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L’introduzione delle misure di contrasto alla povertà nel panorama delle politiche sociali ha rappresentato un nuovo sistema di azione rispetto ai fenomeni di povertà ed esclusione sociale. Tale misura ha comportato però per gli operatori non solo una nuova normativa da rispettare, ma anche un ulteriore carico lavorativo. Dalle riflessioni degli operatori emerge infatti che l’attività quotidiana si è aggravata di una serie di procedure amministrative e di rilevazione, percepite comunque come

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opportune nella fase di avvio della misura e che però hanno interessato gli operatori in via continuativa per tutta l’esperienza.

“(…) Dal punto di vista dell’ufficio non ci sono state modifiche ma un appesantimento ovviamente dovuto doveroso ecco di dati da compilare, report spessissimo da fare, mappature, una documentazione, una modulistica, una quantità incredibile in più, ecco, di documentazione che ovviamente appesantisce tantissimo il lavoro e che ad oggi non ha avuto come contropartita un reale miglioria nella relazione, che allora dici, vale la pena, ok.”

(Intervista 2 A.S.)

Gli operatori segnalano che il nuovo carico di lavoro non ha visto il riconoscimento da parte delle Amministrazioni rispetto al lavoro dell’Assistente Sociale e pertanto gli operatori hanno dovuto far fronte alle nuove incombenze in maniera autonoma.

(…) Non ho modificato da un punto di vista organizzativo, quello che ho cercato di fare per cercare anche come dire di dare riscontro a quello che è il mio obbligo previsto dal codice deontologico cioè di sollecitare l’amministrazione sia i referenti politici sia i referenti amministrativi rispetto alla mia impossibilità di dare seguito a tutto ciò che dovrei fare e quindi di evidenziare questo aspetto in quanto appunto ritengo che sia importante nel momento in cui non riesco a darvi seguito perché comunque poi le conseguenze le paga l’utenza, non le pago solo io dal punto di vista di serenità personale.”

(Intervista 6 A.S.)

I fondi che sono stati utilizzati dai finanziamenti PON sono stati investiti anche nell’assunzione di personale, che è stato però incaricato di gestire l’Ufficio PON Inclusione e di conseguenza tutta la parte di coordinamento e strutturazione delle misure. Non è stato invece ipotizzato nella programmazione iniziale l’investimento di fondi nell’assunzione di personale a supporto delle attività legate alla raccolta delle domande REI, alla presa in carico delle persone e per la progettazione individualizzata.

“(…) Senza disconoscere l’elevato impiego delle risorse che sono arrivate, sono state impegnate esclusivamente su quella parte in più che è il PON e non

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quindi a quello che il REI ha portato nel quotidiano. Dal mio punto di vista, ed era una delle cose che si erano rappresentate sin dall’inizio ma che ancora ad oggi non si è riusciti a fare, era necessario e sarebbe una enorme, veramente una miglioria, se ci fossero delle colleghe che si occupano della gestione della progettualità dei REI. Questo potrebbe oltre che a razionalizzare le risorse e quindi ad essere la risposta di quello che è un quotidiano già pesante di ciascuna di noi, darebbe quella uniformità nella progettualità, quella omogeneità (…) oltre che la specializzazione ed il corretto utilizzo degli strumenti.”

(Intervista 2 A.S.)

A tal proposito gli operatori hanno manifestato il bisogno da un lato di avere una formazione specifica rispetto alle misure, soprattutto per la parte relativa alla progettazione con le persone e dall’altro lato di essere supportate nella pratica quotidiana da operatori specializzati nell’ utilizzo della strumentazione ministeriale che avessero una preparazione anche rispetto ai temi legati al lavoro, quindi per esempio alla rilevazione del profilo di occupabilità.

“(…) Su questa misura sono molto critica non tanto come dire in quanto ai principi che soggiacciono all’istituzione della misura in sé ma rispetto ai numeri, nel senso che ritengo stante appunto il tipo di progettazione, di accompagnamento che richiede il REI ed i Piani alla povertà, di contrasto alla povertà, scusi, assolutamente insufficienti dal punto di vista del personale. Lo standard previsto di un’A.S. ogni 5000 abitanti non credo che possa essere sufficiente per essere coerenti con la normativa nazionale prevista.”

(Intervista 6 A.S.) (…) Diventa un appesantimento importante del servizio rispetto ad un focus che non è meramente ed esclusivamente del servizio ma è più di competenza di altri. Quindi nella compilazione di quella modulistica, ad esempio, stabilire quali sono le competenze professionali, quali sono le competenze rispetto alla spendibilità lavorativa, non è semplice per un professionista che dentro la sua relazione di aiuto ha a 360 gradi la valutazione di tutte le povertà. Però diciture come “è una persona che sa lavorare in gruppo”, cioè questi sono criteri/elementi che noi nella valutazione e nella conoscenza che abbiamo del

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nucleo familiare, non siamo in grado di apportare. Da qui la strumentazione fa emergere, dal mio punto di vista l’esigenza che sia un qualcuno che sappia e possa, abbia il tempo, le risorse temporali per gestire, in modo uniforme, omogeneo, al meglio questo tipo di risorsa.

(Intervista 2 A.S.)

Dalle riflessioni degli operatori emerge chiaramente l’affaticamento nel portare avanti una misura molto articolata e complessa, che sta richiedendo un impegno importante su diversi fronti, dal momento che gli operatori sono impegnati sia nel lavoro con le persone anche nella strutturazione della rete allargata di operatori necessaria al corretto funzionamento della misura.

(…) Quello che vivo con tantissima ansia è questa modalità di gestione. Nel senso le scadenze ed i controlli, che appunto se avessi un numero di utenti accettabile e facessi solo quello va bene, ma nelle condizioni in cui sono, quindi di gestione di tutto l’aspetto amministrativo, di dover scrivere gli atti e via dicendo, non è assolutamente gestibile.”

(Intervista 6 A.S.)

Dopo un anno di esperienza e grazie ad una nuova rimodulazione delle risorse, il Comune di Portogruaro, quale capofila dell’Ambito ha ridefinito l’utilizzo dei fondi destinandone una parte proprio all’assunzione di ulteriore personale che verrà incaricato di supportare gli operatori dei Comuni per la progettazione individualizzata. Ciò garantirà da un lato un certo sollievo rispetto al carico di lavoro e dall’altro lato anche una maggior qualità della progettazione, in quanto i professionisti Assistenti Sociali assunti con questa parte dei finanziamenti potranno specializzarsi nell’utilizzo della strumentazione ed anche garantire maggiore preparazione nei temi legati al lavoro.

“(…) ci sarà appunto con una rimodulazione una implementazione del

personale per quanto riguarda l’ambito insomma del Veneto Orientale. Ulteriori A.S. verranno assunti a supporto degli operatori sul territorio.

(Intervista 3 A.S.)