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2. L’insegnamento di lingua e cultura araba a Treviso presso la direzione del

2.5 La riorganizzazione del lavoro dopo il 2008 e il lavoro nelle associazion

Dopo il terzo anno di corsi, nel momento in cui si dovevano tirare la fila del periodo sperimentale di insegnamento dell’arabo nelle scuole italiane, ed, eventualmente apportare delle modifiche al progetto, è insorto, a complicare la situazione già difficoltosa, un problema nel sistema di gestione, e nelle relazioni tra il Consolato e la Direzione Scolastica Regionale. Alla richiesta di inviare per gli anni seguenti un maggior numero di insegnanti, fatta nell’ultima relazione relativa a tale progetto, dalla dott.ssa Gianna Miola, dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, non è stata data risposta. La risposta del Consolato su questo punto non è mai pervenuta all’U.S.R.. Allo stesso modo, quando a Settembre i docenti, in attesa di sapere quando sarebbe iniziata la loro attività per quell’anno scolastico 2008/2009, si sono recati al Consolato, sono stati rimandati all’U.S.R. in cerca di notizie, come se anche loro stessero aspettando una risposta dalla Regione Veneto. Tutti aspettavano. A quel punto l’U.S.R. ha assicurato ai docenti di aver spedito una relazione e una richiesta precisa per l’anno seguente giù prima dell’estate, e di non aver mai ricevuto risposte durante quei mesi. Dunque, non si è potuto procedere nella riorganizzazione dei corsi.

Secondo la testimonianza del professore marocchino, incaricato per l’insegnamento alla scuola Primo Maggio, quell’estate

Il Consolato di Bologna aveva assistito ad un’ispezione ministeriale e l’intero personale, Console compreso, era stato fatto rimpatriare a causa di malamministrazione. Tuttavia l’addetto all’insegnamento dell’arabo era rimasto, ma non poteva svolgere incarichi attivi; dunque non si è potuto fare altro che attendere ulteriori istruzioni. Il nuovo Console, infatti, aveva anche lui le mani legate e ha dunque richiesto un diretto intervento del Ministero dell’Educazione marocchino.130

Molto probabilmente così si spiega la mancanza di comunicazioni avvenuta in quei mesi: di fatto la possibilità di un rinnovo del progetto si è dissolta.

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In Ottobre il nuovo Console di Bologna ha convocato tutti i docenti delle regioni Emilia-Romagna, Veneto, Marche e Toscana, per cui era competente, informandoli della possibilità, in seguito al mancato rinnovo dell’accordo tra i due Stati, di rimanere comunque ad insegnare in Italia, non nelle scuole italiane, ma a servizio delle associazioni marocchine. Così il compito di tutti i docenti in missione in queste Regioni italiane che hanno accettato tale proposta, si è trasformato da un lavoro in cooperazione con gli Uffici Scolastici Regionali, e sotto la diretta dipendenza dei Dirigenti Scolastici degli Istituti in cui operavano, in un’attività didattica inserita all’interno dei progetti delle associazioni di migranti presenti sul territorio regionale, e in un’opera di sensibilizzazione delle stesse.

I due docenti stanziati in Veneto si sono recati nella nuova sede consolare del Marocco a Verona, dove però è stato loro chiesto di continuare a lavorare con il Consolato di Bologna, in quanto il nuovo Console era in quel periodo sovraccaricato dalla mole di lavoro dovuta all’apertura della nuova sede e alle questioni legate al rinnovo dei permessi per i migranti. Il Consolato di Bologna ha, dunque, provveduto a consegnare ai due docenti una lista delle associazioni marocchine riconosciute presenti in Veneto. A quel punto, come testimonia il docente marocchino Driss Guella131 – di cui ci continueremo ad occupare in questo elaborato, come un “trait d’union” tra le due esperienze di insegnamento che presentiamo - :“il compito di organizzare i corsi non è stato facile, dato che le associazioni riconosciute in Veneto sono moltissime e tutte le scuole si svolgono la Domenica mattina: non è stato semplice contattarle tutte.” 132

Soprattutto, da questo momento in poi, i due docenti si

sono trovati ad operare in un contesto molto diverso da quello sperimentato negli anni precedenti, e che aveva garantito loro un quadro di riferimento istituzionale ben definito. Le difficoltà di gestione ed organizzazione del lavoro aumentavano sensibilmente, come spiega il professor Guella:

Quando il Console del Marocco ci ha spiegato che la Convenzione, che era valida solo per tre anni, non era stata rinnovata, che tutto era bloccato, e

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Il professor Driss Guella, uno dei due docenti inviati in Marocco nel Marzo del 2005, è rimasto, anche dopo la fine dei corsi presso le scuole italiane, insieme al suo collega ad insegnare in Veneto presso le associazioni marocchine locali. Nel 2011 il suo collega è dovuto rientrare in Marocco, e dunque, ad oggi, il docente resta in Veneto l’unico rappresentante ufficiale dell’iniziativa di insegnamento della lingua araba e cultura marocchina del Ministero dell’Educazione Nazionale in questa regione.

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bisognava dunque attendere il suo rinnovo; conoscendo la lentezza della burocrazia amministrativa, abbiamo scelto di continuare a fare la stessa cosa tramite il Comune e le Associazioni di immigrati. Solo che ovviamente ci sarebbe stata una grande differenza: nel primo modo eravamo inseriti nell’ambito della scuola italiana e il Dirigente Scolastico si occupava di tutte le pratiche amministrative e organizzative. Adesso, invece, come vedi, anche se c’è la scuola data dal Comune e dal Preside della scuola, in accordo con il Presidente dell’associazione, non sai mai con chi lavori e come. Nella prima esperienza c’era una struttura molto rigida: c’era un direttore, una gerarchia amministrativa, e dunque i genitori capivano meglio la struttura del corso. C’era molta più chiarezza di ora, e soprattutto non c’era differenza tra l’attività didattica araba e italiana. Anche se l’orario era esterno alle ore di lezione, gli alunni e i genitori si sentivano inseriti in un ambiente scolastico italiano ecc. Ora non c’è più tutto questo: non c’è una gerarchia amministrativa, non c’è un rispetto, come era prima, da parte dei genitori, nei confronti della scuola, dell’attività didattica e degli orari. L’organizzazione è autonoma e senza controllo. Una volta partecipare era obbligatorio: il Dirigente della scuola aveva un elenco di più di 56 alunni che volevano partecipare, ma essendo io da solo, sono stati selezionati e favoriti solo 25. Gli altri aspettavano che uno dei ragazzi fosse assente per prendere il suo posto. Perché c’era un apposita regola per cui se tu, senza motivo chiaro, eri assente per tre volte successive, eri espulso dal corso. Per cui c’era una forte costanza nella presenza. Dunque in generale c’era una certa rigidità nell’organizzazione che permetteva un buon svolgimento dell’attività. Ora in questa esperienza con le associazioni, il gruppo ogni anno non è omogeneo, i ragazzi cambiano, in una percentuale di quasi il 60%... Così ci sono molte più difficoltà rispetto a prima.133

Come emerge dalla testimonianza del docente marocchino, la nuova organizzazione prevista per la loro missione in Veneto, ha fatto sì che la gestione dei corsi e il progetto educativo che li sorreggeva, non fossero più controllati e incanalati in un sistema strutturato ed adeguato, come era quello delle istituzioni scolastiche. La prima grande conseguenza è stata che le lezioni non erano più viste allo stesso modo della scuola regolare: i genitori dunque non si sentivano obbligati a gestire l’invio dei figli con la stessa regolarità e serietà, né si poteva più far conto su un gruppo classe

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Dall’intervista al docente marocchino in missione in Veneto, Driss Guella, svolta il 17 Febbraio 2012.

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fisso e costante. Il Professore accenna anche ad un’altra questione che discuteremo meglio in seguito, e cioé alla difficile relazione con gli organizzatori e i genitoi di queste scuole, le quali sono per lo più gestite da volontari con un basso profilo formativo e professionale, e poco inseriti nel contesto sociale locale. La nuova realtà lavorativa si è presentata fin da subito come un contesto di per sé molto più difficile da gestire e controllare; e l’attività didattica non ha potuto essere sempre conforme, almeno in alcuni aspetti, alla posizione ufficiale del Ministero dell’Educazione marocchino. Inoltre secondo le indicazioni del Consolato i docenti marocchini, in attesa di un rinnovo della Convenzione con l’U.S.R. del Veneto, dal 2008 ad oggi, hanno dovuto agire autonomamente organizzando personalmente i corsi all’interno del contesto delle associazioni, senza alcun tipo di supporto da parte dell’amministrazione italiana, né marocchina. Dunque l’incarico del prof. Guella, in quanto docente marocchino inviato in missione all’estero, può essere visto ad oggi come un difficile e personale lavoro di negoziazione e collaborazione con le realtà associative locali di migranti marocchini. La relazione del docente con il Ministero dell’Educazione, in termini contrattuali, di indicazioni pedagogiche e di monitoraggio dell’attività, è rimasta la stessa. Tuttavia le condizioni di lavoro all’interno delle associazioni sono spesso così diverse da quelle che erano state inizialmente previste per il suo lavoro in Italia, che alle volte non si possono garantire le condizioni prefissate dal Ministero marocchino, come afferma il Prof. Guella, nell’intervista del 23 Febbraio:

[parlando del Ministero]...siamo in costante rapporto. Dobbiamo fare delle relazioni annuali, e anche semestrali. Dobbiamo inviare loro tutti i documenti, così anche al Consolato ecc. Diciamo che la parte amministrativa è continuata come prima, solo è cambiato il modo di insegnare. Anche il nostro statuto è cambiato. Prima eravamo sotto una specie di “Convezione”: insegnavamo nello stato italiano, quindi dovevamo rispettare le regole che ci erano state date, o almeno facevamo il possibile per farlo! Ma adesso alcune cose non possiamo sempre rispettarle: la Convenzione dice che non possiamo insegnare ad alunni più piccoli dei 7 anni: l’età richiesta sarebbe dai 7 ai 15 anni. Ma io ad esempio gli anni scorsi avevo in classe alunni di 16/17 anni: non potevo certo scacciarli! Anche quest’anno ad Oderzo è così! Anche Y. della classe che frequenti tu ha 16 anni! Quando arriva un alunno di 16 anni con suo papà e chiede all’associazione di inserirlo nella scuola, non puoi dirgli che ci sono delle regole

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che escludono suo figlio. Così abbiamo lasciato correre... Però per quanto riguarda le altre cose, noi dovevamo stare molto attenti. Non potevamo certo rischiare che un genitore, o un giornale, ci accusasse, ad esempio di insegnare la religione. Avremmo sollevato un sacco di polemiche.

I: Quindi voi dovevate garantire almeno alcuni aspetti fondamentali...

D: Si anche perché se no ci mettevamo nei guai con la nostra amministrazione. Avrebbero potuto dire: “Ma tu avevi fatto una formazione!” Ora noi dobbiamo convincere i genitori che non possiamo agire così come ci chiedono.134

Da questo ulteriore passaggio dell’intervista al docente, vediamo come la sua attività sia fortemente condizionata dalle nuove condizioni lavorative, che alle volte lo costringono ad una difficile azione di mediazione tra le condizioni richieste dal Ministero, e le richieste dei membri e dei volontari delle associazioni. In alcuni casi risulta difficile e controproducente far valere delle regole generali che potrebbero essere sentite più negativamente che positivamente, nella particolarità di un contesto specifico e di per sé autonomo e indipendente, quale quello di una comunità di migranti in un paese straniero.

Dalla testimonianza del docente inviato in missione in Veneto emerge, dunque, la difficile situazione in cui oggi si sta realizzando il progetto di insegnamento della lingua araba e cultura marocchina in Veneto. Il contesto di volontariato in cui sono inseriti in docenti, e il livello di formazione dei volontari che li affiancano, determinano una serie di problematiche, che ci limitiamo qui ad accennare, e che affronteremo poi più nel dettaglio nel capitolo seguente:

 Irregolarità nella frequenza degli alunni;

 Estrema eterogeneità di età e situazioni linguistiche;

 Mancanza di professionalità del personale responsabile e di chiarezza nell’organizzazione dell’ attività didattica;

 Divergenze di motivazioni e obiettivi, con la conseguente necessità di mediazione costante su obiettivi e metodologia didattica.

In questa fase di accostamento alle realtà associative venete il Professore Driss Guella, matura la consapevolezza che la situazione dei ragazzi di cui si occupa sia molto legata alla realtà socio-culturale delle famiglie di appartenenza: il primo

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Dall’intervista al docente marocchino in missione in Veneto, Driss Guella, svolta il 17 Febbraio 2012.

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importante punto da affrontare, dichiara durante l’intervista rilasciataci, è dunque il bisogno di formazione e aggiornamento degli immigrati marocchini in Italia. Approfondiremo meglio questo aspetto, parlando dell’associazione a.for.imm. che nasce nel 2011, proprio da quest’esigenza, nel paragrafo 4.2.2.

Comunque nonostante le difficoltà incontrate all’inizio dell’anno scolastico, a causa del cambiamento di regime dell’attività di insegnamento, e delle necessità legate alla nuova gestione, nel giro di poco tempo i due docenti veneti sono riusciti a contattare le associazioni locali e hanno organizzato un incontro a Treviso per tutte le associazioni interessate al tema dell’educazione, o che avevano giù avviato un’attività scolastica:

Abbiamo organizzato un incontro a Treviso con tutti quelli che hanno risposto al nostro appello. Lì abbiamo spiegato chi eravamo, qual’era la nostra missione e abbiamo soprattutto stabilito alcuni criteri necessari affinché il nostro lavoro potesse svolgersi:

1. L’associazione doveva essere riconosciuta dall’Italia e dal Consolato del Regno del Marocco

2. L’associazione doveva essere apolitica e aconfessionale

3. Dovevano occuparsi di stabilire una convenzione con il Comune e con una scuola per poter svolgere le lezioni nelle loro aule

In quel momento c’erano tre o quattro associazioni che hanno dichiarato di possedere questi criteri. Abbiamo così iniziato con loro. L’associazione che era organizzata meglio era “Senza Frontiere” di Montebelluna. Anche a Treviso c’era un’ampia e ottima associazione e c’era la possibilità di fare richiesta ad una scuola, ma a loro, non so per quale motivo, andava bene continuare a fare lezione nei locali della Chiesa. Poi c’era l’associazione di Conegliano. All’inizio avevano chiesto per la scuola la sede di un Sindacato, ma noi non potevamo lavorare in un luogo così connotato, dunque abbiamo chiesto loro di cambiare. Abbiamo fatto due incontri con l’Assessore responsabile per trovare un luogo in una scuola o al CTP, ma con tutte queste questioni burocratiche, la scuola è partita tardi. Ci siamo messi d’accordo su questi punti.”135

Tra tutte le associazioni intervenute all’incontro solo alcune rispondevano ai criteri richiesti. I corsi sono partiti subito, ad Ottobre del 2008, a Montebelluna presso la

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scuola elementare Saccardo, grazie alla presenza e all’attivismo dell’associazione “Senza Frontiere”, che già da qualche anno lavorava nell’ambito dell’insegnamento della lingua e cultura araba. Dopo poco sono partiti anche a Pederobba, e solo dopo qualche mese anche a Conegliano, dopo un po’ di difficoltà per trovare una sede adeguata. A Treviso, invece, le associazioni locali hanno preferito continuare a trovarsi nei locali della Chiesa, e questo non ha permesso una collaborazione con il docente marocchino.

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3. Analisi della scuola di lingua araba e cultura marocchina