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Capitolo 3: Evidenze e cas

3.13 Aiuti allo sviluppo

Nel dibattito politico quotidiano spesso si argomenta sull'importanza degli aiuti verso i paesi in via di sviluppo, nonchè i paesi d'origine della maggior parte dei migranti. Una frase spesso ripetuta in particolare dalle frange politiche ostili alle migrazioni ma condivisa in parte anche da altri è "aiutiamoli a casa loro".

Alcune frange politiche affermano che aiutando i paesi in via di sviluppo si arresterebbero i flussi migratori. Affermare che inviando aiuti a un paese arresterebbe i flussi migratori pressuppone una completa ingoranza di quelle che sono le dinamiche migratorie e di sviluppo dei paesi. Nei capitoli precenenti è già stato esposto il paradosso dello sviluppo tale che un incremento del reddito nei paesi in via di sviluppo incrementa i flussi migratori verso l'esterno79.

Nel mondo occidentale esiste il mito degli aiuti umanitari, il concetto che chi ha di più deve elemosinare verso i più poveri. La cultura pop ha rafforzato facendo diventare gli aiuti internazionali parte integrante dell'intrattenimento; stelle del cinema e della musica si sono fatti promotori di aiuti e raccolte fondi per i paesi in via di sviluppo, i governi per non perdere popolarità seguono a ruota tanto da diventare un ossessione nel mondo occidentale moderno.

Ma tutta questa mole di aiuti ha davvero migliorato la vita degli africani? No, gli aiuti hanno peggiorato la situazione di milioni di persone e hanno favorito la diffusione della

78 Fondazione Leone Moressa (2018), Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione, Il Mulino, Bologna.49-54

79 Fondazione Leone Moressa (2018), Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione, Il Mulino, Bologna. 36-42

povertà e della corruzzione, le principali piaghe dei paesi in via di sviluppo.

Possiamo definire due tipi diversi di aiuti: gli aiuti umanitari o di emergenza, che sono aiuti distrubuiti a seguito di calamità naturali, catastrofi o emergenze umanitarie; vengono elargiti attraverso organizzazioni non governative e hanno il merito di alleviare momentaneamente le condizioni di vita della popolazione a seguito di problemi di tipo temporaneo; nonostante il pregio di migliroare le condizioni di vita sono spesso criticate per l'eccessiva burocrazia che si portano dietro e per la scarsa efficienza. Spesso gli aiuti devono ubbidire a specifici ordini dei paesi donatori i quali spesso completamente fuori contesto rendono pressochè inutili gli aiuti.

Il secondo tipo di aiuti invece riguarda gli aiuti di tipo sistemico cioè somme di denaro trasferite direttamente ai governi da parte di un altro governo: definiti "aiuti bilaterali" o tramite enti come la Banca Mondiale come "aiuti multilaterali". Il trasferimento di queste somme ha preso le caratteristiche di prestiti occasionali elargiti a lungo termine e con un tasso d'interesse inferiore a quello di mercato o attraverso sovvenzioni a fondo perduto.

Dal secondo dopo guerra i paesi ricchi hanno cominciato tutta una serie di aiuti rivolti ai paesi in via di sviluppo in particolare nei paesi africani. Grazie anche agli ottimi risultati che il Piano Marshall aveva ottenuto nella ricostruzione dell'Europa martoriata dalla guerra, si credeva di poter replicare lo stesso con il resto del mondo. La situazione di partenza era ben diversa però, nel caso dell'Europa servivano gli aiuti per ricostruire e far tornar a funzionare quel che fino a pochi anni prima funzionava alla grande; nei paesi in via di sviluppo non si trattava di ricostruire o di rimettere in funzione ma di costruire da niente dove mancava ogni tipo di istituzione.

Sono stati trasferiti oltre due trilioni di dollari di aiuti internazionali ma non sono risciti a innescare una crescita economica che riducesse la povertà e migliorasse le condizioni di vita. Gli aiuti hanno favorito la formazione e il consolidamento di regimi totalitari rafforzando le stratificazioni sociali dei paesi. Aumentando di molto il grado di corruzione.

dettarne le codizioni, nel senso che affinchè gli aiuti vadano a buon fine devono seguire delle regole come avvenne anche con il Piano Marshall. Il primo problema che viene riscontrato è che il paese donatore spesso è completamente estraneo alle dinamiche interne del paese dove gli aiuti sono destinati, le condizioni dettate quindi sono ben lontane dalle condizioni ottime. L'imposizione delle condizioni era sensato dal lato pratico però questa linea di condotta fallì miseramente, evidenziando che la maggior parte degli aiuti veniva usato per scopi diversi da quelli stabiliti in origine.

Qualche raro successo degli aiuti ha continuato ad alimentare l'illusione che potessero funzionare solo nei paesi dotati di buone pratiche politiche, ma vi è il dubbio che se un paese è dotato di buone pratiche politiche può fare progressi anche senza alcun tipo di aiutio. Non solo, l'erogazione di aiuti può deteriorare ancor di più i contesti politici poco efficienti e poco trasparenti.

Nei capitoli precedenti è stata citata l'economista africana Dambisa Moyo e la sua posizione nei confronti degli aiuti verso l'Africa e di come fossero la causa principale dell'arretratezza economica dell'intero continente. In particolare il suo punto di vista nei confronti della democrazia. La maggiorparte degli aiuti è finalizzata all'instaurazione della democrazia; buona parte dei paesi d'origine degli aiuti sono democrazie "consolidate" come i paesi europei o del nord america, nel mondo occidentale è diffusa la convinzione che il valore principale sia la democrazia, ossia la partecipazione attiva di tutta la popolazione alla politica, la tutela della proprietà privata, le libertà di stampa e dei diritti fondamentali di fronte alle leggi. La democrazia garantisce la protezione a tutti attraverso l'applicazione delle leggi, lo stato proteggerà chi in svantaggio e vi sarà la possibilità di correggere le iniquità. Dal punto di vista dei commerci in un paese democratico le imprese risultano essere protette grazie a uno stato che salvaguardia l'iniziativa privata o offrendo i servizi che il mercato non genera.

Sotto questo punto di vista la democrazia viene vista come un presupposto per la crescita economica dell'Africa, garantendo l'eliminazione della corruzione e maggiore trasparenza. Spesso animati da una frase che ben incarna il concetto di democrazia dei paesi occidentali "Give me liberty, or give me death!80" nella convinzione che il 80 Questa frase fu pronunciata da Patric Henry nel 1775 nel suo discorso sulla libertà delle colonie

requisito fondamentale di un paese sia la democrazia, il concetto ha senso se si vive nella metà del mondo che ha vissuto la rivoluzione industriale, la produzione di massa, le conquiste operaie, due guerre con tanto di liberazione e lotte partigiane, l'istruzione pubblica, il welfare, il frigorifero, le case popolari... La percezione della democrazia nei paesi occidentali è un insieme di democrazia, partecipazione attiva alla vita politica del paese, ma anche capitale privato e iniziativa privata, congiuntamente alla presenza di uno stato che possa proteggere l'iniziativa privata e colmare ciò che il mercato non fornisce.

La verità invece è che nei primi livelli di sviluppo i regimi democratici risultano controproducenti a causa della rivalità tra partiti e la possibilità che chi governa coalizzi per i propri interessi; la popolazione poco istruita e con ancora molti bisogni primari da soddisfare risulta molto fragile e facile da ragirare.

A rafforzare la tesi per cui la democrazia non è un elemento fondamentale per lo sviluppo economico si prende ad esempio le potenze asiatiche quali Cina, Corea, Taiwan ma anche fuori come il Cile o il Perù nonostante questi paesi fossero ben lontani da essere considerati una democrazia hanno visto particolare successo di tipo economico; nonostante alcuni di essi fossero dittature lo stato è riuscito a garantire quelle necessità primarie tali da salvaguardare lo sviluppo.

La democrazia non è un requisito fondamentale per la crescita economica, è bensì la crescita economica che può stimolare l'instaurazione di una democrazia. In mancanza di condizioni economiche soddisfacenti alla popolazione non si interesserà molto di partecipare alle scelte politiche del proprio paese, se infatti vivete nelle condizioni in cui la maggior parte della popolazione vive nei paesi in via di sviluppo, dove buona parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno; pensate di mettere in ordine le vostre priorità. Primo tra tutti vi sarà quello di trovare cibo a sufficienza per non morire di fame, trovare un riparo e garantirsi i bisogni primari; ben lontana è la priorità riguardante la partecipazione alla vita politica. In mancanza di un adeguato reddito pro capite la popolazione sarà completamente disinteressata alla vita politica e più bassi saranno i redditi più la popolazione è influenzabile dal punto di vista ideologico; se la gente è affamata sarà disposta a spodestare democrazie in cambio di qualcosa da mangiare.

Secondo Adam Przeworski nel suo libro "What make democracie Endure?" espone la teoria per cui la durata della democrazia in un paese è correllata alla ricchezza pro capite. Se il reddito pro capite è di 1000 dollari la democrazia durerà 8,5 anni se compreso tra i 1000 e i 2000 durerà 16 anni, se supera i 6000 la democrazia risulterà inattaccabile e sopravviverà qualsiasi cosa accada81.

La maggior parte degli aiuti che vengono erogati al fine di garantire uno stato democratico si fondano su un errata visione di stampo occidentale. A un paese in via di sviluppo importa relativamente poco di vivere in un paese democratico, piuttosto interessa di più vivere in un paese che garantisca la sicurezza all'iniziativa privata, bisogni fondamentali e livelli di reddito tali da garantire una vita dignitosa82.

81 Cheibub, J. A., Przeworski, A., Limongi Neto, F. P., & Alvarez, M. M. (1996). What makes

democracies endure?. Journal of democracy, 7(1), 39-55.