere nel merito (décisions au

fond) allorquando due sentenze definitive sullo stesso oggetto in contraddizione

tra loro, pronunciate da giudice ordinario e giudice amministrativo, provochino un déni de justice.

Come si vede, già nel XIX secolo, le categorie del monismo giurisdizionale inglese e del dualismo giurisdizionale francese possono essere considerate meno “rigide” e inequivoche di quanto una certa “vulgata” dottrinale porterebbe a credere.

Ma sulla stessa lunghezza d’onda che porta l’osservatore di diritto storico-comparato a ridimensionare l’assolutezza dei segnalati tratti di ciascun modello per attribuir loro, invece, soltanto una valenza tendenziale e approssimativa, si potrebbe riflettere anche sul carattere della concezione soggettiva e oggettiva della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, che si è visto essere, la prima, essenzialmente propria del tipo monistico, la seconda di quello dualistico.

È indubbiamente vero che il recours pour excès de pouvoir, sul cui esempio si è sviluppato nell’Europa continentale il giudizio di legittimità e di annullamento degli atti amministrativi, è nato con e ha continuato ad avere una forte impronta oggettiva, con tutte le accennate conseguenze che ne sono derivate sul piano dell’ineffettività e dell’incompletezza di una tutela orientata più a difendere l’interesse generale e l’ordine pubblico che i diritti del cittadino.

E però è anche vero che quel giudizio “di diritto obiettivo”, creato dalla giurisprudenza del Conseil d’État attraverso la “giurisdizionalizzazione” del procedimento di verifica della legalità amministrativa attivato da denunce di irregolarità dei cittadini, viene da subito avvertito, nella percezione dei ricorrenti,

42 M. D’ALBERTI, Diritto amministrativo comparato. Trasformazioni dei sistemi amministrativi in

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come un mezzo di difesa dei loro personali interessi sostanziali, e cioè come un rimedio “di diritto soggettivo”.

Ma soprattutto occorre tenere presente che, nella patria del dualismo, la giurisdizione amministrativa compare col recours de pleine juridiction, giudizio con una funzione di tutela eminentemente soggettiva, nel quale «il giudice è chiamato a decidere in merito all’esistenza, al contenuto ed alle conseguenze che discendono da diritti soggettivi che i privati, o anche persone giuridiche, fanno valere nei confronti di persone giuridiche di diritto pubblico»43: «procés fait à la

partie administratif, de partie à partie», lo definisce Hauriou44.

Per renderci conto di quanto sia centrale e rilevante nel dualismo giurisdizionale francese questo contentieux “di diritto soggettivo” basterebbe riflettere su due semplicissime considerazioni: la prima, che esso è nato prima del

contentieux de l’annullation, perché i rivoluzionari tenevano a sottrarre ai tribunaux judiciaires soprattutto le controversie sui contratti e sulle proprietà

(occorreva salvaguardare le vendite dei beni nazionali, le espropriazioni e le confische, l’esecuzione delle opere pubbliche, etc., dai pericoli “reazionari” della magistratura), meno quelle sui provvedimenti amministrativi; la seconda, che nell’ambito del contentieux de pleine juridiction sono state pronunciate le sentenze più importanti nella storia del diritto amministrativo francese, alcune delle quali spesso additate come la data di nascita convenzionale di taluni istituti portanti dell’intero sistema o addirittura – è il caso dell’arrêt Blanco 45 - del diritto amministrativo.

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J.M. AUBY – R. DRAGO, Traité de contentieux administratif, Paris 1984, I, 474. 44 M. HAURIOU, Précis de droit administratif et de droit public, Paris 1933, 376.

45 «Bordeaux, 1872. Sono passati due anni dalla caduta di Napoleone III, dalla fine del II Impero e dall'inizio della III Repubblica. Un anno dalla Comune, giudicata la prima rivoluzione socialista. È l'anno in cui il Conseil d'Etat è divenuto giudice. Una bambina di cinque anni, Agnès Blanco, viene urtata e gravemente ferita da un piccolo vagone, carico di tabacco, condotto da quattro operai dell'azienda statale dei tabacchi, nella strada che separa due magazzini dello stabilimento di Bacalan dell'azienda. Il padre della bambina inizia, dinanzi al tribunale civile di Bordeaux, una causa per responsabilità contro i quattro operai, come coautori delle ferite prodotte a sua figlia, e contro lo Stato, come civilmente responsabile della imprudenza dei suoi dipendenti, chiedendo agli operai e allo Stato, solidalmente, un indennizzo di 40 mila franchi. Il prefetto della Gironda, nella veste di rappresentante dello Stato, declina la competenza del Tribunale e solleva il conflitto, che viene portato al Tribunal des conflits. Questo, l'8 febbraio 1873, decide che «la responsabilité qui peut incomber à l'Etat pour les dommages causés aux particuliers par

le fait des personnes qu'il emploie dans les divers services publics n'est pas régie par les principes établis, dans les art. 1382 et suivant C. civ., pour les rapports de particulier à particulier. Cette responsabilité, qui n'est ni générale ni absolue, a ses règles spéciales qui varient suivant les besoins du service et la nécessité de concilier les droits de l'Etat avec les droits privés. C'est, des lors, à l'autorité administrative, et non aux tribunaux ordinaires, qu'il appartient de l'apprecier» («la responsabilità in cui

incorre lo Stato per i danni causati a privati dalle persone di cui esso si vale nei diversi servizi pubblici, non è retta dai principi stabiliti dall'art. 1382 e seguenti del codice civile, per i rapporti tra privati. Tale responsabilità, che non è né generale, né assoluta, ha sue regole speciali, che variano secondo i bisogni del servizio e la necessità di conciliare i diritti dello Stato con quelli dei privati. Spetta, dunque, al giudice amministrativo e non ai tribunali ordinari valutare tale responsabilità»). Esistono, dunque, due diritti, uno applicabile ai rapporti tra privati, uno, invece, ai rapporti tra amministrazioni pubbliche e privati, il diritto amministrativo. La decisione ora riportata, nota come «arrêt Blanco», verrà considerata, per tutto il nostro secolo, rivoluzionaria, pietra angolare del diritto amministrativo e suo fondamento. Questo episodio triste segna, dunque, la data di nascita convenzionale del diritto amministrativo.» Così scrive S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo, ed. Garzanti, Milano 2000, 15-16.

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Ma anche l’esempio italiano mostra come l’affermazione secondo cui i sistemi dualistici sono improntati ad una concezione “obiettiva” della tutela giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione-autorità debba essere, a volte, ridimensionata e corretta, perché nel nostro Paese il ricorso per l’annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo davanti alla Quarta sezione del Consiglio di Stato assume quasi da subito connotati fortemente “soggettivi”, indotti, probabilmente, anche dall’adesione al criterio di riparto di giurisdizione della causa petendi che fa risaltare la neo-coniata posizione giuridica soggettiva del ricorrente, nonostante l’ “interesse legittimo” venga concepito secondo una prospettiva tendenzialmente oggettiva, e cioè come interesse alla legalità amministrativa, rilevante solo in quanto coincidente con l’interesse generale.

Di questi connotati “soggettivi” si trovano tracce in numerosi istituti del nostro giudizio amministrativo assai risalenti nel tempo. A titolo meramente esemplificativo, come le esigenze di sintesi impongono in questa sede, si potrebbe ricordare il fatto che, sin dalle origini, il giudice amministrativo italiano deve giudicare l’asserita illegittimità dell’atto solo in base ai vizi prospettati dal ricorrente, senza rilevarne altri d’ufficio secondo la teorica francese dei moyen

d’ordre public; che conseguentemente il giudicato copre il dedotto e non anche il

deducibile; che la sentenza di annullamento produce generalmente effetti inter

partes e solo in taluni casi ultra partes e addirittura erga omnes; che il

provvedimento amministrativo, ancorché esecutivo per ragioni di interesse pubblico, può comunque essere sempre cautelarmente sospeso dal giudice per tutelare il ricorrente dal pericolo di danni gravi e irreparabili; che nel giudizio amministrativo vale il principio processual-civilistico dell’onere della prova, ancorché attenuato46; che è nella disponibilità del ricorrente la rinuncia al ricorso, con conseguente estinzione del giudizio.

Ma la precoce prospettiva soggettiva del giudizio di annullamento italiano mi pare emerga soprattutto dall’anzitempo introduzione del giudizio di ottemperanza, statuita dal legislatore nel 1889 (art. 4, n. 4, legge n. 5992) per le sentenze dei giudici ordinari e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato47 due decenni dopo la consacrazione della natura giurisdizionale della IV sezione, per le sentenze del giudice amministrativo. Che l’annullamento giudiziario di un provvedimento amministrativo possa essere fatto coattivamente eseguire dall’amministrazione inottemperante su istanza del ricorrente vittorioso perché la sentenza di invalidazione giova primariamente a quest’ultimo, mi sembra denoti l’attenzione pressoché “innata” del sistema italiano per l’effettività della tutela giurisdizionale a favore del soggetto, il che ridimensiona anche l’assolutezza della tesi secondo cui i sistemi dualistici, troppo schiacciati sull’interesse pubblico e sulla legalità nella cornice della concezione oggettiva, avrebbero realizzato poco il risultato dell’effettività.

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Principio dell’«onere del principio di prova» o, per usare la nota formula di Benvenuti (L’istruzione nel

processo amministrativo, Padova 1953, 69), «principio dispositivo con metodo acquisitivo».

47 Consiglio di Stato, sez. IV, 9 marzo 1928, nn. 181 e 182; Consiglio di Stato, sez. V, 13 marzo 1931, n. 176.

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Per converso, però, neppure i sistemi monistici, tendenzialmente fedeli ad una concezione subiettiva nel fare dei diritti del soggetto nei confronti del potere esecutivo il loro baricentro, pretermettono completamente la considerazione dell’interesse generale e la valutazione dell’opportunità di ripristinare o non l’ordine giuridico violato, secondo una visione obiettiva.

Ancora una volta può soccorrere l’esempio dell’esperienza inglese dove, ab

initio, le Courts non concedono il leave per esercitare l’azione di annullamento

(quashing) avverso un provvedimento amministrativo, se ritengono che, nel caso di specie, l’interesse della collettività o il bene della stabilità dei rapporti regolati dal provvedimento debba prevalere sull’interesse personale del ricorrente.

Né la funzione di tutela soggettiva tipica dei sistemi monistici e di taluno dei sistemi dualistici significa sempre e comunque pienezza di tutela del cittadino, dovendo fare i conti con il contesto ideologico e istituzionale di ciascun Paese.

La vicenda del regime della responsabilità della pubblica amministrazione è, da questo punto di vista, oltremodo emblematica, nella misura in cui si concordi che una tutela che escluda il risarcimento del danno non può considerarsi piena.

In Inghilterra, il principio dell’immunità della Corona («King can do no

wrong») rende irresponsabile la pubblica amministrazione, che del Sovrano è

emanazione. Il cittadino che ha subito un danno dall’illegittima attività dell’amministrazione può soltanto rivalersi sulle esigue tasche del funzionario considerato direttamente e unicamente responsabile, ma non nei confronti dell’ufficio pubblico alla stregua dei principi sulla responsabilità organica o di quelli sulla responsabilità indiretta (solo nel 1947 il Crown Proceedings Act abolisce quest’odioso privilegio dell’amministrazione).

In Italia, la prospettiva soggettiva della tutela giurisdizionale verso la pubblica amministrazione, alla quale abbiamo accennato, non è sufficiente, fino alla sentenza della Corte di Cassazione n. 500 del 1999, ad attribuire al soggetto leso il diritto al risarcimento del danno da illegittima attività amministrativa provvedimentale, ostandovi la consolidata dottrina “regalista” risalente a Mantellini48.

In Francia, invece, pur dominando essenzialmente una concezione oggettiva della giurisdizione amministrativa, viene subito elaborato l’istituto della responsabilità aquiliana dell’amministrazione e riconosciuto il diritto del cittadino al risarcimento dei danni cagionati da provvedimenti e comportamenti illegittimi, da far valere davanti al giudice amministrativo: il noto e già citato

arrêt Blanco, che questo principio proclama e motiva, è addirittura del 1873 49.

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Lo Stato ha una duplice personalità, sovrana o pubblica, che dir si voglia, e privata. È esente da responsabilità per gli atti riconducibili alla prima; risponde, nei termini del codice civile, per le attività imputabili alla seconda (G. MANTELLINI, Lo Stato e il codice civile, ed. Barbera, Firenze 1880). 49

Per formarsi una buona visione essenziale degli aspetti storici e comparativi della materia della responsabilità della pubblica amministrazione, si può leggere il prezioso contributo di L. TORCHIA, La

responsabilità della pubblica amministrazione, 265 ss., in G. NAPOLITANO (a cura di), Diritto amministrativo comparato, cit.

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Capitolo II

VERSO UNA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA SPECIALIZZATA E “ORDINARIA”.

SOMMARIO: 1. Verso una giurisdizione amministrativa specializzata e “ordinaria”. I convergenti percorsi dei sistemi europei di giustizia amministrativa. - 2. Le cause dell’emersione in Europa di questa nuova forma omogenea di giurisdizione amministrativa specializzata e “ordinaria”. - 3. L’attribuzione al cittadino, da parte degli ordinamenti democratici, della titolarità di veri e propri diritti nei confronti della pubblica amministrazione. - 4. L’espansione della sfera di azione della pubblica amministrazione. - 5. La crisi del principio di legalità e l’ampliamento dello spazio della discrezionalità amministrativa. - 6. L’accresciuta necessità di una forte specializzazione per la cognizione delle controversie amministrative. - 7. La regolazione comunitaria del mercato europeo dei contratti pubblici. - 7.1. La variegata disciplina nei diversi Paesi europei del rapporto giuridico nascente dal contratto pubblico. - 7.2. La variegata disciplina nei diversi Paesi europei della formazione della volontà negoziale della pubblica amministrazione e della scelta del contraente privato. - 7.3. L’intervento omogeneizzante del legislatore comunitario sulle discipline nazionali della scelta del contraente privato e degli strumenti di tutela. Il giudice amministrativo come garante della libertà di concorrenza. - 7.4. La direttiva 2007/66/CE. Il giudice amministrativo come garante dell’economia di mercato e di altri interessi pubblici. - 7.5. Il nuovo diritto amministrativo dei contratti pubblici e la nuova figura di giudice amministrativo. - 8. La diffusione nei Paesi europei delle forme di partenariato pubblico-pubblico e pubblico-privato. - 8.1. Accordi e convenzioni tra amministrazioni pubbliche. - 8.2. Accordi e convenzioni tra amministrazione pubblica e soggetto privato. - 8.3. La ridefinizione dei compiti e della “fisionomia” del giudice amministrativo. - 9. La giurisdizione amministrativa dei Paesi europei come ridisegnata dall’ordinamento comunitario. 9.1. Introduzione. - 9.2. Il sistema di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria. - 9.3. I principi di autonomia processuale, di equivalenza e di effettività. - 9.4. L’innalzamento degli standards di tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive di diritto nazionale. - 9.5. Circuiti di reciproca influenza. - 9.6. L’influenza del giudizio comunitario in senso stretto. - 9.7. La regolazione comunitaria del mercato europeo dei contratti pubblici: il giudice amministrativo nazionale diventa il garante del diritto soggettivo di libera concorrenza, dell’economia di mercato e di altri interessi pubblici. - 9.8. Il rafforzamento delle giurisdizioni amministrative nazionali sempre meno “speciali” e sempre più “ordinarie” e “specializzate”. - 9.9. La specializzazione degli organi

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giurisdizionali europei preposti alla cognizione delle controversie “amministrative” comunitarie. - 10. L’influenza della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sulle giurisdizioni amministrative nazionali.

1. Verso una giurisdizione amministrativa specializzata e “ordinaria”. I convergenti percorsi dei sistemi europei di giustizia amministrativa.

Nell’ultimo paragrafo del precedente capitolo, ho cercato di chiarire come la classificazione dei sistemi giurisdizionali per categorie generali e astratte, se non interpretata ed applicata con il fine meramente descrittivo e con il valore imprescindibilmente approssimativo che le sono propri, rischia di intralciare l’individuazione delle peculiarità di ciascuna esperienza nazionale e di ingenerare pericolosi fraintendimenti; e, all’uopo, mi sono adoperato per sottolineare come i vari sistemi nazionali di giustizia amministrativa, sommariamente catalogabili nell’ambito del modello giurisdizionale dualistico o monistico, presentino, già al momento della loro formazione, taluni elementi, talvolta assai rilevanti, astrattamente tipici dell’opposto archetipo.

Vorrei adesso svolgere un’ulteriore considerazione, e cioè osservare che a me pare che da alcuni decenni a questa parte e con un’accelerazione maggiore negli ultimi anni, sia in atto un processo legislativo e giurisprudenziale che sta portando i vari sistemi europei di giustizia amministrativa a convergere verso un modello “omogeneo” di giurisdizione amministrativa, che cerca di conquistare a sé gli elementi di maggior pregio dei due tradizionali archetipi e delle diverse esperienze nazionali, per fare del giudice amministrativo un moderno efficace difensore delle libertà e dei diritti del cittadino nei confronti dell’autorità pubblica, ormai divenuta “multilivello”, capace di tutelare la persona in modo sempre più pieno, soddisfacente ed effettivo. E questa impressione mi piacerebbe argomentare e dimostrare in questo mio lavoro.

In maggiore dettaglio, la tesi interpretativa che vorrei tentare di verificare, analizzando soprattutto alcuni sistemi giuridici, è la seguente.

A me sembra che negli ultimi decenni i diversi ordinamenti europei di giustizia amministrativa stiano convergendo, da diversi punti di partenza e con una evoluzione determinata da fattori sia autoctoni che sovranazionali, verso un tipo uniforme di giurisdizione amministrativa, che si potrebbe definire

giurisdizione specializzata, nonché generale, piena, effettiva e indipendente, come quella ordinaria, e dunque, più sinteticamente, giurisdizione amministrativa specializzata e “ordinaria”, nel quale molte delle differenze tra i

tradizionali archetipi monistico e dualistico vanno attenuandosi e per certi versi scomparendo. Tenendo presente che col termine “giurisdizione” intendo riferirmi sia alla sua accezione strutturale sia a quella funzionale, e cioè sia alla struttura e all’organizzazione del potere giudiziario, sia al processo e ai meccanismi del sindacato giurisdizionale. E sottolineando che il comune approdo di questi vari percorsi nazionali da diversi punti di partenza viene reso sempre più uniforme nei

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suoi tratti distintivi soprattutto a causa dell’influenza omogeneizzante sui processi amministrativi nazionali del diritto comunitario, che ha pure costituito il principale fattore propulsivo e di convergenza di queste strade evolutive.

Mi pare, infatti, che, da un lato, i maggiori sistemi giurisdizionali monistici, per la risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione operante in veste autoritativa, abbiano aderito all’idea della necessità o comunque