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COMMENTO AL DE CONDICIONIBUS AGRORUM DI HYGINUS MAIOR

6 2 LE TIPOLOGIE DI AGRI NEI TESTI DEGLI AGRIMENSOR

6.7 COMMENTO AL TESTO

La parte iniziale del De condicionibus agrorum è mancante.

Territorii [aeque] iuris controversia agitatur…locum unde primum coepit scriptura esse (74, 4-19, Th.): Questo paragrafo si presta a molteplici

osservazioni42. Prima di tutto il termine possessio, che, come si è già avuto modo di notare, non significa “possesso” nel senso definitivo del termine, ma indica il possesso, teoricamente, temporaneo di un territorio, che restava proprietà dello stato. I territoria di cui Igino Maior sta parlando, tra l’altro, sembrano riferirsi alle province, dato che viene menzionato un tributo43. Secondo Abbott 1926, 117-118 nella lex agraria del 111 a. C. cominciò a delinearsi quella convinzione secondo cui tutti i territori conquistati al di fuori della penisola italiana fossero di proprietà dello stato, per cui il tributo che veniva pagato allo

42 Sulle controversiae de iuri territorii vd. Castello Pascual 1997, cap. 6; vd. anche la presentazione

dell’opera da parte di Gonzales 1997c.

43 Abbott 1926, 138: “The residents of a civitas were practically exempt from the payment of municipal

taxes. Local taxation could not be introduced, because the tax was a sign of servitude. Rome could exact tribute, because she was mistress of the world, but for citizens of a municipality to pay taxes to a government which they themselves had established was out of harmony with their own thinking. At the most, municipal charges could be made for the enjoyment of certain privileges”.

stato era legittimato in questa prospettiva. Questa tassa veniva assolta o sotto forma di decuma (ossia un decimo del prodotto interno, per lo più grano) o di stipendium (cioè un contributo fisso). Già dal 168 a. C. erano entrambi attivi, in certe zone l’una escludeva l’altro, in altro venivano entrambi riscossi. In epoca repubblicana venivano riscosse anche altri tipi di imposte, tra cui il tributum soli e il tributum capitis, ma non ovunque. Questi ultimi furono tra i criteri maggiormente seguiti durante il census di Augusto, cominciato nel 27 a. C., che appunto teneva conto di diversi elementi, quali la qualità del terreno posseduto, la resa, il numero di schiavi che lo coltivavano e così via. Un’altra tassa, per dire, era destinata a coloro che facevano pascolare le loro greggi e le loro mandrie nei terreni dello stato, ed era detta scriptura44.

L’altra espressione che merita un’indagine approfondita, anche per la ricorrenza con cui è presente non solo nel testo di Igino Maior ma anche in quelli degli altri agrimensori, è publicum instrumentum.

Com’è risaputo, gli agrimensori romani erano conoscitori del diritto fondiario, e in virtù di questa loro conoscenza, sommata alle competenze tecniche, che erano parte integrante della loro formazione45, erano spesso coinvolti in dispute di questo genere, assunti dalle singole parti, o come testimoni del giudice, o come giudici loro stessi46. Infatti uno dei problemi più gravi consisteva nel rapido deterioramento della documentazione catastale, dovuto agli scambi, alle

44 Abbott 1926, 120: “Under the republic the right to collect the fees was let ot to companies, but in

imperial times the privilege of using public pasture-land was let out to the owners of large herds, or the lands were occupied by herds belonging to the emperor”. Per un elenco di altre tasse vd. il medesimo autore, p. 122. Sull’impianto fiscale dell’impero romano vd. De Laet 1949, 66 ss. e Lo Cascio, 1986.

45 Vd. Panerai 1983b, 112-115, e Dilke 1979, 28-30. A proposito, Brugi 1897, 49-50, scrive: “Ciò che

distingue, secondo me, la gromatica romana è non pure il vasto campo delle sue operazioni, ma il criterio pratico, quasi direi giuridico, degli agrimensori: essi hanno chiara idea non soltanto della divisione geometrica del suolo, ma anche della molteplicità dei rapporti di diritto cui dà origine. Le nozioni geometriche e le giuridiche fondonsi armonicamente nell’intelletto del ‘mensor’ […]. L’istinto del diritto, proprio di ogni Romano, fu primo e natural maestro del ‘mensor’; la scuola completò il fondamento che natura pose.”.

46 Vd. Maganzani 1997, in particolare, 79-88. Ovviamente (come anche nel testo della Maganzani) la

nomina a iudex di un agrimensore era del tutto equivalente a quella di un qualunque altro cittadino iscritto all’album iudicum. Tuttavia è possibile che si cercasse di abbinare un esperto di agrimensura alle

divisioni, alle vendite e così via che gli assegnatari facevano tra di loro (come fa presente anche Igino Maior, de gen. contr., 95, 1-13). Di conseguenza, la documentazione necessitava di continui aggiornamenti e gli unici in grado di tornare sul posto e, avvalendosi della vecchia documentazione, della capacità di riconoscere i confini, della conoscenza dei criteri con cui questi erano stati precedentemente individuati e le normative locali, erano gli agrimensori. Non era un compito facile, e le responsabilità erano consistenti47.

Quindi nel Corpus, gli agrimensori, anche attraverso la citazione di decreta, epistulae di imperatori, edicta, leggi, consuetudini giuridiche antiche, locali e via dicendo, fanno sicuramente sfoggio di conoscenze legali approfondite necessarie i loro interventi sul territorio. Tuttavia, il tono e il tipo di lingua usati sono ben lontani dal linguaggio giuridico (se non, appunto, quando citano concetti o termini legali), ma del resto i loro scritti non si proponevano di essere trattati giuridici, bensì testi didattici. Le quaestiones prese in considerazione nei loro testi dovevano, infatti, servire ai futuri agrimensori per sapere davanti a quali di liti si sarebbero trovati e a quali norme legali ricorrere per dirimerle. E così, si trovano elenchi di diverse tipologie di controversiae, le motivazioni che stavano loro dietro e i principi legali da applicare.

Nel passo di Igino Maior preso in considerazione vengono citati gli instrumenta, in particolare publica, e di seguito quanto era contenuto in quelli a cui appunto si sta riferendo.

Igino Maior non è l’unico tra gli agrimensori a nominare una tipologia di instrumenta.

47 Crook 1967, pp. 148-149, scrive: “In litigation about boundaries of land [...] the judge, we are told,

must look to ancient records, if any, otherwise he must follow the evidence of the most recent census unless subsequent alienations or other changes are proved; it is interesting that this shows that even the census-list, being based on individual declarations, was only evidentiary, not automatically proof. In all these catastral matters there appears on the scene the rather grand professional figure of the surveyor, the

agrimensor”. Questo discorso viene fatto nel contesto della riscossione delle tasse (land-tax), ed è il

medesimo che si andrà ad analizzare più avanti. Delle responsabilità di un agrimensore, nel caso di frode, tratta Dig., XI, 6, 1-7 (di cui Crook dà un estratto nelle pagine che sono state riprese) Si mensor falsum

Frontino, nomina quelli vetera e poi altri citati senza approfondirne l’appartenenza, ma è evidente che di instrumenta esistevano diverse categorie.

Frontino scrive: 2. De contr., 8, 12-20:

De locis publicis siue populi Romani siue coloniarum municipiorumue controuersia est, quotiens ea loca, quae neque adsignata neque uendita fuerint <um>quam, aliquis possederit; ut alueum | fluminis ueterem populi Romani, quem uis aquae interposita insula exclusae proximi possessoris finibus reliquerit; aut siluas, quas ad populum Romanum multis locis pertinere ex

ueteribus instrumentis cognoscimus, ut ex proximo in Sabinis in monte Mutela48.

3. De contr., 9, 13-18:

| De locis sacris et religiosis | controuersiae plurimae nascuntur, quae iure ordinario finiuntur, nisi si de locorum eorum modo agitur; ut lucorum publicorum in montibus aut aedium, quibus secundum instrumentum fines restituuntur; similiter locorum religiosorum, quibus secundum cautiones modus est restituen|dus49.

48 “Sorge una controversia riguardo ai luoghi pubblici o del popolo romano o delle colonie o dei municipi,

tutte le volte che qualcuno possieda quei luoghi, che non siano mai stati nè assegnati nè venduti ; come il vecchio alveo di un fiume di proprietà del popolo romano, che la quantità dell’acqua arrestata da un’isola interpostasi lasci dentro i confini del proprietario dell’appezzamento successivo; o le foreste, che sappiamo da documenti antichi appartenere in molti luoghi al popolo romano, come sul Monte Mutela vicino al territorio dei Sabini”.

49 “Nascono moltissime controversie riguardo ai luoghi sacri e religiosi, che sono stabilite dal diritto

ordinario, a meno che non si tratti dell’area di questi luoghi, come di boschi pubblici su monti o di templi, in cui vengono ristabiliti i confini secondo i documenti ufficiali; allo stesso modo dei luoghi religiosi, in cui bisogna ristabilire l’area secondo le garanzie”.

Siculo Flacco nomina come Igino Maior gli instrumenta publica: 4. De cond. agr., 128, 16-18:

nam inuenimus saepe in publicis instrumentis significanter descripta territoria: uocabulis enim aliquorum locorum comprehensis incipiunt ambire territoria.50

Igino Minor resta sul generico: 5. Const. limit., 161, 10-12:

non exiguum uetustatis solet esse instrumentum, si locorum insignium mensurae et uocabula aeris inscriptionibus constent.51

6. Const. limit., 165-166, 19-2 :

et quidquid aliud ad instrumentum mensorum pertinebit, non solum colonia sed et tabularium Caesaris manu conditoris subscriptum habere debebit.52

Gli instrumenta erano, in senso lato, dei documenti, delle testimonianze, qualunque genere di testimonianza53, come dal passo 5 di Igino Minor.

Paolo in Dig., 22, 4, 1 ( = Sent., 2, 17, 13) scrive, giocando tra la parentela tra instruo e instrumentum: Instrumentorum nomine ea omnia accipienda sunt,

quibus causa instrui potest54: et ideo tam testimonia quam personae

instrumentorum loco habentur55.

In età imperiale con il termine di instrumentum si intendeva ogni negozio giuridico sollevato da un tabellio, ossia un notaio, oppure ogni documento

50 “Infatti, spesso nei documenti pubblici troviamo i territori descritti in modo chiaro: infatti cominciano

a fare il giro dei territori con i nomi di alcuni luoghi inclusi”. La prima parte di questo estratto di Siculo Flacco è assolutamente speculare a quello di Igino Maior, come se si trattasse di una formula (vd. oltre). Segue poi un riassunto, rispetto al testo di Igino Maior, delle modalità di elencazione dei confini.

51 “Non suole essere prova esigua d’antichità, se le misure e i nomi di luoghi insigni compaiano in

iscrizioni bronzee”.

52 “E qualunque altra cosa spetterà ai documenti degli agrimensori, non solo la colonia, ma anche il

tabularium dell’imperatore dovrà avere la sottoscrizione del fondatore (della colonia)”.

53 RE, s.v. instrumentum, IX.2, 1916, 1587-89. 54 Vd. ThLL, VII.1, 2013-14, 54-3

55 “Occorre comprendere con il termine di instrumentum tutti quei documenti con cui si può istruire una

riguardante questioni pubbliche o private emanato da un’autorità giudiziaria56 (propriamente instrumentum publicum).

A quanto pare57 questi documenti, insieme con fatture, conti e altri documenti finivano per essere depositati negli archivi imperiali, che potevano, a loro volta, assumere il nome esteso di instrumenta.

L’ instrumentum poteva designare anche i documenti del censimento, ma non è questo il nostro caso, e gli schiavi addetti a questo compito assumevano il titolo di adiutores ad instrumentum.

Per diversificarsi nelle sue diverse categorie, l’instrumentum era accompagnato da aggettivi o altri sostantivi, che ne specificavano l’area di appartenenza, come publicum, privatum, publice confectum, quasi publice confectum, veterum ecc… Gli instrumenta publica erano documenti, in cui confluivano le leggi, ma anche le sentenze dei magistrati che, con la forza legale del precedente, come ai giorni nostri, potevano evidentemente essere impugnati in vista di altri processi dalle parti coinvolte. A volte, queste raccolte di atti, che erano dati direttamente dall’autorità, potevano comprendere anche le spiegazioni, le testimonianze o le prove delle parti58, che, sottoposte al giudizio diretto del giudice, acquistavano una sorta di forza probatoria, che li elevava al livello di documenti ufficiali59. L’instrumentum publicum designava, insomma, un documento ufficiale, e questo ha finito per indicare, senza troppa attenzione alla specificità del suo significato60.

56 Der Neue Pauly, vd. instrumentum, 1022-1023. 57 RE, s.v. instrumentum, 1916, IX.2, 1588-89. 58 Kaser 1975, vd. Instrumenta publica, 80 e sgg.

59 Alla loro forza probatoria, accresciuta dalla constatazione giudiziaria, impositio fidei, ci si poteva rifare

in altri processi, in modo molto simile alle nostre giurisprudenze. E la loro differenza da quelli privata consisteva proprio nel fatto che la loro validità non necessitava della suddetta impositio fidei, ce l’aveva di per sé. Simon 1969, 298.

60 Si consideri, ad esempio, Svet., Cal., 8: sequenda est igitur, quae sola [auctor] restat et publici

instrumenti auctoritas, praesertim cum Gaius Antium omnibus semper locis atque secessibus praelatum

non aliter quam natale solum dilexerit tradaturque etiam sedem ac domicilium imperii taedio urbis transferre eo destinasse. “Bisogna quindi attenersi a quella sola autorità che rimane, cioè a quella di un

documento pubblico, soprattutto poiché Gaio Caligola aveva sempre preferito Anzio a tutti i luoghi e i ritiri, prediletto non diversamente dal suolo natio, e si tramanda che avesse deciso di trasferirvi la sede e la base dell’impero, per la noia di Roma”.

In una causa, l’instrumentum publicum non era chiaramente il solo elemento che veniva impugnato, sicuramente anche il census e i testimoni svolgevano un ruolo determinante. Di certo era così per i monumenta publica, espressione con cui pure si designavano dei documenti pubblici. Ad esempio, da un passo di Marcello, su cui tuttavia non c’è uniformità di opinione, sembra che il census e i monumenta publica, avessero più valore dei testimoni per volontà di un senatoconsulto61.

Detto questo e tornando al passo iniziale di Igino Maior, è interessante discutere se questi documenti da lui menzionati fossero locali, connessi forse alle leges datae delle colonie, se invece avessero una portata giuridico-geografica più ampia (tenendo conto, comunque, che se anche fossimo nell’ambito delle leges datae, queste derivavano nei loro caratteri principali da direttive di Roma), se fossero una sorta di instrumenta nel senso di compendiari delle leggi più importanti riguardanti il territorio, che gli agrimensori compilavano, o il testo di una sentenza.

Nell’individuazione della natura del documento di Igino Maior, può essere utile paragonare il passo esaminato con un altro piuttosto simile nella forma, ma diverso nel contenuto, del medesimo autore:

De condicionibus agrorum, 81, 11-18 :

Sed et haec meminerimus in legibus saepe inueniri, cum ager est centuriatus ex alieno | territorio paratusque ut adsignaretur, inscriptum QVOS AGROS, QVAE

61 Maganzani 1997, 201, sostiene correttamente che “neppure il principio della poziorità probatoria del

census e dei monumenta publica rispetto ai testimoni sancito, come documenta Marcello nel III libro dei digesta, da un senatoconsulto (D.22.3.10), attesta del resto la sussistenza di una qualsiasi gerarchia: Census et monumenta publica potiora testibus esse senatus censuit. Tale principio, infatti, sebbene

generalizzato in età giustinianea, doveva originariamente riferirsi allo specifico ambito delle controversie di confine, e, lungi dal ridurre l’autonomia del giudice, si limitava a registrare il dato evidente dell’oggettiva superiore attendibilità dei documenti pubblici in senso lato (fra cui, quindi, anche il censo), rispetto alla prova testimoniale. Tale oggettiva maggiore affidabilità della tabulae rispetto ai testes, con riferimento a tutti i documenti, compresi quelli privati, è del resto affermata anche in Paul. Sent.V.15.4 ove si vieta l’escussione di testes adversus scripturam quando la fides tabularum non sia di per sé oggetto di contestazione”.

LOCA QVAEVE AEDIFICIA, INTRA FINES puta ILLOS ET INTRA FLVMEN ILLVD, INTRA VIAM ILLAM, DEDERO ADSIGNAVERO, IN EIS AGRIS IVRIS DICTIO COHERCITIOQVE ESTO COLONIAE ILLIVS, cuius ciuibus agri adsignabuntur.

Il contesto dei due estratti sembra piuttosto diverso.

Nel primo caso, Igino Maior sta spiegando come risalire ai confini di lotti privati, quando questi sono in questione. In tale eventualità il mensor, chiamato sul campo per risolvere la questione risalendo, evidentemente, alla situazione originaria, deve attenersi ad una precisa procedura, ristabilendo i confini portando avanti un’indagine per extremitatem, ossia seguendo i perimetri degli appezzamenti62. Per dare più credito alla sua tesi, cita o riproduce il testo di un instrumentum publicum, rappresentativo di una serie numerosa, che descrive un luogo secondo lo scrupoloso andamento dei suoi confini, quelli naturali e a quelli determinati dalla geografia antropica. Igino, nella parte immediatamente a seguire, che qui non è stata riportata, continua poi sancendo l’importanza di un’indagine immediata da parte di un agrimensore in caso di questioni di questo tipo tra vicini, con le varie raccomandazioni e i procedimenti a cui attenersi (verificare, ad esempio, in lotti vicini tra loro, ma non in lite, se la suddivisione rispetta quella antica, cioè originaria, e se no, in che modo è stata modificata, e a

62 Gli agrimensori romani, nella descrizione dei confini prediligevano un percorso perimetrale, e,

partendo da un punto, ripercorrevano tutte le estremità del territorio preso in considerazione, fino a tornare al punto di partenza. Dal testo 4 di Siculo Flacco, prima citato, è assolutamente chiara questa volontà di definire una zona, girandole attorno. E’ interessante che in età medievale si sia utilizzato un criterio diverso, ma che forse è l’evoluzione, o l’involuzione, di quello romano. Si sa che durante il Medioevo l’agrimensura subì una regressione, gli agrimensori medievali erano “esempi isolati, quasi relitti piuttosto che eredi, dei gromatici”, Lagazzi 1991, 17. La determinazione dei confini di un luogo ha “andamento centrifugo: si presuppone l’esistenza di un punto intorno al quale il territorio è visto estendersi nella sua totalità lungo le quattro direttrici cardinali fino ai suoi limiti esterni […]. I confini del territorio vengono a coincidere con l’irradiarsi del valore terminale di un segno, circolarmente al luogo della sua collocazione. […] Non si dovrà certo pensare a un cerchio inteso come elemento geometrico perfettamente definito e rintracciabile sul territorio; si tratta piuttosto della presenza e coscienza di un ‘centro’. L’opposizione con la tipologia quadrangolare non sta dunque nelle forme del perimetro dei confini, ma consiste nell’opporre alla visione del confine come elemento periferico e solidale con l’esterno, l’idea che il confine sia un’emanazione di spinte centrifughe, interne al territorio delimitato e dunque un suo dato intrinseco.”, Lagazzi 1991, 35-36. Sulla pratica mensoria nel Medioevo vd. anche Del Lungo 2004.

quali elementi del paesaggio rifarsi per ricavare la suddivisione originaria, e così via).

Nel secondo caso, l’oggetto della disquisizione sono la legislazione e il diritto di coercizione o meno di una colonia nei confronti di un territorio, che viene centuriato e i cui lotti vengono assegnati proprio agli abitanti di quella colonia63. Su tale argomento Igino si prodiga con spiegazioni accurate, oltre, nel testo, analizzando con scrupolo le varie parti di questa legge e le modalità con cui intenderle e interpretarle.

Questo secondo estratto è chiaramente una citazione o un’approssimazione assolutamente verosimile di una lex data64, che l’auctor della colonia o della centuriazione lasciava alla comunità, prima di andarsene. Infatti, ogni volta che veniva fondata una colonia o veniva redatto un reticolo centuriale, Roma mandava una commissione che se ne occupasse, assistesse all’esatta osservanza di tutte le regole e procedure, e, prima di andarsene, lasciasse la costituzione, che i coloni avrebbero dovuto rispettare65. L’espressione, infatti, dedero adsignavero è un’espressione ufficiale.

Quello che qui è interessante notare è l’incipit, quasi formulario: in entrambi gli estratti, appare il verbo inveniri accompagnato dall’avverbio saepe, con lo stato in luogo figurato in publicis instrumentis, nel primo, e in legibus, nel secondo. L’avverbio saepe può essere inteso in due modi66: Igino Maior potrebbe aver

63 Anche di questo passo si serve Brugi1897,52, per provare la competenza legale degli agrimensori,

nell’uso di una terminologia legale assolutamente competente, in merito al diritto di coercizione.

64 Warmington 1953, 40: “ lex data, ‘law given’, or charter, is a series of official directions about

constitution and rights, delivered to other people by a Roman official having imperium or state authority; in most cases such regulations were never submitted to the Roman people in assembly”.

65 La fondazione di una colonia era un procedimento piuttosto complesso e uniforme. Erano i comitia

tributa ad eleggere i tre membri della commissione coloniale, i Tresviri coloniae deducendae, dopo che

un tribuno aveva proposto e fatto approvare la legge per la deduzione di una colonia. Questi poi dovevano occuparsi di tutta la procedura, ossia fare arruolare i futuri coloni, accompagnarli alla colonia, e lì organizzare e “costruire” la colonia stessa. Dovevano ispezionare il territorio, suddividerlo in lotti da assegnare ai coloni, e fare della colonia un vero e proprio organismo funzionante. Dopo queste difficili e lunghe operazioni, ma prima di andarsene, lasciavano alla colonia il suo ordinamento giuridico, la lex

data, appunto, che quindi non era una serie di norme che la colonia si dava autonomamente, ma che