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Dalla normativa e dalle riflessioni degli operatori si evince in modo chiaro la necessità di collaborare con i servizi per il lavoro, in primis nella costituzione delle basi teoriche comuni, per il reciproco riconoscimento tra operatori sociali ed operatori dei servizi per il lavoro e fare in modo che le due diverse sfere si possano intrecciare e le attività possano arricchirsi di complementarietà. Solo parlando lo stesso linguaggio, infatti, e decidendo insieme cosa fare e come farlo, è possibile che i risultati si sviluppino e si fortifichino le relazioni positive tra i servizi.

Il D.Lgs. 147 mette al centro di questo processo la figura dell’A.S. del Comune, responsabile del coordinamento delle attività con la persona beneficiaria e con gli altri servizi chiamati alla realizzazione delle misure. Tra questi un ruolo importante ricoprono proprio i Centri per l’Impiego e le agenzie per il lavoro, che vengono citati nella norma quali coprotagonisti della misura. Gli operatori intervistati sottolineano però che tra le due realtà sociale e lavorativa non c’è una tradizione di lavoro integrato come può esserci per esempio con i servizi dell’area sanitaria, e che pertanto i passi che si sono fatti finora sono solo i primi nella costituzione di quella integrazione socio- lavorativa auspicata dalla norma.

(…) Penso anche che in qualche passo si stia facendo soprattutto con i Centri per l'Impiego con cui sempre lentamente e con tutte le difficoltà però comunque la collaborazione si è instaurata. Mentre gli altri servizi no però anche penso che sia una cosa che deve partire più dall'alto.

(Intervista 1 A.S.) (…) Penso che l’Ufficio PON abbia fatto un gran lavoro per aprire la strada e battere un primo sentiero. In quanto almeno per quanto riguarda il Comune per cui lavoro, non c’era alcun, o erano molto rari, insomma, i contatti soprattutto con il CPI che dovrebbe essere, invece, che è come prevede la normativa, primo interlocutore per quanto riguarda appunto la collaborazione per i progetti REI.”

(Intervista 5 A.S.)

Un ulteriore livello su quale gli operatori sociali sono chiamati ad operare un cambiamento è quello territoriale, nella promozione di dello sviluppo di comunità solidali e coese, nelle quali il benessere del singolo si raggiunge attraverso l’impegno

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comune ed allo stesso tempo il benessere della comunità si riflette dal benessere dei singoli individui. In questo sistema l’A.S. agisce insieme alle altre risorse del territorio: utenti, servizi specialistici, gruppi sociali, Enti di Terzo Settore, agenzie per il lavoro, Centri per l’Impiego, rappresentanti del mondo scolastico, con il presupposto che nessuno dei partecipanti a questa grande rete ha la ricetta “magica” per la risoluzione delle situazioni di difficoltà e che soltanto con l’impegno comune ed un’attenzione particolare alle prime fasi di costituzione della rete, si può pensare ad un cambiamento.

“(…) Allora, dal mio punto di vista ci deve essere una grossa parte di lavoro e grosse energie e risorse temporali nel costruire i livelli comunicativi e costruire i passaggi, creare le premesse perché poi la rete a livello operativo possa essere agevolata e possa far convogliare tutti gli aspetti positivi di tutti gli strumenti. Quindi ha più senso “perder” tempo nel fare un incontro in più, un tavolo in più con il mondo scuola, il mondo associativo, il mondo dell’azienda sanitaria. Porre l’attenzione lì perché tutto il tempo che perdi lì lo guadagni successivamente nella pratica e nella prassi. Finché non hai almeno individuato a casa di ogni partner, a casa di ogni collaboratore, dei referenti, che poi possano fare a pioggia la stessa cosa a casa loro, diventa veramente difficile. Questo secondo me è non un elemento, ma l’elemento essenziale per costruire la rete.”

(Intervista 2 A.S.)

Nel territorio preso in esame, gli operatori hanno riconosciuto come elemento utile alla costituzione della rete di operatori il fatto che ci fosse una consolidata tradizione di coordinamento tra i Servizi Sociali dei diversi Comuni, con l’organizzazione di riunioni mensili.

“(…) Il fatto che nel nostro territorio ci sia un coordinamento che fa acquisire più forza al singolo professionista sociale e quindi si ponga come referente con maggiore rappresentatività dei territori anche agli altri, questo è un altro elemento positivo. Se dall’altra parte questa parte, questa struttura, questa condivisione non c’è ecco che si ripercuote come ostacolo.”

(Intervista 2 A.S.)

Ciò ha reso maggiormente agevole i contatti tra i vari operatori dei Comuni, in quanto erano già previsti dei momenti di riflessione condivisa in cui sono potuti intervenire i

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nuovi operatori del PON Inclusione per l’illustrazione dettagliata delle misure, la raccolta dati, la rilevazione delle criticità, gli aggiornamenti e la definizione partecipata delle modalità attraverso cui predisporre protocolli operativi necessari per rendere realtà ciò che sulla carta la norma aveva definito doveva essere fatto. Inoltre, il fatto che gli operatori sociali comunali fossero organizzati in un gruppo di coordinamento li ha costituiti come un organismo con maggiore rappresentatività rispetto al singolo operatore e questo ha prodotto risultati positivi nella prima fase di conoscenza con i servizi per il lavoro. Con l’Azienda ULSS, invece, seppur la tradizione di integrazione è molto più consolidata, gli operatori hanno riscontrato il distacco dal dialogo sulla progettazione nella misura REI, che ha comunque visto la definizione dei progetti personalizzati attraverso i canali classici dell’integrazione socio sanitaria, in occasione delle equipe per situazioni già in carico ai servizi nelle quali il progetto REI è stato fatto rientrare quale appendice della maggiormente ampia progettualità definita in precedenza.

“(…) Tutta la parte diciamo dell’ambito socio-sanitario, sulla quale però già esisteva una tradizione precedente abbastanza consolidata di collaborazione. Devo dire che ancora l’ambito socio sanitario non è abituato a ragionare in termini di REI, quindi è ancora come dire è una collaborazione a tutto campo ma che ancora non è andata a puntare specificatamente l’attenzione a quelle che sono le sinergie necessarie per i beneficiari di REI.”

(Intervista 4 RESP.)

Dalle interviste si è evidenziato che in altri casi il progetto in collaborazione con gli operatori sociali dell’Azienda ULSS è stato realizzato sulla base della relazione significativa di collaborazione degli operatori, ma comunque in mancanza di un protocollo o di un regolamento per la convocazione delle equipe multidisciplinari, sulla corretta valutazione dei bisogni complessi e sulle modalità attraverso cui definire la progettazione condivisa.

“(…) la coordinazione, la condivisione tra gli operatori si avvale esclusivamente di una rete di relazioni personali tra i professionisti. Siccome ciascuna di noi afferisce ad un’area, ha delle relazioni più o meno positive con gli altri servizi. Questa è l’unica cosa che in questo momento fa da collante nei progetti del REI. Questo perché c’è un forte scollamento tra la parte

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dirigenziale e la parte poi applicativa operativa. L’ aver realizzato nel territorio progetti di PON Inclusione positivi, con tutte le positività dette finora, l’aver presentato in Conferenza dei Sindaci tutta la progettualità ed in che cosa consiste il REI, non ha comportato come ricaduta che ogni partner referente di una rete più ampia sia stato in grado di far convogliare e far efficientare le comunicazioni fino ai livelli operativi.”

(Intervista 2 A.S.)

Si può a tal proposito sottolineare che, per l’avvio delle attività di concertazione per la strutturazione della rete, è necessaria la presenza di due spinte contemporanee, sia di tipo top-down che di tipo bottom-up. In fatto che sia previsto un impianto normativo chiaro che definisca le responsabilità di tutti gli attori potenzialmente chiamati alla realizzazione delle politiche, è visto dagli operatori intervistati come un elemento necessario per l’avvio delle attività necessarie a quella condivisione che costituisce la base per la rete.

“(…) Penso che una normativa che vincoli e che dia delle indicazioni precise sia uno dei fattori che sicuramente promuove un lavoro di rete. Anche perché appunto purtroppo ultimamente se non c’è un obbligo è difficile che poi gli enti effettivamente si muovano. E’ necessario che poi ci sia una volontà di trovare insieme dei linguaggi comuni che permettano di definire allo stesso modo i passi da compiere e trovare una modalità per condividere quelli che sono punti di vista diversi, perché si parte da formazioni diverse, da azioni quotidiane che sono diverse.”

(Intervista 5 A.S.)

In particolare nel territorio preso in esame sono stati elaborati dei protocolli operativi per l’invio dei beneficiari dai Servizi Sociali ai CPI, condividendo in questo modo un’unica modalità attraverso cui i Centri per l’Impiego avrebbero ricevuto gli utenti ai quali far sottoscrivere i Patti di Servizio ed è stato elaborato un regolamento, in questo momento ancora bozza al vaglio della Conferenza dei Sindaci, per la convocazione delle Equipe Multidisciplinari.

“(….) E penso che sia una cosa molto negativa il continuo costruire qualcosa e poi cambia, viene distrutto, perché per esempio anche con il PON si sono costruiti i tipi di interventi che si volevano fare sulla base del SIA che aveva delle

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caratteristiche, e un certo numero di beneficiari. E poi è cambiato tutto con il Rei. E’ un anno sostanzialmente che c'è il Rei adesso forse qualcosa sta ingranando e se ti trovi di nuovo a cambiare tutto è una perdita di tempo di energie è un continuo fare disfare le cose che difficilmente porterà dei risultati positivi secondo me”

(Intervista 1 A.S.)

L’Ambito si è impegnato nell’ideazione di regolamenti applicativi e protocolli operativi, ormai quasi approvati da tutti i soggetti coinvolti. Tutto questo lavoro di progettazione delle metodologie comuni tra i servizi ha richiesto un notevole sforzo da parte degli operatori che, ancora in attesa di indicazioni ufficiali da parte di Ministero e Regione, manifestano la frustrazione di rimanere comunque in un clima di incertezza.

“Il Veneto Orientale ha elaborato queste linee guida, ma se noi stiamo aspettando comunque delle indicazioni dalla Regione, dovremo cercare di unire. Le tempistiche delle istituzionale non sempre rispettano quelle della realtà lavorativa, delle tempistiche, insomma del lavoro quotidiano.”

(Intervista 3 A.S.)