• Non ci sono risultati.

PESCA

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 101-104)

La struttura del settore. Il settore della pesca e acquacoltura dell'Emilia-Romagna si articolava a fine 2010 su 1.965 imprese attive - equivalgono a circa il 17 per cento del totale nazionale - rispetto alle 1.923 dello stesso periodo del 2009, per un incremento del 2,2 per cento, che è risultato in contro tendenza rispetto alla leggera diminuzione rilevata in Italia (-0,1 per cento). Il saldo fra imprese iscritte e cessate è risultato attivo per 27 unità, che salgono a 35 se non si tiene conto delle cancellazioni d’ufficio, che in quanto tali non hanno alcuna valenza congiunturale.

Tavola 5.1 – Valore aggiunto a prezzi correnti della branca pesca. Emilia-Romagna. Periodo 1980-2010.

Produzione Attività Attività Cons umi Valore

di beni s econdarie s econdarie Produzione intermedi aggiunto

e servizi (+) (-) della branca (compres o della branca

Periodo della pesca (a) (a) pesca sifim) pes ca

1980 48.484 0 870 47.614 23.580 24.034

1981 61.085 0 1.096 59.989 28.646 31.342

1982 71.253 0 1.278 69.974 31.391 38.583

1983 90.241 0 1.619 88.621 40.236 48.385

1984 96.573 0 1.733 94.840 40.498 54.342

1985 109.110 0 1.958 107.152 41.967 65.185

1986 124.474 0 2.233 122.240 43.099 79.141

1987 130.283 0 2.338 127.945 42.136 85.809

1988 131.325 0 2.356 128.969 44.047 84.922

1989 117.333 0 2.105 115.228 40.755 74.474

1990 124.560 0 2.235 122.325 42.423 79.902

1991 208.010 0 3.732 204.277 65.193 139.084

1992 243.071 0 4.361 238.710 71.796 166.914

1993 188.928 0 3.390 185.538 56.478 129.060

1994 188.794 0 3.387 185.406 55.862 129.544

1995 195.739 0 3.512 192.227 58.120 134.107

1996 213.081 0 3.823 209.258 50.704 158.554

1997 232.959 0 4.061 228.899 68.349 160.549

1998 152.492 0 2.376 150.116 83.518 66.598

1999 166.422 0 2.400 164.022 51.263 112.759

2000 170.110 0 2.112 167.998 52.196 115.802

2001 148.522 0 4.153 144.369 43.003 101.367

2002 127.023 0 1.642 125.381 41.717 83.664

2003 153.792 0 1.428 152.364 44.170 108.193

2004 189.522 0 1.795 187.727 46.371 141.356

2005 188.253 0 1.898 186.355 45.413 140.942

2006 125.992 0 1.101 124.891 38.875 86.016

2007 119.540 0 1.139 118.401 37.184 81.217

2008 111.231 0 1.118 110.114 40.229 69.885

2009 114.286 0 1.136 113.150 36.429 76.721

2010 121.490 0 1.241 120.249 39.321 80.928

(a) Per attività secondaria va intesa sia quella effettuata nell'ambito della branca di attività agricola e quindi non separabile, vale a dire agriturismo, trasformazione del latte, frutta e carne evidenziata con il segno (+) e sia quella esercitata da altre branche d'attività economiche nell'ambito delle coltivazioni e degli allevamenti (per esempio da imprese commerciali) che vengono evidenziati con il segno (-)

Gran parte delle imprese, esattamente 1.605, è stata costituita da ditte individuali, con una incidenza pari all’81,7 per cento del totale delle imprese attive, largamente superiore alla media generale del 59,3 per cento. Le società di persone erano 277 pari al 14,1 per cento del totale, rispetto alla media generale del 20,7 per cento. L'incidenza delle società di capitale era limitata all'1,1 per cento rispetto alla media del 17,9 per cento del Registro imprese. L’adozione nel 2009 della nuova codifica delle attività Ateco-2007 non consente di effettuare confronti di medio-lungo periodo. Se guardiamo al confronto tra il 2009 e la situazione di fine 2000, relativo alla vecchia codifica Atecori-2002, emerge relativamente alle attività della “pesca, piscicoltura e servizi connessi” una situazione in contro tendenza con quanto avvenuto a livello generale, nel senso che la forma individuale ha accresciuto il proprio peso di circa sei punti percentuali, a scapito delle forme societarie, sia di capitali che di persone. Discorso a parte per le “altre società” (includono le cooperative), la cui consistenza è salita da 57 a 58.

Del tutto marginale la presenza di imprese artigiane, appena una attiva come nel 2009.

Nel settore della pesca e acquacoltura gli stranieri con cariche (titolare, socio, amministratore, ecc.) hanno inciso in misura piuttosto modesta sul totale del settore, con una percentuale che si è attestata all’1,2 per cento (1,6 per cento in Italia), a fronte della media generale del 7,2 per cento.

L’andamento economico. Nel 2010 secondo i dati elaborati da Istat, la produzione della branca pesca è stata stimata, a valori correnti, in 120 milioni e 249 mila euro, vale a dire il 6,3 per cento in più rispetto all’importo registrato nel 2009. Anche in Italia c’è stata una crescita del valore della produzione, ma in misura più accentuata (+9,2 per cento). Se dalla produzione regionale vengono detratti i consumi intermedi sostenuti dal settore per svolgere la propria attività – sono cresciuti del 7,9 per cento rispetto al 2009 - si ha un valore aggiunto ai prezzi di base pari a quasi 81 milioni di euro, con un aumento del 5,5 per cento rispetto al 2009, anche in questo caso meno elevato rispetto a quanto registrato nel Paese (+10,9 per cento). La crescita dei ricavi rispetto al 2009, a fronte di una diminuzione quantitativa del valore aggiunto pari allo 0,7, è da attribuire alla vivacità delle quotazioni, che nell’accezione dei prezzi impliciti sono aumentate del 6,3 per cento.

La ripresa del reddito rappresenta un fatto positivo, ma si è tuttavia rivelata insufficiente ad eguagliare, quanto meno, i risultati ottenuti negli anni precedenti. Se il confronto viene eseguito sulla media del quinquennio 2005-2009 si ha una flessione del valore aggiunto dell’11,0 per cento, che sale al 19,5 per cento se si estende il confronto al decennio 2000-2009, collocando il 2010 tra le annate meno redditizie.

La produzione di beni e servizi ittici è scesa in termini reali dell’1,9 per cento rispetto al 2009 e del 2,1 per cento nei confronti del quinquennio 2005-2009. L’impoverimento delle risorse ittiche traspare ancora di più se si estende il confronto al decennio 2000-2009. In questo caso il 2010 registra una flessione prossima al 17 per cento.

In estrema sintesi possiamo considerare il 2010, sulla base dei dati Istat, come un’annata tra le meno brillanti degli ultimi anni.

Il commercio estero. La diminuzione dell’offerta si è associata al calo dell’export. La ripresa del commercio internazionale (+12,4 per cento), dopo la grave crisi del 2009 (-10,8 per cento), non ha avuto effetti positivi.

Nel 2010 l'export di pesci e altri prodotti della pesca e prodotti dell’acquacoltura dell’Emilia-Romagna è ammontato a quasi 36 milioni e 900 mila euro, vale a dire un decremento del 4,5 per cento rispetto all’anno precedente, che si è aggiunto alla flessione del 17,2 per cento rilevata nel 2009. In Italia è stato invece registrato un andamento positivo, rappresentato da una crescita del 9,7 per cento, che ha parzialmente recuperato sulla flessione del 13,9 per cento registrata nel 2009. In termini quantitativi c’è stato nel Paese un incremento del 7,8 per cento, che ha sottinteso una crescita dei prezzi impliciti all’export pari all’1,7 per cento.

La quasi totalità dell’export dell'Emilia-Romagna è stata destinata al continente europeo (94,5 per cento), in particolare nell’Europa comunitaria (90,4 per cento del totale). I principali clienti sono stati nell'ordine Spagna (46,0 per cento), Francia (17,8 per cento) e Germania (16,6 per cento), seguiti molto più a distanza da Tunisia (5,3 per cento) e Paesi Bassi (5,0 per cento). Tutti i

rimanenti clienti hanno registrato quote inferiori al 4 per cento. Siamo insomma di fronte ad un mercato sostanzialmente ristretto, dove i tre principali clienti hanno acquistato assieme circa l’80 per cento dell’export ittico emiliano-romagnolo.

In Italia la situazione è apparsa più articolata, in quanto l’Unione europea a 27 paesi ha rappresentato l’83,2 per cento dell’export nazionale contro il 90,4 per cento dell’Emilia-Romagna.

In ambito nazionale è da sottolineare la flessione dell’87,4 per cento del Giappone che si è aggiunta al calo dell’83,8 per cento del 2009, con conseguente ridimensionamento della quota dall’8,7 per cento del 2008 ad appena lo 0,2 per cento del 2010. Un motivo di questo andamento può essere rappresentato dalle restrizioni imposte dall’Unione europea alla pesca del tonno rosso e anche dal fatto che navi giapponesi solcano sempre più numerose il mare Mediterraneo, prelevando direttamente la materia prima. Non a caso, la Sicilia, che è una forte produttrice di tonni, ha visto scendere gli acquisti del paese del Sol Levante dell’80,7 per cento, in aggiunta alla flessione del 71,6 per cento rilevata nel 2009.

Il mercato più importante, cioè quello spagnolo, ha diminuito l’import dall’Emilia-Romagna dell’11,0 per cento, consolidando il calo del 16,6 per cento relativo al 2009. Il secondo cliente, vale a dire la Francia, ha ridotto gli acquisti dell’1,8 per cento, colmando una piccola parte del forte aumento riscontrato nel 2009 (+34,6 per cento). La Germania ha consolidato la terza posizione del 2009, in virtù del deciso aumento degli acquisti (+27,9 per cento), che ha fatto seguito alla battuta d’arresto del 2009 (-0,6 per cento). Tra gli altri principali clienti sono da sottolineare i forti incrementi di Tunisia e Paesi Bassi, pari rispettivamente al 61,9 e 21,5 per cento, e all’opposto la pronunciata flessione del Regno Unito (-62,1 per cento), che ha accentuato la fase di riflusso emersa nel 2009 (-54,4 per cento). La Svizzera è tornata a comperare pesce (+119,9 per cento), senza tuttavia riuscire a tornare ai livelli del 2008.

La pesca nei laghi e bacini artificiali. Assieme alla pesca marittima convive il settore della pesca interna effettuata nei laghi e bacini artificiali.

I dati più recenti riferiti al 2009 hanno registrato in Emilia-Romagna una produzione pari a 728 quintali equivalente ad appena l’1,5 per cento del totale nazionale. Siamo di fronte al quantitativo più ridotto degli ultimi vent’anni. Le varietà maggiormente prodotte sono comprese nella voce generica “Latterini, agoni e altri pesci” che hanno caratterizzato il 56,0 per cento del totale (66,5 per cento in Italia). Se guardiamo alla situazione degli ultimi dieci anni, è il 2000 che si è segnalato come l’anno di maggiore produzione con 8.604 quintali.

L’occupazione. Secondo i dati Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), a fine giugno 2010 il settore della pesca e acquacoltura dava lavoro in Emilia-Romagna a 3.539 addetti distribuiti in 1.992 unità locali. Di questi il 61,5 per cento era costituito da imprenditori, in misura largamente superiore alla media generale del 28,9 per cento. Rispetto allo stesso periodo del 2009, è stata registrata una diminuzione degli addetti pari allo 0,8 per cento, determinata dalla flessione del 2,9 per cento dei dipendenti, a fronte della crescita dello 0,6 per cento degli imprenditori.

Lo scarso peso degli stranieri sulle cariche rivestite nel Registro delle imprese si registra anche sotto l’aspetto dell’occupazione, che a fine 2009 contava su 206 addetti, equivalenti ad appena il 5,8 per cento del totale, a fronte della media generale del 13,4 per cento. Gran parte degli addetti stranieri proviene dalla Tunisia: 64,1 per cento del totale straniero.

Nel documento Consuntivo 2010 (1.2mb) (pagine 101-104)