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CAPITOLO 2: INARI ŌKAM

7. Agricoltori e mercant

Questa separazione tra Inari e il ta no kami tuttavia non deve sembrare definitiva, né databile. La classe dei mercanti iniziò ad innalzarsi solo nel periodo Edo, ma non si può affermare che sia stato solo allora che Inari abbia acquisito la sua indipendenza dal riso concepito unicamente come alimento. Il carattere conciliativo dei giapponesi non avrebbe permesso una separazione netta tra le due figure, e sarà perciò sempre difficile stabilire dei confini chiari tra credenze e tradizioni. La convivenza dello shintoismo e del buddhismo, senza contare tutte le altre correnti filosofiche introdotte in Giappone con gli anni, è una dimostrazione di questo carattere.

Se non si può determinare quando, precisamente, o persino se sia mai davvero avvenuta una separazione tra Inari e il ta no kami e un’associazione del primo con la classe dei mercanti, si può tuttavia osservare che quest’associazione sia in effetti avvenuta. Come è stato illustrato nel primo capitolo, il ta no kami ha delle specificità per cui viene invocato in alcune occasioni in particolare, ma sempre da parte dei contadini, i nōmin 農民. Inari, invece, è interpellato da

mercanti, shōnin 商人. Ad esempio, durante i tre giorni al mese in cui i venditori ambulanti

avevano la possibilità di effettuare la loro attività di vendita in una certa zona della città di Edo, venivano distribuite da un sacerdote e due rappresentanti delle comunità vicine le offerte fatte

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dai fedeli a Inari. Gran parte di queste offerte veniva attribuita proprio al santuario di Inari o comunque al suo culto108. Inoltre, ancora oggi «quasi tutti i negozi giapponesi hanno un santuario di Inari in miniatura proprio sul posto di lavoro»109.

Le preghiere per la prosperità della propria attività commerciale o per la propria azienda sono anche una delle “sette tradizioni misteriose del monte Inari”, Inari yama no nana fushigi 稲 荷 山 の 七 不 思 議 , nelle quali credono molto soprattutto coloro che si recano in pellegrinaggio al monte Inari. In particolare fa riferimento agli affari il neagari no matsu 値上

がりの松, il “pino dalle radici sollevate”:

Il significato di “pino dalle radici sollevate” deriva da un gioco di parole. L’albero ha ricevuto questo nome perché le sue radici (ne) si sollevano (agaru) di circa 90 centimetri rispetto al terreno. Ne-agari è

un omonimo per “sollevare una richiesta (negai)” e anche “innalzamento dei prezzi (nedan)”, quindi le preghiere qui sono considerate come particolarmente efficaci, soprattutto per uomini d’affari.110

Il connubio con la classe dei mercanti è piuttosto logico anche da un altro punto di vista, che non ha a che vedere con l’associazione con il denaro in senso stretto, ma con il modo in cui la ricchezza viene ottenuta. Durante il periodo Tokugawa, i mercanti erano la classe inferiore nel sistema shinōkōshō 士農工商, ovvero la quadripartizione della società in samurai, contadini,

artigiani e mercanti, in questo rigido ordine di importanza. Il motivo della posizione dei mercanti, che non erano nemmeno chiaramente distinti dagli artigiani, deriva dal fatto che

108 Guillaume CARRÉ, Fêtes et logiques territoriales dans les quartiers d'Edo au XIXe siècle, Annales. Histoire,

Sciences Sociales, 58e Année, No. 5 (Sep. - Oct., 2003), p. 1063.

109 OPLER e SEIDO-HASHIMA, The Rice Goddess and the Fox…, cit., p. 45. Mia la traduzione.

110 Karen Ann SMYERS, Inari Pilgrimage. Following One’s Path of the Mountain, Japanese Journal of Religious

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l’economia giapponese allora si basava principalmente sulla produzione agricola111. Il potere

di samurai e contadini si basava sul possesso della terra, ma quello dei mercanti non aveva nulla a che fare con quest’ultima. In un’ottica in cui la comunità, come abbiamo visto, ha una certa centralità, la mentalità del mercante, che non produce nessun servizio se non ricchezza per se stesso, non è particolarmente apprezzabile. La marginalità della classe dei mercanti tuttavia aveva anche i suoi vantaggi: non dovendo sottostare a certe regole, potevano dedicarsi ad attività come la finanza o il commercio. Proprio questa libertà d’azione fu il fulcro della loro ribalta. Ingraziandosi i signori feudali e mettendo loro a disposizione dei servizi come il commercio, che questi non avevano la possibilità di ingaggiare, divennero indispensabili per l’economia112. Tuttavia, «influenzati dai samurai, il mercante di Edo ammirava principalmente

lo spirito e l’impresa, anche quando anti-sociale»113.

Ancora una volta, Inari è associato a una categoria sociale liminale, la cui condotta non è condivisibile o auspicabile114, soprattutto se si pensa agli sperperi a cui gli appartenenti a questa classe si dedicavano, frequentando assiduamente i quartieri di piacere della città. Il ta no kami non avrebbe potuto rappresentare una simile categoria, che non preservava affatto i valori tradizionali della società come faceva, invece, la classe dei contadini. I contadini erano una classe che, oltre a perseguire uno stile di vita accettabile, formava una comunità, con i suoi riti e le sue abitudini condivise. I mercanti, invece, non erano altrettanto omogenei. Se l’attività del contadino è scandita da ritmi regolari, quella dei mercanti non è altrettanto stabile. Una personalità ambigua come quella di Inari ben si adattava a una classe simile, più sregolata e incontrollabile. Questo non significa che i contadini o altri membri della società non avrebbero

111 Charles D. SHELDON, Merchants and Society in Tokugawa Japan, Modern Asian Studies, Vol. 17, No. 3

(1983), p. 477.

112 Ibid., p. 479.

113 Ibid., p. 483. Mia la traduzione.

114 Che qualcuno desiderasse essere un mercante o meno, comunque, non aveva importanza. Le quattro classi

infatti erano rigidamente chiuse e non era possibile passare da una all’altra. Il proprio ruolo lo si ereditava alla nascita, tanto che era diffuso il detto “La prole di un rospo è un rospo. La prole di un mercante è un mercante” o ancora “Conosci il tuo posto nella vita!” (SHELDON, Merchants and society…, cit., p. 478).

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mai fatto appello ad Inari in caso di bisogno. Come vedremo nel quarto capitolo, il suo intervento era indispensabile in caso di possessione da parte di una volpe. Inoltre, anche i signori locali, i daimyō 大 名 , avevano una grande considerazione per questo kami, e

contribuirono a diffonderne il culto115.

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CAPITOLO 3:

DAKINITEN