Piero Cazzola
con cui si soleva designare la grafite. I pezzi di maggior vo-lume venivano segati e adope-rati come lastre per stufe: ma se ne ricavavano pure piatti e scodelle per usi locali (la c.d.
pietra oliare). Solo dal secolo
scorso, col progressivo sviluppo dell'industria, il talco, ridotto in polvere finissima, trovò lar-ghe e numerose applicazioni. Sino all'entrata in vigore della legge mineraria del 1927 esso era classificato f r a i materiali
della 2a categoria, soggetto cioè
al regime delle cave, dipenden-do la sua coltivazione dalla mera volontà dei proprietari del suolo e sfuggendo cosi a qual-siasi controllo; di qui le diffi-coltà che ne seguivano per l'or-dinato svolgimento di un'indu-stria estrattiva che andava via via affermandosi sul mercato. I primi lavori, praticati sicura-mente a giorno, furono condotti in modo affatto primitivo, al solo scopo di scoprire il sopra-suolo e scavare il sottostante materiale; onde il formarsi di cave a cielo aperto, sparse su un esteso territorio, anche se di ampiezza limitata. Esauriti gli affioramenti, le residue esca-vazioni sotterranee consisteva-no in gallerie irregolari più o meno tortuose, prive di un ordine o piano prestabiliti, pra-ticate unicamente allo scopo d'inseguire la vena buona e sfruttarla al massimo. In sot-terraneo i trasporti avvenivano a spalla, a mezzo di « gerle », ovvero con vagonetti su rotaie di legno, mentre all'esterno il materiale era caricato su slitte Da secoli nelle Alpi
Occi-dentali, s o p r a t t u t t o nella zona delle Alpi Cozie, vengono col-tivati dei giacimenti di talco, che sono per estensione i più importanti d'Italia. Di scavi nel territorio di Pinerolo, nelle valli del Chisone e della Germanasca si hanno notizie certe sin dalla fine del secolo X V I I . Il talco a quell'epoca veniva someg-g i a t o e i n d i c o n c e n t r a t o a Brian§on, donde le
denomina-zioni di craie de Briancon, o
creta brianconia cdbescens viri-dis, che si ritrova nel Diction-naire des drogues sirnples del
Lemery (1698). Di qui il talco, in blocchetti, veniva spedito su t u t t i i mercati europei, essendo u s a t o p r i n c i p a l m e n t e come « pietra da sarti » per segnare le stoffe, o anche per scrivere sui metalli; lo si denominava anche « terra bianca », in con-trapposto alla « terra nera »,
I m p i a n t i e s t e r n i d e l l a m i n i e r a di t a l c o « F o n t a n e e f a t t o discendere per ripidi
pendii a valle, sino alla mulat-tiera o carrettabile più vicina. Ancora oggi, nelle mulattiere percorse dalle slitte cariche di talco, sono visibili le tracce la-sciate sulle lastre dei pendii.
Furono i minatori eanavesani che utilizzando le esperienze da essi f a t t e nelle miniere della Sardegna, a partire dalla fine del secolo scorso introdussero nell'industria del talco metodi più razionali di coltivazione, riducendo al minimo lo sper-pero e assicurando maggiore si-curezza nel lavoro. A quel-l'epoca a p p u n t o risale, per qual-che miniera, l'introduzione di mezzi di trasj>orto più rapidi ed economici, come l'impianto di funicolari a filo aereo. Prima di essere posto in commercio il talco veniva ridotto in polvere, usandosi all'uopo i mulini del grano, a ruote verticali, imper-fetti e antiquati, sparsi in gran numero lungo le rive dei torren-ti, nelle valli del Chisone e della Germanasca. U n a statistica uf-ficiale delle cave (1890) fa ascen-dere a 4466 tonn la produzione totale di talco nella zona del pinerolese. Costituitasi nel 1897 la Anglo-Italian Tale éc
Plum-bago Mines Co. Ltd., furono
gettate le basi per un migliore avvenire delle cave di Val Chi-sone; promotori ne furono i torinesi Brayda e di San Mar-tino, che raggruppando in un solo organismo varie ditte mi-nori, diedero vita a grandi sta-bilimenti di macinazione. Già nel 1898 la produzione a n n u a di talco nel pinerolese era salita a circa 10.000 tonn, con 14 mo-lini attivi che davano lavoro a una cinquantina di operai. Ve-rificatosi negli anni 1901-05 un movimento di regresso nella produzione, a causa della con-correnza delle miniere di Lu-zenac, in Francia, che per la loro maggiore vicinanza al mare tolsero alle nostre cave alcuni grossi mercati esteri, rimase pe-raltro attivissimo lo smercio in
Inghilterra, Stati Uniti ed Eu-ropa Centrale. Col 1905 poi si ebbe una sensibile ripresa, grazie alla grande varietà d'im-piego del talco nell'industria (dalla vetraria alla ceramica, dalla saponiera a quella del cuoio, della gomma, dei colori e vernici, dalla farmaceutica alla profumiera, all'edilizia, all'agri-coltura).
È del 1907 la nascita della
Società Talco e Grafite Val Chi-sone, originatasi dalla
trasfor-mazione della precitata società inglese. Essa continuò nell'ope-ra di concentnell'ope-razione delle varie imprese e f r a il 1918 e il 1920 riunì la quasi totalità dei moli-tori e cavamoli-tori di talco del pinerolese. Le varie coltiva-zioni, indipendenti e mal con-dotte, furono t r a s f o r m a t e in complessi minerari organici con gallerie di livello e ribassi per l'aerazione, il carreggio e l'esau-rimento delle acque. I lavori proseguono anche d'inverno e il materiale escavato viene am-massato in depositi sotterranei, in a t t e s a che la buona stagione p e r m e t t a il suo t r a s p o r t o a mezzo di décauville o di tele-feriche sino ai fondivalle, di dove a mezzo di autocarri viene
]}ortato agli stabilimenti di ma-cinazione, che hanno sostituito i vecchi molini. Una nuova ri-duzione di consumo del talco si verificò verso il 1926, a causa della crisi che colpi molte indu-strie straniere, poi il ritmo di sviluppo della produzione non ebbe più soste, sino a rag-giungere nel 1943, d u r a n t e il secondo conflitto mondiale, le 55.805 tonn. Contrattasi la pro-duzione negli anni cruciali 1944-1946 per il blocco dei trasporti verso l'estero, la ripresa si ve-rificò vivace s o p r a t t u t t o negli anni del dopoguerra a partire dal 1950, quando si verificò un'eccezionale richiesta di talco, d e t t a t a non già da a u m e n t o del consumo, ma dal desiderio di costituire delle scorte, specie in qualcuno dei maggiori mer-cati esteri. A m m o d e r n a m e n t i furono a p p o r t a t i alle attrezza-ture di miniera e agli stabili-menti di macinazione; i lavori di esplorazione diedero favo-revoli risultati, tali da fornire degli affidamenti per lo sviluppo avvenire. Anche nei trasporti il r i n n o v a m e n t o dei mezzi mecca-nici fu integrale, con conseguen-ti notevoli economie di eserci-zio. Nel 1951 la produzione
rag-giungeva le 59.607 tonn. di ma-teriale estratto (56.440 tonn. di talco macinato), ma in se-guito si verificò una forte di-minuzione nelle vendite dovuta all'accentuarsi della concorren-za estera e a misure protezio-nistiche, come i divieti d'im-portazione posti da più d'un Paese estero. Perdurando tale stato di cose negli anni suc-cessivi, esso si rincrudì nel 1954 a causa d'uno sciopero dei mi-natori, durato tre mesi, jjroprio all'inizio d'una stagione pro-mettente, ma che non ebbe gravi ripercussioni grazie alle ottime condizioni delle miniere pinerolesi e alla loro moderna a t t r e z z a t u r a meccanica, che permise la ripresa quasi
imme-diata delle coltivazioni. Co-sicché sia la produzione che le vendite si mantennero a un buon livello sino al 1957, anche se la concorrenza straniera ha costretto a contenere e talora ridurre i prezzi, nonostante l'aumento crescente dei costi. La produzione di questi anni recenti oscilla sulle 50.000 tonn annue, con un impiego di circa 300 operai.
I calcari talcliizzati si pre-sentano in un orizzonte di 20 km di lunghezza e si trovano nel vallone della Roussa, elle sbocca direttamente nel Chi-sone, nonché in vai
Germana-sca, nel territorio dei comuni di Maniglia, Praly, Faetto e Salza. Gli affioramenti sono t u t t i ad altitudini piuttosto elevate, fra i 1580 m della Roussa e i 2050 circa a Sa--patlé (Praly); le cave più basse
si trovano a Maniglia, anch'esse però a non meno di 1100 m. Il talco italiano è molto ap-prezzato per il suo candore e la sua finezza, in passato l'unica concorrenza seria era quella francese. Con l'attuale mecca-nizzazione spinta la Società Val
Chisone ha f a t t o del talco una
miniera nobile; le gallerie, sca-vate nella roccia sino a 400-500 m sotto la superfìcie, ovvero armate con tonnellate di tron-chi (se ne consuma sino a 4000 me all'anno), consentono un lavoro sicuro. La coltiva-zione viene f a t t a con tagli oriz-zontali, mediante trance a tetto e a letto, seguite da ripiena. Lo strato di talco si presenta in forme lenticolari in direzione nord-sud e con pendenza verso ovest di 20-25°. La potenza media di queste « lenti » è di 2-3 m di spessore. La mecca-nizzazione consiste in impianti di perforazione a sistema svede-se; per il traino dei vagonetti sono impiegati dei locomotori elettrici di diversa potenza. La t e m p e r a t u r a media in miniera è stabile: 12° sia d'inverno che d'estate. La silicosi è combat-t u combat-t a con mezzi moderni; l'ab-b a t t i m e n t o delle polveri av-viene all'origine, essendo le per-foratrici munite di getto d'ac-qua, e inoltre con impianti di ventilazione forzata, con l'irro-razione dei cantieri dopo lo sparo delle mine, la rotazione del personale per non concen-trare il rischio su pochi ele-menti e l'uso eventuale delle maschere.
Per l'esaurimento degli altri giacimenti e per economicità di produzione si s f r u t t a oggi unicamente il giacimento di Fontane, tra Perrero e Praly, nell'alta vai Germanasca, fra i
1100 e i 1500 m di quota, con un'estensione di 2 km in lunghezza e di circa 500 m in profondità. Già sfruttato sin dal principio del secolo nelle sue parti superficiali, esso è un unico banco che raggiunge spessori irregolari sino a S-10 m ed è coltivato a tagli ascendenti a partire da una galleria di livello. Il talco Ila durezza uno, è molto franoso, ma lo si trova spesso incassato in mezzo a rocce durissime, per lo più gneiss e micascisti ed è sempre collegato con la dolomite, che forma nel banco delle grosse intrusioni. Nella coltivazione del talco t u t t e le gallerie di servizio si svilup-pano in rocce salde, mentre il minerale estratto viene via via sostituito, come già si disse, dalla ripiena, f a t t a di sterile f r a n t u m a t o , che viene immesso al posto del talco. Questa ope-razione è ora eseguita per l ' 8 0 % con mezzi meccanici; si t r a t t a cioè della ripiena
pneu-matica, f a t t a con ghiaia di
fiume che viene sparata nei vuoti lasciati dalla coltivazione. L ' a b b a t t i m e n t o del minerale avviene a mezzo di martelli pneumatici o dov'è possibile con frese simili a quelle che si usano nelle miniere di carbone. In questi ultimi anni sono state progressivamente a b b a n d o n a t e , per l'antieconomicità del loro s f r u t t a m e n t o , le miniere di Sa-patlé-Pleinet, a oltre 2000 m, la miniera Malzas, in zona sog-getta a valanghe, a oltre 1800 m, nonché la stessa miniera Ma-niglia a 1200 m, presso Perrero, in vai Germanasca, e Roussa in vai Chisone, a 1600 m.
Il prodotto che esce dalle miniere viene suddiviso in due classi, il fino e il pezzato, a mezzo di apparecchi (nastri di cernita) su cui esso passa lenta-mente uscendo dalla bocca del giacimento. T r a s p o r t a t o agli stabilimenti di macinazione di Malanaggio (Porte di Pinerolo) e di San Sebastiano (Perosa
S t a z i o n e di s m i s t a m e n t o n e l l a m i n i e r a « F o n t a n e >:
Argentina), il minerale viene qui assoggettato a f r a n t u m a -zione, essiccazione e macina-zione con molini pendolari (per usi di cosmetica), sei dei quali si trovano a Malanaggio e 4 a S. Sebastiano, ogni unità im-piegando 120 CV di potenza, con una produzione di 1 % tonn. circa all'ora. Per alcuni prodotti si usa del pari la supermacina-zione con molini verticali ad
urto (per l'industria ceramica
e delle vernici) e per ottenere infine un prodotto di eccezio-nale finezza, dell'ordine di qual-che micron, si usano i molini
micronizzatori ad aria compressa
(specie per l'industria delle ver-nici).
La Società l'al Chisone pos-siede u n ' a l t r a i m p o r t a n t e mi-niera di talco, acquistata nel
1933, a Orani (Nuoro), m e n t r e altro talco si ritrova in Pie-monte, nelle Alpi (iraie, parti-colarmente nelle valli di Lanzo e nel territorio di Chiusa S. Mi-chele e Monastero di Lanzo, in r a p p o r t o diretto con rocce ser-pentinose. Si t r a t t a però di talco impuro, piuttosto misto a stea-tite e a roccia amiantifera. Grandi produttori di talco sono, nel mondo, la Corea e la Cina, con minerale pregiato, mentre
di media qualità è quello degli Stati Uniti, della Norvegia e della Francia, t u t t i Paesi però grossi produttori e temibili con-correnti.
Lo s f r u t t a m e n t o dei giaci-menti di grafite in vai Chisone s'iniziò nel secolo scorso, in cor-rispondenza con quello del tal-co. Però questa sostanza nera e lucente era già stata oggetto di attenzione persino in epoca preistorica (si sono rinvenuti in Francia, nei c.d. « sepolcri dei giganti », dei vasi e urne fune-rarie colorati e decorati a gra-fite), nonché nel Medioevo da p a r t e di alchimisti bavaresi, che ne ricavavano crogiuoli pregiati per la loro refrattarietà. La si riteneva allora u n minerale con-tenente del piombo, perché la-sciava tracce sulle pergamene e le carte, donde il nome di piom-baggine con cui è ancor oggi talora designato (black-lead o
plumbago, in inglese). Dei primi
lavori nel pinerolese vei'so il 1835 dà notizia il Barelli, però ancora nel 1860 la produzione era appena di 84 tonn nel-l'intero distretto di Torino; la-grafite veniva allora usata co-me colorante e per farne
cro-giuoli. Per lungo tempo essa fu scavata senza alcuna buona re-gola mineraria dagli abitanti nel luogo, nei periodi dell'anno in cui non erano occupati da lavori agricoli. Anche per la grafite intervennero a un certo punto i minatori canavesani, reduci dalle esperienze in Sar-degna, che introdussero l'uso di abbattere il minerale per gra-dini rovesci, di scavare gallerie anziché discenderie e di tra-sportare l ' a b b a t t u t o a mezzo di vagoncini su binari di miniera. La mancanza d'una esperta di-rezione tecnica portò a gravi inconvenienti nel t r a t t a m e n t o e nel commercio del minerale; la grafite estratta veniva man-data ai mobili senza alcuna cer-nita e, macinata e insaccata, spedita agli acquirenti, senza veruna analisi del materiale. Cosi i lavori disordinati, o a
rapina, durarono per molti anni
e fu solo nel 1886-87 che i coltivatori vennero richiamati all'osservanza della legge, che dichiarava miniere, e non cave, i giacimenti di grafite. La pro-duzione andava i n t a n t o aumen-tando, sino a raggiungere nel 1896-97 le 5000 tonn annue, ulteriormente a u m e n t a t e negli anni successivi con un più
ra-zionale sfruttamento delle mi-niere e t r a t t a m e n t o del mine-rale. Alla fine del secolo la pro-duzione toccò le 10.000 tonn annue; paesi importatori erano la Francia, la Germania, l'In-ghilterra, gli Stati Uniti. L'at-tività si concentrò nella miniera Timosella, di proprietà della società Anglo-Italian Tale <£
Plumbago Mines Co. Ltd., già
nominata e nella parte centrale della concessione Siàssera, ap-partenente alla Società Italiana
delle Grafiti. La Anglo-Italian
operò intensamente nelle ri-cerche, preparazioni ed esauri-mento delle varie concessioni, concentrando i suoi sforzi nel cantiere Bosco Borello della Timosella, dove il giacimento si presentava ricco. Nel 1906 le concessioni erano 10 e vi erano impiegati 175 operai; il minerale veniva f a t t o discen-dere mediante teleferica alla strada che conduce a S. Ger-mano Chisone. Nel 1907 alla
Anglo-Italian succedeva la già
n o m i n a t a Società Talco e Grafite
Val Chisone, che divenne la
principale coltivatrice dei ban-chi di grafite della zona. Altri permessi di ricerca venivano a t t i v a t i in quegli anni in Pie-monte, nel saluzzese e nel
CU-LO s t a b i l i m e n t o di m a c i n a z i o n e di M a l a n a g g i o .
neese. Anche le concessioni della
Società Italiana delle Grafiti
pas-sarono di li a poco alla Talco e
Grafite, che divenne cosi
tito-lare di t u t t e le concessioni del distretto minerario.
Presto si fece però sentire la concorrenza estera: quella austriaca, con le grafiti stiriane e boeme, di Ceylon, della Ba-viera; in seguito entrarono in lizza le grafiti della Corea e del Madagascar, amorfe le prime, cristalline le seconde, con ele-vati tenori di carbonio. Durante il primo conflitto mondiale t u t -ti i Paesi produttori di grafite ne coltivarono attivamente i giacimenti. Anche i progressi tecnici introdotti nella depura-zione delle grafiti grezze, col procedimento di flottazione, permisero la coltivazione di giacimenti prima inutilizzabili. La Società Talco Grafite si ado-però per migliorare i prodotti e renderli atti ad alcune fab-bricazioni speciali (lapis, car-boni per elettrotecnica, mate-riali refrattari) e iniziò allora in un reparto del suo stabilimento di Malanaggio il t r a t t a -mento di purificazione del mi-nerale. Ridottasi la produzione negli anni i m m e d i a t a m e n t e suc-cessivi alla fine della guerra mondiale, un periodo di ripresa si verificò verso il 1923, cui altri ne seguirono di erisi nello smercio, per le qualità medio-cri del minerale. U n a nuova ripresa nelle lavorazioni si ebbe dal 1935, con una produzione oscillante sulle 3000-3100 tonn annue. Dopo una nuova depres-sione negli anni bellici, nel 1948 la produzione di grafite grezza raggiunse le 4345 tonn, ma negli anni successivi si rinno-varono i cali sia nella produ-zione che nella vendita, anche a causa della concorrenza au-striaca c francese. In seguito le condizioni peggiorarono in con-seguenza della riduzione nel consumo delle grafiti amorfe, causata dalla concorrenza di altri materiali più a buon
mer-cato e di prodotti sintetici pel-le fonderie. La produzione si mantenne cosi fra le 2000 e le 3000 tonn annue; in questi ultimi anni essa non supera le 2000 tonn annue. Attualmente è ancora in funzione la miniera di Icla, presso S. Germano Chi-sone, a circa 500 m d'altitudine, il cui minerale è piuttosto buo-no, avendo un contenuto di carbonio dell'80%. L'estrazione avviene con metodi analoghi a quelli del talco; esistono un poz-zo d'estrazione e un impianto di eduzione dell'acqua, avvenendo l'estrazione sotto il livello di base; la macinazione del mine-rale è f a t t a a Malanaggio. Tutti gli altri giacimenti a Perosa Argentina (miniera di Massel-li), a Roreto Chisone (miniera di Gergner), a Villar Pellice (mi-niera di Cialargetto) sono at-tualmente inattivi. Gli usi della grafite amorfa, qual è quella che si estrae nel pinerolese (di cristallina ce n'è pochissima), si sono sempre più ridotti; an-che gli elettrodi vengono oggi fatti nella quasi totalità di grafite artificiale. Per contro il talco del pinerolese è semjjre assai ambito; circa il 7 5 % della produzione viene espor-tato, s o p r a t t u t t o in Inghilterra e nel Commonwealth, nonché negli Stati Uniti e in Germania. Gli usi sono i più svariati, dalla cosmesi, alle carte pregiate, dalla ceramica speciale per usi elettrotecnici, ai cavi di gomma, alle vernici, come supporto ai pigmenti coloranti. Alla miniera di F o n t a n e lavorano oggi circa 280 operai, di cui 220 in sot-terraneo, in due turni di lavoro. Prelevati al m a t t i n o da auto-mezzi della Talco e Grafite dai vari paesini disseminati nella vai Germanasca (Fontane, Ro-deretto, Salza, Praly, Massello, Perrero, Perosa Argentina), vi vengono riportati la sera. I minatori sono tipi laboriosi, molto seri, di poche parole,
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gpssf?
S t a b i l i m e n t o di M a l a n a g g i o : c i c l o n i e f i l t r i .
com'è di solito la gente di montagna. Il tenore di vita è a b b a s t a n z a elevato, perché qua-si t u t t i posseggono un « pez-zetto » di terra, dove colti-vano patate, segala e ortaggi. Minatori si è per tradizione, come meccanici o tessili, e que-sto è l'orgoglio della gente delle valli pinerolesi.
N O T A B I B L I O G R A F I C A
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