5.4. I principali traffici illeciti che passano dalla Libia
5.4.1. Proliferazione delle armi e contrabbando
La Libia ha rappresentato negli anni di Gheddafi un elemento cardine degli equilibri geopolitici mediterranei e africani. Non solo il Colonnello ha svolto la funzione di mediatore di molti conflitti interetnici tra i governi legittimi e i rappresentanti di minoranze ma la sua autorità e il suo potere gli hanno permesso di tenere entro una certa soglia i flussi di contrabbando che imperversavano dall’Africa occidentale alle coste del Mediterraneo. Con la caduta del Qa’īd la Libia è piombata in una situazione di forte caos interno e questo ha avuto effetti devastanti su tutto il territorio circostante, favorendo lo sviluppo senza controllo dei traffici illeciti di droghe, armi, esseri umani e beni di ogni genere. L’implosione dello Stato libico non solo ha fatto venire meno quell’equilibrio basato principalmente su accordi familiari e tribali, che ha permesso di gestire negli anni questi traffici, ma ha determinato anche lo sviluppo di un mercato illegale di armi libiche trafugate dai depositi del Colonnello che a sua volta ha modificato la gestione dei flussi di contrabbando, aumentando notevolmente il livello di violenza e di scontro tra organizzazioni criminali.
Le frontiere fra gli Stati in una regione come quella sahelo-sahariana, in cui la sopravvivenza è indissolubilmente legata alla circolazione di merci e persone, sono
sempre state principalmente delle immaginarie linee tracciate sulla sabbia a garanzia del controllo coloniale. La sicurezza del confine in questa fascia è sempre stata il prodotto di rapporti di lealtà e cooptazione locale. Gheddafi non aveva di certo edificato muraglie nel deserto, ma si era affidato ai leader tribali per garantire l’ordine e questi in cambio godevano di ampia libertà di manovra sui mercati illegali. Lo Stato svolgeva una funzione di mediazione assicurandosi la fedeltà dei territori attraverso relazioni clientelari78. I traffici illeciti erano quindi ammessi dagli Stati ma vigeva una sorta di patto tacito che vietava la commercializzazione di droga e armi, naturalmente non che non ci fosse anche questo tipo di commercio, ma in questo caso lo Stato sarebbe intervenuto per reprimerlo. Poi le cose sono cambiate in fretta, dapprima con lo sviluppo nella fascia saheliana di Al-Qa’īda nel Maghreb Islamico, che dopo esser stato espulso dall’Algeria dalle forze di sicurezza si è collocato al confine col Mali investendo nella protezione dei mercati illeciti transahariani e in rapimenti di occidentali. Le coste dell’Africa occidentale sono diventate negli ultimi decenni sempre più punti di approdo per i traffici di droga provenienti dal Sudamerica e diretti ai ricchi mercati europei79. L’economia informale e di contrabbando venne dapprima infiltrata e
poi dominata dai traffici di beni illegali (su tutti la droga). Inoltre, in una regione tra le più remote, povere e incontrollabili al mondo, le merci in transito fecero sempre più gola a tutti, innescando scontri continui che spesso andarono ad alimentare conflitti locali, nei quali entravano in gioco legami clanici e fattori etnici. Questo scenario si è collegato poi agli sconvolgimenti geopolitici avvenuti durante le “Primavere arabe” e all’espansione del jihadismo. Le armi sono diventate l’elemento centrale degli equilibri di questa regione e dal momento che non scarseggiavano più si sono andate formando formazioni armate di ogni genere, dai movimenti di liberazione nazionale ai gruppi di islamisti jihadisti. La fioritura di queste formazioni si spiega proprio con la facilità di reperimento di armi e materiale bellico che a sua volta ha moltiplicato le opzioni tattiche e indebolito la capacità di controllo degli Stati. A destabilizzare fortemente il quadro regionale è stato soprattutto l’implosione dello Stato libico e il conseguente saccheggio dei depositi di armamenti libici da parte di qualsiasi gruppo armato che ha portato alla costituzione di un traffico illecito di armi in un’ampia regione che va dal
78 F. STRAZZARI, Il deserto di Pandora, in “Limes”, Chi ha paura…, cit., p. 203.
79 West Africa Commission on Drugs (WACD), Not Just in Transit. Drugs, the State and Society in
Sinai alla Mauritania80. Una stima precisa delle armi contenute nei depositi libici non è semplice, le Nazioni Unite parlano di 250-700 mila pezzi d’arma mentre un rapporto dell’intelligence britannica ha stimato in circa un milione di tonnellate il materiale bellico di cui si sarebbe perso traccia81. A complicare ulteriormente il quadro ha concorso la scoperta di siti contenenti armi chimiche verso la fine del 2011 e l’inizio del 2012 anche se, secondo fonti statunitensi, questa riserva di armi è stata distrutta nel 2014 grazie ad un accordo segreto tra Stati Uniti e Libia. Restano però ad oggi nel Paese, oltre a possibili altri depositi segreti non conosciuti dagli esperti, i “precursori”, ossia sostanze necessarie a produrre armi chimiche, la cui disponibilità secondo indiscrezioni interne si aggirerebbe intorno alle 850 tonnellate. Naturalmente il rischio che possano finire in mani sbagliate è molto alto vista la situazione attuale della Libia, ma la possibilità di avviare oggi una missione di recupero e imbarco del materiale libico è da escludere dinanzi ad un tale clima di instabilità e pericolo82.
La proliferazione delle armi in questa regione ha cambiato gli equilibri di potere e di comando su questo territorio. La regione meridionale del Fezzan è diventata una delle principali vie di approvvigionamento delle armi libiche; nello specifico è la città di Ubari (dove risiede la famosa omonima oasi) ad essere diventata una specie di supermercato delle armi, da cui partono i carichi diretti nella fascia sahelo-sahariana. Queste rotte di commercio, che vanno dal sud della Libia fino all’Africa occidentale, non sono nuove ma la novità sta nel cambiamento degli equilibri di potere ai confini dello Stato libico. Precedentemente gestiti dalle tribù fedeli a Gheddafi (Qaddafa e Warfalla su tutti) con il crollo del regime si è avuto un cambio di potere a favore dei Tibu, che ad oggi gestiscono molti dei traffici di armi che escono dalla Libia83. È modificato però anche un altro elemento collegato ai traffici illeciti, ossia l’aumento della violenza. Se fino a qualche anno fa molti dei contrabbandi erano gestiti tramite accordi tribali e con il beneplacito di molti governi, ad oggi con la proliferazione delle armi è cresciuta la violenza e di conseguenza la necessità di armarsi per poter continuare a gestire tali traffici. Ancora oggi i vincoli tribali contano molto, ma la
80 F. STRAZZARI,S. THOLENS, Tesco for Terrorists Reconsidered: Arms and Conflict Dynamics in
Libya and in the Sahara-Sahel Region, in “European Journal on Criminal Policy and Research”, vo. 20, n. 3, 2014, pp. 343-360.
81 F. STRAZZARI, Il deserto di…, cit., p. 206.
82 Dalla Libia un nuovo allarme per le armi chimiche, in “Analisi Difesa”, 22 febbraio 2015
(http://www.analisidifesa.it/2015/02/dalla-libia-un-nuovo-allarne-per-le-armi-chimiche/).
facilità di ottenere forniture di armi ha creato l’esigenza di aumentare il numero di uomini a disposizione e la qualità degli armamenti, creando di conseguenza un vero e proprio mercato della protezione armata84. Le principali rotte via terra dei traffici di armi che fuoriescono dalla Libia si sviluppano su due varianti principali, la prima va verso il sud-ovest passando dal Niger, andando ad alimentare i gruppi armati della fascia sahelo-sahariana, mentre la seconda passa attraverso il confine est con l’Egitto e le armi in questo caso finiscono nel Sinai, nella Striscia di Gaza e, la maggior parte, in Siria, alimentando le guerre all’interno del Medio Oriente. Un’altra parte delle armi che arriva fino al conflitto siriano, dati i sempre più rigorosi controlli al confine egiziano, passa via mare attraverso il Mediterraneo attraccando principalmente in piccoli porti del Libano e della Turchia, visto che le coste siriane sono ancora nelle mani del Presidente Bashar al-Assad. Nonostante quindi viga un embargo sul traffico di armi in Libia sia in entrata che in uscita imposto dalle Nazioni Unite fin dal 201185 e ribadito più volte in altre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, continua ad oggi un incessante traffico di armamenti e questo è testimoniato anche da episodi di sequestro di navi con a bordo container pieni di armi, come il caso nel 2012 del cargo battente bandiera della Sierra Leone Letfallah II sequestrato dalle autorità libanesi e diretto ai ribelli siriani86; ma
esistono anche casi di sequestri di navi dirette in Libia con carichi di armi, uno degli ultimi si è avuto proprio in Italia con il sequestro di un cargo proveniente dal Sudafrica e diretto nel Paese libico con un carico di tremila manganelli elettrici “Taser”87.
Il 2014 è stato un anno critico per la militarizzazione della regione sahelo-sahariana, mentre la Francia ha riconfigurato il proprio dispositivo militare con l’ “Operazione
Barkhane”, gli Stati Uniti hanno fatto sempre più uso dei droni e della sorveglianza
satellitare. I Paesi dell’area invece hanno deciso di aumentare le spese militari, come ha fatto il Niger quadruplicandole in quattro anni, e la sorveglianza delle frontiere terrestri, è il caso dell’Algeria, della Tunisia e del Marocco. Proprio in questi Paesi della regione sta sviluppandosi sempre più la convinzione di poter limitare i traffici e soprattutto aumentare la sicurezza interna tramite l’innalzamento di reti elettrificate o muri di
84 P. BURKE, Libya’s Criminal Economy of Arms, Drugs, People Shakes Prospects for Transition, in
“United State Institute of Peace”, 19 marzo 2014 (http://www.usip.org/olivebranch/libya-s-criminal- economy-of-arms-drugs-people-shakes-prospects-transition).
85 Security Council United Nations, Resolution No. S/RES/1970, cit.
86 Security Council United Nations, Final report of the Panel of Experts established pursuant to
Resolution 1973 (2011) concerning Libya, No. S/2013/99, 12/04/2013, pp. 74-83.
sabbia, sull’onda di quello che ha fatto il Marocco al confine con il Sahara Occidentale. Si è mossa in questa prospettiva la Tunisia che dopo gli attentati terroristici di marzo a Tunisi e di giugno a Sousse per mano di fanatici jihadisti, che secondo fonti si sono addestrati in Libia e poi sono penetrati nel Paese, ha deciso di costruire un muro, denominato “Vallo di Essid”88, lungo il confine libico per un’estensione totale di 220 chilometri e che sarà ultimato verso la fine del 201589. Nello stesso sud della Libia le varie forze private di sicurezza scavano trincee difensive attorno ai giacimenti di petrolio, mentre le poche postazioni di frontiere sono costantemente attaccate da jihadisti. È in corso quindi un processo di “paramilitarizzazione” del deserto, ma sulla cui efficacia contro la proliferazione delle armi e dei traffici illeciti nonché in riferimento al mantenimento della sicurezza interna rimangono molti dubbi e perplessità90.
Le organizzazioni criminali operanti in questa fascia del territorio africano nel corso degli ultimi anni, quindi, si sono fortemente rinforzate sia attingendo alle armi trafugate dalla Libia sia stringendo nuovi accordi con tribù riaffiorate dopo la caduta del regime di Gheddafi e con gruppi terroristi jihadisti presenti in questo territorio. Passando però all’aspetto pratico, analizziamo adesso brevemente che cosa si traffica in questa regione, concentrandoci principalmente sui traffici passanti dalla Libia, sia in entrata che in uscita. Innanzitutto si commerciano dal Paese libico all’esterno dei suoi confini i beni sussidiati dal governo, che possono variare dal carburante alla farina, allo zucchero e a molti altri beni di uso familiare. Questo è un mercato molto ricco che permette ai trafficanti di fare grandi guadagni nei Paesi confinanti dove la popolazione non ha la fortuna di accedere a sussidi statali. Inoltre, una buona percentuale di carburante viene “esportata” in Europa91. Molti dei beni contrabbandati in Libia provengono anche dall’esterno dei suoi confini, in particolar modo è molto sviluppato il mercato di auto di seconda mano provenienti dall’Europa, che passa principalmente dal porto di Misurata.
88 Muro antijihadista confine Libia-Tunisia, in “ANSA”, 8 luglio 2015
(http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2015/07/08/muro-antijihadisti-confine-libia-tunisia_9d6c33d2- ea93-47c0-8b66-ba905c8dec3d.html).
89 Tunisi, barriera con la Libia lunga 220 km, in “RaiNews”, 12 luglio 2015
(http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ContentItem-70e5d13e-d12e-4036-82e0- cb7f56d1d3c2.html?refresh_ce).
90 F. STRAZZARI, Il deserto di…, cit., pp. 208-209.
91 F. MANGAN, M. SHAW, Illicit Trafficking and Libya’s Transition. Profits and Losses, in
Un altro mercato nero è quello dell’alcool, proveniente soprattutto dalla Tunisia dove il consumo è legale e dove può essere più facilmente trasportato nel Paese, anche se esiste una quota di produzione illegale interna. Molti trafficanti di beni sussidiati e di migranti, nei loro viaggi fuori confine, spesso importano in Libia alcool per aumentare i propri ricavi. Ulteriore aspetto negativo della vicenda riguarda la circolazione di alcool scaduto, che sempre più spesso viene venduto a basso costo nel Paese causando gravi danni alla salute. Il più grande impatto derivante dal contrabbando è legato comunque al commercio di medicinali, in particolar modo sonniferi e antidolorifici. Queste sembrano essere state portate in Libia da gruppi criminali ma molte voci accusano anche gli stessi farmacisti di favorire questo mercato nero. Qualunque sia la sua effettiva origine, le strade del Paese sono invase da queste medicine che creano anche una forte dipendenza dovuta ai propri principi attivi92. In merito alle droghe, la Libia è diventata uno stabile mercato e una zona di transito di hashish e un punto di passaggio per il commercio di eroina e cocaina, anche se quest’ultime stanno avendo sempre più mercato anche all’interno del Paese. I principali traffici di droga, hashish, cocaina ed eroina, provengono dall’Africa occidentale, direttamente con navi o aerei dal Sudamerica, e varca il confine libico sudoccidentale, passando dalle frontiere con Algeria e Niger, mentre l’hashish marocchino proviene principalmente dal confine tunisino. Come detto precedentemente, l’hashish ha un forte mercato interno libico, ma molto di esso viene anche esportato, in particolare attraversando la Libia fino al confine con l’Egitto; cocaina ed eroina invece principalmente sono di passaggio, e anch’esse si concentrano al confine con il Paese egiziano. I traffici di droga quindi giungono in Libia da sud- ovest e ovest e passano dall’Egitto e dal Medio Oriente fino ad arrivare all’Europa dell’est e da qui in tutto il continente europeo; solo una piccola parte viene commercializzata direttamente via mare con l’Europa93. I profitti che ricavano i contrabbandieri con il traffico di droga sono veramente altissimi, basta pensare che il solo commercio di cocaina dall’Africa occidentale è valutato oltre i 4 miliardi di dollari l’anno94 e questo spiega anche l’escalation di violenza in questa fascia di territorio africano.
92 Ivi, p. 12. 93 Ivi, pp. 19-20.
94 United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), World Drug Report 2015, maggio 2015, pp.