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1. Quadro normativo e contesto sociolinguistico

1.2 Contesto linguistico e socio-culturale

1.2.1 Alcuni dati sui ragazzi stranieri in Veneto

In questo paragrafo ci occupiamo di fotografare e riportare qui brevemente la situazione degli stranieri in Veneto, ed in particolar modo degli studenti stranieri presenti nelle nostre scuole. Secondo l’Osservatorio Regionale per l’Immigrazione (in “Immigrazione straniera in Veneto” – Rapporto 2011) i cittadini stranieri residenti in Veneto al 31 Dicembre del 2010 superavano il mezzo milione (505.000, secondo i dati ancora provvisori dell’Istat). Nonostante i cambiamenti avvenuti nei sistemi economici di tutti i paesi europei, a partire dal periodo di recessione che si è avviato con la crisi dell’autunno del 2008, il flusso migratorio, soprattutto in Italia, non è diminuito; anzi, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente ha continuato ad essere in forte crescita: alla fine del 2010 si attestava ad una percentuale di 10,2. Con l’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’Unione

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Europea, nel 2007, si è verificato un cambiamento nella componente comunitaria di tale flusso, che mentre prima del 2007 era stata di gran lunga inferiore a quella non comunitaria, attualmente rappresenta circa un quarto della popolazione straniera complessiva. Come abbiamo già sottolineato nel primo capitolo, (pag. ???) la nazionalità marocchina è la seconda nazionalità presente sul territorio veneto, con una percentuale del 14,7% sul totale degli stranieri residenti.

Secondo i dati del MIUR – USR Veneto, relativi all’anno scolastico 2009-2010, gli alunni con cittadinanza non italiana (CNI) iscritti nelle scuole venete erano in media l’11,1% sul totale degli alunni; mentre nelle scuole statali il dato saliva al 12,2%.54

Di questi l’incidenza era decisamente superiore nelle scuole dell’infanzia (18,4% sul totale); restava alta anche a livello delle scuole primarie e secondarie inferiori (rispettivamente 13,8% e 13,4%), mentre calava nelle scuole secondarie superiori, dove il dato si attesta sullo 7,7%. Il numero di studenti stranieri è aumentato, senza sosta nell’ultimo decennio, anche se tra l’a.s. 2008/2009 e l’a.s. 2009/2010 è cresciuto in maniera inferiore, con un aumento pari allo 0,4%, rispetto alla media del 1,14% dei cinque anni precedenti. Rispetto ai dati nazionali il numero di migranti presenti in Veneto è superiore dello 4,4%. Per quanto riguarda le zone a più alta densità migratoria, troviamo al primo posto la provincia di Treviso, con una percentuale del 14,6%, seguita dalla provincia di Vicenza e Verona (con lo 13,3% 3 il 13,1%). Il dato più rilevante, sia per i nostri studi, che per la situazione generale degli studenti stranieri presenti nelle nostre scuole, è che negli ultimi anni, in seguito all’ingresso nelle scuole italiane di un numero sempre maggiore di studenti stranieri nati in Italia, quindi migranti di seconda generazione, negli ordini inferiori del nostro sistema d’istruzione, la maggior parte degli alunni stranieri, non è nata all’estero, ma in Italia. Nell’anno scolastico 2009/2010 la percentuale di alunni stranieri nati in Italia, rispetto al totale di alunni stranieri, era pari al 85,2% nelle scuole dell’infanzia, al 54,7% nelle scuole primarie, al 21,6% nelle secondarie inferiori e si attestava solamente allo 8,2% nelle secondarie superiori. In questi ultimi due anni, di conseguenza, la situazione si è ulteriormente modificata, così che anche nelle scuole secondarie inferiori quasi la metà della popolazione scolastica straniera è di fatto

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Dati presentati alla Conferenza di servizio “Gli alunni con cittadinanza non italiana in Veneto” svoltasi a Treviso il 19 Febbraio del 2010.

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costituita da ragazzi nati in Italia.55 Questa parte della popolazione straniera, le seconde generazioni di ragazzi arabofoni, è quella che, in particolar modo, ha interessato la nostra ricerca. Infatti il corso di insegnamento della lingua araba e della cultura marocchina che è stato attivato nella scuola da noi studiata nel trevigiano, grazie all’accordo interministeriale italo-marocchino, era rivolto alle scuole primarie, e tutti i ragazzi che vi hanno partecipato erano ragazzi figli di migranti marocchini nati in Italia. Questo dato è stato confermato anche nel secondo studio di caso, che verrà presentato in questa tesi, lo studio della scuola di lingua e cultura araba, gestito dall’associazione di migranti “Senza Frontiere” di Montebelluna. Potremmo avanzare l’ipotesi che questo tipo di esigenza viene richiesta, da parte delle famiglie di migranti, soprattutto per quanto riguarda i figli nati in Italia oppure emigrati dal paese d’origine in giovane età, poiché sono questi gli alunni stranieri, che, in quanto maggiormente inseriti nel sistema scolastico italiano, dove hanno svolto tutto il loro percorso di studi, rischiano di perdere completamente la padronanza della lingua familiare.

Quello che vogliamo sottolineare in questo paragrafo, è che, nonostante l’ampiezza e la consistenza della normativa presente in Europa e in Italia, che regolamenta e indirizza le scuole verso delle azioni di valorizzazione, e a favore di un’integrazione paritaria degli studenti stranieri, all’interno delle scuole dei paesi ospitanti, non sempre i sistemi di istruzione dei paesi membri dell’Unione europea si stanno rivelando in grado di fronteggiare le molteplici sfide presentate dall’alto numero di studenti stranieri iscritti. Infatti, se la migrazione potrebbe rappresentare per i ragazzi una possibilità di crescita e apertura, dal punto di vista cognitivo e identitario, molto spesso essa influenza negativamente il percorso scolastico, come vedremo dai rapporti riportati in seguito. Inoltre il fenomeno migratorio non influenza solamente i diretti interessati, le famiglie e i figli dei migranti, ma è una sfida per l’intero sistema statale: in particolar modo, è il sistema d’istruzione il bacino in cui si risentono in maniera particolare i problemi dettati dalla forte presenza di ragazzi stranieri, e allo stesso tempo, esso è anche il luogo dove si dovrebbero realizzare, in primis, le politiche previste dall’Unione Europea, e dall’Italia stessa, in quanto a valorizzazione del plurilinguismo e a dialogo interculturale. Secondo M. Santagati nel suo

55 Dato raccolto nell’intervista svolta ai rappresentanti della rete per gli studenti stranieri di Montebelluna “Scuola a colori”, effettuata presso la scuola media “Dante” di Montebelluna, sede di Biadene, il 19 gennaio 2012.

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intervento “Alunni stranieri a scuola: il caso italiano nell’ambito della prospettiva europea” nel Quattordicesimo Rapporto sulle migrazione del 2008, redatto da Franco Angeli:

La presenza di minori stranieri ha un impatto notevole sui sistemi d’istruzione europei: compaiono, nelle classi, una pluralità di lingue, prospettive culturali e livelli differenziati, da considerare nei rapporti con le famiglie e le comunità; a livello di sistema, la forte concentrazione di alunni migranti pare rafforzare la tendenza alla segregazione secondo criteri socio-economici ed aggravare le distanze tra le scuole, aumentando le difficoltà nel garantire l’equità nell’istruzione. A livello di società nel suo complesso, la sfida educativa si colloca nell’ambito dell’obiettivo più ampio della coesione sociale: il fallimento del percorso scolastico degli allievi migranti può generare in prospettiva difficoltà nell’integrazione sociale, ostacolando lo sviluppo di legami sociali e sentimenti di appartenenza.

Questi sono alcuni degli aspetti problematici che caratterizzano la presenza degli alunni migranti nelle scuole. Secondo questa analisi molte potrebbero essere le conseguenze negative, in questo ambito, nel caso in cui non vi sia un sistema d’istruzione forte, e capace, non solo di accogliere i ragazzi stranieri, ma soprattutto di rispondere alle esigenze, non legate alla prima accoglienza, ma alle necessità dei ragazzi stranieri che, nati in Italia, o che vivono in Italia da svariati anni, si trovano ad affrontare delle situazioni di disagio, di scarsi risultati scolastici e di un basso livello di integrazione nel tessuto sociale del paese ospitante. Ci occupiamo in questa tesi di un’azione che non è, infatti, determinante in una fase di prima accoglienza dei migranti, quanto piuttosto nella fase di stabilizzazione, che si rivela più importante per un inserimento a lunga durata nel paese ospitante. Purtroppo è proprio questa seconda fase, che oggi dimostra dei segni di cedimento. Come abbiamo visto, soprattutto nei primi cicli del sistema di istruzione, la maggior parte dei ragazzi stranieri non ha vissuto la fase della migrazione, in quanto è nata sul territorio italiano, tuttavia:

Sebbene i neo-arrivati costituiscono una minoranza rispetto al totale della popolazione scolastica italiana, su di essi si concentrano, di fatto, le maggiori preoccupazioni dei docenti, come si desume dall’indagine del Censis (2008): le scuole italiane appaiono principalmente interessate ed attrezzate a gestire la prima fase dell’accoglienza e dell’inserimento degli alunni.56

56 SANTAGATI M., “Alunni stranieri a scuola: il caso italiano nell’ambito della prospettiva europea” nell’“Analisi di contesto” del progetto PLUSVALOR (PLUrilingualism Strenghtening VALorisation Of Roots) gestito, per la parte italiana, dall’ISMU (Iniziative e Studi sulla MUltietnicità) e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, pag. 41.

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Il rapporto denota che i fattori che risentono maggiormente di questo mancato interessamento verso la fase di “integrazione a lungo termine” degli alunni migranti, o degli alunni di seconda generazione, sono la garanzia di pari opportunità di orientamento, scelta e formazione, rispetto ai coetanei italiani57; il loro successo formativo nell’ambito dell’istruzione secondaria di secondo grado, che andrà ad influenzare fortemente la loro futura scelta universitaria o lavorativa, non appena superata l’età dell’obbligo; e, più in generale, gli alti livelli di insuccesso scolastico, molto superiori rispetto agli studenti italiani. Infatti, secondo il rapporto nazionale PISA (Programme for International Student Assessment) del 200958, le competenze disciplinari dei quindicenni stranieri sono inferiori rispetto a quelle dei ragazzi della stessa età originari del paese in cui effettuano la scolarizzazione; così come i risultati scolastici di molti figli di immigrati sono inferiori a quelli dei loro compagni autoctoni. Il dato che stupisce ulteriormente è che, su scala europea, come rimarca il Libro Verde59 “Migration & mobility: challenges and opportunities for EU education systems” pubblicato a Brussels il 3 Luglio del 2008, le differenze nei risultati scolastici aumentano passando dalla prima alla seconda generazione:

PISA highlights a particularly stark point for education policy makers – attainment gaps in certain countries within each of the three study domains actually worsen from the first generation of migrant pupils to the second. This means that education is in these situations failing to act as a force to include migrants, indeed that the increased gaps in educational attainment are likely to cement and intensify their social exclusion. (punto 15 del Libro Verde)

Possiamo dunque rilevare che in molte situazioni, dunque, il sistema educativo europeo non riesce ad essere una forza di inclusione o integrazione dei ragazzi migranti, o figli di migranti, nel paese ospitante; anzi alle volte rischia di accrescere maggiormente la loro esclusione e marginalizzazione sociale, come si vede sia dai loro scarsi risultati scolastici, sia dalla diversa orientazione scolastica a livello superiore:

57 Le scelte di orientamento e formazione scolastica, secondo l’autrice di questo intervento, sono spesso vincolate “da ragioni familiari e/o da orientamenti costruiti all’interno delle scuole in relazione alla situazione socio-economica degli alunni” (pag.42)

58 Il “Programme for International Student Assessment” è un’indagine internazionale promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati nelle aree della lettura, della matematica e delle scienze. 59

Il “Libro verde” è una comunicazione con la quale la Commissione Europea illustra lo stato di un determinato settore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a certi problemi.

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At secondary level, a clear degree of segregation in enrolment emerges as migrant pupils are over-represented in vocationally oriented schools that typically do not lead to higher education. And, most clearly of all, there is a greater incidence of early school leaving among migrant pupils in almost all countries. All these factors contribute to the relatively low numbers of migrant students completing university studies.60

Anche il sistema scolastico italiano non si rivela sempre un ambito d'integrazione degli alunni stranieri, anzi alle volte “rischia di penalizzare e accrescere la loro esclusione sociale, con un aggravamento delle disparità e delle disuguaglianze, che si trasmettono di generazione in generazione”: così riporta l’analisi di contesto del progetto PLUSVALOR (Plurilinguism Strengthening Valorisation of Roots) pubblicato nel 2007 dall’Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC) e dalla Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU). Come si deduce dall’indagine del Censis del 2008, infatti, le scuole italiane focalizzano la loro azione soprattutto sulla prima fase di accoglienza e inserimento degli alunni stranieri, ma risultano per lo più impreparate a gestire il successo scolastico a lungo termine dei ragazzi stranieri residenti stabilmente nel paese, nonostante questi costituiscano la maggioranza rispetto al totale della popolazione scolastica straniera.

Secondo il Libro Verde Europeo le cause di questo insuccesso del sistema scolastico nell’integrazione dei ragazzi stranieri, anche di seconda generazione, possono essere molteplici. Per quanto riguarda il contesto di provenienza diventano determinanti le conoscenze pregresse tra cui la lingua madre, la padronanza della lingua del paese ospitante, quando essa non viene esercitata e utilizzata anche nel contesto di vita dei ragazzi (famiglia, comunità), le aspettative delle famiglie, che alle volte non hanno l’interesse di spingere i ragazzi verso un’istruzione superiore, o che non supportano il ragazzo durante il periodo scolastico. In questo, sottolinea il Libro Verde, è fondamentale il ruolo delle madri, che influenza particolarmente il successo scolastico dei ragazzi: quanto più le donne sono istruite, indipendenti e centrali nella vita della comunità, tanto più i figli saranno supportati e spinti verso una buona realizzazione scolastica e professionale. In aggiunta a ciò si inseriscono i problemi dovuti dalla segregazione scolastica. Infatti la forte concentrazione di alunni migranti in alcune aree territoriali, pare rafforzare la tendenza alla segregazione secondo criteri socio-economici e aggravare la distanza tra le scuole, aumentando così le

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Green Paper “Migration & mobility: challenges and opportunities for EU education systems” del 2008, punto 14.

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difficoltà nel garantire l’equità nell’istruzione. Infine la “canalizzazione” degli adolescenti stranieri negli istituti professionali e tecnici può derivare da errati orientamenti alla fine della scuola media inferiore e da forme di disincentivazione da parte dei licei, ma anche da una scelta che risponde realisticamente alle esigenze delle famiglie immigrate.

Questi dati vengono confermati nel contesto italiano, dai dati ministeriali e dalle indagini svolte in Lombardia da Besozzi e Colombo nel 2007: gli studenti stranieri non sempre godono di pari opportunità di orientamento e formazione rispetto ai compagni italiani e il loro successo scolastico risulta fortemente dipendente dalla situazione e dalle motivazioni familiari, così come da orientamenti costruiti all’interno delle scuole in relazione alla situazione socio-economica degli alunni.

I dati ministeriali evidenziano da un lato, la concentrazione degli studenti stranieri nell’ambito dell’istruzione tecnico-professionale, a livello di scelte; dall’altro si rileva una minore regolarità scolastica nel loro percorso (calcolata sulla base della corrispondenza tra classe frequentata ed età anagrafica): i dati mostrano che, in media, il 42,5% degli alunni con cittadinanza non italiana è in ritardo con gli studi e che, al crescere dell’età questo ritardo tende ad aumentare.61

Inoltre secondo il più aggiornato rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana 2010-2011” presentato a Milano dal Ministero dell'Istruzione e dalla fondazione Ismu (Iniziative e Studi sulla MUltietnicità):

C’è un divario significativo nei tassi di promozione tra gli alunni italiani e stranieri soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, dove la percentuale dei non promossi, fra gli studenti di cittadinanza non italiana, pur in leggero calo, rimane nell’anno scolastico 2009/10 del 30%, circa il doppio rispetto al tasso registrato fra gli italiani.

In una situazione scolastica che si rivela così a rischio, risulta oggi tanto più necessario che le scuole e le amministrazioni pubbliche facciano fronte comune e siano messe nelle condizioni di poter porre in atto azioni efficaci e concertate, in collaborazione con gli enti locali e gli istituti di ricerca, per diminuire il rischio di emarginazione sociale dei migranti e delle seconde generazioni. Come abbiamo visto alla fine del paragrafo 1.1.1, la Commissione Europea nel Libro Verde “Migration & mobility: challenges and opportunities for EU education systems” del 2008, dopo

61 Da SANTAGATI M. “Alunni stranieri a scuola: il caso italiano nell’ambito della prospettiva europea” in ANGELI F., Quattordicesimo Rapporto sulle migrazioni 2008, e in PLUSVALOR,

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aver analizzato la situazione attuale degli stranieri nelle scuole, focalizza la sua attenzione sulle politiche educative da adottare per cercare di far fronte alle sfide che abbiamo fin qui delineato. Riassumendo le strategie attuate fino a quel momento, il Libro verde delinea quattro linee guida, che a livello educativo dovrebbero contribuire ad affrontare in maniera sicura e sempre più organizzata i problemi legati all’inserimento e al successo scolastico dei ragazzi stranieri. Il secondo punto riportato dal Libro Verde, dopo l’acquisizione della lingua del paese ospitante, è l’“apprendimento della lingua d’origine”. Il testo fa riferimento alle normative europee che individuano come la diversità linguistica e culturale possa costituire una ricchezza e un valore aggiunto per il percorso educativo di un ragazzo (vedi la Carta europea per il Plurilinguismo), e si riallaccia anche agli studi sul bilinguismo che evidenziano i vantaggi legati ad un’istruzione bilingue in termini di sviluppo delle capacità cognitive e metalinguistiche. Riassumiamo qui in breve gli aspetti di questi studi fondamentali per il nostro dibattito.

È necessario sottolineare che il bilinguismo non è una condizione favorevole o sfavorevole di per sé, al contrario, come afferma A. T. Keller:

sono le condizioni in cui si realizza il bilinguismo del bambino che risultano favorevoli o sfavorevoli al suo inserimento nel mondo in cui cresce.62

Inoltre, come afferma B. Abdelilah-Bauer63, in un bambino bilingue è inevitabile uno squilibrio tra le competenze nelle due lingue, a causa di fattori sociolinguistici, e, dunque, nella realtà per lo più non esiste un tipo di bilinguismo realmente “equilibrato”64. Inoltre, a partire dall’età della scolarizzazione, si creerà una forte

differenza sulla natura del bilinguismo di qualsiasi bambino, a partire dal tipo di sistema educativo che egli intraprenda. L’istruzione in una scuola monolingue, ad esempio, contribuirà ad uno squilibrio nel suo bilinguismo, facendo sì che egli mantenga un’abilità comunicativa in entrambe le lingue, ma che acquisisca le

62 A. TABOURET-KELLER “La famiglia e il bilinguismo” in BALBONI P.E, (a cura di), Educazione

bilingue, Perugia, Edizioni Guerra, 1999; pag. 54.

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ABDELILAH BAUER B., Il bambino bilingue. Crescere parlando più di una lingua, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2008.

64 Il fatto che il bilingue possieda competenze diverse nelle due lingue che utilizza, o addirittura che non sia perfettamente competente in tutte le abilità linguistiche di nessuna delle due, è dovuto al fatto che “esiste in generale uno squilibrio tra le due lingue” poiché esse vengono usate in ambiti differenti o in attività differenti: esiste dunque uno squilibrio sociolinguistico inevitabile che rende molto raro una sorta di bilinguismo equilibrato.

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competenze cognitive (intellettuali) tipiche della lettura e della scrittura, solamente nella lingua della scolarizzazione. Il bilinguismo verrà, quindi, detto “additivo se tutte le competenze cognitive sono sviluppate in entrambe le lingue, neutro o

sottrattivo se le competenze sono sviluppate in modo ineguale”65. Ma la scolarizzazione non è l’unico fattore che influenza il bilinguismo: anche lo status di una lingua e l’atteggiamento familiare e dell’ambiente esterno sono fondamentali. Se infatti la lingua secondaria non è una lingua di prestigio (quali l’inglese, il francese, lo spagnolo, ad esempio) la conoscenza di quest’ultima può essere vista come un sapere superfluo, se non addirittura nocivo per una buon apprendimento della lingua dominante. Ecco che, allora, un bilinguismo italiano-inglese sarà più facilmente “equilibrato” rispetto ad un bilinguismo italiano-albanese o italiano-arabo. Diversi fattori ideologici, possibili pregiudizi e politiche scolastiche presenti nell’ambiente circostante, possono influenzare uno sviluppo equilibrato del bilinguismo e la percezione stessa del bambino rispetto alle due lingue. Capita non raramente che il bambino sviluppi un senso di rifiuto per la sua lingua d’origine, in quanto viene per questo motivo emarginato o tipicizzato come diverso. Soprattutto nella prima fase dell’infanzia il bambino ha bisogno, invece, di sentirsi simile e vicino ai suoi pari. Il sistema di istruzione, le famiglie, e il contesto esterno, hanno, quindi, un ruolo fondamentale nell’influenzare la crescita di un bilinguismo di tipo additivo o

sottrattivo presso i bambini stranieri residenti nel proprio paese. Purtroppo, a

tutt’oggi, sono ancora molto diffusi, tra le famiglie e gli insegnanti stessi, una serie di pregiudizi che gettano il bilinguismo e l’educazione bilingue in cattiva luce. Secondo