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ALCUNE PROPOSTE

Nel documento Immigrazione nella scuola trentina (pagine 179-184)

I diversi contributi alla ricerca compresi in questo volume forniscono alcuni spun-ti interessanspun-ti, anche in prospetspun-tiva.

Un suggerimento importante viene dall’esperienza dei centri EDA (Educazione degli adulti) e dell’Istituto comprensivo Freinet di Pergine, che raccontano come vie-ne eff ettuata l’analisi dei bisogni degli allievi, italiani e stranieri, ragazzi o adulti, e come viene elaborata l’off erta formativa in modo da rispondere ai bisogni rilevati.

Questo procedimento non è semplice come potrebbe sembrare ed ha più im-plicazioni di quante appaiano: in ambedue i casi ha signifi cato lavorare sulla for-mazione degli insegnanti, sulla fl essibilità organizzativa dell’istituzione scolastica e sul ripensamento dell’off erta formativa per tutti gli utenti, non solo per gli stra-nieri. Le scelte fatte hanno permesso di porre al centro della didattica le dinami-che relazionali e comunicative, di adottare in classe modalità d’insegnamento dinami-che consentono il superamento della lezione frontale, organizzando l’apprendimento per gruppi, aprendo le classi e promuovendo le attività laboratoriali. Gli obiettivi didattici e pedagogici riguardano sia l’acquisizione della competenza linguistica e disciplinare sia l’acquisizione di valori e regole di comportamento e di lavoro comuni. In questo modo la scuola diviene non solo un luogo di apprendimento, ma anche un luogo di socializzazione, in cui si può imparare a condividere con altri un sistema di valori e che può innescare dei processi di cambiamento.

Anche l’orario scolastico, così come la programmazione di attività specifi che e personalizzate, vengono modulati sui bisogni degli utenti e questo signifi ca attribuire priorità ai criteri didattici in questa delicata operazione che vincola poi quasi tutta l’organizzazione delle attività dell’istituto.

I resoconti delle due esperienze indicano la necessità di una revisione dei ruoli, dei tempi e degli obiettivi scolastici, se si vuole strutturare una scuola accogliente e

in grado di rispondere ai bisogni diff erenziati che la abitano, compresi quelli degli utenti migranti.9 Lo strumento cardine su cui far leva è la formazione dei docenti, che dà loro competenze necessarie a lavorare per livelli e per piccoli gruppi, ad aprire le classi, a utilizzare l’apprendimento cooperativo e il tutoraggio tra pari, a garantire, con una progettazione personalizzata, sia i ragazzi in situazioni di disagio, sia quelli che possono mirare all’eccellenza, tra gli italiani e tra gli stranieri. Una formazione che implichi anche lavorare su se stessi e che riguardi l’area dell’essere e del saper essere, e che, unita alla sensibilità personale e sociale che molti docenti dimostrano, può consentire di percepire i bisogni degli alunni migranti non solo dal punto di vista

“tecnico”, dell’apprendimento delle competenze linguistiche e curricolari, ma anche da un punto di vista più funzionale dell’integrazione sociale.10

La scuola diviene allora una delle istituzioni che può aiutare gli studenti migranti e le loro famiglie a comprendere le richieste della nuova comunità di appartenenza e a porsi in relazione con i nativi. Grazie all’obbligo scolastico, la scuola può svolgere un ruolo nevralgico, rispetto ad altre istituzioni, in merito all’integrazione dei minori migranti. È però importante che non venga lasciata sola in questo compito e che le richieste che le sono rivolte non eccedano le sue possibilità d’intervento. Anche per queste ragioni è fondamentale la progettazione integrata tra scuola e territorio, e in particolare la sinergia con gli enti locali, ma anche con le associazioni e con i cittadini più in generale, auspicata anche nel documento del CNPI. Si pensi, per fare un esem-pio, all’importanza di prevedere spazi di aggregazione extra-scolastici per i minori italiani e stranieri.

Il saggio di Beatrice de Gerloni evidenzia che troppo spesso accade ancora che a scuola si distingua tra un curricolo cognitivo, obbligatorio, e uno facoltativo, legato all’area progettuale e all’educazione aff ettiva e relazionale, mentre i due aspetti sono necessariamente intrecciati, negli studenti come in tutti gli esseri umani. La nostra capacità di apprendere è strettamente legata a “come stiamo” a scuola o in altre sedi di apprendimento e tutti i progetti sullo “stare bene a scuola” promossi a partire da-gli anni Novanta dal Ministero dell’Istruzione hanno riconosciuto l’importanza di questa tematica, ma nello stesso tempo non hanno reso l’istituzione scolastica suffi

-9 I centri EDA e l’Istituto comprensivo di Pergine sono stati i due casi concreti studiati dettagliatamente durante l’indagine, ma è opportuno chiarire che in provincia di Trento esistono altre esperienze ugual-mente valide a cui si può fare riferimento per quanto riguarda l’accoglienza degli alunni stranieri e l’in-novazione didattica. A questo proposito si veda anche: M. Tarozzi (a cura di), Il senso dell’intercultura.

Ricerca sulle pratiche di accoglienza, intercultura e integrazione in Trentino, IPRASE, Trento, 2006.

10 In merito a queste tematiche si veda: E. Fravega, L. Queirolo Palmas (a cura di), Classi meticce. Giova-ni, studenti, insegnanti nelle scuole delle migrazioGiova-ni, Carocci ed., Roma, 2003.

cientemente consapevole dell’impossibilità di separare l’esigenza di promuovere co-noscenze, abilità e competenze da quella di dare ascolto alle domande interiori, alle emozioni o anche al malessere di ciascun alunno. Ci si chiede se sia possibile pensare una scuola in cui queste istanze non vengano demandate all’area dei progetti e delle educazioni, ma possano legittimamente abitare ogni individuo (compresi il personale docente e non docente) ed essere sperimentate e prese in considerazione, con moda-lità adeguate alla specifi cità dell’istituzione scolastica, in ogni momento del processo educativo.

Flavia Favero sottolinea l’importanza, per la scuola, dell’educazione interculturale proposta con il contributo delle associazioni di migranti o nelle quali operano formatori migranti, cioè di un’educazione interculturale che attinga all’esperienza diretta della migrazione e funzionale soprattutto all’interazione con i nativi, e che utilizzi le metodologie attive e le arti espressive come canali comunicativi che coin-volgono tutte le dimensioni della natura umana e che facilitano l’incontro, andando oltre l’aspetto strettamente cognitivo.

Inoltre, il suo saggio parla del rapporto tra le associazioni e l’istituzione scolastica e suggerisce che il lavoro delle associazioni, per essere effi cace, dovrebbe far parte del curricolo obbligatorio (quello delle discipline) ed essere funzionale a un progetto continuativo e organico all’interno della proposta formativa. Questa proposta confi -gura nuove modalità di rapporto tra scuola ed extra-scuola, che potrebbero costituire un importante stimolo al cambiamento e che sono in accordo, tra l’altro, con quanto proposto dall’ultimo contributo preso in esame.

Le note appena esposte, se considerate nel loro insieme, presentano una scuola con caratteristiche diverse da quella attuale e tengono sempre conto del fatto che il disagio imputabile all’incremento delle presenze straniere costituisce solo una parte di quello complessivo, che riguarda anche gli alunni italiani e più in generale le con-traddizioni che dalla società si riversano nel microcosmo scolastico.11

In attesa di una risposta di sistema, cioè del cambiamento dell’organizzazione in-terna delle istituzioni scolastiche (ad esempio del tempo-scuola) e del modo di svol-gere la professione insegnante, la sperimentazione di alcune misure già in uso altrove potrebbe forse facilitare la transizione verso un sistema scolastico in grado di misu-rarsi con i processi sociali in atto e di interpretarli e quindi capace di preparare i futu-ri cittadini, italiani e non, a partecipare ai mutamenti che la società sta attraversando ed a contribuire magari alla loro progettazione.

11 Non è un caso che in parecchie scuole, accanto agli interventi per specifi che tipologie di alunni (quali sono quelli per gli allievi stranieri, per i dislessici o per altre categorie specifi che) vengano attivati, da alcuni anni, dei corsi, in genere fi nanziati dal Fondo Sociale Europeo, per il recupero di intere classi, in cui la componente preponderante è quella italiana.

A questo proposito, la legislazione provinciale interviene in modo puntuale e innovativo riguardo all’inserimento scolastico degli studenti stranieri con la legge 7-8-2006 n. 5, “Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino”, appena emanata, e, in particolare, con gli articoli nn. 75, 86, 112 e 114. L’ articolo 75 prevede una serie di interventi concreti (per la cui attuazione verranno varati dei regolamen-ti) per favorire il successo scolastico degli alunni non italiani: tra questi l’adattamento dei piani di studio, la valorizzazione delle competenze acquisite nei Paesi d’origine, l’utilizzo di mediatori culturali e di facilitatori linguistici, ecc. In linea con la nor-mativa nazionale, l’articolo riconosce anche “la valenza dell’approccio interculturale nell’attuazione dei percorsi, anche come strumento per favorire la conoscenza, l’in-tegrazione e lo scambio tra culture diverse”. L’articolo 114 prevede, per gli alunni stranieri del primo ciclo inseriti a scuola durante lo svolgimento del percorso, che l’apprendimento di una delle due lingue straniere obbligatorie possa essere sostituito dalla lingua madre. Questa disposizione è unica nel panorama legislativo italiano e potrebbe essere utilmente ripresa, con i necessari adattamenti, anche dalla normativa nazionale.12

Quali altri interventi si potrebbero ipotizzare?

La provincia di Trento potrebbe promuovere, ad esempio, un progetto pilota per l’insegnamento dell’arabo e del cinese in alcuni istituti superiori. Un’iniziativa del genere interesserebbe allo stesso modo gli studenti italiani e stranieri e rappresen-terebbe un investimento per il futuro, una risorsa in più per aff acciarsi ai mercati internazionali e un tener conto dei Paesi emergenti a livello mondiale.

Oppure, si potrebbe tenere conto, nella distribuzione delle risorse, del numero di allievi stranieri neo-arrivati presenti nelle scuole o di quelli, sia italiani sia migranti, che vivono in situazioni di marginalità, come accade in Francia, dove il sistema di valutazione degli istituti scolastici prevede l’erogazione di risorse aggiuntive per le scuole con alte percentuali di disagio.13 Maggiori risorse possono consentire di avere più laboratori, più insegnanti con una formazione specifi ca o di incentivare economi-camente o con altri dispositivi la permanenza dei docenti nelle sedi in questione.

Altre misure potrebbero riguardare la valutazione rigorosa dei progetti interculturali e di quelli relativi agli alunni stranieri messi in atto nelle scuole e

preve-12 Gli altri due articoli non sono meno importanti. L’articolo 86, quarto comma, prevede l’assegnazione di personale docente alle scuole per facilitare l’inserimento nel sistema educativo e l’apprendimento del-la lingua italiana agli allievi stranieri e l’articolo 112, primo comma, indica l’accoglienza e l’orientamento degli alunni stranieri come una delle priorità del fondo per la qualità del sistema educativo provinciale.

13 Si intendono disponibilità economiche in aggiunta a quelle assegnate in base alla presentazione di progetti specifi ci, già legate, anche in provincia di Trento, al numero dei frequentanti stranieri.

dere di incentivare, anche economicamente, il raggiungimento di obiettivi concreti e misurabili, quali, ad esempio, la diminuzione degli insuccessi e del ritardo scolastico.

Oppure si potrebbe premiare la progettazione a lungo termine rispetto a quella a bre-ve termine per incentivare le scuole a superare la logica dell’emergenza e ad abituarsi a programmare sul lungo periodo. Ancora, si potrebbe stimolare, per le tematiche complesse che riguardano i processi migratori e i cambiamenti sociali che ne deri-vano, la progettazione in sinergia con gli enti e le forze sociali presenti sul territorio rispetto a quella interna alla logica scolastica.

Gli esempi esposti, che non hanno alcuna pretesa di scientifi cità e di esaustività, richiedono alla scuola di prendere atto delle trasformazioni sociali in corso e di pre-disporsi a cambiare il modo di fare scuola per essere sempre più aderente al contesto sociale in cui opera.

Alcune peculiarità della situazione trentina, come la competenza legislativa con-corrente della Provincia in materia di istruzione primaria e secondaria, la disponibi-lità di risorse economiche, la presenza di un associazionismo vitale e più fi orente che altrove, una sensibilità sociale diff usa rispetto alle tematiche della pace e delle migra-zioni, dovrebbero favorire questo passaggio. È possibile che la scuola trentina nel suo insieme, usando queste specifi cità come punti di forza, intraprenda coraggiosamente questo cammino, che una parte degli istituti scolastici, spinti dalla realtà incalzante, hanno già imboccato? Ciò che è scaturito dall’indagine sull’immigrazione nella scuo-la trentina consente di guardare al futuro con fi ducia.

Nel documento Immigrazione nella scuola trentina (pagine 179-184)