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2.2. Politica internazionale

2.2.2. Le guerre di Gheddafi

La politica estera di Gheddafi non si limitò solamente ad azioni di appoggio militare e finanziamenti a regioni arretrate o movimenti di liberazione nazionale, ma si orientò anche verso una vera e propria politica aggressiva caratterizzata da rivendicazioni territoriali e pretese storico-culturali. Al Qa’īd la Libia rimase sempre stretta, con i suoi pochi e disinteressati abitanti rispetto all’enorme territorio e il confronto impietoso di civiltà e storia con Paesi musulmani del calibro dell’Egitto, dell’Iran e della Turchia. Per colmare il gap con i Paesi arabi Gheddafi cercò di fare della Libia il Paese più armato dell’Africa e del Vicino Oriente.

Ciò che permise una politica audace e sfrontata principalmente nei confronti degli Stati limitrofi fu proprio l’enorme potenziale bellico di cui disponeva e che riuscì ad accumulare nel giro di pochi anni. I proventi del petrolio consentirono di acquistare su tutti i mercati del mondo il meglio dei grandi sistemi d’arma: naviglio, aerei, elicotteri, cannoni, mortai, missili anticarro, sommergibili, sistemi antiaereo, blindati, carrarmati. Il primo Paese che già negli anni Settanta fornì armi alla Libia fu l’Italia55, ma successivamente, sempre in quegli anni, armamenti arrivarono da Francia, Gran

54 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., pp. 111-113.

Bretagna, Brasile, Canada, Jugoslavia, USA e Grecia. A partire dal 1974 il grosso dei rifornimenti arrivò dall’Unione Sovietica, che insieme alle armi fornì migliaia di tecnici e consiglieri per istruire il personale libico; dalla Cecoslovacchia, infine, la Libia ricevette, nell’ordine delle migliaia di tonnellate, il potentissimo esplosivo plastico Semtex56 (adoperato tra le altre cose nell’attentato al volo della Pan Am 103 che si schiantò nei pressi di Lockerbie).

La corsa agli armamenti non si basò solamente su quelli convenzionali, ma si volle espandere a quelli atomici. Gheddafi voleva dotare la Libia di armi nucleari e ci provò già dagli anni Settanta, per continuare poi durante il corso dei decenni. Per raggiungere questo obiettivo si rivolse a vari Paesi come la Cina, il Pakistan, l’India, la Francia, il Canada, la Svezia, la Germania, ma nessuno fu disposto a cedere ordigni o tantomeno tecnologia. L’unica concessione ricevuta fu da parte dell’Unione Sovietica, che cedette un reattore di 10 megawatts per usi pacifici57. Ufficialmente in Libia la costruzione di reattori per ricerche e di centrali termonucleari sarebbe dovuta servire all’autosufficienza energetica una volta che sarebbero finite le risorse petrolifere, però l’atteggiamento del Colonnello in riferimento all’ordigno nucleare è sempre stato molto controverso, dichiarando a volte come esso fosse da ritenersi come un’attività terroristica58 e altre volte invece sostenendo di volere la parità con Israele anche sotto il profilo atomico.

Il grande problema di Gheddafi in ambito militare era l’esercito, ossia l’inadempienza e il numero esiguo di componenti umani, che in termini pratici corrispondeva alla possibilità di utilizzare solo una minima parte degli armamenti acquistati. Una parziale soluzione a questo problema fu il ricorso ai mercenari, in particolare provenienti dalla fascia saheliana ma anche palestinesi, pakistani, siriani, cubani e nordcoreani. Più volte minacciato di scioglimento per realizzare l’utopia del popolo in armi, l’apparato militare libico contava comunque nel 1980 più di 50 mila uomini a cui si sommava la Legione

56 The International Institute for Strategic Studies, The Military Balance 1980/1981, London, Oxford

University Press, 1981; Ivi, The Military Balance 1996/1997, London, Oxford University Press, 1997 (http://www.iiss.org/en/publications/strategicsurvey).

57 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., p. 116.

58 An Interview with Gaddafi, in “Time”, 8 giugno 1981

Islamica, una sorta di Legione Straniera composta da qualche migliaia di volontari provenienti da una ventina di Paesi59.

Nonostante avesse un imponente apparato militare, dal punto di vista tecnologico sicuramente all’avanguardia, Gheddafi intraprese tre guerre (contro Egitto, Tanzania e Ciad) e in tutte e tre le occasioni subì pesanti sconfitte.

Dopo il fallimento dell’unione tra Libia ed Egitto del 1969 ed estesa nel 1971 alla Siria, i rapporti fra i due Paesi si erano andati deteriorando lentamente. Nel 1974 al-Sadat arrivò ad accusare pubblicamente i dirigenti libici di voler fomentare il disordine e l’anarchia in Egitto finanziando attentati e assassinii. Il presidente egiziano, però, non era immune da responsabilità nel deterioramento dei rapporti in quanto, dapprima, concesse la nazionalità egiziana all’ex re libico Idris (condannato a morte in contumacia in Libia) e, successivamente, consentì ad al-Meheishi, responsabile del fallito colpo di stato ai danni di Gheddafi nel 1975, di utilizzare la radio egiziana per attaccare quotidianamente il regime libico. La situazione divenne incandescente nel 1975 quando Egitto e USA firmarono il secondo patto di disimpegno sul Sinai, allontanando l’ipotesi di un’ulteriore guerra con Israele, come reazione Radio Tripoli iniziò ad attaccare Sadat accusandolo di tradire la causa araba e voler restaurare il capitalismo e il feudalesimo in Egitto60. Lo scontro tra i due Paesi arabi coinvolse anche le due superpotenze e segnò un passo decisivo da parte di Gheddafi a favore dell’Unione Sovietica, nonostante il suo anti-comunismo; è proprio in questi anni che la Libia sarà fortemente rifornita di armamenti sovietici e di tecnici ed esperti per l’addestramento. Secondo fonti egiziane ed europee, la Libia non si era limitata solo ad accrescere il proprio arsenale, ma aveva finanziato l’ala militare dei Fratelli Musulmani in Egitto per compiere attentati tra il 1974 e il 197661. Ormai persuaso che l’Egitto non potesse dissanguarsi in una guerra infinita contro Israele che tra l’altro combatteva quasi esclusivamente da solo62, Sadat divenne sempre più certo che la soluzione non potesse che essere quella di concludere una pace con l’eterno rivale, ma le attività di Gheddafi in Egitto e le minacce più o meno velate costituivano una spina nel fianco e un grande rebus. È così che maturò nel 1977 l’idea di dare una lezione a Gheddafi, ordinando il 21 luglio alle proprie truppe di terra di varcare i confini con la Libia e all’aviazione di bombardare la base militare di

59 S. NOLUTSHUNGU, Limits of Anarchy: Intervention and State Formation in Chad, Charlottesville,

University of Virginia Press, 1995, pp. 127-130.

60 D. FRESCOBALDI, La sfida di Sadat, Milano, Rizzoli, 1977, p.179. 61 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., p. 83.

Al Adem. Il vero obiettivo del presidente egiziano non era però la conquista territoriale, ma quella di rovesciare il regime del Qa’īd e a tal proposito aveva già pronte alcune soluzioni di ricambio. La guerra tra Egitto e Libia, detta “Guerra delle onde”, non durò più di quattro giorni, grazie anche all’intervento diplomatico del presidente algerino Boumedienne che riuscì a mediare tra i due Paesi. Sebbene non ci furono né vinti né vincitori, Gheddafi ne uscì rafforzato, risultando a tutti gli effetti come la vittima di una inspiegabile guerra tra fratelli e il suo popolo non solo non gli voltò le spalle, ma anzi gli dimostrò piena lealtà e devozione63. Lo scontro fra i due leader continuò nei mesi successivi, e il culmine fu toccato in conseguenza del viaggio di Sadat nel 1977 in Israele, in cui tenne un discorso alla Knesset, e degli Accordi di Camp David dell’anno successivo che siglavano la fine della guerra ultradecennale tra Egitto e Israele e ponevano le basi per una pace effettiva, che avvenne con il Trattato di pace di Washington nel 197964. Queste aperture dell’Egitto portarono alla creazione del cosiddetto “fronte del rifiuto o della fermezza”, cui prendeva parte la Libia insieme a Siria, Iraq, Algeria, Yemen del Sud e all’OLP di Arafat, che invece di lavorare per la pace del Medio Oriente, fagocitò ulteriormente agitazioni e nervosismi radicalizzando gli scontri fra i Paesi arabi. È in questo clima di tensioni e di accuse reciproche che si consumò nel 1981 l’attentato da parte del braccio armato dei Fratelli Musulmani, l’Al-

Jihād, che costò la vita al presidente Sadat. Sebbene l’episodio sia da far rientrare

nell’ambito della politica interna egiziana o comunque sia legato alla parte fondamentalista dell’islamismo, non si può assolutamente escludere la partecipazione diretta o meno avuta da parte di alcuni Paesi arabi, tra i quali, come disse la figlia di Sadat, proprio la Libia del Colonnello Gheddafi65.

La seconda guerra combattuta dalla Libia fu nel 1979 contro la Tanzania che aveva invaso il sud dell’Uganda, Paese alleato; anch’essa durò pochi giorni ma si concluse con un disastro. Il ponte aereo che portò più di 3 mila uomini in Uganda si rivelò una scelta negativa, sia nella tempistica, in quanto ormai la capitala Kampala era ormai già stretta d’assedio dalle forze tanzaniane, sia nella condotta della guerra poiché costò in poco tempo migliaia di morti e un numero elevato di prigionieri per i quali fu pagato un riscatto di 20 milioni di dollari. In questo frangente Gheddafi addossò tutta la colpa

63 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., pp. 83-84.

64 M. CAMPANINI, Storia dell’Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak, Roma,

Edizioni Lavoro, 2005, pp. 225-227.

della disfatta al deposto presidente dell’Uganda Amin, accusandolo di impreparazione e inefficienza66.

A differenza dei conflitti con Egitto e Tanzania, brevissimi, quello con il Ciad fu lungo e interminabile, pur contrassegnato da diverse pause durò ventun anni, dal 1973 al 1994. L’origine del conflitto scaturì dalla rivendicazione di Gheddafi su una parte del territorio ciadiano, ossia la Striscia di Aouzou, una terra ricca di uranio e ponte per espandere la propria influenza sul Paese e su tutta la fascia subsahariana. Questo conflitto si inserì nella guerra civile ciadiana che si combatteva già dal 1965 e vedeva contrapposto il sud del Paese, cristiano animista, guidato dal presidente legittimo Tombalbaye e appoggiato dalla Francia, con il nord, musulmano, guidato dal FROLINAT e aiutato proprio dalla Libia67. Il punto di svolta fu nel 1973 quando truppe libiche penetrarono nel territorio ciadiano occupando la Striscia di Aouzou senza che il Ciad protestasse, giustificando l’azione con il Trattato del dicembre 1972 che creava una “zona di solidarietà” tra i due Paesi, anche se molto più probabilmente la non protesta fu dovuta ai 23 miliardi di franchi CFA offerti dalla Libia al presidente del Ciad68. La giustificazione giuridica data da Gheddafi furono gli accordi Mussolini-Laval

del 1935, tra l’altro mai entrati in vigore a causa del mancato scambio di ratifiche. Il

Qa’īd però non si accontentò solo di occupare questa piccola striscia di deserto, ma le

sue mire furono dapprima verso la regione del B.E.T. (Borkou, Ennedi e Tibesti)69 e successivamente, sostenendo il FROLINAT, verso tutto il Ciad. Senza entrare nello specifico del conflitto e delle varie battaglie e tregue che si alternarono durante questi anni, bisogna sottolineare alcuni punti di analisi importanti per capire anche gli sviluppi successivi della politica estera libica: l’atteggiamento di Gheddafi durante tutto il conflitto fu sempre di mero opportunismo nell’aiutare le varie fazioni in lotta che in quel determinato momento potessero permettergli una maggiore penetrazione del Paese, non dimostrando quindi un reale motivo di affezione alla causa ciadiana; pesò enormemente nell’ambito interno della Libia e sugli equilibri di potere il massiccio uso di uomini dell’esercito in una guerra che col lungo andare dimostrò tutta la sua inutilità, creando crepe nella fiducia dei vertici militari e degli stessi commilitoni nei confronti

66 A. DEL BOCA, Gheddafi. Una sfida…, cit., pp. 117-118.

67 H.SOLOMON,G.SWART, Libya’s Foreign policy in Flux, in “African Affairs”, CIV, n. 416, 2005, p.

470.

68 B. LANNE, Tchad-Libye. La querelle des frontières, Paris, Karthala, 1982, pp. 229-230.

69 R. BUIJTENHUIJS, Le FROLINAT à l’épreuve du pouvoir: L’échec d’une révolution Africaine, in

del regime70; la Legione Islamica fu usata in maniera impropria, non essendo impiegata per gli ideali dell’unità araba, ma per progetti confusi, megalomani e antistorici; il conflitto richiamò nell’area saheliana la Francia, antica potenza coloniale, che decise di intervenire per non permettere una penetrazione della Libia nell’area che avrebbe portato ad una distruzione dell’equilibrio regionale con conseguenze imprevedibili anche sui propri interessi economico-commerciali; la guerra sottrasse alle casse dello Stato miliardi di dollari, che avrebbero potuto essere spesi per lo sviluppo del Paese; alimentò per più di vent’anni nel Ciad una guerra civile dagli esiti catastrofici; infine, mantenne l’agitazione, il sospetto, la paura nell’intera area del Sahel.

Il conflitto si concluse solamente nel 1994, dopo che la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (accettata di comune accordo da Libia e Ciad nel 1989 con l’Accordo quadro) stabilì che Aouzou apparteneva al Ciad in virtù del Trattato franco-libico di amicizia e buon vicinato del 1955 e ordinò alla Libia di abbandonare il territorio71. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite incaricò una missione ONU (UNASOG, United Nations Aouzou Strip Observer Group) di monitorare sull’effettivo ritiro libico dalla Striscia di Aouzou72, che avvenne senza ritardi.