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Una crisi economica che continua

Emanuele Battistelli

Ora si commisura in t u t t a la sua gravità il fenomeno della diserzione contadina e si tenta perciò di arginarla con un'opera psico-logica o di persuasione da un lato, e con prov-vedimenti economici dall'altro.

A furia di sostenere l'esistenza di u n ' a c u t a disparità reddituale a nocumento e disdoro dei ceti rurali questi ultimi si sono convinti di essere i paria della società nazionale. Da questa opinione alla decisione di risolversi per altre occupazioni più rimunerative, di salpare per lidi migliori di lavoro, il passo è breve.

Peraltro, il fenomeno dell'esodo rurale è più di n a t u r a psicologica che economica, più un f a t t o subentrato di costume, che un anelito di emancipazione economica e sociale.

Esso ha inizio nel 1950, all'epoca della ri-forma fondiaria, i cui risultati — giudicandoli «a jjosteriori » — non hanno giustificato l'im-pegno, la spesa, lo smantellamento delle grandi tenute gentilizie.

Ma prima della riforma fondiaria si com-mise l'errore di dividere l'esercito rurale in besprisorni (figli di nessuno) e in beniamini, facendogli p e r t a n t o perdere la propria forza sociale e contrattuale. Ai besprisorni (termine russo) venivano assimilati gli agricoltori; benia-mini erano e sono i coltivatori. N o n si com-prende ancora bene quale necessità ispirò la divisione sindacale t r a agricoltori e coltivatori, dal momento che identiche sono le esigenze, le finalità, le prospettive. Non c'è sostanziale differenza di fisionomia e di prestigio tra chi conduce l'azienda con manodopera salariata o associata e chi la conduce con manodopera familiare, integrata o meno da manodopera estranea alla famiglia.

Cionondimeno si è voluta creare una vasta categoria di privilegiati forse in omaggio alla sua maggiore forza elettorale. Che i coltivatori siano dei privilegiati rispetto ai loro colleghi agricoltori lo stanno a dimostrare le facilita-zioni di credito e le numerose altre provvidenze assistenziali che vengono loro concesse.

Nel q u a d r o delle provvidenze creditizie ad esclusivo favore dei coltivatori — ai quali altri

accoppia l'attributo pleonastico di « diretti » — si inserisce la legge sulla formazione della pie-cola proprietà contadina, ora t r a m u t a t a in legge per la formazione della proprietà fami-liare in ossequio alla superiorità economica — conferita dalla meccanizzazione — della azienda media e grande rispetto alla piccola.

Il pubblico italiano — e quindi anche quello rurale — ha il gusto del contrario. Nella legge per la formazione della proprietà familiare i villici intravidero e intravedono il proposito governativo di inchiodarli alla terra e pertanto la sfuggirono e la sfuggono. E a tagliare la eorda che li unisce all'azienda avita, al villaggio, furono e sono in ordine decrescente i giovani coltivatori diretti, i piccoli mezzadri, i brac-cianti. Il personale delle medie e grandi fat-torie — alias medie e grandi tenute mezza-drili — si dimostrò e si dimostra t u t t o r a aller-gico alle sirene e alle falene tentacolari dei centri cittadini. Cionondimeno nell'abolizione coatta della mezzadria non si volle tener conto del tranquillo stato di animo di chi i n q u a d r a t o in tenute tecnicamente e amministrativamente ben dirette non poteva e non può evidentemente lasciare il certo per l'incerto, una situazione

t

A p e r t u r a d e l t e r r e n o i n c o l t o — o v a t t a t o d ' u n a f ì t t a s c h i e r a di m a l e r b e — a u n a c o l t u r a di r i p i e g o e p o c o i m p e g n a t i v a c o m e la c e r e a l i c o l a : s o l u z i o n e p r e f e r i b i l e , e v i d e n t e m e n t e , a l l ' i n c o l t u r a , r e l i q u a t o o r d i n a r i o d e l l ' i n c o n s u l t o e t u m u l t u o s o e s o d o r u r a l e .

Le a z i e n d e r u r a l i , c h e la d e f e z i o n e c o n t a d i n a lascia in d o n o a l l ' a b b a n -d o n o , h a n n o t r e s o l u z i o n i p o s s i b i l i : — la m o n o c o l t u r a c e r e a l i c o l a ; — la m o n o c o l t u r a p r a t i v a , a p a t t o p e r ò di p o t e r n e v e n d e r e l ' e r b a ; — la c o l t u r a di p i a n t e a r b o r e e d a c e l l u l o s a . La f o t o g r a f i a r i p r o d u c e u n a v a s t a r i p e t u t a c o l t i v a z i o n e g r a n a r i a in u n a a z i e n d a p r i v a di m a n o d o p e r a . S e m i n a e r a c c o l t a a f f i d a t e a i m p r e s a m e c -c a n i -c a -c o n t o t e r z i s t a .

favorevole per una aleatoria sia pure confor-t a confor-t a dalla reconfor-tribuzione a riconfor-tmo cosconfor-tanconfor-te, ma insidiata dal pericolo della sottoccupazione e della disoccup>azione.

Ch'io mi sappia i grandi organi di informa-zione — ad ecceinforma-zione de « Il Resto del Carlino » che ospitando uno scritto del compianto mar-chigiano Luigi Bartolini bollò con marchio inde-lebile d'infamia l'indiscriminato e tumultuoso esodo rurale — non si occuparono né si preoccu-parono mai del fenomeno non intravedendovi una autentica sciagura sociale. Anzi vi intra-videro una ripercussione favorevole per l'indu-stria fornitrice di mezzi strumentali e materiali utili alla coltivazione dei campi, alla trasfor-mazione commerciale dei prodotti, alla orga-nizzazione scientifica del lavoro e della pro-duzione.

L'industria metalmeccanica credette che ad ogni unità u m a n a che se ne a n d a v a dalla cascina due unità trattoristiche ne potessero prendere il posto: la grande per i lavori impegnativi, la piccola per i lavori ausiliari. Pia illusione! Sia perché i superstiti elementi anziani ai trattori preferiscono gli animali da lavoro — equini o bovini — non fosse altro perché riluttanti — per insufficiente tirocinio o per a n t i q u a t a forma

mentis — alla guida delle macelline, sia

perché in qualunque azienda priva di tratto-risti i trattori sono elementi inutili e inerti. Un t r a t t o r i s t a non può guidare contempora-neamente più di un t r a t t o r e . Forse giorno verrà che potrà farlo teleguidandoli da una cabina di comando. Ma l'ipotesi è più condita di

fanta-scienza che di probabilità. Nella migliore delle ipotesi essa è di realizzazione remota e di appli-cazione limitata. Potrà avere cittadinanza nelle grandi aziende di pianura a profilo uniforme, sgombere da impedimenti alla circolazione spe-dita delle macchine; impedimenti come gli alberi ancorché allineati, i fossi aperti d'irriga-zione di prosciugamento, le siepi confinarie, ecc. Ma quante ce ne potranno essere?

L industria metalmeccanica non ha mai sop-pesato i pericoli dell'esaurimento fisiologico e psicologico cui è esposto il trattorista troppo impegnato nei lunghi e ininterrotti lavori moto-colturali. La macchina aumenta le prestazioni lavorative dell'uomo e ne alleggerisce la fatica, ma non più che tanto. L'attenzione che pone nella guida delle macchine non gli è richiesta — a pa-ragone — guidando «i buoi dalla pacata faccia ».

Anche l'industria chimica si illuse che l'esodo rurale si sarebbe riverberato a suo favore. Cre-dette, in altre parole, che la concimazione po-tesse essere maggiorata sulle sezioni poderali in attività di servizio, protese a trarne ricavi tali con i quali controbilanciare il costo effettivo della meccanizzazione e di quello abbastanza salato — ad onta dei p a t t i sindacali — della manodopera avventizia utilizzata nelle opera-zioni più cruciali e impegnative delle semine, delle difese antiparassitarie e delle raccolte.

L a verità vera è però un'altra. Ogni nucleo familiare alleggerito degli elementi più validi ripiega sulla politica del piede di casa; si limita cioè a produrre prima per sé e poi, se ne resta, per gli altri.

L'economia comunitaria mira invece, al-l'opposto, alla economia di mercato.

Perfino la tecnica d'informazione si è illusa di poter agganciare a se stessa la massa diradata dei superstiti protagonisti. Di qui la moltipli-cazione dei mezzi di divulgazione, l'inserimento nei quotidiani della pagina dedicata ai pro-blemi agricoli, la rubrica televisiva « A come agricoltura ».

Ora è chiaro che quando un operatore agri-colo è dall'alba al t r a m o n t o — d u r a n t e le buona stagioni — impegnato nel coacervo delle operazioni campestri non può u m a n a m e n t e de-dicare un ritaglio di t e m p o al richiamo giorna-listico, né a quello radio televisivo. Alla sera vinto dalla stanchezza e dal sonno non gli par-vero di affidare al riposo ristoratore e disintos-sicante il ripristino delle sue forze fisiche e psichiche.

In alto loco ci si illude che in queste con-dizioni gli operatori agricoli, alle prese con aziende capaci di una produzione lorda vendi-bile superiore a 21 milioni annui, possano per-fino tenere una regolare contabilità I.V.A.

La tecnica d'informazione pone alla "curio-sità dei rurali anche le collane d'istruzione professionale, i cui lettori più sensibili dovreb-bero trovarsi nei giovani elementi. È chiaro che limitato essendo il numero dei lettori le pubblicazioni tecniche stentano ad esaurire la loro pur leggera tiratura iniziale e sono, per-tanto, impossibilitate a rinascere dalle ceneri delle vecchie e ad arricchirsi, perciò, di nuovi aggiornamenti e orientamenti.

Le pubblicazioni tecniche non sono ro-manzi che sfidano il tempo. Alcune sono già vecchie al momento stesso della stampa, come le enciclopedie.

« Brisa per criticher » direbbero gli emiliani, ma le pagine destinate dai quotidiani all'agri-coltura non servono ai politici perché non le degnano nemmeno d'uno sguardo; problemi di politica agraria, di strategia agricola, hanno la dignità degli editoriali e non possono quindi essere relegati in posti di secondo, ultimo, or-dine; esigenze di carattere tattico non sono pro-spettate da professionisti a contatto con il normale esercizio dell'agricoltura, anche perché i più — uomini d'azione — hanno in antipatia la penna. Nessun quotidiano ha finora inven-tato una rubrica che faccia fare al lettore u n breve ma interessante viaggio mentale sulle conquiste ultime della tecnologia, sulle appli-cazioni moderne della tecnica. C'è però un

organ house che ne ospita una dal titolo che

invita alla lettura: «Sapete che...».

La sensibilità della s t a m p a quotidiana alle vicende dell'agricoltura potrebbe essere mag-giormente apprezzata se un esercito potenziale di agricoltori potesse accedere effettivamente alla gestione aziendale. L'allusione è a coloro che, sfiduciati e stanchi della loro professione insicura e indifesa, optano per l'anticipazione del loro collocamento a riposo, e per non imma-linconirsi nell'ozio sognano di potersi dedicare all'impresa agricola intesa a questa o a quella specializzazione: vivaistica, frutticola, viticola, avicola, ecc. Ma non t r o v a n o aziende dispo-nibili all'affitto, né all'acquisto. Chi le ha se le tiene, ritenendole a l t r e t t a n t i rifugi monetari.

L'affitto odierno è poi dal proprietario di-sdegnato anche se il candidato affittuario si impegnasse a corrispondere sottobanco una maggiorazione robusta del canone legale.

C è un'azienda dell'agro torinese che ha una produzione a n n u a vendibile di circa 15 milioni di lire. Il beneficio fondiario, e quindi pratica-mente il canone di affitto, pur riducendolo al 1 0 % (dal 25 che era nel ventennio fra le (lue Guerre) scenderebbe all'equità di L. 1.500.000. Con la nuova legge sui (itti rustici, e nella

ipotesi che l'azienda sia meritevole del coeffi-ciente massimo di motiplicazione dell'estimo catastale, il beneficio fondiario verrebbe com-presso a 156.000 lire, dato rinaggiornamento planimetrico e censuario della rilevazione cata-stale. In questa prospettiva al proprietario con-viene, piuttosto che l'accalappiamento a senso unico dell'affitto, la trasformazione dell'azienda a coltura estensiva cerealicola, prativa venden-done l'erba, silvana optando per le elaboratriei sollecite di cellulosa, come le piante di pioppo nei luoghi agronomici migliori per fertilità e freschezza, o per le piante esotiche del gruppo dei pini, o p u n t a n d o sull'elaborazione abba-stanza sollecita di legname pregiato tramite il noce americano.

Peraltro, la diffusione di ditte meccaniche controterziste permette la coltura monofita e poco impegnativa del grano, dell'avena, del-l'orzo, e quella poco di più impegnativa del mais e del sorgo, sia che se ne voglia trarre un prodotto granellare o un p r o d o t t o foraggero, a beneficio quest'ultimo delle esigenze zootec-niche dell'azienda o di quelle delle limitrofe stalle sociali.

Non c questo impegno cerealicolo granellare o foraggero un ripiego clic possa entusiasmare, essendo sulla sua sorte sospesa l'alcatorietà cli-matica stagionale, ma è evidentemente prefe-ribile all'incoltura, q u a n t e volte ad altre solu-zioni — tipiche quelle arboree da legno •— si dovesse rinunziare oppressi dalla paura di dover sacrificare troppo al presente per l'avvenire, di dover p i a n t a r e alberi per l'ombra dei figli dei figli, come facevano gli avi nostri q u a n d o si decidevano per l'impianto di nuovi castagneti e di nuovi oliveti. La p i o p p i c o l t u r a s a r e b b e la più f e l i c e r i s o r s a c o l t u r a l e l e g n o s a s e l e p i a n t e p o t e s s e r o p r o s p e r a r e a n c h e in t e r r e n i di l i m i t a t e r i s o r s e c h i -m i c h e e i d r i c h e . L ' i l l u s t r a z i o n e r i p r o d u c e l o s t a t o p o c o p r o m e t t e n t e di u n p i o p p e t o ad o n t a d e l t e r r e n o d o c i l e e f r e s c o . T e r r e n i di f e r t i l i t à c a r e n t e m a l e si a d d i c o n o a p i a n t e t i p i c a m e n t e s t a k a n o v i s t e o a v e g e t a z i o n e c e l e r e .