• Non ci sono risultati.

COMMENTO AL DE CONDICIONIBUS AGRORUM DI HYGINUS MAIOR

6 2 LE TIPOLOGIE DI AGRI NEI TESTI DEGLI AGRIMENSOR

6.5 L’AGER VECTIGALIS:

L’ager vectigalis è, come già detto, quello sottoposto a un vectigal36 da realizzare nei confronti dello stato o delle comunità, ossia di chi effettivamente metteva a disposizione il terreno. Come per le altre categorie di agri esaminate, anche questa restava, in ultima istanza, di proprietà dello stato romano.

Uno dei temi su cui si è dubattuto riguarda la durata di tali concessioni. Infatti, come scrisse Bove 1960, 10: “Un esame approfondito, d’altro canto, lascia supporre che varie circostanze concomitanti abbiano determinato l’usanza, invalsa quanto meno nella coscienza sociale, di qualificare perpetue le locazioni censorie ed in genere le concessioni di ager publicus dietro un corrispettivo di un vectigal e senza la determinazione di un termine finale”. Le motivazioni per cui si creò questa idea è dovuta, secondo Bove, a quattro fattori principali: le assegnazioni e concessioni dell’ager publicus erano, di fatto, perpetue, in secondo luogo “l’impossibilità materiale (mai giuridica)” da parte dello stato di

35 “Tutti i generi di confini, che sembrano poter essere trovati negli agri occupatori, sono frequentemente

trovati negli agri questorii e divisi e assegnati, poiché comprando e vendendo o cambiamdo e scambiando si possono trovare tipologie simili di confini”.

36 Levi 1968, 414-15: “Qualunque forma di reddito pubblico o di altre pubbliche entrate basate sui diritti

sovrani, cioè pagamenti per il godimento possessorio di beni reali pubblici o di tasse o di diritti doganali è

vectigal; ma l’ager vectigalis in diritto romano di età imperiale non è più soggetto a locatio censoria,

far rispettare le scadenze delle locazioni e concessioni vettigaliste, e, in terzo luogo, la convinzione (non comprovata da un punto di vista giuridico) che la possibilità di usufruire di queste concessioni fosse perpetuo ed ereditabile, e infine “il paragone con le concessioni simili che venivano eseguite da altri enti diversi dalla res publica (municipi, città, colonie, templi e collegi sacerdotali)”. E’ certo comunque che le locationes censoriae di età repubblicana durassero tanto quanto il mandato dei censori che le avevano autorizzate, ossia cinque anni, almeno de iure. Questo è valido sia che le locationes fossero a favore di singoli assegnatari sia di comunità. I mancipes, a loro volta, non avrebbero potuto sublocare (sotto pagamento di un vectigal) perpetuamente quanto avevano ricevuto37. Questo è valido anche nel caso che fosse una città, o un municipium, o un tempio o un collegio sacerdotale a locare un terreno a un privato. I testi di Igino Maior e Siculo Flacco del resto non contraddicono tale principio quando affermano periodi di diversa lughezza per gli agri vectigales, in quanto, al di là delle locozioni censorie, nel loro periodo si cominicarono ad avere concessioni che superavano i cinque anni. Del resto, in età imperiale, la nuova potestas, pressochè illimitata, dell’Imperatore aveva reso no infrequenti le concessioni indeterminate o perpetue di terreni appartenenti sia al popolus romanus sia all’imperatore stesso. Anche i municipi e le città e i collegi sacerdotali (come nel testo di Igino Maior) potevano concedere in maniera perpetua agri vectigales 38. Un altro argomento in discussione tra gli studiosi ha riguardato il dubbio su quali terreni potessero essere sottoposti a vectigal. Infatti, per l’epoca repubblicana c’è uniformità circa la convinzione che solo i terreni di proprietà dello stato e che facevano parte dell’ager publicus potessero essere concessi pagando un vectigal. Per l’epoca imperiale, invece, alcuni sostengono che la situazione fosse rimasta la medesima, altri (tra cui Lanfranchi 1940, 163, nt. 2) che l’ager vectigalis fosse

37 Bove 1960, 45-46: “Né si può omettersi la considerazione che il populus romanus, consapevole degli

abusi che si sarebbero fatalmente verificati, non avrebbe permesso ai mancipes l’esercizio di quei poteri che non riconosceva ai suoi magistrati ed alla stessa assmblea senatoria”. Per quanto riguarda i mancipes e la mancipatio vd. Kaser 1971, 122-125, 129-138, 143-45, 148-49.

possibile solo sui terreni di municipi, templi, collegi religiosi e delle civitates provinciali.

Il testo di Igino Maior, che verrà preso in considerazione con attenzione oltre nel commento al testo, costituisce un punto chiave nello svolgimento della trattazione, per le informazioni contenute nel de cond. agr., 79-80, 5-6, Th. Questo testo e il vaglio delle fonti giuridiche ha portato Bove 1960, 21-36 a dimostrare efficacemente la tesi secondo cui solamente i fondi provinciali e italiche, non in dominio dello stato potessero essere assegnati in età imperiale sotto il peso di un vectigal non è sostenibile.

6. 6 IL SUBSECIVUM39:

Frontino (de agr. qual., 2-3, 16-5, Th.) scrive:

Subsiciuum est, quod a subsecante linea nomen accepit [subsiciuum]. subsiciuorum genera sunt duo: unum quod in extremis adsignatorum agrorum finibus centuria expleri non potuit; aliud genus subsiciuorum, quod in mediis adsignationibus et integris centuriis | interuenit. quidquid enim inter IIII limites | minus quam intra clusum est fuerit adsignatum, in hac remanet appellatione, ideo quod is modus, qui adsignationi superest, linea cludatur et subsecetur. nam et reliquarum mensurarum actu quidquid inter normalem lineam et extremitatem interest subsiciuum appellamus40.

39 Vd. Campbell 2005, 176-77.

40 “Il subsecivum è ciò che prende il nome da una linea che taglia via. Le tipologie di subseciva sono due:

uno che sui confini esterni dei campi assegnati non può essere completato; l’altro interviene nel mezzo dei campi assegnati e delle centurie complete. Qualunque cosa infatti ssegnata fosse stata meno di ciò che era compreso in quattro limites, rimane in quella condizione, poiché l’area avanzata dall’assegnazione è chiusa e tagliata via da una linea. Infatti chiamiamo subsecivum qualunque cosa resti tra le linee perpendicolari e il cofine esterno mentre si stabiliscono le altre misurazioni.

Si è già discusso sopra del subsicivum, spiegandone il senso. Ciò che caratterizza questa tipologia di agri è il fatto di essere “tagliati fuori” (subsecare) dalla suddivisione regolare: quindi terreno che arriva fino al confine esterno di una centuriazione, ma che non è suddiviso, o il terreno in più compreso all’interno di una centuria, che pertanto viene tagliato da unalinea per non confonderlo con quello leggittimo, e infine in altri tipi di suddivisione il terreno che sta fra l’angolo retto e l’estremità. Ma subito di seguito al passo qui riportato, Frontino parla di un altro tipo di ager che viene considerato alla stessa stregua dei subsiciva, definito extra clusus et non adsignatus. Questo ager se non veniva assegnato a una colonia o una città o a un collegio religioso resta in mano di chi ha il diritto di assegnarlo (come i subsiciva).

Siculo Flacco, a sua volta, conferma le due tipologie date da Frontino, quando scrive (de cond. agr., 120, 3-6, Th.):

subseciuorum uero genera sunt duo. unum est quod a | subsecante linea mensura<e> quadratum excedet. alterum est autem quod subsecante assignationes linea[e] etiam in mediis centuriis relinquetur41.

E oltre nel testo (de cond. agr., 127, 6-13, Th.) ritorna sull’argomento informando che i subseciva in mano alle colonie potevano restare tali, così come potevano essere locati da parte della colonia sotto l’imposizione di un vectigal per cinque anni, o più.

41 “Le tipologie di subseciva sono due. Uno è quello che oltrepassa il quadrato dalla linea della

suddivisione che taglia via. l’altro è quello che è lasciato dalla linea che taglia le assegnazioni anche in mezzo alle centurie”.

Igino Maior fa leva sull’eccezionalità del subsecivum che lo contraddistingue dagli altri territori, quando dice (de cond. agr., 77-78, 22-3):

Ali[a]qua quoque cum de agri qualitate[m] aut incurui aut angularis excurrunt et a[d] directis lineis discerpuntur, subsiciua appellantur, hoc est quae a subsecantibus lineis remanent, natura<m> extremitatum seruantia.

Fornisce la medesima spiegazione circa il significato del termine, e più avanti nel testo (de cond. agr., 82, 6, Th.) definisce il subsicivum come id quod non adsignatum est, proprio come Frontino (ma manca, però, extra clusum).