• Non ci sono risultati.

INDUSTRIA IN SENSO STRETTO

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 106-123)

La struttura del settore. L’industria in senso stretto (estrattiva, manifatturiera, energetica,) dell’Emilia-Romagna si articolava a fine 2010 su 49.635 imprese attive (11,6 per cento del totale) e su un'occupazione valutata, secondo l’indagine sulle forze di lavoro, in circa 519.000 addetti, di cui circa 458.000 alle dipendenze, equivalenti al 26,8 per cento del totale degli occupati (20,0 per cento in Italia). Secondo Prometeia, il valore aggiunto del 2010 è ammontato, a valori correnti, a 30 miliardi e 613 milioni di euro, con un contributo alla formazione del valore aggiunto ai prezzi di base totale, equivalente al 25,0 per cento (19,0 per cento in Italia). Nel 2010 l’export è ammontato a circa 41 miliardi e 266 milioni di euro, equivalenti al 12,7 per cento del totale nazionale.

Un altro connotato del settore è rappresentato dalla forte diffusione delle imprese artigiane. A fine 2010 quelle attive erano 32.499 sulle 349.827 del Paese, prevalentemente concentrate nella fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo (escluse le macchine), alimentari e di prodotti della moda. L’incidenza dell’artigianato sul totale delle imprese è stata del 65,5 per cento, più elevata del valore medio nazionale del 63,0 per cento.

L’evoluzione del reddito. Il valore aggiunto ai prezzi di base del 2010, comprendendo i comparti energetico ed estrattivo, secondo lo scenario di Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia divulgato a fine maggio, è aumentato in termini reali del 4,7 per cento rispetto al 2009, recuperando solo parzialmente sulla pesante flessione del 15,6 per cento rilevata nell’anno precedente, che seguiva il calo del 5,1 per cento del 2008. Nei tre anni successivi il valore aggiunto dovrebbe continuare a crescere, ma su ritmi più contenuti rispetto al 2010. Per tornare ai livelli precedenti la crisi, la più grave dopo il crollo di Wall Street del 1929, bisognerà attendere gli anni successivi, a dimostrazione di come la crisi abbia inciso pesantemente sul volume produttivo.

L’andamento congiunturale. Nel 2010 le indagini congiunturali condotte dal sistema camerale nelle imprese fino a 500 dipendenti hanno evidenziato l’inversione del ciclo negativo che aveva avuto inizio nel secondo trimestre del 2008.

La ripresa ha cominciato a manifestarsi dalla primavera. Ad un primo trimestre segnato da una diminuzione tendenziale del 2,7 per cento, è seguita una fase di progressiva crescita, culminata nell’incremento del 4,2 per cento degli ultimi tre mesi.

Le variazioni trimestrali sono sfociate in un incremento medio annuo dell’1,7 per cento rispetto all’anno precedente (+1,3 per cento in Italia), che ha recuperato solo una minima parte delle diminuzioni dell’1,5 e 14,1 per cento rilevate rispettivamente nel biennio 2008-2009. All’aumento della produzione è corrisposto un analogo andamento per il grado di utilizzo degli impianti (dal 66 al 70,8 per cento), che è tuttavia rimasto al di sotto del livello pre-crisi.

La maggioranza dei settori ha contribuito alla crescita generale della produzione. Le eccezioni sono venute da un settore aciclico per eccellenza quale quello alimentare, che ha registrato una diminuzione annua dello 0,4 per cento, e dal gruppo della moda (-2,2 per cento), la cui uscita dalla fase recessiva è avvenuta soltanto negli ultimi tre mesi.

Il maggiore concorso alla crescita generale è venuto dai settori legati alla metalmeccanica. Le industrie della meccanica, elettricità e mezzi di trasporto hanno registrato una crescita media annua del 3,1 per cento, dopo la pesante flessione del 15,1 per cento accusata nel 2009. L’inversione del ciclo trova una spiegazione nella spiccata propensione al commercio estero del settore, che ha tratto linfa dalla ripresa degli scambi internazionali.

Le industrie dei metalli che comprendono larga parte della subfornitura, hanno registrato un aumento del 2,7 per cento, dopo la straordinaria flessione del 23,7 per cento registrata nel 2009. Il settore ha cominciato a dare segni di ripresa dal secondo trimestre, interrompendo la fase recessiva che durava dall’estate del 2008. Nei restanti settori gli incrementi sono risultati piuttosto contenuti.

L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” che comprende, fra gli altri, i comparti ceramico, chimico, carta-stampa-editoria e gomma-materie plastiche, ha registrato una crescita annuale ancora debole (+0,8 per cento) e lo stesso è avvenuto per il settore del legno e mobili (+0,4 per cento).

Sotto l’aspetto della dimensione, la ripresa dell’attività produttiva ha toccato solo le imprese più strutturate. La piccola dimensione, fino a nove dipendenti, ha invertito il ciclo negativo in atto dai primi tre mesi del 2008 solo dall’estate, chiudendo il 2010 con una diminuzione annuale della produzione pari all’1,4 per cento, che si è sommata alle flessioni del 14,7 e 2,4 per cento registrate rispettivamente nel 2009 e 2008. Il basso profilo delle piccole imprese dipende in gran parte dalla scarsa apertura al commercio estero, e quindi dalle minori opportunità offerte dalla ripresa degli scambi internazionali. La media impresa, da dieci a quarantanove dipendenti, ha chiuso il 2010 con un bilancio produttivo moderatamente positivo. L’inversione del ciclo negativo in atto dall’estate del 2008, avvenuta nel secondo trimestre, ha consentito di accrescere la produzione dell’1,1 per cento, interrompendo la fase recessiva del biennio 2008-2009, segnato da flessioni della produzione rispettivamente pari all’1,3 e 16,6 per cento. Le grandi imprese da 50 a 500 dipendenti hanno colto maggiormente le opportunità venute dalla ripresa degli scambi internazionali, in virtù della elevata propensione al commercio estero, rappresentata da una quota di imprese esportatrici prossima al 60 per cento del totale. Il 2010 si è chiuso con una crescita della produzione prossima al 3 per cento, che ha parzialmente recuperato sulle flessioni del 12,4 e 1,4 per cento registrate rispettivamente nel 2009 e 2008.

Tavola 7.1 – Industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente.

Prezzi Prezzi Mesi di praticati praticati produzione alla clientela alla clientela assicurati su mercato su mercato

Produzione Fatturato % % Ordinativi Esportazioni dal portaf. interno estero

Anni Var.% su Var.% di vendite Imprese Var.% su Var.% ordini Var.% su Var.%

anno preced. anno preced. all'estero esportat. anno preced. anno preced. (mesi) anno preced. anno preced.

2003 -1,6 -1,9 46,5 14,6 -2,1 -0,3 3,1 -

-2004 -0,5 -0,4 46,7 11,9 -0,5 1,3 3,2 -

-2005 -0,9 -0,5 43,6 21,4 -0,8 1,0 3,2 -

-2006 2,3 2,7 44,6 26,3 2,5 3,4 3,3 -

-2007 2,1 2,2 41,0 26,8 2,1 3,5 3,8 1,2 1,2

2008 -1,5 -1,0 41,8 25,2 -1,9 1,3 3,5 0,9 0,9

2009 -14,1 -14,3 40,6 27,3 -14,4 -7,9 1,8 -1,6 -1,1

2010 1,7 1,8 41,4 23,3 2,0 2,9 2,4 -0,2 0,1

Fonte: Indagine congiunturale del sistema camerale. Imprese fino a 500 dipendenti.

Alla ripresa produttiva si è associato un analogo andamento del fatturato, che è cresciuto dell’1,8 per cento rispetto al 2009, ma anche in questo caso si è trattato di un parziale recupero della straordinaria flessione riscontrata nel 2009 (-14,3 per cento). La moderata ripresa delle vendite è avvenuta in una politica di sostanziale stabilità dei prezzi praticati alla clientela, che si è esplicata in una diminuzione dello 0,2 per cento verso il mercato interno e in un timido aumento verso quello estero (+0,1 per cento). Nel Paese è stata registrata una crescita del fatturato meno elevata (+1,1 per cento), che ha fatto seguito alla pesante flessione del 13,1 per cento rilevata nel 2009, il tutto in uno scenario di stabilità dei prezzi praticati alla clientela. La stasi dei prezzi di vendita è abbastanza emblematica della necessità delle imprese di rimanere competitive, anche a costo di decurtare i profitti, in attesa di tempi migliori. Se la ripresa avviata dalla primavera si consoliderà, dovremmo assistere a una progressiva risalita dei prezzi praticati alla clientela.

Come osservato per la produzione, è nel secondo trimestre che ha preso piede l’inversione della tendenza negativa in atto dall’estate del 2008, con incrementi tendenziali che sono apparsi via via più sostenuti, fino a culminare nella crescita tendenziale del 3,8 per cento dell’ultimo trimestre.

Sotto l’aspetto settoriale, vale quanto osservato per la produzione. Gli aumenti relativamente più ampi del fatturato hanno riguardato le imprese del composito settore metalmeccanico. Nelle industrie dei metalli, nelle quali è assai diffusa la subfornitura, è stato registrato l’incremento su

base annua più sostenuto (+3,3 per cento), ma occorre sottolineare che il settore aveva accusato una flessione delle vendite nel 2009 superiore al 24 per cento. In ripresa sono apparse anche le industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, le cui vendite sono cresciute del 2,9 per cento, a fronte della pronunciata flessione del 15,5 per cento rilevata nel 2009. Le industrie alimentari hanno confermato la propria aciclicità, evidenziando una diminuzione del fatturato pari allo 0,2 per cento, che si è aggiunta al calo dell’1,7 per cento dell’anno precedente. Nei rimanenti ambiti settoriali, spicca la diminuzione del 2,0 per cento delle industrie della moda, la cui ripresa è avvenuta con due trimestri di ritardo rispetto agli altri settori. Nelle industrie del legno e mobili e nelle ”altre industrie” gli incrementi del fatturato hanno ricalcato il basso profilo della produzione, con incrementi rispettivamente pari allo 0,3 e 0,7 per cento.

Tavola 7.2 – Produzione dei settori dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna. Variazione percentuale sull’anno precedente. Periodo 2003 – 2010.

Tessili, Meccaniche, Totale

Alimentari abbiglia- elettriche Altre industria

Industrie dei e mento Legno e mezzi di industrie in senso

Anni metalli bevande cuoio, calzature e mobili trasporto manifattur. stretto

2003 -3,0 0,2 -6,9 -0,9 -0,8 -0,3 -1,6

2004 0,5 -0,7 -7,2 3,5 0,3 -0,1 -0,5

2005 -1,6 -0,4 -5,4 -0,6 0,8 -1,0 -0,9

2006 4,3 1,2 1,1 -0,4 2,5 1,5 2,3

2007 2,7 1,2 -0,6 0,6 3,6 0,9 2,1

2008 -2,5 0,8 -3,5 -2,6 -0,5 -2,6 -1,5

2009 -23,7 -1,1 -11,4 -13,9 -15,1 -11,6 -14,1

2010 2,7 -0,4 -2,2 0,4 3,1 0,8 1,7

Fonte: Indagine congiunturale del sistema camerale. Imprese fino a 500 dipendenti.

L’evoluzione del fatturato per dimensione d’impresa ha ricalcato l’andamento descritto precedentemente in merito alla produzione. La crescita delle vendite è stata infatti determinata dalle classi dimensionali più strutturate. Le medie imprese, da 10 a 49 dipendenti, hanno registrato un aumento delle vendite dell’1,2 per cento, in lenta risalita rispetto alla caduta del 15,5 per cento dell’anno precedente. Le imprese più grandi, da 50 a 500 dipendenti, hanno accresciuto il proprio fatturato del 2,8 per cento, ma anche in questo caso siamo di fronte a un parziale recupero della flessione del 13,6 per cento accusata nel 2009. Nelle piccole imprese da 1 a 9 dipendenti il fatturato è invece diminuito dell’1,1 per cento, in aggiunta alla pesante flessione del 14,1 per cento rilevata nel 2009. L’inversione di tendenza in atto dall’estate, con tre mesi di ritardo rispetto alle altre classi dimensionali, è risultata piuttosto debole e non in grado di far chiudere l’anno con un bilancio positivo.

Un ulteriore contributo all’analisi dell’evoluzione del fatturato viene dall’indagine congiunturale dell’Osservatorio sulle micro e piccole imprese. Sotto questo aspetto il fatturato totale dell’industria manifatturiera ha dato segni di ripresa (+7,3 per cento), recuperando tuttavia solo parzialmente sulla flessione accusata nel 2009 (-22,0 per cento). E’ emersa in sostanza una tendenza meglio intonata rispetto a quanto indicato dall’indagine del sistema camerale. Le analogie hanno riguardato i tempi della ripresa che ha avuto inizio dalla primavera, in linea con l’andamento generale rilevato dall’indagine del sistema camerale.

Secondo l’indagine della Banca d’Italia effettuata su un campione di imprese industriali con almeno 20 addetti, nel 2010 il fatturato è cresciuto del 6,3 per cento in termini nominali, meno della media del Nord Est e di quella nazionale. L’aumento è apparso più intenso per le imprese esportatrici.

Alla crescita di produzione e vendite non è stata estranea la domanda. Il 2010 si è chiuso con un incremento degli ordini complessivi pari al 2,0 per cento (+1,6 per cento nel Paese), dopo due anni

caratterizzati da diminuzioni apparse piuttosto pronunciate soprattutto nel 2009 (-14,4 per cento).

Come osservato per produzione e fatturato, è dal secondo trimestre che ha preso piede l’inversione del ciclo negativo in atto dall’estate del 2008. La crescita è andata irrobustendosi con il passare dei mesi, fino a culminare nell’aumento del 4,1 per cento dell’ultimo trimestre.

L’andamento settoriale ha riproposto nella sostanza quanto commentato in merito a produzione e fatturato. Anche in questo caso l’andamento meglio intonato è venuto dalle industrie legate al metalmeccanico, che sono quelle più orientate al commercio estero. La crescita annuale più sostenuta, pari al 3,5 per cento, è venuta dalle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto, dopo che nel 2009 era stata registrata una flessione del 16,1 per cento. Le industrie dei metalli, che comprendono buona parte delle lavorazioni meccaniche in subfornitura, hanno visto salire la domanda del 3,1 per cento, recuperando tuttavia solo in minima parte sulla caduta accusata nel 2009 (-24,4 per cento). Negli altri ambiti settoriali, le industrie alimentari hanno nuovamente confermato la loro “impermeabilità” ai cicli sia positivi che negativi, evidenziando una diminuzione prossima all’1 per cento, che si è sommata al calo dell’1,5 per cento del 2009. Le industrie della moda hanno accusato una diminuzione prossima al 2 per cento, che ha appesantito la forte diminuzione dell’11,8 per cento rilevata un anno prima. Il settore del legno e mobile in legno non ha evidenziato alcuna variazione, confermando la situazione negativa emersa nel 2009 (-13,3 per certo). L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” che comprendono, tra gli altri, i comparti ceramico, chimico, carta-stampa-editoria e gomma-materie plastiche, ha visto aumentare gli ordinativi dell’1,3 per cento, recuperando solo parzialmente sulla diminuzione del 10,9 per cento relativa al 2009.

In termini di classi dimensionali, ci si riallaccia a quanto osservato per produzione e fatturato, nel senso che l’aumento generale è stato determinato dalle sole dimensioni maggiori. Le piccole imprese, da 1 a 9 dipendenti, sono uscite dalla fase recessiva con un ritardo di tre mesi rispetto alle altre classi dimensionali, evidenziando aumenti nella seconda parte dell’anno piuttosto contenuti, non in grado di far chiudere il 2010 con un bilancio positivo (-1,0 per cento). Nelle medie imprese da 10 a 49 dipendenti la situazione è apparsa meglio intonata (+1,6 per cento), dopo la caduta degli ordini prossima al 17 per cento riscontrata nel 2009. Le grandi imprese, da 50 a 500 dipendenti, che sono quelle maggiormente orientate al commercio estero, hanno colto le opportunità offerte dalla ripresa degli scambi internazionali, registrando l’incremento più sostenuto (+3,1 per cento), ma anche in questo caso occorre nuovamente sottolineare che si è trattato di un parziale recupero della pesante situazione sofferta nel biennio 2008-2009, segnato da flessioni rispettivamente pari al 2,0 e 12,9 per cento.

In un contesto di ripresa del commercio internazionale, l’export è apparso in risalita. Al decremento dell’8,8 per cento riscontrato nel 2009, è seguita una crescita prossima al 3 per cento. In questo caso il punto di svolta del ciclo congiunturale è stato toccato nel primo trimestre (+1,9 per cento), dopo dodici mesi segnati da flessioni comprese tra il 7-9 per cento. Nei trimestri successivi gli incrementi si sono consolidati, fino ad arrivare alla crescita del 3,6 per cento che ha caratterizzato la seconda metà dell’anno. In Italia, secondo l’indagine del sistema camerale, l’incremento dell’export è risultato leggermente più contenuto (+2,7 per cento), anch’esso in contro tendenza nei confronti della flessione dell’8,8 per cento riscontrata nel 2009.

In ambito settoriale, tutti i settori, chi più chi meno, hanno contribuito alla crescita generale. Gli aumenti più sostenuti hanno nuovamente riguardato le industrie legate al sistema metalmeccanico, che sono quelle, e ci ripetiamo, più orientate al commercio estero. Quello più elevato ha riguardato le industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto (+4,0 per cento), che nel 2009 erano state tra le più colpite dalla recessione mondiale (-10,0 per cento). Le industrie dei metalli, che comprendono le lavorazioni meccaniche in subfornitura, sono tornate a crescere del 3,3 per cento, attenuando la flessione del 9,4 per cento riscontrata nel 2009. Negli altri ambiti settoriali gli aumenti delle esportazioni non sono andati oltre la soglia del 2 per cento, in un arco compreso tra il +0,6 per cento delle industrie alimentari e il +1,5 per cento dell’eterogeneo gruppo delle “altre industrie”.

Tutte le classi dimensionali hanno concorso all’aumento generale dell’export.

Quello più intenso, pari al 3,3 per cento, ha riguardato le imprese strutturalmente più orientate al commercio estero, da 50 a 500 dipendenti, che erano quelle che nel 2009 avevano maggiormente risentito della caduta del commercio internazionale. Nelle piccole imprese, da 1 a 9 dipendenti, è stata registrata la crescita più contenuta (+0,8 per cento), ma in questo caso è da sottolineare che nel 2009 erano state quelle che avevano registrato il calo più contenuto (-5,6 per cento). Nelle medie imprese da 10 a 49 dipendenti il 2010 si è chiuso con una ripresa delle vendite all’estero (+1,9 per cento), tuttavia insufficiente, al pari delle altre classi dimensionali, a colmare la flessione rilevata nell’anno precedente.

Le imprese esportatrici sono risultate circa il 23 per cento del totale. La quota di export sul fatturato si è attestata su livelli importanti (41,4 per cento), in leggero progresso rispetto al valore dell’anno precedente (40,6 per cento). Nel Paese è stata registrata una percentuale di imprese esportatrici leggermente superiore a quella dell’Emilia-Romagna, con una quota di export sul totale delle vendite superiore più elevata di circa quattro punti percentuali rispetto a quella regionale. La percentuale più elevata di imprese esportatrici è stata nuovamente riscontrata nelle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto (circa il 35 per cento), mentre quella più contenuta ha riguardato le industrie del legno e mobili (14,8 per cento), seguite da quelle alimentari (18,7 per cento). Quest’ultimo settore che nel 2010 ha destinato all’estero circa il 24 per cento del fatturato, a fronte della media generale del 41,4 per cento, sottintende potenzialità ancora inespresse, soprattutto in rapporto all’alta qualità delle proprie produzioni. Occorre tuttavia sottolineare che molto spesso vi sono regolamenti internazionali che impediscono a taluni prodotti di essere esportate ovunque. Dal lato della dimensione, sono state le aziende più grandi, da 50 a 500 dipendenti, a primeggiare, con una quota di imprese esportatrici sul totale prossima al 59 per cento.

Man mano che si riduce la dimensione d’impresa, la propensione all’export tende a decrescere, fino ad arrivare al 15,9 per cento della classe fino a nove dipendenti. Siamo di fronte a un fenomeno strutturale, tipico delle piccole imprese. Commerciare con l’estero comporta spesso oneri e problematiche che la grande maggioranza delle piccole imprese, spesso poco capitalizzate, non riesce ad affrontare.

Le vendite all'estero dell’industria in senso stretto desunte dai dati Istat - comprendono anche le imprese con oltre 500 dipendenti - sono apparse in ripresa (+15,9 per cento), recuperando parte della pesante flessione accusata nel 2009 (-23,4 per cento). Nel solo ambito metalmeccanico, che ha rappresentato circa il 55 per cento del totale dell’export, la crescita è salita al 18,1 per cento. Nei prodotti alimentari-bevande e della moda gli aumenti si sono attestati rispettivamente al 13,3 e 5,3 per cento. Segnali di ripresa sono venuti anche dagli “altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”, nei quali è compreso il comparto ceramico (+10,9 per cento).

Le giacenze di magazzino hanno tradotto anch’esse la ripresa del ciclo. La quota di imprese che le ha giudicate in esubero si è mediamente attestata all’8 per cento, in netto calo rispetto alla percentuale del 15 per cento riscontrata nel 2009. Nel contempo è aumentata dal 75 all’81 per cento la platea di imprese che le ha giudicate adeguate. La maggioranza dei settori ha registrato un ridimensionamento della quota di esuberi, con le eccezioni delle industrie alimentari e della moda.

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è ritornato sopra i due mesi, ma si è ancora distanti dai livelli precedenti la crisi del 2009, quando si era stabilmente al di sopra dei tre mesi. In Italia è stato registrato un valore più elevato pari a tre mesi, ma anche in questo caso si è rimasti al di sotto dei livelli precedenti la crisi.

I prezzi praticati alla clientela (la variabile è oggetto di rilevazione dal 2007) sono diminuiti sul mercato interno (-0,2 per cento), a fronte della moderata crescita registrata su quello estero (+0,1 per cento). Siamo di fronte ad un atteggiamento abbastanza prudente delle imprese, che continuano ad adottare politiche commerciali piuttosto attente, nonostante la ripresa della domanda. Se guardiamo all’evoluzione trimestrale, possiamo notare che i prezzi praticati alla clientela sul mercato interno sono apparsi in diminuzione fino all’estate, per poi apparire in timido recupero negli ultimi tre mesi (+0,3 per cento). Per quelli esteri è stato registrato un andamento per certi versi

analogo. Alla sostanziale stabilità dei primi nove mesi, è seguito l’incremento dello 0,5 per cento dell’ultimo trimestre. Sulla base di tali andamenti, sembra che le imprese abbiano cominciato a rialzare i prezzi solo dopo avere verificato la consistenza della ripresa, anche se non si deve trascurare l’aspetto legato ai costi, stimolati dall’evoluzione dei corsi delle materie prime.

In ambito settoriale, i prezzi praticati sul mercato interno hanno dato qualche segnale di timida risalita nelle industrie del legno e mobili e nelle “altre industrie”, mentre in tutte le altre hanno prevalso le diminuzioni, con una particolare accentuazione nel sistema moda (-1,2 per cento), che è forse quello maggiormente esposto alla concorrenza internazionale.

Per quanto concerne i prezzi praticati sul mercato estero, la prevalenza dei settori ha invece evidenziato aumenti su base annua, comunque contenuti sotto la soglia dell’1 per cento. L’unica eccezione ha riguardato le industrie alimentari (-0,5 per cento), che sono tra quelle relativamente meno influenzate dalla domanda estera.

In ambito dimensionale solo la classe da 50 a 500 dipendenti ha aumentato i prezzi praticati alla clientela rispetto al 2009, sia sul mercato interno che estero. Gli spostamenti sono risultati minimi, compresi tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento, ma in contro tendenza rispetto alle diminuzioni che avevano

In ambito dimensionale solo la classe da 50 a 500 dipendenti ha aumentato i prezzi praticati alla clientela rispetto al 2009, sia sul mercato interno che estero. Gli spostamenti sono risultati minimi, compresi tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento, ma in contro tendenza rispetto alle diminuzioni che avevano

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 106-123)