• Non ci sono risultati.

2.2. Politica internazionale

2.2.1. L’aiuto ai movimenti di liberazione e le accuse di terrorismo

Alla fine del 1971, ad appena due anni dalla Rivoluzione, quando ancora gli introiti del petrolio erano modesti, Gheddafi aveva già assunto impegni di tipo economico e militare con una ventina di Paesi e di movimenti di liberazione. Gli obiettivi del Qa’īd furono ben chiari sin dall’inizio del suo regime. Oltre all’impegno per l’unificazione della nazione araba, vennero posti due altri ambiziosi traguardi: liberare l’Africa dagli ultimi retaggi del colonialismo e cancellare lo Stato di Israele, restituendo ai palestinesi una patria. Già dal dicembre del 1971 soldati libici in assetto di guerra furono schierati in Siria e Libano e l’OLP di Yasser Arafat iniziò a ricevere i primi finanziamenti45. In Africa Gheddafi sostenne il Fronte Eritreo di Liberazione contro Selassiè, inviò armi alla Guinea di Touré e rifornì di armamenti i guerriglieri del Fronte Polisario. Appoggiò lo Zimbabwe African National Union in Rhodesia, il South West African People’s Organisation in Namibia, il Movimento per l’indipendenza e l’autodeterminazione delle

44 M. VILLA, Op. Cit., in K.MEZRAN,A.VARVELLI, Libia…, cit., p. 81.

45 A. BAROUHI, Mouammar Kaddafi et Ruhollah Khomeiny: des “alliés naturels” bien difficiles puor

Isole Canarie, il Fronte nazionale di liberazione Moro nelle Filippine. Inoltre assistette finanziariamente la Mauritania, il Niger, l’Alto Volta e l’Uganda46.

Ad un momento però tanto l’Africa che il Vicino Oriente cominciarono a stargli stretti e così la Libia iniziò a fornire di armi e finanziamenti i movimenti di liberazione di tutto il mondo, dall’America Latina alla Polinesia. Gheddafi si trovò a combattere, da solo, una guerra aperta, ma il più delle volte segreta, contro i resti del colonialismo e contro le manovre del nuovo imperialismo. Con il passare degli anni e con l’aumento degli introiti del petrolio, che alla fine degli anni Settanta crebbero fino ad arrivare a 20 miliardi di dollari47, aumentarono le possibilità per Gheddafi di agire in ogni parte del mondo. Tramite la sua rete di contatti finì per appoggiare gruppi di ribelli sparsi in diversi continenti: Oman, Angola, Sud Africa, Thailandia, Colombia, Salvador, Polinesia e causa curda.

All’inizio degli anni Ottanta crebbe il numero di Paesi dell’Africa Nera che sollecitarono o accettarono di buon grado gli investimenti della Libia e Gheddafi contraccambiò di buon gusto, iniziando a interessarsi anche per l’industria mineraria, partecipando alla realizzazione di una fabbrica di alluminio in Guinea, all’estrazione di diamanti nella Repubblica Centrafricana e di rame nello Zaire, allo sfruttamento dei giacimenti di ferro nella Mauritania e di manganese nell’Alto Volta. Durante la penetrazione dell’Africa Nera, vennero create banche miste di sviluppo, promossi progetti agricoli, finanziate le costruzioni di moschee e di edifici scolastici con l’intento di diffondere la lingua araba e divulgare i principi del suo Libro Verde48. Gheddafi, durante questa lenta penetrazione del Sahel, più commerciale che politica, iniziò ad accarezzare l’idea di riunire insieme tutti i Paesi limitrofi del grande deserto sahariano, un territorio di otto milioni di chilometri quadrati, vasto come la Cina e che avrebbe dovuto comprendere, in tre fasi successive, una quindicina di Paesi dall’Atlantico al Mar Rosso49. Il nome di questa nuova struttura geopolitica sarebbe dovuto essere Unione delle Jamahirīye Socialiste del Sahara.

La visione unionista di Gheddafi fu un elemento ricorrente durante il corso dei suoi anni di potere, così come ricorrenti furono però i vari fallimenti dei progetti di unione con Stati limitrofi e non (solo per citarne alcuni: Egitto, Siria, Ciad o Marocco). Le ragioni

46 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., p. 96. 47 Ivi, p. 98.

48 Ibidem

dei fallimenti sono molteplici e spesso collegate alle circostanze del caso specifico, ma, da un’analisi comparata, si possono estrapolare almeno due ragioni che ricorrono in praticamente tutti i progetti unionisti. Innanzitutto sono sempre stati matrimoni d’interesse, dove non appena è venuto meno l’elemento base dell’accordo, quest’ultimo si è sciolto come neve al sole; in secondo luogo, Gheddafi ha sempre cercato di esportare negli altri Paesi i principi della Terza Teoria Universale e questo ha fortemente limitato possibili processi di crescita dei rapporti bilaterali e coniugazione degli interessi reciproci, creando anzi immediatamente un clima di diffidenza da parte dell’altro Paese. Nonostante i ripetuti fallimenti, Gheddafi rimase fedele alla sua concezione unionista, per certi versi imperialista; era persuaso che soltanto un nomade come lui potesse essere in grado di costruire vasti imperi e in questa concezione venivano in suo aiuto esempi storici come il califfo Omar ibn al-Khattab, il mongolo Gengis Khan o il tartaro Timur.

Secondo i rapporti annuali della Central Investigation Agency e di altri organismi di

intelligence, americani ed europei, il regime libico non si limitò solamente a finanziare e

armare i movimenti di liberazione del Terzo Mondo ma, insieme a Damasco, Baghdad e Teheran, sarebbe stata una delle centrali del terrorismo internazionale. Queste accuse cominciarono a circolare sin dal 1974, si intensificarono all’inizio degli anni Ottanta, raggiunsero il culmine tra il 1985 e il 1991, per poi diminuire sensibilmente. In alcuni rapporti, pubblici o riservati, Gheddafi venne accusato di sovvenzionare o di armare in Spagna l’ETA basca, in Germania la banda Baader-Meinhof, in Italia i terroristi di Ordine Nuovo, Prima Linea, Brigate Rosse e alcuni gruppi sardi e siciliani con velleità secessionistiche, in Francia il movimento per l’indipendenza della Corsica, in Gran Bretagna l’IRA. Queste accuse si sommarono a quelle legate alle ipotetiche volontà del

Qa’īd di colpire gli interessi statunitensi e di diffondere la sua ideologia rivoluzionaria

in tutta l’America Centrale e Meridionale50. Nel 1985 la CIA elaborò un rapporto, dal titolo “Gheddafi e la Libia: una sfida agli Stati Uniti e agli interessi occidentali”, nel quale si sosteneva che la Libia fornisse denaro, armi, base operativa, assistenza di viaggio e addestramento a circa trenta gruppi eversivi, dislocati in Guatemala, El Salvador, Colombia, Cile, Repubblica Domenicana, Spagna, Turchia, Iraq, Libano, Pakistan, Bangladesh, Thailandia, Filippine, Niger, Ciad, Sudan, Namibia e altre otto nazioni africane. Interferenze sotto forma di aiuto finanziario all’opposizione o a

esponenti di sinistra erano rilevate in Austria, Gran Bretagna, Saint Lucia, Costarica, Dominica, Antigua e Australia51.

Anche se Gheddafi nel difendersi dalla valanga di accuse apparse a volte sincero e convincente, cercando di distinguere tra l’effettivo appoggio ai movimenti di liberazione nazionale e a quello ipotetico e “falso” rivolto ai terroristici, ed era sicuramente nel giusto quando sosteneva che gli Stati Uniti non erano legittimati a parlare di terrorismo visto che lo avevano praticato più volte in svariate aree del mondo, le sue arringhe apparvero però più volte reticenti, lacunose e qualche volte palesemente adulterate. È il caso dell’ipotetico appoggio alla causa irlandese dell’IRA solo in ambito morale, quando in realtà si scoprì anni dopo che l’appoggio era anche e soprattutto in ambito militare52, o del tentativo di destabilizzare la Tunisia con il colpo di mano di Gafsa del 1980 o della caccia agli oppositori del regime scatenata sempre in quell’anno e durata per mesi.

È molto difficile, forse impossibile, discernere fra il vero e diretto coinvolgimento di Gheddafi nella strategia del terrore e tutte le imputazioni che gli vennero da più parti addossate dal 1970 ad oggi. Probabilmente neppure l’apertura degli archivi libici potrebbe dare una risposta, così come neppure la CIA può essere considerata una fonte apprezzabile, in quanto più volte quest’ultima ha raccolto sul Colonnello informazioni che poi sono risultate inventate di sana pianta53. Anche se sussistono dubbi su episodi di terrorismo addebitati a Gheddafi, ce ne sono alcuni, appoggio all’IRA e liquidazione dei dissidenti libici, sui quali non esistono più dubbi, anche perché sono stati riconosciuti da lui stesso. Un’analisi molto interessante, cui non entreremo nel profondo in quanto esula prettamente dal presente ambito di ricerca, è quella condotta dall’esperto italiano della Libia Angelo Del Boca che si interroga su che cosa abbia spinto l’idealista del collegio di Sebha, l’ufficiale libero che abbatté la monarchia preoccupandosi di non spargere sangue, il profondo conoscitore ed estimatore del Corano, il sognatore del Libro Verde, ad adottare progressivamente la strategia del terrore e dell’eliminazione dei suoi oppositori. Una prima spiegazione di questa metamorfosi secondo l’autore potrebbe essere il clima di sospetto, di congiura, di intolleranza e di odio che caratterizzarono gli anni Sessanta e Settanta in Africa e Medio Oriente. Sono anni che videro la nascita sofferta di molti Stati africani e il divampare delle lotte di liberazione nei Paesi cui era

51 B. WOODWARD, Veil: le guerre segrete della CIA, Milano, Sperling & Kupfer, 1978, pp. 506-507. 52 M. YARED, Les aveux de Kaddafi, in “Jeune Afrique”, n. 1642, 25 giugno 1992.

negata l’indipendenza e in cui vennero uccisi esponenti celebri dell’opposizione. Le polizie segrete, come la francese SDECE, la portoghese PIDE, il sudafricano NIS, l’israeliano Mossad, furono attivissime in queste regioni e si cercò con ogni mezzo di interrompere il processo storico di liberazione, tentando di sostituire il colonialismo con il neocolonialismo. Furono anni in cui all’interno del mondo arabo avvennero carneficine di ogni tipo, legate a pretese territoriali, a guerre civili e all’uso della forza per sopprimere minoranze e domare regioni ribelli. Inoltre, aspetto non secondario, gli anni Settanta videro l’entrata in scena dei movimenti fondamentalisti islamici e la loro lotta ai regimi empi. Proprio negli anni in cui Gheddafi cercava di realizzare l’unione del mondo arabo, esso appariva come una Torre di Babele dove neppure la lingua e la religione fungevano da collante e dove ogni Paese era in lotta con il vicino senza ragionevoli scopi. È quindi in questo clima caratterizzato da sospetto, intolleranza e odio che l’idealista diventò il terrorista e, per gli americani, il nemico pubblico numero uno54.