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B ALCANI : IL T PIJ , UN “ ANSIOLITICO ” PER L ’ OPINIONE PUBBLICA OCCIDENTALE La memoria della guerra in Jugoslavia è difficile anche per coloro che non l’hanno vissuta,

TEDESCA, SUDAFRICANA E BALCANICA I CASI PLAVŠIĆ E BRALO

D. B ALCANI : IL T PIJ , UN “ ANSIOLITICO ” PER L ’ OPINIONE PUBBLICA OCCIDENTALE La memoria della guerra in Jugoslavia è difficile anche per coloro che non l’hanno vissuta,

almeno direttamente. Perché è una guerra avvenuta in Europa, che ha messo a nudo la cecità beota,

560La Croazia entra nel Consiglio d’Europa il 6 novembre 1996 e la Serbia il 3 aprile 2003. In MAURIZIO CERMEL, La

condizione delle minoranze etniche dopo le guerre Jugoslave del 1991-1999, cit. Il commento è richiamato nella nota

n. 55 di p. 149.

561L’art. 1 della costituzione serba del 1990 recitava: «La Repubblica di Serbia è uno Stato democratico di tutti i cittadini che vivono in esso…». L’art. 1 della nuova costituzione del 2006 recita: «La Repubblica di Serbia è lo Stato del popolo serbo e dii tutti i cittadini che vivono in esso, fondato… sui principi della democrazia civile, sui diritti umani e delle minoranze…». Ivi. Il commento è richiamato nella nota n. 56 di p. 149.

562La “legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali”, emanata dal Parlamento croato il 13 dicembre 2002, sul sito http://www.coordinamentoadriatico.it. Il commento è richiamato nella nota n. 58 di p. 151 in MAURIZIO CERMEL,

La condizione delle minoranze etniche dopo le guerre Jugoslave del 1991-1999, cit.

563MAURIZIO CERMEL, La condizione delle minoranze etniche dopo le guerre Jugoslave del 1991-1999, cit., pp. 145-146, 149-151.

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l’impotenza politica, l’indifferenza morale e il cinismo dell’Europa stessa. Se quest’ultima non è stata in grado di capire, non ha saputo o non ha voluto evitare il conflitto, la guerra in Jugoslavia ha mostrato come anche la politica internazionale abbia fallito, affondando in un mare di pressappochismo, ignoranza, superficialità e connivenza. L’epilogo paradossale è stato l’intervento dellaNATO, finalmente decisivo eppure illegittimo, avvenuto senza attendere l’autorizzazione del

Consiglio di Sicurezza564.

«I governi occidentali, già nella primavera del 1992, vennero informati dai servizi segreti della gravità delle violazioni dei diritti umani perpetrate in Bosnia. Si tentò comunque una soluzione negoziale, cercando di non far trapelare tali notizie per non rendere più gravoso il compito dei governi occidentali. Ma la verità sulle esecuzioni serbe esplose sulla stampa internazionale, in particolare grazie a un articolo di Roy Gutman apparso sul quotidiano newyorkese “Newsday” il 2 agosto 1992, in cui si denunciava il ritorno dei campi di concentramento nell’Europa occidentale. La notizia venne ripresa dal canale britannico ITV565.

Il turbamento fu immenso, nonostante l’indifferenza estiva. Tutti parlavano di un tribunale, e questa volta l’argomento non proveniva da governi timorosi di conferire legittimità giuridica al loro operare, bensì dal basso della società civile566, e più precisamente dall’Organizzazione non Governativa (ONG) Human Right Watch. “La pressione dell’opinione pubblica – come riconosce

Roland Dumas, allora ministro degli Esteri francese – era molto forte alle immagini dei bombardamenti di Sarajevo, degli snipers567, e dei racconti delle atrocità”568. I governi occidentali si trovarono stretti nella tenaglia fra il rifiuto di intervenire militarmente e la paura di coprire tali crimini con il loro silenzio. “Nell’ottica di Roland Dumas – rileva Pierre Hazan – il futuro Tribunale è concepito come un ansiolitico per l’opinione pubblica francese e un’assicurazione politica contro eventuali accuse di complicità del dopoguerra”569. Il punto di riferimento implicito resta il precedente

564GIULIANA PAROTTO (a cura di), Le memorie difficili. Ricordo e oblio dopo le guerre in Jugoslavia, Beit, Trieste 2010, p. 7. 565Indipendent Television. Televisione indipendente commerciale fondata nel Regno Unito nel 1955. Sembra sussistere

una forte connessione fra la percezione concreta degli orrori, in particolare grazie alle immagini, e l’imperativo di agire: fu così che, dopo l’arrivo delle prime immagini dei campi di concentramento nel corso della primavera del 1945, il Senato americano diede al governo l’ultimatum affinché non restasse inerte di fronte a tali atrocità. Ciò contribuì alla decisione di istituire un Tribunale a Norimberga. In proposito CHRISTIAN DELAGE, L’image comme prewe: l’espérience

du procés de Nuremberg, in «Vingtiéme Siécle», n. 72, 2001. Il commento e l’autore sono richiamati nella nota n. 18

di p. 33 in ANTOINE GARAPON, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia

internazionale, cit., p. 21.

566PIERRE HAZAN, La justice face à la guerre. De Nuremberg à La Haye, Stock, Paris 2000, p. 34. L’autore è richiamato nella nota n. 19 di p. 33 in Ivi.

567Cecchini, tiratori scelti.

568PIERRE HAZAN, La justice face à la guerre, cit. p. 39. L’autore è richiamato nella nota n. 20 di p. 33 in ANTOINE GARAPON,

Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia internazionale, cit., p. 21.

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della cui memoria l’opinione pubblica occidentale è tuttora ossessionata, e cioè il genocidio nazista. Alla conferenza di Londra di fine agosto570, a cui viene invitato Elie Wiesel571, è un susseguirsi di dichiarazioni roboanti e intransigenti… davanti agli occhi dell’opinione pubblica occidentale.

L’Occidente non poteva più sostenere la contraddizione fra il rispetto dei diritti umani, da un lato, che imponeva di giudicare i carnefici di Omarska e di Vukovar e, dall’altro, la ragion di Stato, secondo cui l’amnistia restava la carta migliore da giocare. Si voleva accelerare la pace senza però porre a rischio i caschi blu. Il 13 agosto 1992, il Consiglio di Sicurezza chiese ai governi e alle ONG

di fare rapporto di ogni violazione accertata (risoluzione n. 771). Mentre i diplomatici ritennero che si trattasse di una mera minaccia destinata a far fallire i negoziati, prendeva vita una dinamica di diversa natura, più giudiziaria che politica. Per il Consiglio diventò difficile arretrare, tanto che un ulteriore passo in questa direzione venne fatto con la risoluzione n. 780 con cui si istituì una commissione di esperti indipendenti. I componenti non vennero nominati dal Consiglio di Sicurezza, bensì dal Segretario generale in persona, scelti in ragione dell’integrità morale e della reputazione (e non quali rappresentanti statali). L’emancipazione totale dal controllo politico venne consumata nel momento in cui i cinque giuristi depositarono un rapporto sulle violazioni dei diritti umani utilizzando i dati forniti dalla stampa e dalle ONG, ma non quelli dei governi che ne comunicarono pochi, per non dire nessuno. La popolarità di cui in breve tempo godette il TPIJ con ogni probabilità accelerò la

decisione di creare una Corte penale internazionale»572. «Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, usando quel clima nuovo sviluppatosi agli inizi degli anni Novanta573, tra il 1993 e il 1994, con un’interpretazione innovativa delle sue prerogative, istituisce il TPIJ574. Nelle premesse della

570Dal 27 agosto 1992 si aprono a Londra i lavori di una Conferenza di pace indetta dall'ONU e dalla CEE per cercare una soluzione alla tragedia della ex Jugoslavia.

571ELIEZER WIESEL, detto Elie, è stato uno scrittore, giornalista, saggista, filosofo, attivista per i diritti umani e professore rumeno naturalizzato statunitense, di origine ebraica e poliglotta, nato in Romania e sopravvissuto all'Olocausto (l’uomo che vide Dio appeso a una forca) http://www.treccani.it/enciclopedia/elie-wiesel/.

572ANTOINE GARAPON, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia internazionale, cit., pp. 21-22.

573Il mutamento profondo dello scenario internazionale avvenuto tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta del secolo scorso ha avuto evidenti ripercussioni sul funzionamento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che nei decenni precedenti era stato bloccato nella sua operatività dal diritto di veto a disposizione di ciascuno dei cinque membri permanenti. La successione automatica della Russia all’URSS ha determinato un cambiamento tangibile nell’operato dell’organismo ONU. Il 29 novembre del 1990 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva la risoluzione n. 678 all’interno della quale viene rivolto alle autorità irachene un ultimatum per il ritiro delle proprie truppe dal Kuwait. Tra il 15 e il 16 Gennaio del 1991 parte l’operazione Desert Storm. Gli Stati Uniti guidano una coalizione di Stati nella prima guerra del Golfo, senza che vi fosse stata in sede di Consiglio di sicurezza la tradizionale opposizione sovietica. Il nuovo clima internazionale, profondamente mutato, favorisce l’interventismo su scala globale, a tutti i livelli e in tutti i modi. In questo clima di nuovi rapporti tra gli Stati e di fine della contrapposizione tra blocchi geopolitici il Consiglio di Sicurezza sviluppa una diversa e più fluida operatività. Cfr. PATRIZIO GONNELLA, I Tribunali ad hoc e le corti miste, in LEONIDA TEDOLDI (a cura di), La giustizia internazionale. Un profilo

storico politico dall’arbitrato alla corte penale, cit., pp. 203-204.

574Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 827 del 25 Maggio del 1993, che faceva seguito alla risoluzione n. 808 del 22 febbraio del 1993. Nota n. 10 di p. 208 in LEONIDA TEDOLDI (a cura di), La giustizia internazionale, cit.

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risoluzione relativa ai crimini commessi nella guerra che colpì i territori della ex Jugoslavia, si leggono le motivazioni formali che condussero alla scelta di istituire un organo di giustizia internazionale quale strumento posto a promozione e garanzia della pace. Si esprime,

“il serio allarme per le continue notizie di diffuse e flagranti violazioni del diritto umanitario internazionale commesse nel territorio della ex Jugoslavia, e in particolare nella Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, e per denunce di uccisioni di massa, di detenzioni e stupri generalizzati, organizzati e sistematici delle donne, nonché del perdurare della pratica della ‘pulizia etnica’, con l’occupazione e l’acquisizione di territori”; si ritiene “che una tale situazione continui a rappresentare una minaccia per la pace e per la sicurezza internazionali”; di conseguenza si determina di “porre fine a tali crimini e di adottare efficaci misure per portare davanti alla giustizia le persone che ne sono responsabili”; il tutto nella convinzione che, “nelle particolari circostanze della ex Jugoslavia, l’istituzione, quale idonea misura da parte del Consiglio, di un Tribunale internazionale per il perseguimento delle persone responsabili di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale consentirebbe di conseguire l’obiettivo citato e contribuirebbe al ristabilimento e al mantenimento della pace”»575.

«La prima reazione all’istituzione del TPIJ fu alquanto agnostica. All’epoca sembrò “una cortina fumogena” o una “foglia di fico” con la quale la comunità internazionale voleva coprire la sua mancanza di leadership e di volontà politica nel porre termine alla guerra nella regione e per prevenire una tragedia inattesa. Ciò che suscitava perplessità nella creazione di questa istituzione legale ambiziosa e di alto profilo era l’assenza di una qualsiasi analisi seria dei fallimenti della comunità internazionale, come evidente nel caso della ex Jugoslavia nei primi anni Novanta.

Troppe questioni erano rimaste senza risposta, soprattutto in relazione al collasso di meccanismi per la risoluzione dei conflitti, come ad esempio il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite, il sistema di primo ammonimento dell’OCSE e così via. Inoltre, il Tribunale fu istituito presupponendo

l’esistenza di una istituzione sopranazionale in grado di applicare la legge, scovare i criminali di guerra, arrestarli e consegnarli alla giustizia. Molti pensarono che il TPIJ fosse stato creato come

compensazione per la cattiva coscienza dei capi delle potenze mondiali che presero questa opportunità come una buona scusa per dare una qualche risposta a una generale protesta pubblica e per proclamare così che «la misura era colma». Date le circostanze, pochi di loro potevano realisticamente aspettarsi che questa autorità avrebbe potuto ottenere dei risultati. Ma il TPIJ dimostrò di essere una sorta di

creatura frankesteiniana. In altre parole, prese nelle proprie mani quella vita che non aveva voluto,

superando tutte le aspettative degli osservatori più scettici»576.

575LEONIDA TEDOLDI (a cura di), La giustizia internazionale. Un profilo storico politico dall’arbitrato alla corte penale, cit., pp. 207-209.

576ZORAN PAJIC, Tribunali per crimini di guerra e questioni ancora aperte, in MARINA CALLONI (a cura di), Violenza senza

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«L’istituzione del Tribunale ah hoc per la ex Jugoslavia interrompeva quelli che erano stati definiti “the years of silence”577»578 e «con gli accordi di Dayton del 1995, inoltre, si segnava l’avvio

di un altro determinante elemento di forza per la nascente giustizia penale internazionale in versione balcanica: la collaborazione giudiziaria e di polizia tra i paesi interessati e il TPIJ. Ogni parte in causa

era ben consapevole che, senza cooperazione di polizia e senza cooperazione giudiziaria con tutti gli Stati potenzialmente interessati, sia quelli dove si trovavano temporaneamente gli accusati che quelli dove erano avvenuti crimini, la giustizia sarebbe stata ben difficile da assicurare. Per fare un processo, però, bisognava condurre le indagini, arrestare i latitanti e ottenerne l’estradizione, raccogliere le prove, interrogare gli indagati tramite rogatoria internazionale, garantire la sicurezza delle persone coinvolte e degli operatori della giustizia, detenere i condannati. Un’entità sovranazionale necessitava di cooperazione e sostegno da parte della comunità degli Stati. Questi, per assicurarla, hanno dovuto modificare in alcuni casi la legislazione nazionale. Il TPIJ ha formalizzato un obbligo di assistenza e collaborazione a carico degli Stati nella fase investigativa e nella fase del giudizio. Un ruolo essenziale lo hanno avuto le organizzazioni internazionali, in particolare laNATO nel caso del TPIJ. Anch’esse sono state legittimate a fornire assistenza di polizia, se insediate nel territorio interessato. Non esisteva, infatti, una polizia giudiziaria a disposizione del Tribunale, in quanto non esisteva una polizia giudiziaria internazionale. Così si è espressa la Procuratrice del TPIJ, Carla Del Ponte, nel

2007:

“La cooperazione degli Stati è essenziale per il TPIJ al fine di raccogliere le prove e assicurare la custodia dei sospetti. Sfortunatamente, la cooperazione degli Stati non è stata adeguata. […] il TPIJ può denunciare al Consiglio di Sicurezza un caso di inadempimento, l’ultimo dei quali risale al 2004. Diversi altri mezzi non giuridici si sono di fatto rilevati più efficaci nell’assicurare la cooperazione degli Stati. Incentivi sono stati offerti in varie forme. Per esempio, negli uffici sul campo sono presenti squadre di ricerca per monitorare i tentativi dello Stato di arrestare un indagato. Milošević è stato trasferito al TPIJ, all’Aja, in seguito a considerevoli pressioni da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. L’Unione Europea ha affermato che una piena collaborazione con il TPIJ è la condizione necessaria per Serbia e Croazia per divenire membri dell’Unione Europea e ciò ha rappresentato un incentivo molto forte. L’Unione Europea è chiamata ad attenersi a questa sua petizione di principio”579»580.

577MAHMOUD CHERIF BASSIOUNI, International Criminal Law, Transaction Publishing Inc., New York 1999, p. 53.

578La citazione di M.C. BASSIOUNI è richiamata in CLAUDIA COLLI, Il patteggiamento ed il ruolo della vittima nei procedimenti

dinanzi alle Corti penali internazionali, in «Giurisprudenza Penale» - Rivista giuridica online, Università Cattolica del

Sacro Cuore, 18 Maggio 2016, p. 52, in - http://www.giurisprudenzapenale.com/.

579Parole espresse in occasione della Conference on International Criminal Justice, tenutasi a Torino dal 14 al 18 maggio 2007 su iniziativa del Tribunale militare di Torino. Gli atti sono reperibili sul sito http://www.torinoconference.com. Il commento è richiamato nella nota n. 48 di p. 221 in LEONIDA TEDOLDI (a cura di), La giustizia internazionale. Un profilo

storico politico dall’arbitrato alla corte penale, cit.

580LEONIDA TEDOLDI (a cura di), La giustizia internazionale. Un profilo storico politico dall’arbitrato alla corte penale, cit., pp. 220-221.

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Il lavoro portato avanti negli anni dal TPIJ, dalla sua costituzione ad oggi, tradotto in termini

numerici581, ha prodotto ed amministrato giustizia indagando complessivamente 161 persone, dieci582 delle quali si trovano attualmente in custodia presso l’Unità di detenzione dell’ONU all’Aja, in Olanda

(UNDU). I procedimenti in corso sono sette: per uno di essi583 è ancora aperta la fase dibattimentale

di prima istanza mentre i rimanenti sei584 restano in attesa del giudizio di appello. Delle 154 persone per le quali il procedimento penale a loro carico si è definitivamente concluso: 83 hanno subito a vario titolo un giudizio di condanna; 19 sono state mandate assolte; 13 casi, per sopravvenuta competenza, sono stati vagliati dalla giurisdizione dello Stato nazionale di provenienza dei soggetti incriminati585; 20 indagati hanno visto ritirate le accuse nei loro confronti, 10 sono deceduti prima del

giudizio finale del Tribunale e sette dopo; gli ultimi due586, infine, vedranno istruito il processo nei loro confronti da parte della nuova istituzione giudiziaria internazionale, il MICT587. Di recente costituzione (ha iniziato ad operare in Tanzania il 1° Luglio 2012 e in Olanda, all’Aja, il 1° Luglio 2013), il moderno organismo delle Nazioni Unite sta convogliando al suo interno tutti i fascicoli processuali rimasti in sospeso presso il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR) e quelli pendenti davanti al TPIJ, che a sua volta dovrebbe concludere la sua missione allo spirare del 31 dicembre 2017. Conformemente al suo mandato, il “meccanismo” ha assunto la responsabilità di una

serie di funzioni essenziali dell'ICTR e dell'ICTY: 1) la ricerca e la cattura dei latitanti ancora in fuga

(solo per il Ruanda); 2) la conduzione e il completamento di tutti i procedimenti per i quali è stato

presentato ricorso contro sentenze pronunciate dall'ICTR, dall'ICTY o dal “meccanismo” stesso dopo

581I dati sono tratti dal sito web ufficiale del TPIJ. http://www.icty.org/en/cases/key-figures-cases. Rilevamento del 19 maggio 2017.

582Valentin Ćorić, Radovan Karadžić, Ratko Mladić, Milivoj Petković, Slobodan Praljak, Jadranko Prlić, Berislav Pušić, Mićo Stanišić, Bruno Stojić, Stojan Župljanin.

583Ratko Mladić

584Jadranko Prlić, Bruno Stojić, Slobodan Praljak, Milivoj Petković, Valentin Ćorić e Berislav Pušić.

585La strategia di completamento delle azioni giudiziarie del TPIJ con il diretto coinvolgimento delle Autorità nazionali è

stato un punto molto importante a favore del rafforzamento di questi sistemi giudiziari nell'ex Jugoslavia. Con l'incoraggiamento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il sostegno della comunità internazionale, sono state istituite “corti specializzate” per le azioni giudiziarie in Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia. L'ICTY ha fornito consulenza professionale per adeguare e riformare la legislazione interna di ciascun paese a quella internazionale, condividendo le proprie competenze tecnico-giuridiche acquisite, con avvocati e altri professionisti dell'ex Jugoslavia che, a loro volta, hanno preso parte a vari programmi di formazione e visite di studio. Trasferendo materiali di prova e rendendo fruibili le banche dati e gli archivi elettronici alle istituzioni nazionali, ilTPIJ sta garantendo e garantirà una transizione efficace nel passaggio di “consegne” dall’organo internazionale ai giudici nazionali. Da http://www.unmict.org/en/about.

586Jovica Stanišić, Franko Simatović.

587Il 22 dicembre 2010 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha creato il MICT ("Meccanismo"), formalmente

denominato “meccanismo residuo internazionale per i tribunali criminali” dotato di una "struttura piccola, temporanea ed efficiente". Il “meccanismo” ha iniziato ad operare il 1 ° luglio 2012 a Arusha, la Repubblica unita della Tanzania, e il 1 ° luglio 2013 a L'Aia, nei Paesi Bassi. Il ramo di Arusha ha ereditato funzioni dell'ICTR che ha terminato la sua attività il 31 dicembre 2015 e il ramo dell'Aja continuerà ad assorbire le funzioni dell'ICTY fino alla chiusura di tale Tribunale prevista per la fine del 2017. Da http://www.unmict.org/en/about.

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l'inizio dell’attività da parte del relativo ramo (Arusha o Aja)588; 3) il riesame delle sentenze

pronunciate dall'ICTR o dall'ICTY alla luce di fatti nuovi non noti al momento del processo589; 4) la

conduzione di indagini, l’acquisizione di prove e ricorsi nei casi di ricusazione del tribunale e per

false testimonianze rese durante il procedimento dinanzi all'ICTR o all'ICTY; 5) la funzione di controllo

sui casi trattati dall'ICTR e dall'ICTY incardinati presso i tribunali nazionali, con l'assistenza di

organizzazioni e organismi internazionali e regionali; 6) la protezione delle vittime e dei testimoni

(oltre 10.000) che sono stati escussi dall'ICTR e dall'ICTY; 7) il controllo sulla corretta conduzione

delle pratiche di detenzione esercitate all’interno degli Stati nazionali asserviti alla vigilanza del “meccanismo”, in esecuzione di sentenze emesse dai Tribunali ad hoc affinché vegano applicate in conformità agli standard internazionali; 8) l’adeguata revisione sulle decisioni riguardanti richieste di grazia, commutazione della pena o anticipata rimessione in libertà di soggetti costretti a misure

coercitive della libertà personale; 9) l’assistenza incondizionata alle giurisdizioni nazionali590.