Elena Garibaldi
M a n i f e s t a z i o n e t u m o r a l e d a t r a u m a di o r i g i n e m e c c a n i c a ( è v i s i b i l e il c a v o di f e r r o c h e l ' h a g e n e r a t a ) . In b a s s o s t r o z z a t u r a d a l e g a m e n t o . (Foto: S e r v i z i o G i a r d i n i e A l b e r a t e d e l l a C i t t à di T o r i n o ) .
bricati residenziali e industriali, ed il verde e ad assegnare a quest'ultimo le funzioni più adatte ad assolvere alle esigenze della vita mo-derna, sono parecchie. Basta pensare a
Stoc-colma (80 m2 verde/abitante), a Londra (27 m2
verde/abitante), a Colonia (20 m2
verde/abi-tante), ad Amsterdam (20 m2 verde/abitante),
a Mosca (11 m2 verde/abitante), a Parigi (7,4 m2
verde/abitante), t a n t o per limitarci solo ad alcune delle città più importanti, per compren-dere come il verde non sia in queste città mi privilegio per pochi, ma una « scelta culturale » e costituisca parte integrante della città, in q u a n t o forma il tessuto connettivo della città stessa ed è elemento vitale per i cittadini. Quando si parla di verde va ricordato che al-l'estero si t r a t t a sempre di « verde attrezzato » per il tempo libero ossia a d a t t o al riposo, al trattenimento, allo sport (campi da tennis, da bocce, da football, da golf, di palla a volo, pallacanestro, piste per pattinaggio a rotelle, velodromi, ecc.). Inseriti in ampie zone desti-nate a prato o a bosco si trovano spazi da adi-bire alle mostre e ai concerti, al gioco dei bam-bini e dei ragazzi a cui di solito è preposto personale specializzato che ne cura le diverse attività che si possono esplicare anche in con-dizioni di tempo sfavorevole, d a t o che sono previsti padiglioni per riunioni ed attività ma-nuali (laboratori per p i t t u r a , ceramica, model-lismo, ecc.) in cui vengono organizzate gare, rappresentazioni, canti in coro e recite.
Le condizioni italiane sono ben diverse, in-n a in-n z i t u t t o la superficie a verde iin-n t u t t e le
città italiane è modestissima: 2 m2 verde
abi-t a n abi-t e a Torino, 1,85 m2 a Roma; gli indici per
Milano, Firenze, Bologna non si discostano molto da questi. Inoltre, da noi con la deno-minazione di verde si intendono anche le aiuole o i piccoli spazi verdi che ospitano i cartelli su cui spiccano ben evidenti le scritte « non calpestare il p r a t o ». In tal modo i bambini italiani sono sottoposti ad ogni sorta di divieti: non possono arrampicarsi sugli alberi, non pos-sono gettare i sassi nelle fontane e cosi via, Gli esempi di città europee che sono
riu-scite a mantenere, mediante un moderno piano regolatore, un rapporto equilibrato tra i
fab-a loro è solo consentito riempire secchielli con sabbia polverosa o addirittura accontentarsi, come accade in molti quartieri, di giocare per strada al pallone con il rischio della multa che viene puntualmente inflitta dal vigile o, peggio, di finire sotto un'automobile e di respi-rare continuamente ossido di carbonio e altri - prodotti inquinanti nocivi alla salute, mentre
sarebbe essenziale proprio per essi, costretti a vivere nelle città soffocate dal cemento, poter correre su di un prato per ritrovare il contatto con la natura. Inoltre, qualsiasi madre che accompagna un bambino ai giardini sa che accapparrarsi una panchina non è sempre una operazione facile dato che talvolta anche queste scarseggiano !
Se si considera, ad esempio, la situazione del verde a Torino si può apprendere da inda-gini condotte recentemente da Ghisleni e Maf-fioli che nei nuovi quartieri periferici la situa-zione è anche più drammatica che nei vecchi: popolazione più densa, con edifici più alti e quindi minore contatto tra alloggi e terreno circostante, traffico più rapido e più intenso. Alcuni esempi possono fornire una chiara idea della carenza di verde: il raggruppamento sta-tistico X X indicato come « Nuova Fiat » con ben 105 mila abitanti ha zero m2 di verde per abitante, il X V I « Madonna di Campagna » (85.028 abitanti) ha 0,1 m2 verde/abitante, il XV « Regio Parco » (95.987 abitanti) ha 0,3 m2 verde abitante; oltre a queste ci sono ben 14 zone in cui l'indice unitario è intorno al valore zero !
Per comprendere come tale situazione sia disastrosa bisogna tenere conto che esiste un decreto ministeriale del 2 aprile 1968 che stabi-lisce il minimo di 9 m2/abitante a verde pub-blico di zona, riducibile a 4,5 m2/abitante nel caso di zone fortemente compromesse, e di 15 m2/abitante a parchi urbani.
Quali sono le principali specie di piante che si trovano a Torino? Dominano i platani lungo le alberate (sono infatti ben 15.000), i tigli (6.000), gli aceri (3.500), gli ippocastani (3.000) e gli olmi (2.500). È noto che le piante fanno da schermo contro la polvere, i fumi e i rumori, hanno una funzione psichica agendo come rilas-santi verso lo stress quotidiano e migliorando la qualità della vita dell'uomo, inoltre sono preziosi rigeneratori di ossigeno, elemento sem-pre più indispensabile se si considera che una automobile in 1000 chilometri di percorso con-suma una quantità di ossigeno uguale a quella necessaria per la vita di un uomo per un anno. Quindi la superficie a verde dovrebbe essere aumentata e bisognerebbe anche cercare di assicurare migliori condizioni per un buon
svi-luppo sia epigeo che ipogeo delle piante, perché anche se è vero che esse possono vivere in con-dizioni assai poco favorevoli (basta pensare alle piante del deserto o alla flora alpina), tuttavia si sviluppano normalmente molto meglio quan-do le si pone in ambienti adatti. Però, pur-troppo, oltre alla mancanza di verde, come prima si è detto, quel poco che esiste è grave-mente compromesso: le piante in città sono innaffiate con acqua contenente alte percen-tuali di cloro, hanno pochi metri quadrati di terreno a disposizione dell'apparato radicale dato che sono soffocate dal cemento. Inoltre esse sono sottoposte a continue mutilazioni: infatti se deve passare una linea elettrica aerea non si esita a recidere la chioma dell'albero
In c i t t à o a T o r i n o in p a r t i c o l a r e si è a f f e r m a t o u n q u a d r o fitopatologico a s s a i c o m p l e s s o d o v u t o alla p r o s o n z a di s m o g , di g a s i n d u s t r i a l i n o c i v i , di r e s i d u i c a r b o n i o s i d e g l i a u t o v e i c o l i c h o l i m i t a n o e d o s t a c o l a n o l o s v i l u p p o d o l l a p i a n t a . (Foto: S e r v i z i o G i a r d i n i e A l b e r a t e d e l l a C i t t à di T o r i n o ) .
e se si vuole mettere un cavo sotterraneo si asporta una parte delle radici senza tenere conto dei disagi che si procurano alle piante e al f a t t o che agendo in tal modo si può deter-minare l'instaurarsi di un quadro fitopatologico assai complesso in q u a n t o viene aperta la via ad attacchi di cause nemiche come le ma-lattie provocate da virus, funghi, insetti, bat-teri e altri agenti patogeni. Anche i frequenti cantieri di lavoro, gli scavi di buche, fosse, canalizzazioni, il parcheggio di automezzi a ridosso degli alberi sono cause avverse per le piante come pure l'impermeabilizzazione, effet-t u a effet-t a a ridosso delle pianeffet-te fino a seffet-trangolarne il colletto, sempre più richiesta per esigenza di traffico e di posteggio di vasti t r a t t i di ban-china e di piazzali alberati, impedisce i normali processi di scambio fra l'apparato radicale e l'atmosfera determinando uno stato di asfissia e favorendo spesso in prossimità del colletto, pericolosi ristagni di umidità dopo precipita-zioni prolungate. Inoltre, l'uomo in città pro-getta c realizza insediamenti senza avere t e n u t o conto delle necessità di tutelare gli alberi pree-sistenti, dislocando, ad esempio, anche i
distri-butori di benzina scriteriatamente e cosi fa-cendo viene favorita l'accelerazione dei pro-cessi di degradazione e di morte di tanti esem-plari. Danni alle piante possono anche essere causati dal sale distribuito in eccesso d'inverno per alleviare il disagio della neve in prossimità degli scambi e sulle banchine delle fermate del t r a m . In Corso Lecce e Corso Trapani ci sono stati esempi macroscopici: ad ogni fer-m a t a una p i a n t a fer-morta ed una fer-morente. « Evidentemente — afferma il prof. Perruc-chietti, direttore del Servizio giardini e albe-rate della Città di Torino — la concentra-zione salina supera la soglia dello 0 . 5 % e que-st'anno abbiamo contato più di 300 piante sof-ferenti ! )>.
Sull'argomento è stato recentemente orga-nizzato a Torino dall'Assessorato ai lavori pub-blici e dalla Direzione giardini e alberate del Comune di Torino una interessante giornata di studio dal titolo « La pianta m a l a t a in città » a cui hanno partecipato specialisti del settore italiani e stranieri che hanno tratteggiato la situazione relativa al verde a Torino e nelle altre città italiane. In base al q u a d r o che ne
è scaturito si può affermare che la situazione di disagio per le piante nelle città è dovuta, oltre che a t u t t i i motivi soprariportati che si possono ascrivere ad una cattiva pianificazione e ad una necessità di risanamento della città stessa che è, come molti l'hanno definita, « ma-lata », soprattutto all'inquinamento dell'atmo-sfera. Il traffico automobilistico sempre più intenso e gli impianti di riscaldamento spesso mal condotti stanno portando la condizione del-l'inquinamento atmosferico a livelli preoccu-panti.
L'anidride solforosa, l'ozono, i fioruri, l'os-sido e il jjrotosl'os-sido d'azoto, l'osl'os-sido di carbonio e l'anidride carbonica possono causare alle piante ustioni ai tessuti, macchie fogliari, le-sioni lenticellari, imbrunimento ed arriccia-mento del lembo fogliare, decolorazione in cor-rispondenza dei tessuti internervali, riduzione delle foglie, raccorciamento degli internodi, dis-seccamento dei rametti, m a n c a t a lignificazione dei germogli, riduzione delle dimensioni dei fiori e una percentuale più alta di semi che non germina. Su molte delle sostanze inquinanti sono stati condotti specialmente negli Stati Uniti d'America degli studi approfonditi: cosi, ad esempio, a proposito dell'ozono è risultato che deprime la fotosintesi, a u m e n t a la produ-zione di etilene, favorisce la senescenza e deter-mina un ritardo nella fioritura, i fioruri, invece, hanno un'azione che interferisce sul metabo-lismo e sul sistema enzimatico. I primi studi di danni prodotti dall'inquinamento sulle piante risalgono addirittura al 1850, tra le specie più sensibili sono da annoverare le conifere (Picca
excel sa, Picea nigra, Abies e Cedrus, ecc.),
men-tre gli alberi a fogliame molto denso sono più resistenti agli inquinanti anche se nel corso della vegetazione appaiono delle necrosi sulle foglie. Anche il legno può venire danneggiato t a n t o che risulta meno resistente nelle piante viventi in atmosfera inquinata che in quella sana. Va anche ricordato che la fertilità del terreno molto spesso ridotta e la carenza di concimazione sono fattori che tendono ad ac-centuare tali effetti e facilitano l'osservazione dei danni causati dall'inquinamento, di qual-siasi n a t u r a siano gli agenti (anidride solforosa o acido fluoridrico, ecc.). Esistono bensì es-senze che presentano maggiore resistenza agli inquinanti gassosi: però molto spesso la sosti-tuzione è difficile, come d'altra parte è assai complesso attraverso lavori di miglioramento
genetico, ottenere delle varietà o dei cloni resistenti.
Torino, in particolare, che ha avuto un ruolo cosi importante su un piano industriale ha dovuto sacrificare, purtroppo, una parte di un altro fattore di benessere, non meno importante, quello del cielo pulito e dell'aria pura. E le piante ne soffrono in modo grave ! D'altra parte, in Italia casi di inquinamento di origine industriale sono frequenti e si manife-stano quando grandi complessi industriali si trovano in sedi relativamente modeste, un esempio sono gli stabilimenti di Marghera che costituiscono una vera minaccia per una città unica al mondo come Venezia. Un altro esempio è quello di Mori nel Trentino dove è stata ordinata per qualche tempo la chiusura di alcuni reparti di una fabbrica di alluminio al seguito di danni riportati dalla popolazione e dalla vegetazione. E le piante dei litorali della To-scana ? A t u t t i è capitato di vedere le condi-zioni assai preoccupanti della pineta di Via-reggio « la pineta morente » come viene oramai chiamata a causa dei venti che depositano sulla chioma le sostanze nocive costituite da detergenti sintetici non biodegradabili river-sati in mare dalle fogne e dagli scarichi indu-striali. D'altra parte anche i pittospori, i cedri, i cipressi che si trovano nelle zone litoranee poco lontane da Genova sono molto compro-messi. Perché t u t t o questo? Molto spesso ci si comporta come se l'atmosfera non fosse un bene da conservare i n t a t t o per il benessere di tutti, ma una grande cloaca gassosa, quasi non fosse in essa che viviamo e respiriamo.
Che cosa dobbiamo augurarci ? I n n a n z i t u t t o u n a pianificazione della città e la maturazione di una coscienza che faccia passare il cittadino da « utente passivo » a « componente critico-a t t i v critico-a » dello sviluppo dellcritico-a città come luogo della sua esistenza sociale, quindi che venga a f f r o n t a t o il problema della ristrutturazione delle zone verdi intese per l'uso quotidiano «realmente e storicamente libero ». Infine vorrei citare le parole del noto naturalista americano Marston Bates « l'ecologia è la scienza più im-portante, a lungo termine, per il sopravvivere dell'uomo, t u t t a v i a è tra le meno comprese dall'uomo della strada ». U n a razionale poli-tica «anti-inquinamento » con severe misure di controllo potrebbero perciò servire a migliorare la vita sia dell'uomo sia delle piante costrette a vivere in città.