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2. L’insegnamento di lingua e cultura araba a Treviso presso la direzione del

2.3 Il corso di lingua araba e cultura marocchina alla scuola Primo Maggio d

2.3.1 L’organizzazione dei corsi

Come abbiamo visto in precedenza, la scuola Primo Maggio di Treviso, facente parte del Primo Circolo Didattico, è stata scelta non a caso, come scuola polo per l’iniziativa dei corsi di lingua araba e cultura marocchina dall’Ufficio Scolastico Regionale: per la Direzione regionale, infatti, era fondamentale trovare un ambiente scolastico già favorevole e ben avviato nel percorso di conoscenza e apertura verso i problemi della componente scolastica straniera, e la scuola Primo Maggio era esemplare in questo senso. Le altre scuole del territorio che hanno partecipato all’iniziativa, facendo riferimento alla scuola Polo Primo Maggio, erano la Direzione Didattica del 5° circolo di Treviso, la Direzione Didattica di Villorba, (distante circa 10 minuti dalla Primo Maggio) e l’Istituto Comprensivo di Ponzano Veneto (distante circa 15 minuti dalla Primo Maggio).

La scuola Polo poteva organizzare una sola classe di circa una ventina di studenti, e si prevedeva che l’insegnante intervenisse per due ore, due giorni alla settimana, su un gruppo eterogeneo di bambini: queste, come abbiamo visto, erano le indicazioni date dall’U.S.R., in conseguenza del numero di corsi istituiti in tutto il Veneto, dieci, rispetto al numero di docenti disponibili, due. Alla scuola spettava dunque il compito di scegliere con quali criteri limitare le iscrizioni degli alunni e selezionare le eventuali richieste superiori al numero di alunni previsti per il corso. Era necessario decidere dei criteri oggettivi di selezione, in modo tale da non essere poi discriminatori, nel caso in cui il numero degli iscritti eccedesse le effettive possibilità della scuola, così ci ha spiegato il Dirigente del Primo Circolo di Treviso:

Noi siamo stati designati dalla Direzione Generale perché eravamo scuola capofila della Rete per gli studenti stranieri, quindi ci siamo rivolti ai Dirigenti che facevano già parte della rete e che erano dirigenti delle scuole nel territorio nord cittadino: abbiamo dovuto limitare anche territorialmente la proposta. Insieme agli altri dirigenti abbiamo stabilito dei criteri per ridurre il numero di

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alunni: per non avere un gruppo classe troppo numeroso dovevamo contenere il numero degli iscritti. Abbiamo fatto la scelta di escludere i bambini della prima elementare e della quinta elementare, di modo che il gruppo, anche se eterogeneo, non presentasse un’eccessiva differenza di età: anche perché quelli di prima avrebbero potuto accedere ai corsi anche successivamente se questa esperienza si fosse protratta, e quelli di quinta perché non avrebbero avuto la possibilità poi di proseguire.”

I: E avete ricevuto solo una ventina di iscrizioni? Non avete dovuto fare una seconda selezione?

C: No, non abbiamo ricevuto un grandissimo numero di iscrizioni...anche perché le iscrizioni erano limitate solo agli alunni di origine marocchina. C’era stata qualche richiesta di alunni provenienti da altre zone del Maghreb, ma noi avevamo deciso questo criterio proprio per delimitare il numero. Avevamo dovuto stabilire dei criteri oggettivi di selezione, e quindi in un primo periodo avevamo pensato a questo. Essendo una sperimentazione, avremmo potuto rivedere i criteri in seguito nel caso in cui questa esperienza si fosse protratta nel tempo, con risorse maggiori però. Perché il corso è partito, ma con molte difficoltà. Soprattutto perché Driss Guella, il docente che operava qui doveva garantire la sua presenza in un territorio troppo vasto da dominare, soprattutto per gli spostamenti nell’arco della stessa giornata. 104

I criteri scelti dalla scuola Polo, insieme alle altre scuole di Treviso che hanno partecipato all’iniziativa, sono stati il paese d’origine, la classe frequentata e gli istituti di provenienza: il corso avviato alla Primo Maggio, dunque, è stato riservato agli alunni marocchini, che frequentavano la seconda, la terza o la quarta elementare, e che provenivano dalla zona settentrionale del Comune di Treviso, ed in particolare dalle scuole di quella zona che facevano parte della Rete per gli studenti stranieri. Fondamentalmente, quindi, l’esperienza didattica sarebbe stata molto limitata, e questo lo si sapeva fin dall’inizio. Infatti, anche il dott. Silvestri, responsabile per gli alunni stranieri in Regione, li considerava, non a torto, dei “micro-interventi con un quota molto limitata di ore”, e con i docenti in continuo spostamento da una zona all’altra del Veneto. D’altra parte i criteri di selezione, che si sono rivelati necessari per garantire già in partenza una selezione dell’utenza che si sarebbe rivolta alla

104 Dall’intervista all’allora Dirigente Scolastico della scuola Primo Maggio di Treviso e alla Professoressa Paola Pasqualon, referente della rete per gli studenti stranieri, avvenuta in data 16 Febbraio 2012 presso la scuola stessa.

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scuola, si sono rivelati dei buoni criteri per la formazione di classi equilibrate. Infatti, seppur escludendo molte persone, che non rispondevano ai criteri richiesti, hanno permesso alla scuola di formare una classe di ventitré studenti, quindi con un numero non eccessivo per una conduzione regolare delle lezioni, e di limitare la differenza di età in un ventaglio che comprendeva alunni di sette, otto e nove anni circa.

In questo paragrafo ci riferiremo in particolar modo ai dati relativi al primo anno scolastico in cui il corso di arabo è partito in forma sperimentale, da fine Marzo fino ai primo di Giugno del 2006. Il numero complessivo di ore di lezione effettuate in questo primo semestre di corsi è stato quaranta; gli alunni iscritti al corso erano undici alunni della seconda, otto alunni della terza e quattro alunni della quarta. Di questi ventitré, tre si sono ritirati e dei restanti venti, diciotto hanno frequentato più del 50% delle ore di lezione, mentre due alunni hanno frequentato meno del 50% delle ore effettive. Questo dato relativo alla frequenza era molto importante, perché il regolamento prevedeva che dopo un determinato numero di assenze, l’alunno iscritto venisse direttamente estromesso dal corso, per favorire coloro che, magari più motivati, aspettavano di iscriversi l’anno successivo.

Secondo il parere degli organizzatori dell’iniziativa in sede regionale e nelle scuole, il primo anno il corso è partito con svariate difficoltà organizzative e logistiche, ma si sperava che negli anni successivi si sarebbero potuti risolvere. Abbiamo già menzionato il problema dell’orario delle lezioni, che doveva necessariamente essere successivo alle 16.30, con un po’ di flessibilità per gli alunni che dovevano raggiungere la scuola Polo. Alla scuola Primo Maggio, inoltre, si è presentata un'altra difficoltà legata al fatto che, per favorire lo svolgimento di parte delle lezioni al sabato, orario molto gradito ai genitori degli alunni, è stato necessario riorganizzare l’orario di servizio dei collaboratori scolastici. Inoltre, fatto evidenziato anche da altri istituti scolastici capofila, sono state impegnate risorse finanziarie aggiuntive per del materiale di consumo, prevalentemente fotocopie, da impiegare nelle esercitazioni didattiche. Come riporta la scheda di monitoraggio presentata dal Dirigente Caminiti all’U.S.R. nel Giugno del 2006 “tali spese non sono state rilevanti per la breve durata del corso, in prospettiva, se il corso si svolgerà nell’intero anno scolastico, esse devono essere recuperate in qualche modo.” Se da parte degli istituti coinvolti una delle difficoltà maggiori è stata, come ci è stato segnalato anche dal dott. Silvestri (vedi paragrafo 2.1.1), quella della organizzazione e distribuzione delle ore di lezione in orario extracurricolare, dal report fatto dal Dirigente Caminiti, sembra che tale

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difficoltà non sia stata percepita in ugual modo dal docente e dagli utenti, che si sono dimostrati soddisfatti dell’organizzazione e sono sempre stati molto collaborativi:

Generalmente è stato rispettato l’orario di inizio delle lezioni sia da parte degli alunni che dell’insegnante. Vi è stata una buona collaborazione dei genitori per garantire lo svolgimento regolare delle lezioni e pare, secondo quanto espresso dalla stragrande maggioranza degli interessati, che l’organizzazione oraria e la scelta della sede del corso non abbia arrecato alcun disagio. Anche gli alunni che hanno frequentato con regolarità hanno dichiarato di avere seguito le attività senza particolare fatica.105

D’altra parte per i genitori, il corso era un’insperata realizzazione di uno dei loro desideri maggiori per l’educazione dei propri figli. Cito qui una parte dell’intervista rilasciata da un genitore marocchino al giornale “La Tribuna” di Treviso, e pubblicata in data 18 Gennaio 2006 a pag. 17:

I: Hassan, consideri l’offerta della scuola un’opportunità per i tuoi figli?

H: Certamente è una bella cosa. Finalmente coroniamo i nostri sogni. Avere la possibilità di insegnare l’arabo ai nostri figli è un obiettivo sul quale abbiamo concentrato molti sforzi. Questa scuola è ufficiale, quindi ha maggiore stabilità rispetto alle nostre iniziative, sempre basate sul volontariato e sulla generosità dei singoli. Io ho due figli che frequentano la seconda e la quinta elementare [...] penso che li iscriverò entrambi al corso facoltativo.

I: Perché è importante che i bambini frequentino un corso di arabo?

H: Per apprendere a leggere e a scrivere la lingua. In casa imparano di solito a parlarla. Poi a scuola usano l’italiano. Così succede che non sono in grado neppure di leggere una lettera che arriva dal Marocco. Anche quando torniamo al paese, i nostri figli si sentono disorientati se non conoscono nulla della storia e delle abitudini.

Gli attori scolastici, dai Dirigenti delle scuole coinvolte, ai responsabili regionali del progetto, erano piuttosto sensibili alle difficoltà organizzative che si sono riscontrate fin da principio, consapevoli, a partire dalla loro esperienza, che alla fine, sono queste le difficoltà che poi impediscono il successo e la continuità di un’iniziativa. In particolare quello che fin da subito era sembrato poco adeguato per un simile progetto era il numero di docenti che il Marocco aveva messo a disposizione della

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Dalla scheda di monitoraggio presentata dal Dirigente Caminiti all’U.S.R. alla fine del primo semestre dei corsi, nel paragrafo “Problematiche organizzative”.

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Regione. Invece da parte dell’utenza, che non percepiva queste problematiche organizzative vissute dalla scuola, i corsi, durante tutti i tre anni, sono sempre stati recepiti in maniera estremamente positiva ed entusiasta. Tuttavia, è anche evidente che i problemi organizzativi, e le difficoltà a realizzare alcune delle condizioni richieste dall’accordo, a partire dall’inserimento del docente nella scuola, finivano per caratterizzare l’esperienza in maniera sempre più negativa per le scuole, tanto più che il numero di docenti rimaneva sempre decisamente inferiore alla richiesta effettiva del territorio, e mancavano risorse finanziarie, umane e di ricerca per poter inquadrare i corsi in maniera più globale all’interno del sistema scolastico italiano. Riprendiamo ora alcuni degli obiettivi che le scuole si prefiggevano di raggiungere con questi corsi: obiettivi importanti, che permettevano ai diversi attori di motivarsi e incoraggiarsi di fronte alle diverse difficoltà incontrate. Per i genitori l’obiettivo primario era che i figli consolidassero le loro conoscenze in lingua araba per quanto riguarda la sua forma orale, già appresa in casa, ma soprattutto che apprendessero la forma scritta di tale lingua: nella maggior parte dei casi il corso tenuto dal docente marocchino era la prima occasione di alfabetizzazione nella varietà dell’arabo scritto, il cosiddetto MSA, Modern Standard Arabic. Queste erano le conoscenze necessarie secondo i genitori, affinché i ragazzi potessero essere autonomi, o quantomeno potessero sentirsi non troppo a disagio, durante i frequenti soggiorni estivi che le famiglie marocchine fanno presso i paesi d’origine, e affinché potessero acquisire delle competenze basilari per leggere e scrivere nella loro lingua d’origine. A fianco di questo obiettivo, riconosciuto dalle scuole, la prima priorità generale, a cui l’accordo interministeriale cercava di dare risposta, era sicuramente quello della sicurezza:

Il corso si poneva degli obiettivi di tipo generale che riguardavano anche la sicurezza. Lei sa che il Regno del Marocco è un Regno, diciamo, laico: pur riconoscendo la religione islamica come religione ufficiale dello stato, ha sempre ostacolato in tutti i modi i fenomeni dell’integralismo islamico, sia all’interno del territorio del Marocco, sia anche all’esterno, tutelando le comunità marocchine in Europa, da questi influssi che riteneva potessero essere pericolosi ecc. Quindi in pratica questo corso condivideva come obiettivo con l’Italia, quello di sottrarre a gruppi di integralisti islamici l’iniziativa di organizzare dei corsi di lingua araba e di cultura araba in generale che potevano

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invece perseguire delle altre finalità. Questo era il primo obiettivo che nasceva da una preoccupazione che coinvolgeva entrambi gli stati.106

Il secondo obiettivo dei corsi, secondo la sensibilità e l’esperienza nella scuola del Dirigente scolastico della Primo Maggio, era di carattere culturale ed educativo: come affermano le normative, il Dirigente ritiene che l’insegnamento della lingua e cultura d’origine per i figli dei migranti possa supportare un inserimento di questi ragazzi nel contesto sociale italiano. Infatti questi, o hanno vissuto in prima persona l’emigrazione, per cui hanno sofferto del distacco dal proprio contesto di riferimento e del reinserimento in un tessuto sociale e culturale così diverso, oppure, se nati in Italia, vivono comunque di riflesso il disagio e la difficoltà di integrazione nel nuovo ambiente che è proprio delle loro famiglie. In questo secondo caso, dice il Dirigente, i figli acquisiscono delle abitudini e si costruiscono dei valori molto diversi da quelli dei genitori, i quali molto spesso non godono nemmeno di un livello d’istruzione sufficientemente alto da poter permettere un adeguamento alla nuova società accogliente, e tale da poter garantire un buon apprendimento della loro lingua d’origine ai figli. Il dirigente descrive in questo modo la situazione di questi ragazzi e il suo punto di vista sull’influenza che questa condizione di instabilità culturale e identitaria può avere sul loro percorso scolastico e di vita:

Lei si deve immaginare questi ragazzi nati in Italia, o arrivati qui molto piccoli e il disagio che possono vivere nel non avere una loro identità culturale... Perché l’azione che compiamo nelle scuole possa essere efficace, e per innestare i nostri interventi su una solida base di partenza, è necessario che i bambini abbiano, innanzitutto la sicurezza della loro origine, e siano soprattutto sicuri di sé: per questo devono possedere un senso di appartenenza e di consapevolezza della loro origine.

Per il Dirigente, dunque, oltre all’aspetto più pratico del poter parlare la lingua dei genitori e potersi esprimere quando in estate i ragazzi tornano in Marocco, è fondamentale che essi acquisiscano, o riscoprano, delle solide radici su cui basare la loro esistenza: solo partendo da delle basi sicure, i ragazzi potranno poi percorrere il loro cammino formativo con serenità. Al contrario, senza sapere chi sono e da dove

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Dall’intervista ad Dirigente scolastico della Primo Maggio, Francesco Caminiti del 16 Febbraio 2012

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vengono, sarebbe molto più difficile per loro rapportarsi in maniera equilibrata alla loro cultura d’origine e alle cultura del paese in cui vivono: avere delle solide basi

identitarie è, dunque, un prerequisito necessario per una buona integrazione nel tessuto sociale e culturale d’accoglienza.

L’idea che soggiace a questa posizione, dunque, è quella per cui, per poter elaborare una sintesi ed un’interpretazione quanto più feconda ed individuale delle diverse componenti che costituiscono la loro identità e cultura, è necessario che i ragazzi di seconda generazione, conoscano in maniera un po’ più approfondita, oggettiva e slegata dal contesto familiare, le loro origini, la lingua, la storia, le abitudini e le credenze che sono proprie della cultura dei propri genitori.

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