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LA CENTURIAZIONE COME CATEGORIA INTERPRETATIVA DELLA STORIA

LA CENTURIAZIONE ROMANA: UN PAESAGGIO

3.2 LA CENTURIAZIONE COME CATEGORIA INTERPRETATIVA DELLA STORIA

La centuriazione romana, dunque, era lo strumento insediativo attraverso cui i Romani si stabilivano in un territorio acquisito in maniera stabile, dando vita a una nuova comunità7.

Pertanto, come non mancò di notare Gabba 1985, 272, la centuriazione rappresentò in un primo momento “un’esigenza tecnico-politica” e solo in un secondo momento lo strumento di attuazione di una politica agraria che mirava a un’equa e proficua distribuzione terriera.

Nella prima fase la centuriazione, come già accennato, era concepita in un rapporto unitario con la città, la nuova comunità8. Da un punto di vista teorico gli assi ortogonali che suddividevano la città erano i medesimi che percorrevano la campagna, almeno teoricamente, dato che è archeologicamente provato che questo connubio perfetto fu realizzato rare volte. I romani preferirono sempre assecondare in prima istanza le caratteristiche ambientali, tuttavia, dove questo connubio non trovava un riscontro pratico, lo trovava comunque da un punto di vista politico9.

Per quanto riguarda le modalità di inserimento in territori nuovi, sia in riferimento alla tecnica agrimensoria sia alla concezione politica, occorre sottolineare che il punto di svolta fu costituito dalla fondazione della colonia di Ariminium10 nel 268 a.C. Infatti, i romani si erano precedentemente inseriti in zone non particolarmente problematiche da un punto di vista ambientale, e la loro presenza si era andata semplicemente accostandosi a quella degli abitanti autoctoni. La Pianura Padana cambiò profondamente i modi della

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Non è questo il luogo per esaminare i casi regionali della centuriazione romana, per cui vd. Alfieri- Schmiedt 1989. Per un approfondimento bibliografico essenziale vd. Castagnoli 1958 e 1984; Clavel- Lévêque 1983; Settis 1983; Chouquer-Favory 1991 e 1992; Clavel-Lévêque-Favory 1992; vd. inoltre la bibliografia redatta da Campbell 2000, 516-519.

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Per una prospettiva letteraria vd. Mac Kendric 1954.

8

Vd. Chevallier 1974.

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Vd. Tozzi 1974; sul rapporto tra colonizzazione e politica vd. Gabba 1977 e 1992.

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colonizzazione, e questo per via dell’enorme fonte di ricchezza che rappresentava agli occhi dei romani.

Questa zona infatti offriva grandi risorse e sarebbe diventata tra le più ricche, se non la più ricca, della penisola, come, del resto, tuttora. I romani portarono avanti una colonizzazione molto più aggressiva, se non eliminando completamente le popolazioni autoctone, costringendole ad andarsene o a restare in condizioni di assoluto assoggettamento. Nei modi agrimensori, la colonizzazione fu accompagnata da grandi opere di intervento sul territorio, che fu bonificato, disboscato e riorganizzato con una complessa ed efficientissima rete di canali, sfruttando le abbondanti risorse idriche presenti nella regione. Come si è già detto e si tornerà a ribadire, la colonizzazione nella Pianura Padana fu caratterizzata da colonie di tipo militare, organizzate secondo i principi della castrametazione, e che avevano come decumano unico la Via Aemilia11. E fu proprio qui che “la tecnica agrimensoria si andò affinando e si realizzò quel tipo di centuriazione regolare e precisa che ha lasciato un’impronta di sé indelebile sul paesaggio di larghe zone dell’Italia Settentrionale”12.

Questo richiese, ovviamente, adeguate innovazioni anche in altri campi, come quello economico e giuridico.

La colonizzazione di questa area diede anche sollievo da un punto di vista sociale, perché fornì terre ai piccoli contadini italici, in crisi dal II sec. a.C.

La legge agraria di Tiberio Gracco nel 133 a.C. era proprio funzionale a sanare questa crisi, espropriando i grandi latifondisti dei loro vasti appezzamenti, in modo da poterli ripartire. Inutile dire che questa proposta andava contro l’interesse dell’élite politica romana, che dei latifondi era la proprietaria13.

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Sulla centuriazione in Emilia Romagna vd. Dall’Aglio 1989, 1994a.

12

Gabba 1985, 276.

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Vd. Brunt 1975. Sulle differenti condizioni economiche tra il nord e il sud della penisola, condizionati dai diversi modelli agrari (piccola proprietà privata e latifondi) vd. Gabba 1975 e Frayn 1979, in particolare il capp. 5-6. Sulla politica dei Gracchi, soprattutto coloniaria, e fonti agrimensorie vd. De Martino 1984.

È inutile ripercorrere in questa sede tutte le varie fasi della colonizzazione romana14. Quello che interessa è vedere come la centuriazione sia lo strumento d’attuazione di politiche agrarie mirate. Come quelle che riguardarono la Cispadana, romanizzata nel I sec. a.C., dove l’organizzazione centuriale, voluta per lo più da Augusto15, non si accompagnò spesso a deduzioni di colonie, ma fu un mezzo per riorganizzare in senso romano quelli che erano i nuovi municipi, cioè quelle comunità indigene che avevano ricevuto un nuovo status giuridico. Il controllo della suddivisione terriera si traduceva in grande potere politico, perché non aveva solo come conseguenza immediata quella di poter controllare direttamente il territorio, ma anche gli eserciti. Non ci si dilungherà troppo su questo aspetto ora, perché si avrà modo di ritornare sull’argomento, tuttavia è importante introdurre l’argomento.

Infatti, la suddivisione territoriale e la deduzione di colonie ebbero anche la funzione di sistemare i veterani, che, una volta congedati dopo anni di campagne militari, tornavano a casa. Per dare ai militari un incentivo a combattere a lungo, un’occupazione e un compenso una volta tornati si pensò di assegnare loro delle proprietà terriere, trasformando così gli ex-soldati in coloni. Ovviamente c’erano ulteriori benefici: i soldati portavano con sé la loro cultura romana, i loro usi e costumi, che si diffondevano nei nuovi territori in modo molto naturale, e inoltre garantivano un certo tipo di controllo sul territorio. In questo modo, veniva data una soluzione a una molteplicità di problemi, di tipo sociale e militare insieme, in un unico momento.

I politici del tempo capirono in fretta che incredibile potere poteva dare loro il controllo delle suddivisioni e assegnazioni territoriali, in termini di fedeltà degli eserciti e di appoggio da parte di intere zone territoriali. Il primo a capirlo pienamente fu Silla, a cui seguirono Cesare (considerato, non a caso, il padre

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Sui lineamenti essenziali della colonizzazione romana vd. Abbott-Johnson 1926; Keppie 1943; Salmon 1969; Tibiletti 1972; Watkins 1983; Purcell 1990 e Lintott 1992.

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dell’agrimensura) e Augusto (responsabile di nuove deduzioni, o rideduzioni e di nuove centuriazioni o zone ricenturiate)16.

La centuriazione romana, insomma, era allo stesso tempo uno strumento di controllo militare, un piano regolatore per il potenziamento del territorio, un mezzo di equilibrio sociale, un veicolo della romanità, e una garanzia di potere politico.

3.3 LA CENTURIAZIONE COME STRUMENTO DI TUTELA FISICA