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2. L’insegnamento di lingua e cultura araba a Treviso presso la direzione del

2.1 Pianificazione della Convenzione in Veneto

Il secondo capitolo di questo elaborato, si prefigge di presentare uno studio di caso sulla situazione del progetto Insegnamento della lingua araba e cultura marocchina, nato in applicazione dell’accordo culturale stabilito nel 1998 tra il Regno del Marocco e la Repubblica Italiana, nel Primo Circolo didattico di Treviso. A causa della difficoltà che abbiamo riscontrato nel raccogliere dati su tale iniziativa, a quattro anni dal suo termine, il nostro studio non sarà un’analisi puntuale e approfondita dello svolgimento del progetto, quanto si presenterà come un tentativo di stendere un bilancio complessivo di tale esperienza istituzionale di insegnamento dell’arabo, dei suoi punti di forza e delle criticità emerse. Purtroppo, a causa dell’interruzione improvvisa di tale insegnamento, alla fine del terzo anno di attività, e del silenzio generale in cui essa si è spenta, non c’è stata la possibilità di rilanciare un secondo periodo di lavori e di riorientare gli sforzi in termini di organizzazione e finalità. Tuttavia, essendo la domanda di insegnamento dell’arabo molto forte da parte delle famiglie di marocchini presenti sul nostro territorio, le iniziative volte a fornire tale insegnamento sono continuate, anche grazie alla collaborazione con i docenti inviati dal Regno del Marocco, nell’ambito delle associazioni marocchine del nostro territorio. Per questo ci sembra tanto più importante, oggi, poter fare un bilancio della prima esperienza sperimentale in cui l’insegnamento dell’arabo era stato inserito all’interno dell’istituzione scolastica italiana: i punti che ne emergono saranno sicuramente necessari per la valutazione delle esperienze attualmente presenti in Veneto, e per delineare delle ipotesi future per una ripresa in carico da parte della scuola di tali progetti.

Dopo l’approvazione del decreto legislativo attuativo dell’accordo interministeriale, che prevedeva l’insegnamento nelle scuole italiane della lingua araba e della cultura marocchina, si è avviata la fase di pianificazione dei corsi nelle aree a più alta densità migratoria. Il 6 luglio del 2005 a Roma, si è svolto un incontro a carattere nazionale presso il Ministero dell’Istruzione a cui ha partecipato anche il Dirigente dell’Ufficio

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I dell’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto, la dottoressa Miola. L’incontro ha dato il via alla prima esperienza di corsi di lingua araba e cultura marocchina in Italia, in collaborazione con il Regno del Marocco e all’interno delle istituzioni scolastiche italiane. Secondo la relazione presentata dalla dottoressa Miola la Direzione regionale del Veneto ha dato la propria disponibilità al programma di attività didattica; per cui si è immediatamente aperta la fase organizzativa dell’iniziativa, che in breve tempo ha portato alla pianificazione delle attività sul territorio veneto per l’anno scolastico 2005/2006.

Il 21 Ottobre 2005 si è svolto un secondo incontro a carattere locale presso la direzione didattica regionale dell’Emilia in presenza del Console di Bologna. Sulla base delle domande richieste dalle Direzioni scolastiche regionali presenti a Bologna al suddetto incontro, è seguita una relazione scritta da parte del Console sul previsto funzionamento delle attività didattiche nella fase di lancio dell’iniziativa. Per quanto riguarda l’analisi del regolamento esposto dal Console in tale documento si rimanda al paragrafo 1.1.3. In seguito all’incontro dell’Ottobre del 2005 e alle linee guida del progetto, riassunte dal Console nel documento che si può vedere interamente nell’allegato n.2, l’Ufficio Scolastico Regionale, ha proceduto nell’organizzazione dell’iniziativa: i CSA (Uffici Scolastici Territoriali) interpellati hanno comunicato all’USR l’elenco delle Istituzioni scolastiche con le presenze più significative di alunni provenienti dal Marocco, e in Novembre, l’USR ha individuato, tra queste, le Istituzioni Scolastiche disponibili a intraprendere il progetto, in rete con le scuole presenti nel territorio. Come ci ha spiegato il dottor Silvestri (Referente per l’integrazione degli alunni stranieri presso l’USR nell’a.s. 2005/2006 e attualmente Responsabile dell’ Unità Organizzativa n.7 - Interventi Educativi – dell’Ufficio Scolastico provinciale di Treviso), infatti, la Direzione Regionale era consapevole che una tale iniziativa, già di per sé impegnativa per gli Istituti partecipanti, e che poteva essere di incerta approvazione da parte dei docenti e del territorio, doveva essere innestata in dei contesti scolastici quantomeno favorevoli:

Una volta capito il funzionamento, e quante erano le persone che ci venivano messe a disposizione - due insegnanti - e sulla base della maggior presenza di nuclei di bambini di provenienza marocchina nelle scuole della Regione abbiamo scelto le scuole. Avevamo già anticipatamente deciso di impegnare solamente la provincia di Treviso e Vicenza, perché lì c’erano i nuclei più forti

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e avevamo dei dirigenti scolastici disponibili ad aiutarci: sapevamo infatti che imporre una cosa non funziona mai. In quattro e quattro otto abbiamo chiamato le persone prescelte a Venezia chiedendo loro o convincendoli ad approvare questo progetto - che poi peraltro ha anche avuto dei buoni esiti da quello che mi ricordo. Insieme abbiamo cercato di costruire un’ipotesi, tenendo anche conto delle necessità che avevano questi due docenti di potersi spostare nell’ambito di queste aree abbastanza vaste, ma solo con i mezzi pubblici perché il regno del Marocco non forniva loro una macchina di servizio. Per intendersi dovevano cercarsi una casa e tutto quanto.84

Il 7 Dicembre 2005 si è svolto un incontro congiunto tra l’U.S.R., le Scuole Polo, e il Console del Marocco. Alla presenza dei 10 Dirigenti Scolastici delle scuole polo individuate per la realizzazione del progetto, il Console del Marocco di Bologna, il Direttore Generale – dott.ssa Palumbo – il dirigente dell’Ufficio 1 – dott.ssa Miola, il referente per l’integrazione degli alunni stranieri – dott. Sandro Silvestri, vengono ricordate le caratteristiche del progetto e viene spiegato il significato dell’iniziativa. Le istituzioni scolastiche individuate e presenti all’incontro sono:

1. D.D. BASSANO 2° CIRCOLO (VI) 2. I.C. VALSTAGNA (VI)

3. D.D. ROSÁ (VI)

4. I.C. VICENZA 3° CIRCOLO SCAMOZZI 5. I.C. CASTELLO DI GODEGO (TV)85 6. D.D. TREVISO 1°CIRCOLO

7. D.D. PADOVA 2° CIRCOLO 8. D.D. PADOVA 5° CIRCOLO 9. D.D. VERONA 9° CIRCOLO 10. D.D. VERONA 4° CIRCOLO

Queste erano le regole fondamentali su cui si sarebbe basata l’iniziativa: i corsi, rivolti a gruppi di 20-25 bambini dell’età terminale della scuola primaria, hanno carattere facoltativo e si svolgono in orario aggiuntivo, per quattro ore settimanali divise in 2 pomeriggi; l’insegnamento partirà solo previa delibera del Collegio Docenti, e si mirerà ad inserire l’attività nei POF (Piano dell’Offerta Formativa) delle

84 Dall’intervista a Sandro Silvestri, all’epoca referente per l’integrazione degli alunni stranieri presso l’U.S.R., svoltasi il 19 Dicembre del 2001 presso l’USP di Treviso, sede di Lancenigo.

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scuole. Le attività didattiche dovevano prendere avvio nel secondo quadrimestre dell’a.s. 2005/2006, e, infine, come ci segnala nell’intervista il dott. Silvestri, i corsi dovevano svolgersi senza oneri da parte dello stato italiano: l’USR doveva solo occuparsi dell’aspetto organizzativo, cioè della formazione delle classi e della messa a disposizione delle scuole e delle aule adeguate per le attività; tutto il resto doveva essere a carico del Regno del Marocco.

In questo primo incontro congiunto, di Dicembre del 2005, vengono inoltre concordate le modalità di assegnazione del personale docente alle scuole: trattandosi di due soli docenti, il primo viene assegnato a Padova (due corsi), Verona (due corsi) e Vicenza (un corso); e il secondo a Bassano del Grappa (un corso), Valstagna (un corso), Rosà (un corso), Castello di Godego (un corso) e Treviso (un corso). All’arrivo dei professori, all’inizio di Marzo dell’anno successivo, a causa di ritardi burocratici vari, le due aree di competenza sono state poi attribuite ai due docenti, che si sono stabiliti uno a Treviso e uno a Vicenza.

A Gennaio del 2006 i Dirigenti Scolastici hanno acquisito le delibere degli Organi Collegiali; in seguito, dunque, le scuole hanno potuto procedere a diffondere l’iniziativa sul territorio e a raccogliere le adesioni. Il primo Febbraio era la data prevista per l’inizio delle attività; i docenti tuttavia arriveranno in Italia solo ad inizio Marzo. Riportiamo qui il racconto del Professore Driss Guella, uno dei due docenti che ha operato e continua ad operare in Veneto per conto del Ministero marocchino, che spiega le fasi del suo arrivo in Italia:

Quando siamo arrivati il primo giorno siamo stati accolti dal Console del Marocco a Bologna. [...] Noi siamo arrivati a Bologna ed eravamo in otto insegnanti. Ma all’inizio c’erano alcune difficoltà. Le cose erano state preparate dall’Ambasciata del Marocco insieme al Ministero dell’Istruzione italiano. Siamo stai convocati lì e potevamo scegliere la Regione dove andare ad insegnare: potevamo scegliere tra Marche, Veneto, Emilia e Toscana. Io e il mio collega abbiamo scelto di andare insieme in Veneto e siamo arrivati qui. Il problema era che non avevamo mai studiato l’italiano! Dopo una settimana c’era l’incontro presso l’U.S.R. di Venezia. Lì c’erano il Dirigente e il Vice- Dirigente dell’Ufficio, tutti i 10 Presidi delle scuole che partecipavano all’iniziativa, due membri del Consolato e il Vice-console. Così dopo il discorso del Dirigente dell’U.S.R., abbiamo presentato l’iniziativa, poi loro ci hanno esposto i problemi che si vivevano nelle scuole italiane: la situazione degli

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stranieri, i problemi legati all’integrazione... Tuttavia il problema era che noi non parlavamo italiano e non ci veniva tradotto nulla (anche perché anche gli inviati del Consolato non parlavamo bene italiano). Tramite il francese un po’ capivamo e siamo riusciti a delineare il progetto: come doveva svolgersi, com’era l’insegnamento in Marocco, ovviamente spiegavamo in francese. Ci siamo capiti nelle grandi linee diciamo. Poi ognuno di noi due si è messo con quattro o cinque Presidi delle scuole per decidere l’orario delle lezioni. L’Ufficio Scolastico ci aveva assegnato le diverse zone in cui dovevamo lavorare.

Dunque i docenti arrivati in Italia sono stati prima accolti dai Consolati della zona a cui erano stati assegnati, secondo la richiesta fatta da loro stessi durante le fasi di selezione del concorso avvenuto in Marocco, poi dopo il loro invio nelle regioni di competenza, si è svolto un altro incontro generale presso l’Ufficio Scolastico della Regione, dove sono stati accolti ufficialmente dalla Direzione regionale e dai Dirigenti scolastici delle scuole coinvolte. Da quel momento è iniziata la difficile relazione tra i docenti marocchini, che al momento del loro arrivo non parlavano italiano, e i docenti e i responsabili della scuola italiana. Nonostante l’iniziale disagio percepito da entrambe le parti nel momento dell’avvio delle attività, e la consapevolezza del peso che questa distanza linguistica, e poi anche culturale, avrebbe avuto nello svolgersi dell’iniziativa, il progetto è partito senza ulteriori rallentamenti, e tutti i protagonisti hanno cercato di svolgere i loro compiti nel miglior modo possibile, secondo le possibilità e capacità di ciascuno. D’altra parte si trattava di un progetto sperimentale e fin da principio si sapeva che tutto sarebbe stato passibile di modifiche e miglioramenti in corso d’opera. Prima ancora dell’arrivo dei docenti, infatti, era stata prevista un’attività di monitoraggio in itinere per il primo semestre di lavoro (il secondo semestre dell’a.s. 2005/2006): in Aprile era previsto un primo incontro a cura dell’U.S.R., e a Giugno, dopo la fine delle attività didattiche un secondo incontro, sempre a cura dell’ U.S.R. per una prima valutazione del progetto. Prima di passare ad analizzare più da vicino l’organizzazione all’interno di una delle scuole che hanno partecipato al suddetto progetto, vediamo come tale pianificazione, che fin ora abbiamo delineato nelle sue linee generali, si sia potuta realizzare e quali sono stati i principali ostacoli che la Direzione scolastica regionale, ha incontrato.

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I problemi logistici e di organizzazione oraria sono stati fin da subito prioritari, dato che i docenti dovevano spostarsi con i mezzi pubblici tra i Comuni delle zone a loro assegnate, e che le lezioni potevano svolgersi solamente nella seconda parte del pomeriggio, o al sabato, a causa dello statuto di attività extracurricolare dei corsi. Essendoci due soli docenti, e dato che ognuno di loro insegnava in cinque scuole, in ogni scuola-polo poteva essere avviato un solo corso, con una classe composta da circa venticinque ragazzi. Le lezioni, inoltre, dovevano svolgersi non prima delle 16.30: bisognava prevedere, infatti, che alcuni dei ragazzi coinvolti, avendo il tempo pieno obbligatorio, dovessero spostarsi, alla fine delle lezioni, nella scuola sede del corso. Secondo la testimonianza del dott. Silvestri, che fin dalle prime fasi, ha seguito la pianificazione delle attività nel territorio si trattava, dunque, di

...interventi abbastanza limitati in termini di quantità oraria, ma d’altra parte non poteva che essere così: i docenti dovevano girare in più scuole, con dei pacchetti di due ore nel pomeriggio, e tra l’altro dovevamo aspettare che fosse concluso l’orario scolastico, perché non era un’attività sostitutiva, ma aggiuntiva, in più qualcuno si doveva spostare da altre scuole vicine e raggiungere la sede prescelta per il corso... da un punto di vista logistico non è stato facile pianificare i corsi.

Anche il Dirigente scolastico della scuola Primo Maggio, scuola capofila della rete per gli studenti stranieri di Treviso, ricorda le stesse difficoltà, soprattutto all’inizio delle attività, quando tutto era incerto, e le condizioni di lavoro sembravano improbabili:

Il corso è partito, ma con molte difficoltà. Soprattutto perché il docente che operava qui doveva garantire la sua presenza in un territorio troppo vasto da dominare, soprattutto per gli spostamenti nell’arco della stessa giornata, perché lui agiva anche a Bassano, a Castelfranco e poi nella zona di Bassano e a Valstagna. Quindi queste erano le difficoltà di tipo organizzativo-logistico. Un altro aspetto dell’organizzazione era stato quello di non interferire sulle attività didattiche ordinarie, per cui noi abbiamo dovuto istituire il corso in un orario che creava qualche difficoltà all’utenza, cioè dopo le 16.30, orario in cui da noi finivano le lezioni dei rientri o del tempo pieno, per le poche classi che avevano il regime a tempo pieno, ed era comunque l’orario in cui finivano le lezioni

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anche nelle altre scuole interessate. Quindi le lezioni iniziavano alle 16.30, con un po’ di flessibilità perché chi finiva alle 16.30 doveva anche raggiungere la sede! Queste erano difficoltà organizzative e logistiche importanti: questo insegnante che doveva muoversi... tra l’altro ricordo che il docente non era nemmeno dotato di mezzo proprio, usava mezzi pubblici, quindi è stato un anno abbastanza travagliato.86

Se, come vedremo, questi fattori diventeranno fondamentali nella gestione dei corsi all’interno dei singoli istituti, anche per la Direzione regionale, le questioni organizzative sono sembrate fin da principio assai difficoltose:

È chiaro che per l’USR era una cosa in più da fare, e visto che il lavoro non manca mai... e poi il problema per noi era soprattutto il dover tenere unito e compatto questo gruppo di dirigenti e referenti che venivano periodicamente agli incontri di verifica. Bisognava tranquillizzarli, rilanciare l’esperienza: fare insomma un lavoro di supporto, altrimenti alla scuola chi glielo faceva fare? Anche per la scuola era un ulteriore aggravio, e non riceveva benefici, se non, forse, quello di far contenti dieci o venti famiglie, ma siccome lo scopo della scuola era un altro... Bisognava continuamente sostenerli e aiutarli... questo era il nostro compito. Bisognava parlare dei problemi e poi rilanciare: “Si si andiamo avanti che va bene...” Spingere, spingere... Perché se fosse stato per le scuole avrebbero chiuso la spina il giorno dopo...87

Il progetto per sua natura traeva energia dalla continua collaborazione tra la Direzione Scolastica e gli Istituti ospitanti. Quanto più proficua, estesa e convinta essa era, tanto più l’iniziativa si sarebbe potuta conoscere e diffondere, sia in termini di spazio, che di tempo. Le scuole avevano bisogno di un sostegno e un quadro organizzativo forte, così come la Direzione regionale aveva bisogno di Dirigenti disponibili e capaci, e di una rete di scuole e di docenti che si impegnassero per far mettere ai docenti e all’iniziativa radici nel territorio e nel contesto socio-culturale italiano. Sentiamo l’esperienza del Dirigente della scuola Primo Maggio di Treviso rispetto al ruolo giocato dalla Direzione scolastica regionale:

86 Dall’intervista all’allora Dirigente Scolastico della scuola Primo Maggio di Treviso e alla Professoressa Paola Pasqualon, referente della rete per gli studenti stranieri, avvenuta in data 16 Febbraio 2012 presso la scuola stessa.

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Dall’intervista a Sandro Silvestri, all’epoca referente per l’integrazione degli alunni stranieri presso l’U.S.R.

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Devo dire che c’è stato un buon coordinamento tra l’USR e le scuole incaricate come la nostra di organizzare i corsi: ovviamente però con risorse limitatissime. Per dare un’idea: in ragione che questa attività avveniva in orario extracurricolare, e impegnava anche i nostri collaboratori scolastici e i locali, avevamo ricevuto anche un piccolo finanziamento, che comprendeva però anche le spese vive, quindi la carta per le fotocopie e per tutte quelle piccole cose che potevano garantire il regolare svolgimento delle lezioni. Ma i finanziamenti erano veramente limitatissimi. Io credo che anche la Direzione Regionale fosse consapevole delle difficoltà organizzative e ha cercato di mettere le scuole nelle condizioni di svolgere nel miglior modo possibile un adempimento che era praticamente l’attuazione di un Accordo tra il Regno del Marocco e la Repubblica italiana. Non c’è stato un impegno, diciamo, aggiuntivo. C’è stato un impegno non straordinario... era come un compito da svolgere, nulla di più... questo per varie ragioni: sia per motivazioni organizzative perché comunque ovviamente c’era la consapevolezza che questi corsi avrebbero creato un ulteriore aggravio per la scuole, come si è di fatto rivelato, sia perché nella Regione Veneto c’erano degli ostacoli anche di natura politica. [...] [Come spiegavo precedentemente] avevo avuto l’impressione che si organizzasse questa attività come adempimento di un accordo, ma non perché ci fosse una partecipazione consapevole, o una adesione convinta ad un tale progetto.

Come vediamo da questi interventi i problemi legati all’organizzazione del corso hanno da subito rischiato di minare le relazioni tra i diversi attori coinvolti, e le sorti dell’iniziativa stessa: è vero che i costi finanziari dell’iniziativa erano a carico del Regno del Marocco, ma la questione logistica finiva per essere un peso alle volte sentito come eccessivo all’interno di una già difficile quotidianità delle istituzioni scolastiche. Le scuole dovevano sobbarcarsi, come vedremo nel caso specifico della scuola Primo Maggio di Treviso, il peso pratico della gestione e dello svolgimento delle attività didattiche, con tutto ciò che questo comportava anche in termini finanziari, e il peso politico di esporsi nel territorio per le attività che la scuola portava avanti. Infatti, sempre il dott. Silvestri afferma che:

Il problema più grosso è stato quello di non dare eccessiva pubblicità, perché le aree interessate, sia della provincia di Treviso, sia dell’area di Vicenza, erano

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dei feudi leghisti, per cui non pareva il caso di dare eccessiva notizia. Già sulla stampa era uscito qualcosa di non propriamente positivo. Perciò abbiamo tenuto un profilo molto basso, perché alla fine a noi interessava fare l’esperienza. Anche perché poi su questo nascono le guerre di religione, e non si sa nemmeno perché. Devo dire che già il primo anno c’è stata un buona partecipazione, insieme qualche problema logistico ovviamente, però sono state poi risistemate le cose nell’anno successivo, 2006-2007.

Di fronte al rischio che l’iniziativa fosse insabbiata in un polverone di polemiche, la Direzione Regionale poteva contare sulle dichiarazioni sostenute fin da principio dal Console del Marocco, e dagli obiettivi principali a cui mirava il progetto attuativo della Convenzione ministeriale. L’insegnamento dell’arabo veniva, infatti, appositamente inserito in un contesto “protetto”, per cui si prevedeva un controllo e monitoraggio sia da parte italiana, in quanto i corsi facevano parte dell’offerta formativa degli istituti “ospitanti”, sia da parte marocchina, in quanto il Ministero dell’Educazione del Regno del Marocco aveva formato i docenti, inquadrava e dirigeva la programmazione didattica generale dei corsi. Grazie a questo, e alle premesse di aconfessionalità che il progetto doveva garantire, i corsi così stabiliti nelle scuole venete, avrebbero potuto rispondere alle esigenze di sicurezza e laicità che lo stato italiano richiedeva su una tale delicata questione.

L’obiettivo primario del Marocco, questo secondo quanto era stato dichiarato dal Console marocchino, era quello di evitare che, con la scusa di insegnare la lingua araba a cittadini marocchini, o comunque di quell’area geografica,