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1 CAPITOLO PRIMO: INQUADRAMENTO TERORICO: LA

1.3. c Alcol: storia dell’uso, dell’abuso e del proibizionismo americano

Da quanto riportato nel precedente paragrafo (cfr. idibem 1.2 d) risulta chiaro che già gli antichi fossero a conoscenza degli effetti dell’alcol, tanto quelli inebrianti che dannosi. Malizia e

Navazio57 (2003) riportano alcuni esempi della letteratura

classica: nell’Odissea Omero narra dell’impresa di Ulisse, che dopo aver bevuto accecò il Ciclope; Teofrasto narra di una donna che in

preda ai fumi dell’alcol iniziò a baciare ed abbracciare tutti gli uomini che incontrava, inoltre, vengono descritti casi di psicosi alcoliche nei testi di Ippocrate, Galeno e Cassius Felix. Quest’ultimo delinea già, quello che solo nel 1800 viene riconosciuto come sindrome legata all’alcolismo, ossia il delirium

tremens58. Altresì sembra che casi di abuso cronico fossero

riportati molto di rado, il bere era un’attività prevalentemente praticata durante i pasti o in occasioni sociali, quali feste o riunioni. Mentre nel mondo islamico vi fu sin da subito un atteggiamento di forte soppressione nei confronti dell’uso della bevanda, in Europa è solo a partire dal 1400 che iniziano a manifestarsi le prime forme di monito e messa in guardia circa l’uso dell’alcol. Nel 1500 inizia una produzione ingente di alcolici che determina un incremento nei consumi. Quest’ultimo era principalmente abitudine delle classi abbienti, forse ciò può spiegare come mai solo dalla seconda metà del 1700 si inizia a scrivere diffusamente circa i suoi effetti sulla salute. A livello di consumo, quello che è il momento storico di ascesa al consumo di massa è tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, che coincide con le grandi trasformazioni industriali. La prima osservazione reale circa i danni iniziò grazie all’osservazione dei cadaveri, con l’avvento della fisiologia patologica, da lì prese il via una certa preoccupazione. Una serie di contributi scientifici da più parti evidenziano sempre più il legame esistente tra l’ingestione cronica di alcol e danni per la salute: lesioni epatiche e nervose (1804); neuropatie e demenza, sindrome materno-fetale (1819); cirrosi (1871); ed infine, ai medici Wernicke e Korsakoff è da

58 Con tale espressione ci si riferisce ad uno stato acuto appunto, di delirio, che si può verificare in soggetti con diagnosi di alcolismo. Si manifesta con sintomi di tremore, sudorazione, allucinazioni.

riconoscere il cruciale collegamento tra alcolici e le loro sequenze alcoliche. A fronte di tali evidenze è solamente tra la metà dell’800 e l’inizio del ‘900, con l’importante contributo del medico francese Legraine, che si sviluppano movimenti cosiddetti di “temperanza alcolica”. Questo momento segna una presa di posizione chiara circa l’assunzione di bevande alcoliche da parte della “professione medica, per la maggioranza schierata contro l’abuso, ma permissiva nei riguardi dell’ingestione moderata”. Proliferarono numerosi movimenti “di temperanza a sfondo religioso o semi-politico e fra questi l’interessante fenomeno dell’Esercito della Salvezza, presente soprattutto nei Paesi anglosassoni che culminò con l’approvazione da parte del Congresso Statiunitense nel dicembre del 1917 della legge

antialcol per eccellenza, il famoso

proibizionismo

contro

fabbricazione e uso di alcol in qualsivoglia forma59”. “Nel 1918, fu

varato il

War Prohibition Act

che vietava l’uso di grano, cereali,

frutta o di altri prodotti per la produzione delle birra, vino o

qualsiasi tipo di bevanda alcolica60”. “Nell’ottobre del 1919 fu

approvato il XVIII Emendamento che proibiva: la fabbricazione, la vendita ed il trasporto di bevande definite intossicanti nonché l’importazione e l’esportazione da e per il territorio degli Stati

Uniti e di tutte le regioni soggette alla loro giurisdizione61”.

Un’altra importante misura legislativa fu il

National Prohibition

Act

, noto anche come “

legge Volstead

”, che meglio precisava il

termine intossicante, e cioè, tutte le bevande che avessero un tasso alcolico superiore allo 0,50%, ad eccezione di usi medici e religiosi. D’altra parte, tale misura non ha mai vietato

59 pag. 102 Malizia Navazio 60 pag. 134 Bianchi, Marinari 61 pag. 134 Bianchi, Marinari

esplicitamente il cosiddetto uso personale di alcol. L’obiettivo di questa legge era la completa soppressione del consumo di alcol, ciò non avvenne, come si suol dire “fatta la legge trovato l’inganno”, e tale proverbio ben ricalca la realtà, in quanto le violazioni ad essa furono continue. Inoltre, la sua entrata in vigore determinò la costituzione di un mercato nero: contrabbandieri, distillatori, spacciatori e locali dove poter consumare. Tale nuovo stato delle cose può ben essere spiegato riprendendo le parole di due studiosi, Thorton e Cowan. Costoro definiscono l’effetto più rilevante relativo al consumo come la

“ferrea legge del Proibizionismo62”. “Questa legge ritiene che più

forte è la impostazione legislativa, più potenti diventano le sostanze proibite presenti sul mercato illegale. Quando le droghe in genere (alcol compreso) sono proibite, diventano più potenti e vengono adulterate con sostanze sconosciute o pericolose, che non potrebbero essere proddotte e consumate in regime di

mercato legale63”. Il celeberrimo crollo delle Borsa di Wall Street

del 1929 e nello stesso tempo il proibizionismo era al centro di dibattito politico e sociale. Nel 1931 il proibizionismo era fallito, ma, ritenendo che non fosse opportuno legalizzare la vendita ed il consumo di alcol le leggi dovevano comunque essere applicate. Era pensiero diffuso che l’allora contingente crisi economica non favorisse le leggi proibizionistiche. Queste ultime furono attaccate nella convinzione che il ritorno alla legalità delle industrie per la fabbricazione di bevande alcoliche fosse un modo per la creazione di lavoro, e che la tassa sul commercio fosse una maniera per accrescere le casse dello Stato. Nel 1933 fu

62 Iron law of Prohibition pag. 135 Bianchi 63 pag. 135 Bianchi

approvato il XXI Emendamento che sancì la fine definitiva del proibizionismo. “Il proibizionismo è stato unanimemente

condannato dalla storia64”. Da un punto di vista sociale si registrò

che: gli omicidi passarono da un tasso del 6.8 nel 1920 ad uno del 9.7 nel 1933, per poi ridiscendere all’8.3 nel 1935; il numero di detenuti per violazione delle leggi aumentò del 100% negli anni ’25-’30. Inoltre, la qualità delle bevande alcoliche era pessima, le adulterazioni provocarono paralisi agli arti inferiori (piedi) e superiori (mani), cecità. Il capitolo di Averni si conclude con le parole del giornalista e studioso Edward Berh, ed anche a me sembra una giusta conclusione: “noi tendiamo a dimenticare una importante lezione: che coloro che non conoscono la storia condannano se stessi a ripeterla sia come tragedia sia come farsa65”.

Ad oggi il consumo di alcol è legale in tutti i cosiddeti Paesi Sviluppati, mentre nei Paesi di cultura islamica generalmente vige il divieto di consumo. Per quanto riguarda la giurisdizione circa i minorenni, nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea, è vietata sia la somministrazione che la vendita di bevande alcoliche (l’età legale più diffusa è quella dei 18 anni). In Italia, invece, secondo l’art. 689 del Codice Penale vige solo il divieto di somministrazione ai minori di 16 anni ma non la vendita. Per un approfondimento sulla normativa dei singoli Paesi aderenti all’OMS si rimanda al sito italiano ufficiale sulla salute: http://www.salute.gov.it/.

64 pag. 137 Bianchi 65 pag. 137

1.3 d Storia delle sostanze stupefacenti: abuso, narcotraffico