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2. L’insegnamento di lingua e cultura araba a Treviso presso la direzione del

2.3 Il corso di lingua araba e cultura marocchina alla scuola Primo Maggio d

2.3.2 Relazioni con l’istituto ospitante

La risorsa fondamentale che caratterizzava i corsi di lingua araba e cultura marocchina voluti in maniera congiunta dai due ministeri, era l’inserimento all’interno dell’istituto scolastico ospitante l’iniziativa. Vediamo come e fino a che punto è stato possibile realizzare questo inserimento, contatto e scambio tra il docente marocchino e gli attori scolastici nella scuola Primo Maggio di Treviso. Per quanto riguarda la didattica specifica svolta nelle classi del docente marocchino incaricato per l’insegnamento alla Primo Maggio, ne discuteremo più nel dettaglio in seguito. In generale i corsi sono sempre stati supervisionati e controllati dal Dirigente della scuola, il quale, in prima persona, era responsabile presso l’U.S.R. del regolare svolgimento delle lezioni e della conformità delle attività didattiche al progetto interministeriale: per questo il Dirigente ha cercato di dialogare il più possibile con l’insegnante, di indirizzarlo laddove gli era possibile, cercando di non interferire in maniera diretta, in modo da lasciare all’insegnante tutta l’autonomia che gli era necessaria, ma tentando allo stesso tempo un confronto e una verifica continua della programmazione e attuazione delle attività didattiche.

Le comunicazioni tra il Dirigente della scuola capofila e il docente marocchino sono state tuttavia assai difficoltose, soprattutto in fase di avvio, a causa della scarsa conoscenza da parte di quest’ultimo della lingua italiana. Nel primo anno scolastico si sono potuti realizzare solamente tre incontri promossi dal Dirigente, mentre nessun colloquio è stato richiesto dal docente e rare sono state anche le relazioni informali tra i due.

I: Facevate degli incontri tra di voi?

C: Si, limitatamente a quello che potevano essere le mie possibilità, perché ovviamente avendo la Dirigenza della scuola non avevo molto tempo, ma anche limitatamente alle possibilità dell’insegnante. Lei capisce che questo insegnante che doveva essere presente in tre città e tre scuole diverse non poteva avere la possibilità di rapportarsi con una certa continuità con i dirigenti delle scuole dove operava.[...] Lei pensi che quando io lo invitavo a dei colloqui molto spesso lui faceva difficoltà a venire! Quando ho capito questa cosa ho cercato

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anche di toglierli questo imbarazzo: mi sembrava di fargli delle richieste a cui lui non poteva rispondere.107

Secondo il docente marocchino, invece, il primo grande problema che ha limitato fortemente la comunicazione con gli attori scolastici era il fattore linguistico:

Le difficoltà qui erano innanzitutto il fatto che non parlavamo l’italiano. All’inizio pensavamo che non sarebbe stato un problema visto che noi insegnavamo l’arabo... [...] Per questo in quei due mesi in cui abbiamo insegnato il primo anno ci siamo messi a riflettere innanzitutto sul fatto che dovevamo imparare l’italiano, altrimenti non potevamo parlare con l’amministrazione, con tutti i colleghi docenti italiani, e poi non puoi insegnare bene se non padroneggi la lingua italiana. Così durante l’estate abbiamo approfittato per migliorare il nostro livello di lingua italiana. [...] Il primo anno eravamo in grande difficoltà. D’altra parte senza il veicolo della lingua è difficile integrarsi: avevamo grandi difficoltà, anche nei collegi didattici ecc., non capivamo tante cose che erano dette. Già l’anno successivo eravamo più inseriti nella scuola italiana, avevamo iniziato a partecipare a tutti i laboratori della scuola... [...] Per me la cosa più importante per una buona integrazione [nel sistema scolastico del paese ospitante] è imparare la lingua e la cultura del paese dove vai a lavorare. Noi siamo venuti in Italia con questa mancanza. Per quanto riguarda il livello culturale sapevamo tante cose sull’Italia, ma senza il veicolo della lingua resti zitto, non puoi esprimerti, non puoi partecipare... E allo stesso modo, d’altra parte, abbiamo trovato che tutti i docenti della scuola italiana parlavano solo italiano. Anche se c’era voglia, sia da una parte che dall’altra, di entrare in relazione e comunicare, c’era sempre il blocco linguistico ad impedirlo. Abbiamo trovato - parlo della mia esperienza e di quella del mio collega, perché eravamo sempre in contatto per risolvere i problemi che incontravamo insieme – gente veramente accogliente, ma mancava la possibilità di comunicare.108

Sicuramente la difficoltà linguistica ha contribuito fortemente, nella fase di avvio del progetto, a rendere precarie e molto rare le comunicazioni tra il docente marocchino

107 Dall’intervista ad Dirigente scolastico della Primo Maggio, Francesco Caminiti del 16 Febbraio 2012.

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e i colleghi italiani. Tuttavia, come sostiene il Dirigente Caminiti, lo stesso statuto del docente marocchino, che era assegnato a cinque scuole diverse di cinque territori anche molto distanti tra loro, con tutto ciò che tale spostamento comportava per lui, non essendo dotato di mezzi privati, era già di per sé un fattore di forte impedimento per un corretto inserimento nella scuola. Per ovviare ai pochi incontri che il Dirigente riusciva ad avere con il docente marocchino, aveva cercato di avvalersi della collaborazione di alcuni insegnanti della scuola con funzione di referenti rispetto al docente esterno: la professoressa Pasqualon era uno di questi, ed infatti il docente ha sempre fatto molto riferimento a lei. Il compito di questi docenti, che dovevano in teoria avere la possibilità di incontrare più spesso il docente, era quello di essere delle figure di sostegno e riferimento:

Inizialmente il compito che avevo chiesto alla professoressa Pasqualon era quello di riuscire a coinvolgere l’insegnante anche all’interno dell’organizzazione scolastica, e quindi di farlo partecipare anche a dei momenti di vita professionale che avvenivano all’interno della scuola, ma questo effettivamente si è rivelato un obiettivo difficile da raggiungere proprio per le ragioni che le dicevo prima: per la mancanza di tempo e la difficoltà di questo insegnante a muoversi.109

Dal punto di vista linguistico in alcuni casi si è anche ricorso alla collaborazione di alcuni mediatori linguistici e culturali, punto che crediamo possa essere fondamentale per un buon inserimento del docente nel sistema sociale e scolastico del paese ospitante, soprattutto in una prima fase. Tuttavia questo elemento non era previsto dall’organizzazione regionale del progetto, e più che un rapporto di collaborazione sistematica e continuativa, è stato un temporaneo intervento a spot, che la scuola Primo Maggio ha potuto effettuare grazie alla collaborazione che già la scuola aveva instaurato con alcuni mediatori dell’area magrebina, in vista delle attività avviate sul territorio come scuola capofila per l’integrazione degli alunni stranieri e per la forte presenza di alunni marocchini nel proprio istituto. Inoltre per cercare di fare rientrare il docente marocchino all’interno dell’organizzazione scolastica e pedagogica italiana si è cercato in diversi modi di dargli un’idea di come

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Dall’intervista ad Dirigente scolastico della Primo Maggio, Francesco Caminiti del 16 Febbraio 2012

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si opera normalmente nella scuola italiana e di come sono i rapporti tra i docenti, e tra questi e il Dirigente scolastico. Nella scuola Primo Maggio questo si è attuato dando diverse possibilità al docente di partecipare ad incontri e riunioni anche con gli insegnanti provenienti dalle altre scuole coinvolte nel progetto. Per l’organizzazione didattica gli era stato fornito come strumento una sorta di diario di bordo delle lezioni, un registro personale predisposto dal Dirigente stesso, con delle schede fatte appositamente, anche per la valutazione dei risultati degli alunni. Inoltre il docente gli aveva fornito delle indicazioni precise su come rapportarsi formalmente con la Dirigenza attraverso delle relazioni scritte.

I contatti maggiori sono stati chiaramente con i docenti dell’istituto ospitante, grazie anche al fatto che il clima all’interno della scuola è sempre stato favorevole e il supporto dei docenti italiani decisivo e unanime. Questa, infatti, è stata anche la percezione del docente inviato dal Marocco. In definitiva però, riferendosi alla generale condizione prevista dall’accordo, e cioè l’integrazione degli insegnanti marocchini all’interno del corpo docente delle scuole, il Dirigente Caminiti, nell’intervista rilasciataci, dichiara che non è stato possibile attuare l’inserimento del docente

nella maniera in cui si riteneva che dovesse avvenire. [...] Abbiamo cercato di fare questo, però se devo fare un bilancio dell’inserimento del docente nella scuola devo dire che si è rivelato un bilancio negativo: questo insegnante veniva qui per fare lezione, arrivava all’ultimo momento – per dire la lezione iniziava alle 16.30 e non era raro che l’insegnante arrivasse alle 16.40 o 16.45. All’inizio non capivo e ho cercato di intervenire, ma poi ho constatato che non era una cosa che dipendeva da lui: alcune volte era costretto ad arrivare in ritardo... Quindi arrivava a scuola tardi, poi, finita la lezione, la scuola era chiusa, nell’edificio non c’erano insegnanti o personale della scuola, quindi non incontrava nessuno. Quindi, non aveva la possibilità di momenti di partecipazione alla vita della scuola al di là di quelli previsti per le lezioni in sé.

Se dal punto di vista dei docenti l’inserimento nella scuola si è rivelato assai difficoltoso, e le occasioni di incontro e relazione con il docente rare e non costanti, il corso ha rappresentato comunque per la scuola Primo Maggio un importante momento di apertura verso il mondo e la cultura araba. Per i ragazzi italiani, così

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come per tutti i docenti della scuola Primo Maggio, il corso è stato un segno importante: grazie alla presenza e alla visibilità dei materiali usati e dell’aula predisposta per il corso, vi era un segno tangibile dell’ingresso ufficiale nella scuola della lingua e cultura araba, al fianco delle altre discipline scolastiche. Questo è un punto di non secondaria importanza per le scuole, perché permette loro di indirizzarsi sempre di più verso un riconoscimento ufficiale e sempre più concreto delle lingue e culture altre che fanno parte del patrimonio di molti dei loro ragazzi: dare spazio, anche fisico, a tali culture, diventa un modo concreto per dare cittadinanza a queste forme diverse di essere comunque italiani, e, seppur diversi, presenti e attivi nella stessa scuola in maniera riconosciuta e positiva per tutti. L’elemento della visibilità di tali corsi è un elemento decisamente fondamentale e caratteristico di questa esperienza, che la contraddistingue e ne dà un valore aggiunto rispetto ai corsi simili portati avanti dalle associazioni di migranti, in contesti extrascolastici, oppure, come nel caso di Montebelluna, che analizzeremo nel prossimo capitolo, in contesti dove non è previsto un diretto scambio e confronto con l’istituto ospitante. L’elemento della visibilità dei corsi e della loro conseguente valorizzazione, che emerge da questa modalità di insegnamento della lingua e cultura d’origine, non è stato ugualmente riscontrabile in tutte le istituzioni scolastiche coinvolte, ma solo nella scuola Polo. Per i ragazzi degli altri istituti l’esperienza è stata, da questo punto di vista, più limitata, perché i compagni e i docenti erano meno partecipi all’iniziativa. Inoltre sappiamo che è molto importante che i ragazzi vedano riconosciuta la loro lingua e cultura familiare anche in uno spazio specifico che fa parte della loro scuola: anche questo permette loro di essere più sicuri nella fase di inserimento. Le iniziative di fine anno, in cui si dava visibilità al lavoro svolto sono state dei momenti che hanno riunito gli alunni e i genitori dei ragazzi provenienti da tutte le scuole coinvolte. Tuttavia, anche affinché in tutti gli istituti fosse data uguale visibilità e dignità alla lingua araba, sarebbe stato sicuramente più positivo se l’esperienza fosse stata più diffusa nel territorio: questo anche poiché la scuola Primo Maggio godeva già precedentemente di un contesto di apertura verso le altre culture, ed era già ben avviata nel cammino della didattica interculturale. Così, infatti, afferma il Dirigente Caminiti, che dopo aver girato diversi istituti della zona afferma che:

La scuola Primo Maggio è una scuola eccezionale sotto tutti i punti di vista [..] perché c’è sempre stata una forte presenza di alunni stranieri, che è stata una

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fonte di forte arricchimento per la scuola. Ma è un eccezione nel panorama delle scuole del territorio.

Per cui, come conferma anche la Professoressa Pasqualon, responsabile per la rete degli studenti stranieri, riferendosi alla traccia rimasta nella scuola dopo l’esperienza di questi corsi:

P: Sì non è tanto la lingua araba, ma piuttosto le culture e le lingue che fanno parte della nostra scuola. Certo è rimasto il segno, perché la visibilità dell’aula crea delle tracce indelebili, che sono rimaste. Ma non è rimasta ad oggi la visibilità della lingua araba più di altre, anche perché devo dire che la percentuale dei ragazzini di lingua araba nella scuola sono meno rispetto ad altri, ma non è solo questo il motivo, è che ci sono tante le culture e noi cerchiamo di dare visibilità e spazio a tutte. [...] Tuttavia nel momento in cui c’era il corso, la visibilità era sicuramente maggiore per questa lingua e per questa cultura, questo è fuori da qualsiasi dubbio.

C: Il clima è stato molto favorevole, gli insegnanti erano veramente favorevoli. Hanno cercato di favorire il più possibile la partecipazione.

P: E neanche i genitori della scuola hanno fatto opposizione o difficoltà, era il contesto esterno più che altro che era particolarmente effervescente.

La scuola, i docenti, e i genitori hanno quindi goduto di questa iniziativa come un’opportunità preziosa per l’inserimento della lingua e della cultura araba all’interno della scuola dei propri figli: è stato un passo che sicuramente ha aiutato molte scuole nell’indirizzarsi verso un cammino sempre più aperto all’interculturalità, al confronto e al riconoscimento delle diverse abilità e competenze dei ragazzi.

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