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I CRIMINI DI GUERRA , CONTRO LA PACE ( DI AGGRESSIONE ) E CONTRO L ’ UMANITÀ Nella dialettica mediatica e politica contemporanea si sente ormai sempre più spesso parlare d

LA BRUTALITÀ INEDITA DEI CRIMINI “INTERNAZIONALI”: NATURA E CULTURA DELLA VIOLENZA SENZA LIMITI NEL

C. I CRIMINI DI GUERRA , CONTRO LA PACE ( DI AGGRESSIONE ) E CONTRO L ’ UMANITÀ Nella dialettica mediatica e politica contemporanea si sente ormai sempre più spesso parlare d

«crimini internazionali»: con tale espressione, si indicano le violazioni più gravi delle norme a tutela dei diritti umani e del diritto umanitario, commesse sia da organi statali, sia da semplici individui. Già l'Accordo di Londra del 1945 (istitutivo del Tribunale militare internazionale di Norimberga) identificava tre categorie di crimini (quelli contro la pace - alias guerra di aggressione, quelli contro l’umanità - tra cui il genocidio - e quelli di guerra), ripresi successivamente dagli Statuti dei Tribunali

ad hoc per la ex Yugoslavia e per il Rwanda. Analoga elencazione si rinviene nello Statuto della

Corte penale internazionale (adottato nel 1998 e in vigore dal 2002), in particolare agli articoli 6-8 che, rispettivamente, disciplinano distintamente il genocidio (art.6), i crimini contro l'umanità (art. 7) ed i crimini di guerra (art. 8)230.

«La categoria dei crimini di guerra sanziona le degenerazioni della guerra, tenta di proteggere

le popolazioni civili dalle aggressioni di un esercito vittorioso o di una truppa indisciplinata e senza più comando. La guerra giusta è il frutto di un lavoro di rappresentazione, di circoscrizione della violenza e dunque di delimitazione chiara delle genti, dei luoghi, dei momenti e delle armi. Si può parlare di guerra solo identificandola nel criterio di chi si batte e contro chi, delimitando un campo di battaglia e rispettando le eventuali tregue. La giurisprudenza in tema di diritti umani ricorda di sovente che i membri delle forze armate non possono essere considerati vittime di crimini contro l’umanità, ma solo di crimini di guerra, salvo che si tratti di disertori o di feriti. Quid quanto ai membri della resistenza – accusati dai collaboratori di «sporcare la guerra»? Quid nelle guerre rivoluzionarie di liberazione in cui gli atti di ribellione vengono assimilati a episodi delinquenziali di diritto comune? Un diritto della guerra è tanto più necessario quanto più la guerra diventa radicale e distruttiva231.

La concezione westfaliana non è più compatibile con una democratizzazione sia del mondo (questa si basava su un gioco di equilibri fra le tre potenze europee: Francia, Inghilterra e Germania) sia della società (la guerra democratica esige la presenza di un movente spirituale che mobiliti le masse). La caduta dell’aristocrazia, il cui appannaggio era per l’appunto la guerra, impegna i popoli in scontri di massa, come mostrato dalla prima guerra mondiale. Il secondo criterio identificativo della guerra è quello dell’uguaglianza delle armi. La violenza guerriera, per non tramutarsi in azione

230http://www.difesaonline.it/evidenza/diritto-militare/

231Alla conferenza dell’Aja del 1907 si fronteggiarono la visione americana a favore della criminalizzazione della guerra, e la posizione europea – in particolare tedesca – che vi si opponeva, sempre legata a una concezione westfaliana della guerra, che vi rinviene un gioco di potenze; la diversità dipendeva forse dal fatto che in America vi era già stata una guerra totale, in occasione della guerra di secessione. Nota n. 14 di p. 125 richiamata in ANTOINE GARAPON, Crimini che

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criminale, deve implicare “quasi sempre un certo equilibrio, vero o supposto, fra le due fazioni”232. La nozione del bene e del male, il valore del coraggio e la gloria della vittoria dipendono in gran parte dall’equilibrio delle forze. Affrontare un nemico più debole di se stessi indebolisce, per non dire disonora. Come rinvenire un fondamento di giustizia in una lotta in cui i soldati non si incontrano mai, in cui i piloti volano a 5.000 metri d’altitudine e in cui le vittime a terra sono incapaci di reagire? La giustificazione della guerra va ricercata nel modello di combattimento inteso come attività reciproca: è una “condizione morale che riconosce pari privilegi non tanto in realtà agli Stati sovrani, quanto piuttosto agli eserciti in campo e ai singoli soldati. In assenza di un pari diritto a uccidere, la guerra come attività governata-da-leggi scomparirebbe per lasciare il posto a un alternarsi di delitto e castigo”233. La guerra può essere limitata solo se i belligeranti condividono un fondo comune. Solo mio fratello può contrastarmi ed essere mio nemico, afferma Carl Schmitt, e aggiunge: la guerra fra Stati sovrani che coesistono all’interno di un Nomos234 non è “uno sterminio cieco e reciproco” ma

un “confronto ordinato delle forze”. La terza condizione è relativa alle finalità della guerra. I crimini di guerra prevengono due degenerazioni della stessa: da un lato, la guerra totale, ovvero senza regole, che colpisce sia gli avversari che i civili, e, dall’altro, una guerra spirituale, che non mira più ad una conquista, bensì a una lotta radicale fra il bene e il male. La guerra totale comporta il passaggio dalla dominazione all’annientamento.

Soltanto in questo stadio, in cui la guerra non dà più per scontata la coesistenza delle parti nemiche e vuole solo risolvere in modo violento i conflitti creatisi tra loro, la guerra ha davvero cessato di essere uno strumento della politica e comincia, come guerra di sterminio, a erompere dai confini imposti al politico e perciò distruggerlo235.

La guerra deve avere un obiettivo strategico chiaro, ad esempio la conquista di un territorio. Non dimentichiamo che il modello westfaliano classico viene elaborato per porre fine alle guerre di religione, ovvero a dei conflitti tanto sanguinosi quanto inspiegabili. Nel modello classico la guerra non termina con l’annientamento di una delle parti, ma tutt’al più con delle modifiche puntuali

232MARTIN VAN CREVELD, Le transformation de la guerre, Editions du Rocher, Paris 1998, p. 223. Nota n. 15 di p. 125 richiamata in ANTOINE GARAPON, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia

internazionale, il Mulino, Bologna 2004, cit., p. 97.

233MICHAEL WALZER, Guerre giuste e ingiuste, Liguori, Napoli 1990, pp. 64-65. Nota n. 16 di p. 125 richiamata in ANTOINE GARAPON, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia internazionale, il Mulino, Bologna 2004, cit., p. 97.

234CARL SCHMITT, Der Nomos Der Erde im Völkerrecht des Jus Publicum Europaeum, Duncker & Humblot, Berlin 1974; trad. It.: Il Nomos della terra, Adelphi, Milano 1991. Nota n. 17 di p. 125 richiamata in ANTOINE GARAPON, Crimini che non si

possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia internazionale, il Mulino, Bologna 2004, cit., p. 97.

235HANNAH ARENDT, Che cos’è la politica?, Edizioni di Comunità, Milano 1995, p. 68. Nota n. 19 di p. 125 richiamata in ANTOINE GARAPON, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia internazionale, il Mulino, Bologna 2004, cit., p. 98.

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nell’ambito dell’ordine globale, ad esempio un cambiamento delle frontiere. Oggi, si assiste però ad una progressiva scomparsa delle guerre interstatali (e ciò ha spinto il TPIY a preferire il concetto di

“conflitto armato” a quello di guerra) e a un incremento dei conflitti interni»236. La prima nozione di

crimine di guerra sembra che sia comparsa per la prima volta nel codice indù di Manu237 (200 a.C.),

per trovare poi riferimenti nel diritto romano nello ius publicum europeum. Nel periodo della Prima guerra mondiale gli Stati avevano ormai accettato l’idea di configurare come illeciti penali le violazioni al diritto della guerra codificato dalle Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907, e, nel 1945, la Carta del Tribunale militare internazionale di Norimberga definiva crimini di guerra “le violazioni del diritto e delle consuetudini di guerra”, includendovi l’omicidio o il maltrattamento di prigionieri di guerra, l’uccisione di ostaggi, il saccheggio di proprietà pubbliche e private, la distruzione ingiustificata di centri abitati e qualsiasi devastazione non giustificata da necessità militare. I crimini di guerra, seguendo la lunga elencazione e l’impostazione letterale più recente, si possono distinguere in quattro categorie; le prime due sono riferite ai conflitti armati internazionali: 1) le “gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949”238; 2) le “altre gravi

violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale”239. Le rimanenti sono riferite ai conflitti armati non internazionali: 3) le “gravi

236HANNAH ARENDT, Che cos’è la politica?, cit., pp. 96-99.

237Leggi di Manu: codice di leggi indiano attribuito a Manu, progenitore del genere umano nell'antica mitologia indiana. La sua datazione, incerta, si può porre all'incirca tra gli ultimi secoli prima di Cristo e l'inizio dell'era volgare. Nella stesura a noi pervenuta è suddiviso in 12 libri e contiene varie norme relative all'ambito sociale, politico, morale e religioso. Conquistò notevole importanza e autorità in tutta l'India. http://www.treccani.it/enciclopedia/leggi-di- manu/.

238Le infrazioni gravi alle Convenzioni di Ginevra che costituiscono crimini di guerra, e i relativi obblighi degli Stati di

perseguirli, sono individuate negli artt. 49-50 Convenzione I, 50-51 Convenzione II, 128-130 Convenzione III, 146-147 Convenzione IV. i) omicidio volontario; ii) tortura o trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici; iii) cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute; iv) distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari o compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente; v) costringere un prigioniero di guerra o altra persona protetta a prestare servizio nelle forze armate di una potenza nemica; vi) privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo; vii) deportazione, trasferimento o detenzione illegale; viii) cattura di ostaggi.

239i) dirigere intenzionalmente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non partecipino direttamente alle ostilità; ii) dirigere intenzionalmente attacchi contro beni di carattere civile, e cioè beni che non siano obiettivi militari; iii) dirigere intenzionalmente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell’ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili previste dal diritto internazionale dei conflitti armati; iv) lanciare intenzionalmente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti; v) attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi, e che non costituiscano obiettivi militari; vi) uccidere o ferire combattenti che, avendo deposto le armi o non avendo ulteriori mezzi di difesa, si siano arresi senza condizioni; vii) fare uso improprio della bandiera bianca, della bandiera o delle insegne militari e dell’uniforme del nemico o delle Nazioni Unite nonché degli emblemi distintivi della Convenzione di Ginevra, cagionando in tal modo la perdita di vite umane o gravi lesioni personali; viii) il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione e il trasferimento di tutta o di parte della

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violazioni all’art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949”240; 4) le “altre

gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale”241. Per ciascuna di tali categorie, vengono individuate espressamente le singole

popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio; ix) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano obiettivi militari; x) assoggettare coloro che si trovano in potere del nemico a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici, dentari o ospedalieri delle persone coinvolte né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone e ne danneggiano gravemente la salute; xi) uccidere o ferire a tradimento individui appartenenti alla nazione o all’esercito nemico; xii) dichiarare che nessuno avrà salva la vita; xiii) distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra; xiv) dichiarare aboliti, sospesi od improcedibili in giudizio diritti ed azioni dei cittadini della nazione nemica; xv) costringere i cittadini della nazione nemica, anche se al servizio del belligerante prima dell’inizio della guerra, a prendere parte ad operazioni di guerra dirette contro il proprio Paese; xvi) saccheggiare città o località, ancorché prese d’assalto; xvii) utilizzare veleno o armi velenose; xviii) utilizzare gas asfissianti, gas tossici o gas simili nonché tutti i liquidi, le materie o i procedimenti analoghi; xix) utilizzare proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente all’interno del corpo umano, quali i proiettili con l’involucro duro che non ricopre interamente la parte centrale o quelli perforati ad intaglio; xx) utilizzare armi, proiettili, materie e metodi di guerra con caratteristiche tali da cagionare lesioni superflue o sofferenze non necessarie, o che colpiscano per loro natura in modo indiscriminato in violazione del diritto internazionale dei conflitti armati, a condizione che tali armi, proiettili, materie e metodi di guerra siano oggetto di un divieto d’uso generalizzato e rientrino tra quelli elencati in un allegato annesso al presente Statuto, a mezzo di un emendamento adottato in conformità delle disposizioni in materia contenute negli articoli 121 e 123; xxi) violare la dignità della persona, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti; xxii) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza di cui all’articolo 7 paragrafo 2 capoverso f), imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra; xxiii) utilizzare la presenza di un civile o di altra persona protetta per evitare che taluni siti, zone o forze militari divengano il bersaglio di operazioni militari; xxiv) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari che usino, in conformità con il diritto internazionale, gli emblemi distintivi previsti dalle Convenzioni di Ginevra; xxv) affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, compreso il fatto di impedire volontariamente l’invio dei soccorsi previsti dalle Convenzioni di Ginevra; xxvi) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità.

240L’Art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra è stato definito un “mini-trattato”, in quanto costituisce la soglia minima

delle norme umanitarie che debbono essere osservate generalmente, nei conflitti non internazionali; in particolare esso sancisce l’obbligo degli Stati di tutelare le persone “protette” (prigionieri, naufraghi, feriti e malati, civili non combattenti) dai seguenti atti: a) violenza contro la vita e la persona, in particolare omicidi, mutilazioni, trattamenti crudeli e torture; b) cattura di ostaggi; c) offese alla dignità umana, trattamenti umilianti e degradanti; d) comminazione di condanne senza il giudizio preliminare di un tribunale costituito regolarmente, e con le garanzie comunemente ritenute indispensabili dai popoli civili.

241i) dirigere intenzionalmente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non partecipino direttamente alle ostilità; ii) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari, che usino in conformità con il diritto internazionale gli emblemi distintivi delle Convenzioni di Ginevra; iii) dirigere intenzionalmente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell’ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili previste dal diritto internazionale dei conflitti armati; iv) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano obiettivi militari; v) saccheggiare città o località, ancorché prese d’assalto; vi) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave dell’articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra; vii) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate o in gruppi armati o farli partecipare attivamente alle ostilità; viii) disporre un diverso dislocamento della popolazione civile per ragioni correlate al conflitto, se non lo richiedano la sicurezza dei civili coinvolti o inderogabili ragioni militari; ix) uccidere o ferire a tradimento un combattente avversario; x) dichiarare che nessuno

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fattispecie, dando ad ognuna una numerazione che ne consente una immediata identificazione secondo i principi propri della codificazione penalistica: vengono così riconosciuti trentaquattro crimini di guerra per i conflitti internazionali (di cui otto riconducibili alle gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra e ventisei alle leggi e usi di guerra), nonché sedici crimini di guerra per i conflitti non internazionali (quattro in riferimento all’art. 3 delle Convenzioni e dodici alle leggi e usi), per un totale complessivo di cinquanta fattispecie di crimini di guerra. La lunga elencazione che ne deriva, nasce dalla necessità di addivenire ad una definizione dei crimini di guerra che sia il più possibile attualizzata (sulla scorta del diritto internazionale consuetudinario e convenzionale già esistente) ed universale, nel rispetto però del principio della certezza del diritto e, quindi, nel richiamo ai princìpi cardine del sistema penale: quello del “nullum crimen sine lege” e del “nulla poena sine

lege previa”.

«Il crimine di aggressione ha subito una lunga evoluzione storico-giuridica a partire dalla fine del primo conflitto mondiale. Si possono rintracciare almeno tre macro fasi di sviluppo dell’istituto: la prima va dal 1919 al 1945; la seconda dal 1945 al 1974 e la terza, e ultima, dal 1974 ai nostri giorni. Il primo periodo fu rilevante con riguardo ad una presa di coscienza della comunità internazionale di procedere verso il divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali (di cui il crimine d’aggressione, ancora non tipizzato e indefinito, costituisce la fattispecie criminosa individuale) e si concretò nell’affermazione di alcuni valori generali. A tal riguardo il più mirabile esempio, di questo periodo, è senz’altro costituito dal Patto Briand-Kellogg del 1928. È, tuttavia, con il secondo periodo che i precedenti iniziano ad assumere un valore più stringente. L’Accordo di Londra del 1945, istitutivo del Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, infatti, definiva all’art. 6 lett. a), la guerra di aggressione come un crimine internazionale. Tuttavia, lo Statuto del Tribunale faceva ancora rientrare l’aggressione tra i crimini contro la pace costituendone una generica sottocategoria. In questa prospettiva, il crimine emergeva come principio di diritto internazionale generale e lo Statuto si limitava a riconoscerne l’applicabilità per la II Guerra Mondiale gettando, però, le premesse per ulteriori sviluppi quali la definitiva condanna dell’aggressione e la natura imperativa della norma che la interdice. In effetti, a partire da questo momento, e sotto impulso dell’ONU si aprirono numerosi dibattiti e si avviarono alcuni progetti di Codice penale Internazionale e di statuto per un organo giudiziario internazionale. Il compito di redazione del codice venne affidato alla Commissione di

avrà salva la vita; xi) assoggettare coloro che si trovano in potere dell’avversario a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici, dentari o ospedalieri delle persone interessate né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute; xii) distruggere o confiscare beni dell’avversario, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità del conflitto.

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Diritto Internazionale e si nota da subito come il crimine di aggressione figuri in tutti e tre i progetti presentati (1954, 1991,1996). Tuttavia, il percorso seguito dal crimine di aggressione è proprio in questo periodo che assume caratteri tortuosi in ragione delle difficoltà che la materia solleva. Gli ostacoli, che per lungo tempo hanno impedito la configurazione dell’aggressione quale crimine internazionale dell’individuo sono due. Da un canto, a fronte di una nozione sostanzialmente chiara nel diritto internazionale dell’illecito di aggressione da parte dello Stato, si trattava di individuare una definizione del crimine di aggressione posto in essere dall’individuo. Sotto questo profilo, deve osservarsi che, a differenza degli altri crimina juris gentium (per i quali l’imputabilità allo Stato dell’atto costituente un crimine internazionale non è una condicio sine qua non per la configurabilità in capo all’individuo della sua responsabilità penale a livello internazionale) il crimine di aggressione