• Non ci sono risultati.

CREDITO

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 197-0)

La più grave crisi finanziaria mondiale dalla Grande Depressione. Il settore del credito è stato causa e vittima nello stesso tempo della più pesante crisi finanziaria che si è abbattuta sull’economia mondiale dalla fine degli anni trenta del secolo scorso.

Tutto ha inizio negli Stati Uniti d’America, quando si forma la cosiddetta “Bolla immobiliare”. Tra il 2000 e la prima metà del 2006 il prezzo delle abitazioni sale considerevolmente. Questa situazione, in un contesto di forte calo dei tassi d’interesse, soprattutto tra il 2001 e 2004, fa da volano ad un’ampia e crescente concessione di mutui immobiliari da parte delle istituzioni finanziarie. L’operazione appare a basso rischio, in quanto il valore dei mutui concessi è inferiore a quello dell’immobile e ciò costituisce garanzia per il mutuante a fronte di eventuali insolvenze. La possibilità di registrare ampi profitti dall’attività di credito immobiliare ha reso disponibile sul mercato un’ampia offerta, che ha visto progressivamente aumentare il rapporto tra ammontare del mutuo concesso e valore dell’immobile e ridursi le garanzie creditizie richieste ai mutuatari. Da questa condizione di mercato trae origine l’eccezionale ammontare concesso di mutui ad alto rischio (subprime). A questa situazione si sommano le cartolarizzazioni. L’istituto che ha concesso il mutuo lo cede a una “società veicolo”, liberandosi del rischio dell’eventuale insolvenza e incassando liquidità, che consente di concedere altri prestiti. Le “società veicolo” cominciano a emettere obbligazioni, garantendole con le rate dei mutui presi in carico. Queste operazioni, che nascondevano non pochi rischi, vengono facilitate dalla promozione fatta dalle agenzie di rating, che le giudicano molto sicure, favorendone la diffusione nel mondo. La situazione comincia ad incrinarsi quando i tassi d’interesse statunitensi riprendono a risalire dal 2004, rendendo i mutui più onerosi e difficili da ripagare. Nel 2006 la corsa dei prezzi delle case si ferma e nell’anno successivo inizia il riflusso. Le banche cominciano a registrare perdite sempre più ampie a causa dell’insolvenza di numerosi mutuatari ad alto rischio e del calo dei prezzi delle case, con riflessi sul sistema della cartolarizzazioni, che comincia ad entrare in crisi. I titoli emessi a fronte dei mutui subprime iniziano a generare perdite, con conseguente drastica riduzione del loro valore sul mercato finanziario. Le banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo cominciano a trovarsi in forte difficoltà, dando l’avvio alla più grave crisi finanziaria del secondo dopoguerra. Nell’estate del 2007 iniziano le tensioni sui tassi. Si ha una crisi sia di fiducia che di liquidità. I prestiti tra le banche cominciano a diradarsi, generando una crisi di liquidità che si estende ai mercati finanziari, provocando diffusi cali nelle borse mondiali. La necessità di salvaguardare la liquidità disponibile induce le banche ad una restrizione del credito (credit crunch) verso le imprese e le famiglie per limitare gli impieghi di liquidità.

Gli effetti sulle principali istituzioni finanziarie mondiali sono devastanti. Nel settembre 2008 fallisce il colosso bancario statunitense Lehman Brothers, che ha accumulato debiti per circa 613 miliardi di dollari. Merrill Linch viene inglobata da Bank of America. AIG e Fannie&Freddie finiscono in amministrazione controllata dallo Stato. Bear Stearns viene acquisita da JP Morgan. Il gruppo belga-olandese Fortis viene salvato solo grazie all’azione congiunta dei governi del Benelux.

La crisi finanziaria globale induce governi e istituzioni monetarie a intervenire massicciamente, al fine di restituire un po’ di fiducia ai mercati. Vengono ridotti i tassi d’interesse e stanziati fondi per evitare il collasso del sistema bancario. Secondo uno studio di Mediobanca R&S sui piani governativi di stabilizzazione finanziaria delle banche, in Europa l'esposizione netta complessiva dei governi a fine 2009 è ammontata a 1.028 miliardi di euro, a fronte dei 1.968 miliardi di dollari erogati negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno ampiamente superato l'Europa per quanto concerne il numero degli istituti destinatari degli interventi: 838 contro 66 a fine 2009. Gli interventi si sono per lo più esplicati in garanzie pubbliche sugli attivi o sui passivi e, in qualche caso, in iniezioni di capitale. Nel corso del 2009 i governi inglese e tedesco sono stati quelli più impegnati sul fronte della stabilizzazione finanziaria rispettivamente con 711 miliardi e 171 miliardi di euro, seguiti dall'Olanda, che ha impegnato 62 miliardi di euro. In Italia gli interventi sono risultati relativamente

limitati, con un ammontare di 4,1 miliardi di euro, pari allo 0,4 per cento del totale. I cosiddetti Tremonti bond sono stati erogati ad appena quattro istituti bancari e nessuno di essi aveva la sede amministrativa in Emilia-Romagna. La relativa limitatezza dei fondi stanziati dal governo italiano deriva dal fatto che nel nostro Paese le perdite del sistema finanziario sono state meno pesanti, grazie alla scarsa penetrazione della cartolarizzazione dei mutui ad alto rischio.

Tavola 13.1 – Prestiti bancari per settore di attività economica. Emilia-Romagna (1).

(variazioni percentuali sui 12 mesi)

Imprese

Piccole (2) Imprese

Amministra- finanziarie famiglie Famiglie

zioni assicura- Medio- produt-

Consu-Periodi pubbliche tive Totale grandi trici (3) matrici Totale

dic. 2008 5,4 8,0 7,4 8,3 3,5 5,4 3,0 6,3

dic. 2009 -0,4 10,1 -3,7 -4,0 -2,2 0,2 1,8 -1,1

mar. 2010 -0,2 10,7 -4,0 -4,8 -0,6 1,2 3,0 -0,9

giu. 2010 2,4 19,8 -2,8 -3,6 0,9 2,3 3,0 0,7

set. 2010 1,4 16,7 0,6 0,2 2,4 3,7 3,8 2,9

dic. 2010 0,8 11,0 2,5 2,5 2,8 4,7 4,1 3,7

(1) Dati di fine periodo riferiti alla residenza della controparte. I prestiti escludono i pronti contro termine attivi e le sofferenze. Il totale include anche le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate.

(2) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti.

(3) Società semplici, società di fatto e imprese individuali fino a 5 addetti.

Fonte: segnalazioni statistiche di vigilanza (rapporto Banca d’Italia).

La crisi finanziaria si estende all’economia reale, generando cali di produzione e investimenti, con pesanti riflessi sull’occupazione e quindi sui consumi, in una sorta di effetto domino di grandi proporzioni. E’ il 2009 che sconta i maggiori effetti della crisi. In Italia la produzione industriale, corretta per i giorni lavorativi, scende su base annua del 17,6 per cento rispetto all’anno precedente, mentre il fatturato, al netto dell’aumento dei prezzi alla produzione, si riduce del 14,0 per cento.

Stessa sorte per gli ordini che appaiono in calo del 22,5 per cento. La Cassa integrazione guadagni di matrice anticongiunturale supera i 513 milioni di ore, superando di sei volte il quantitativo del 2008. Il Pil diminuisce del 5,2 per cento e si tratta del peggiore risultato dal 1971, mentre la disoccupazione sale al 7,8 per cento rispetto al 6,7 per cento del 2008 e 6,1 per cento del 2007.

Nel 2010 l’economia mondiale torna a crescere, dopo le turbolenze del 2009, ma è una crescita disomogenea da area ad area, permeata da squilibri finanziari dovuti agli elevati deficit di taluni paesi, specie dell’Europa monetaria.

Al moderato incremento dell’Unione monetaria (+1,8 per cento), si contrappongono le performance dei paesi emergenti e in via di sviluppo (+7,4 per cento), trainati dalle locomotive cinese (+10,3 per cento) e indiana (+10,4 per cento). Un mondo insomma a due velocità, una parte su una topolino, l’Europa, e l’altra su una fuoriserie.

Il quadro del credito regionale offerto dalla statistiche della Banca d’Italia, come vedremo diffusamente in seguito, ha riflesso la ripresa dell’economia, ma la crisi economica ha continuato a fare sentire i suoi effetti sulle sofferenze e i finanziamenti deteriorati, mentre per i depositi è emerso un ridimensionamento.

Il finanziamento dell’economia.

I prestiti bancari. - Secondo quanto riportato dal rapporto della Banca d’Italia di cui proponiamo ampi stralci, dalla primavera del 2010 i prestiti hanno mostrato segnali di ripresa, ricalcando la moderata ripresa del ciclo produttivo dell’industria in senso stretto emersa dalle indagini congiunturali del sistema camerale. Quelli “vivi”, ovvero al netto delle sofferenze e delle operazioni pronti contro termine attivi, a dicembre sono cresciuti di quasi il 4 per cento rispetto a 12 mesi prima (-1,1 a dicembre 2009). I prestiti alle famiglie hanno continuato a espandersi su ritmi contenuti mentre quelli alle imprese hanno registrato un’accelerazione connessa con la moderata ripresa economica in atto.

Il credito alle famiglie. – I prestiti alle famiglie consumatrici, comprensivi di quelli erogati dalle società finanziarie, sono cresciuti nel 2010 del 4 per cento, vale a dire un punto percentuale in più rispetto a un anno prima. Al rallentamento del credito al consumo, apparso più accentuato per i prestiti concessi dalle società finanziarie, si è contrapposta una moderata accelerazione dei mutui bancari per l’acquisto di abitazioni. Sul primo andamento ha inciso la debolezza dei consumi delle famiglie e in particolare la flessione degli acquisti di autoveicoli dovuta all’assenza di incentivi alla rottamazione. La moderata crescita dei mutui è invece spiegata anche dal permanere dei tassi su livelli contenuti, nonostante la crescita avvenuta nei confronti del 2009. Nel 2010 le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni sono cresciute del 5 per cento, con una forte ricomposizione verso la componente a tasso variabile, che ha rappresentato circa il 90 per cento del totale a fronte del 77 per cento dell’anno precedente.

Figura 13.1 – Credito al consumo per abitante al 31 dicembre 2010. Banche e Finanziarie.

2.535

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Banca d’Italia e Istat (popolazione al 30 giugno 2010).

In base alle informazioni tratte dalla Regional Bank Lending Survey (RBLS) e relative ai principali intermediari bancari che offrono mutui a clientela residente in regione, nel 2010 il rapporto tra il valore del mutuo e quello dell’immobile (loan to value ratio) si è attestato al 63 per cento, uguagliando il livello di un anno prima. La durata media dei nuovi mutui erogati è stata di poco

inferiore ai 22 anni, mentre l’incidenza della rata del mutuo sul reddito familiare al momento dell’erogazione si è collocata appena al di sopra del 30 per cento. Anche in questo caso, gli indicatori non sono variati in misura significativa rispetto ai livelli osservati nel 2009.

Il credito al consumo erogato da banche e intermediari finanziari è ammontato a fine 2010 a quasi 7 miliardi di euro. Se rapportiamo tale somma alla popolazione residente a metà anno possiamo notare che l’Emilia-Romagna si è collocata nella fascia delle regioni meno indebitate, con un rapporto pro capite di 1.579 euro, rispetto alla media nazionale di 1.885 euro. Solo tre regioni (vedi figura 13.1), vale a dire Marche, Veneto e Trentino-Alto Adige hanno registrato livelli di indebitamento inferiori. Ai vertici della graduatoria nazionale si è collocata la Sardegna con 2.535 euro per abitante, seguita da Sicilia (2.366), Lazio (2.292) e Calabria (2.089).

Il credito alle imprese. – A dicembre 2010 i prestiti bancari al settore produttivo sono cresciuti del 2,5 per cento dopo la flessione del 3,7 per cento registrata un anno prima (tav. 13.1). Considerando anche il credito erogato dalle società finanziarie, si è passati da una contrazione del 3,2 per cento a una moderata crescita dello 0,5 per cento.

Sebbene in misura più contenuta rispetto a un anno prima, è proseguita la contrazione dei prestiti al settore manifatturiero indotta anche dalla perdurante debolezza degli investimenti industriali, il cui livello è apparso ancora basso, nonostante la crescita evidenziata rispetto al 2009. Il calo è stato più accentuato nel tessile e abbigliamento e nella fabbricazione di macchinari (-12,3 e -6,6, rispettivamente; tav. 13.2) e più lieve nel settore alimentare. Nel comparto dei prodotti elettrici ed elettronici, al contrario, il credito ha registrato una forte espansione (13,3 per cento). I finanziamenti alle imprese dei servizi hanno mostrato un moderato incremento dopo la flessione di un anno prima: nel commercio e trasporto e magazzinaggio hanno sostanzialmente ristagnato, mentre nel comparto alberghiero e della ristorazione hanno registrato un modesto aumento. La diminuzione dei livelli di attività nel comparto immobiliare, come illustrato nel capitolo dedicato all’industria edile, si è riflessa in un ulteriore rallentamento dell’erogazione del credito al settore delle costruzioni (dal 2,3 allo 0,4 per cento) e delle attività immobiliari (dal 3,6 per cento all’1,4 per cento).

I finanziamenti collegati alla gestione del portafoglio commerciale (anticipi e altri crediti auto liquidanti) hanno mostrato un recupero più accentuato rispetto alle altre forme tecniche, che si può ascrivere alla ripresa del fatturato delle imprese. I prestiti a scadenza protratta, a eccezione del leasing, hanno avuto un lieve incremento riconducibile più alle ristrutturazioni del debito delle imprese che alla domanda di finanziamenti connessa all’accumulazione di capitale.

L’analisi su circa 20 mila imprese della regione, per le quali si dispone sia dei dati di bilancio sia delle segnalazioni bancarie alla Centrale dei rischi, mostra che durante la crisi l’andamento dei prestiti ha seguito dinamiche diverse in funzione della rischiosità delle imprese. Nel momento più acuto della fase recessiva si sono ridotti soprattutto i prestiti a quelle classificate ad alto rischio sulla base dei rating assegnati dalla Centrale dei Bilanci e contraddistinte da una minore redditività e da un rapporto più elevato tra l'indebitamento e i mezzi propri. Nel 2010 è proseguita la flessione del credito erogato a tali aziende, in atto dalla prima parte del 2009, mentre quello destinato alle imprese meno rischiose è tornato a crescere a tassi superiori al 5 per cento. Tali dinamiche hanno riflesso anche le politiche di offerta delle banche e, in particolare, le condizioni più restrittive applicate alle imprese ritenute più rischiose. La più accentuata riduzione dei finanziamenti a queste ultime ha riguardato sia le banche grandi sia gli intermediari di minore dimensione.

Nel corso della crisi, alla riduzione dei prestiti si è accompagnata la richiesta di maggiori garanzie.

Alla fine del 2010, la quota di finanziamenti assistiti da garanzie reali, in larga parte ipotecarie, è ulteriormente cresciuta al 28,6 per cento, circa un punto percentuale in più rispetto a un anno prima e oltre 4 punti rispetto al 2008. L’incremento ha riguardato tutte le tipologie di imprese sebbene sia stato più accentuato per quelle più rischiose: a dicembre 2010 la quota di finanziamenti assistiti da garanzie reali era del 37 per cento, circa 6 punti percentuali in più rispetto a due anni prima. Per le imprese classificate a basso rischio, la quota era inferiore al 19 per cento e in crescita di 3,6 punti percentuali.

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 197-0)